Schiava dei suoceri (parte 7)
di
Kugher
genere
sadomaso
La schiava era in cucina, Luisa si appoggiò allo stipite della porta e, restando in silenzio, si soffermò ad osservare Irene che, nuda, si spostava ormai con familiarità tra i cassetti e la piastra della cucina.
Le avevano ordinato cosa avrebbe dovuto preparare per la cena e la schiava ormai sapeva dove erano riposti tutti gli ingredienti e gli utensili necessari.
Le avevano assegnato un tempo molto ristretto per la preparazione.
A Luisa piaceva cucinare, la rilassava e spesso trascorreva il suo tempo tra i fornelli al termine di una giornata particolarmente stressante.
La difficoltà della pietanza era proporzionale alla tensione da allentare.
Sapeva quindi benissimo quanto tempo sarebbe stato necessario per ottenere quanto ordinato. Sapeva anche che la più piccola indecisione o errore avrebbe ritardato il tutto.
Se la Padrona sapeva queste cose, la schiava, dal canto suo, sapeva che il ritardo avrebbe determinato una punizione la cui durezza e intensità dipendeva dalla quantità di tempo trascorso dal superamento del tempo a sua disposizione.
Luisa si stava divertendo nell’osservare l’ansia con la quale la schiava eseguiva l’ordine.
L’ansia è terribile in quanto fa commettere errori che la calma consente di evitare.
La schiava si era accorta della sua presenza e questo le aveva generato maggiore tensione.
Se l’avesse omaggiata avrebbe perso tempo prezioso. Se non l’avesse fatto avrebbe potuto essere punita.
Il timore ebbe l’effetto di bloccarla, oltre che di rallentarla per l’inevitabile errore che la tensione la costrinse a commettere.
La frustata sulle natiche le fece capire lo sbaglio.
L’urlo ce ne seguì, più frutto della necessità di far sfogare la tensione, fu la causa del secondo colpo di frustino.
Ai Padroni dava fastidio l’inutile lamento.
Senza dare alla Padrona il tempo di assestare il terzo colpo, si prostrò ai suoi piedi leccando quella parte di pelle non protetta dalle ciabattine.
Sapeva che non avrebbe potuto alzarsi fino all’ordine di farlo e che il tempo trascorso a terra sarebbe stato conteggiato nel ritardo che, a questo punto, da eventuale si era trasformato in sicuro.
La Padrona fece cadere a terra un pezzo di salame. Irene non sapeva cosa fare e, nel dubbio non fece nulla.
Solitamente i Padroni davano ordini su ogni cosa.
Così poté assistere al piede della Padrona che si alzava con una lentezza tale da far sentire alla schiava il ticchettio del tempo che procurava l’aumento della punizione.
La ciabattina si posò sull’alimento e lo schiacciò sul pavimento, roteando la punta della scarpetta per schiacciarlo maggiormente.
“Mangia”.
Le faceva schifo quell’operazione alla quale spesso veniva sottoposta.
Eppure si costrinse a raccogliere da terra, con la bocca, quel rimasuglio informe e a masticarlo, pur mantenendo il viso vicinissimo al piede della suocera che, subito dopo, fece cadere a terra la pelle del salame.
L’incertezza determinata dalla ritrosia le valsero due frustate.
“Il tuo tempo è appena scaduto. Da adesso inizia il tuo ritardo”.
La minaccia della punizione restò sospesa in aria, dando certezza all’evento e incertezza sulla modalità.
La seconda generò nella nuora più ansia della prima.
“Franco, la schiava deve essere punita”.
Luisa si rese conto che quella frase aveva più l’effetto di eccitare lei stessa che di comunicare al marito la necessità di provvedere. Le dava piacere sapere di essere ascoltata dalla nuora ancora a terra, dove sarebbe stata fino alla sua uscita dal locale.
Irene sentì Franco alzarsi ed aprire un cassetto che, sicuramente, conteneva quegli strumenti che sarebbero stati utilizzati per il suo dolore ed il loro divertimento.
Le avevano ordinato cosa avrebbe dovuto preparare per la cena e la schiava ormai sapeva dove erano riposti tutti gli ingredienti e gli utensili necessari.
Le avevano assegnato un tempo molto ristretto per la preparazione.
A Luisa piaceva cucinare, la rilassava e spesso trascorreva il suo tempo tra i fornelli al termine di una giornata particolarmente stressante.
La difficoltà della pietanza era proporzionale alla tensione da allentare.
Sapeva quindi benissimo quanto tempo sarebbe stato necessario per ottenere quanto ordinato. Sapeva anche che la più piccola indecisione o errore avrebbe ritardato il tutto.
Se la Padrona sapeva queste cose, la schiava, dal canto suo, sapeva che il ritardo avrebbe determinato una punizione la cui durezza e intensità dipendeva dalla quantità di tempo trascorso dal superamento del tempo a sua disposizione.
Luisa si stava divertendo nell’osservare l’ansia con la quale la schiava eseguiva l’ordine.
L’ansia è terribile in quanto fa commettere errori che la calma consente di evitare.
La schiava si era accorta della sua presenza e questo le aveva generato maggiore tensione.
Se l’avesse omaggiata avrebbe perso tempo prezioso. Se non l’avesse fatto avrebbe potuto essere punita.
Il timore ebbe l’effetto di bloccarla, oltre che di rallentarla per l’inevitabile errore che la tensione la costrinse a commettere.
La frustata sulle natiche le fece capire lo sbaglio.
L’urlo ce ne seguì, più frutto della necessità di far sfogare la tensione, fu la causa del secondo colpo di frustino.
Ai Padroni dava fastidio l’inutile lamento.
Senza dare alla Padrona il tempo di assestare il terzo colpo, si prostrò ai suoi piedi leccando quella parte di pelle non protetta dalle ciabattine.
Sapeva che non avrebbe potuto alzarsi fino all’ordine di farlo e che il tempo trascorso a terra sarebbe stato conteggiato nel ritardo che, a questo punto, da eventuale si era trasformato in sicuro.
La Padrona fece cadere a terra un pezzo di salame. Irene non sapeva cosa fare e, nel dubbio non fece nulla.
Solitamente i Padroni davano ordini su ogni cosa.
Così poté assistere al piede della Padrona che si alzava con una lentezza tale da far sentire alla schiava il ticchettio del tempo che procurava l’aumento della punizione.
La ciabattina si posò sull’alimento e lo schiacciò sul pavimento, roteando la punta della scarpetta per schiacciarlo maggiormente.
“Mangia”.
Le faceva schifo quell’operazione alla quale spesso veniva sottoposta.
Eppure si costrinse a raccogliere da terra, con la bocca, quel rimasuglio informe e a masticarlo, pur mantenendo il viso vicinissimo al piede della suocera che, subito dopo, fece cadere a terra la pelle del salame.
L’incertezza determinata dalla ritrosia le valsero due frustate.
“Il tuo tempo è appena scaduto. Da adesso inizia il tuo ritardo”.
La minaccia della punizione restò sospesa in aria, dando certezza all’evento e incertezza sulla modalità.
La seconda generò nella nuora più ansia della prima.
“Franco, la schiava deve essere punita”.
Luisa si rese conto che quella frase aveva più l’effetto di eccitare lei stessa che di comunicare al marito la necessità di provvedere. Le dava piacere sapere di essere ascoltata dalla nuora ancora a terra, dove sarebbe stata fino alla sua uscita dal locale.
Irene sentì Franco alzarsi ed aprire un cassetto che, sicuramente, conteneva quegli strumenti che sarebbero stati utilizzati per il suo dolore ed il loro divertimento.
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