Attesa

di
genere
etero

Mi guardava la coscia coperta dalle calze velate, la quale, accavallata sull’altra gamba, sporgeva all’esterno verso la sua direzione.
Io fissavo il mio cellulare, e poco a poco mi accorgevo che il suo sguardo alternava tra quel lembo semi scoperto, alla scollatura del mio seno imponente.
L’aria di quello studio medico era rarefatta, e la connessione a internet praticamente inesistente.
La noia attanagliava entrambi e tra uno sguardo e un dondolio, un brivido attraversava le mie mutandine ogni volta che i suoi occhi finivano su di me.

Eravamo le ultime due visite, di sera tarda.
Entrambi con un problema.
Ed entrambi porcelli.

Iniziai a girare un dito nei miei lunghi capelli, guardando il soffitto; i miei respiri sempre più intensi e profondi, accennavano un sensuale affanno; lui si dimenava sulla sedia, cercando di nascondere quella maestosa erezione che si faceva strada nei pantaloni beige.

Sorrisi, nascondendo l’angolo della bocca, e iniziai a mordermi il labbro cercando il suo sguardo.
Alzai la gonna leggermente sulla coscia, per mostrarla ancor di più, e lui mi sorrise passandosi una mano nei capelli.

Il termosifone vicino, emanava calore da tutti i fori, e le vampate violente mi condussero a posizionare le mani sulla nuca per poter arieggiare i miei capelli.
In quella posizione il mio seno fu ancora più visibile, e la mia figura totalmente definita sul sedile della sala d’attesa.

Lui non riuscì più a controllarsi, e strinse il pacco con una mano.

Felice della sua disperazione, mi alzai dirigendomi verso la porta del bagno, e mentre il segretario lo tenne occupato per qualche secondo, comunicandogli di doversi allontanare per un po’, chiusi la porta dietro di me, con tutto l’intento di masturbarmi velocemente per appagare il clitoride di marmo che avevo tra le labbra.

Il tempo di alzare la gonna, e la porta dietro di me con uno scatto felino si aprì e si richiuse, portando dentro il compagno di sguardi.

“Voleva lasciarmi fuori?”

“Mh, pensavo solo non le interessasse l’argomento…” dissi, inarcando la schiena mostrando tutto il mio perizoma.

“Mi interessa eccome…” disse lui, iniziando ad accarezzarmi i glutei.

“Dunque è anche un esperto in materia?” dissi, reggendomi al lavandino.

“Ho un master in materia.” Abbassandosi col viso sotto la figa.

“Mhmh.” Gemeva, mentre la lingua viaggiava tra la fine della figa e l’inizio del culo.

“Voleva nascondermi tutto questo, signorina…?” Tra una leccata e l’altra.

“Oh no, credevo solo non le importasse…”

“Ah…e invece guardi quanto mi fa impazzire.” Disse lui, continuando a giocare col filo di cotone umido e le mie labbra ormai fradice.


Mentre spingevo tutti i miei umori sulla sua faccia, iniziò a infilarmi due dita nella figa, alternandole con la lingua.
Il mio corpo era di fuoco, e l’unica cosa che volevo era essere penetrata fin dentro al mio cervello.

“Non smetta, voglio essere presa in qualsiasi modo.” Dissi gemendo.

“Non deve chiedermi altro, signorina. O ti posso chiamare porcella?”

“Chiamami pure troia.” Dissi, sorridendo maliziosamente.

“Mh. Troia mi sembra più adatto. Perché sei la mia troia.”

Mentre teneva tra i denti la cui sopra parola, sputò con un gesto veloce sulla mano e si inumidì la cappella.
Con un colpo secco e preciso iniziò a scoparmi intensamente.

Tra i gemiti incessanti, la sua asta entrava ed usciva a velocità incontrollata dalla mia figa, ormai rovente e colante, fino a che non presi il mio cellulare e iniziai a farlo vibrare senza sosta sul clitoride.

“Che puttana che sei, anche la vibrazione.”

“Così vengo come una fontana.” Dissi, continuando a masturbarmi prendendo il cazzo da dietro.

Mi spostò e mi poggiò sul mobiletto accanto, con le gambe divaricate e le mutandine spostate.
Iniziò a leccarmi la figa un modo così passionale che mi sembro di non aver mai ricevuto sesso orale.

Mi dimenavo appoggiandomi sulle mattonelle laterali, ma la sua lingua non dava tregua e sbatteva il clitoride alternandolo a succhiate possenti e scopate con tutte le dita della mano.

“Metti un dito nel culo e giuro che ti squirto ovunque.” Dissi, quasi pregandolo.

“Ogni tuo desiderio è un ordine.” Disse lui, continuando a stantuffare.

Con le labbra mi risucchiò sul clitoride, tre dita nella figa e due dell’altra mano nel mio culo; gli inondai la faccia del miglior orgasmo mai avuto, fatto di spruzzi e liquidi che non perse tempo a raccogliere con una leccata a lingua spianata.

Il tempo di vederlo dissetarsi, e subito mi falsi in ginocchio come la più pura delle credenti, e lui mi offrì il suo spessissimo pene.

“Ora succhi.”

Con la lingua sulla cappella che batteva leggera, iniziai a roteare tutta la lunghezza fino a prenderlo in gola in un solo colpo.
Lo guardavi dal basso mentre sbatteva il cazzo nella mia gola, e gemevo da porca professionista.
Mi stava letteralmente scopando l’esofago.

Dopo cinque minuti di semi apnea, mi staccai lasciando una scia di bava lunga dalla cappella alla punta della mia lingua, e mi fiondai sulle sue palle enormi rigonfie di sperma.

Le succhiai con estrema avidità fino a stringergliele in una morsa nelle mie labbra, mentre la mano segava il cazzo fradicio di saliva.

Era in mio totale possesso, potevo morderlo o leccarlo e non avrebbe fatto caso a nulla se non alla sua eccitazione.


Sbattendomi la cappella sulla lingua aperta e lo sguardo rivolto verso l’alto, mi schizzò in faccia un litro di sperma bollente, che venne fuori a fiotti come fuori d’artificio.

Il mio viso era ricoperto, e mi diede uno schiaffo fortissimo per poi farmi leccare tutto il palmo sporco.

Insaziabili per aver solo pregustato l’inizio, qualcuno bussò alla porta chiedendo della presenza di De Rossi.


“Sei tu De Rossi?” Gli dissi.

“SI, sono io. Tocca a me.”

“Allora vengo dopo di te.”

“No, tu vieni sempre prima. Io dopo. Così ti sborro dove mi pare.”

Mi lasciò scritto su un pezzo di carta igienica il suo numero.

“Ti passo a prendere più tardi, porca.” Disse ammiccando.

“Il tempo di cambiarmi d’abito.”

“Dress cose non richiesto.”


Uscì e si diresse verso lo studio. Io ripresi a masturbarmi così come avevo intenzione di fare sin dall’ inizio.
Stavolta però sul clitoride batteva il cellulare con la schermata fissa sul suo numero.

scritto il
2024-05-29
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