Niente più del sesso

di
genere
etero

Era seduto al tavolo da poker con altri suoi amici. Sapevo che mi aveva vista, infondo, mi aveva invitata lui.
Camminavo per il salone in cerca di un posto e ne vidi uno libero lungo il bancone del bar. Mi sedetti su quello sgabello e aspettai che il barman si accorse della mia presenza. Ordinai un Martini e osservai il liquido dentro al calice per qualche secondo prima di berlo.
Era stata una pessima idea accettare quell’appuntamento.
Mi stavo alzando per andarmene quando lui si sedette accanto a me.
“Già te ne vai?” fece cenno al barman di servirgli un altro Martini.
“Eri occupato a giocare a poker”
Sorseggiò il drink e mordicchiò lo stuzzicadenti su cui era stata infilzata un’oliva.
“Vieni di sopra?”
“Mi stai chiedendo di venire a letto con te?” alzai un sopracciglio con indignazione.
“Sì, – rispose senza troppi giri di parole – ed è quello che vuoi fare anche tu altrimenti non avresti mai accettato l’invito” sorseggiò di nuovo il suo Martini e dalla sua espressione non trasparì nulla. Era sereno, tranquillo, come se fosse certo di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco.
“Potrei aver accettato per questo, non lo nascondo…”
“Oh, non l’hai mai nascosto: sei qui, col tuo vestito rosso, mentre tutti ti stavano fissando per poterti offrire da bere e tu decidi di sederti da sola in attesa di un mio sguardo perché è l’unico che volevi”
“Sei troppo sicuro di te” risposi. Lui appoggiò il gomito al bancone e mi guardò attentamente.
“Credo di aver azzeccato – scolò l’ultimo goccio di Martini e io feci lo stesso – vieni?” mi porse la mano e si alzò.
Non lo toccai nemmeno un secondo. Camminai davanti a lui fino all’ascensore dell’hotel.
“Facciamo le scale” disse sparendo lungo la scalinata.
“Ho i tacchi” mi lamentai. Vidi la sua ombra farsi più lontana ed io aumentai il passo per raggiungerlo.
“Dovresti muoverti, dobbiamo salire al quinto piano” poggiò la mano sul mio fianco e mi spinse contro il muro. Non mi baciò, strinse le dita attorno al mio seno e poi continuò a camminare.
“Non ti sopporto! Perché non abbiamo preso l’ascensore?” domandai sul pianerottolo.
“Perché ti avrei scopata lì dentro e voglio fare le cose come si deve – inserì la chiave nella serratura – sono un galantuomo” aprì la porta e mi fece cenno d’entrare.
“Galantuomo? Non mi pare” mi tolsi i tacchi e osservai la grande stanza.
“Hai ragione – mi morse il collo abbastanza da farmi male – non lo sono”
Stavo per ribattere, ma mi spintonò sul letto.
“Da quanto aspettavi questo momento?” domandai, sapendo che lui, nonostante la sua freddezza in quel momento, era più agitato di me.
“Abbastanza tempo per poter essere sicuro che tutto ciò ti piaccia” sussurrò stringendo la mano attorno al mio collo. “Non è difficile capirti” aggiunse spingendomi sul materasso.
Si tolse la camicia e percorse la scollatura del mio vestito con la lingua.
“Vuoi fare le cose con calma?” non so perché glielo chiesi, ma sembrava che lui stesse studiando ogni centimetro della mia pelle mentre io volevo solo che lui mi prendesse su quel letto.
“Con calma? A nessuno dei due piace la calma”
Mi fece voltare a slacciò la cerniera del mio vestito. “Carino da parte tua non mettere l’intimo – portò una mano tra le mia gambe mentre io cedevo contro la sua schiena – un tocco di classe che non mi aspettavo da te” continuò.
Non ci baciammo nemmeno una volta. Mi fece piegare la schiena, sentii le sue dita dentro di me e poi entrò con una spinta forte che mi tolse il fiato. Mi tirò i capelli, fece in modo che la mia schiena fosse attaccata al suo petto e poi mi morse di nuovo. Lasciò la presa e caddi in avanti sopportando ogni sua spinta.
“Volevi solo sesso, non è così?” sentivo il suo tono di voce rotto, comandato dalle spinte sempre più forti.
“Non puoi darmi niente di più che questo”
Si arrabbiò, non so perché, ma la presa che aveva sui miei fianchi divenne dolorosa e le sue spinte erano insopportabili.
Tirò di nuovo i miei capelli e sentii le sue labbra muoversi contro il mio orecchio.
“Se vuoi essere usata per il sesso, bastava dirlo”
Il minimo rispetto che aveva per me se n’era andato dopo questa frase.
Uscì da me e io emisi un verso di insoddisfazione. “Che hai? Ti manco già?” mi prese in giro. Afferrò la cintura dei pantaloni che era a terra e mi legò le mani.
“Mi stai legando davvero?”
“Sembri sorpresa” mi lasciò un leggero schiaffo sulla guancia e mi fece coricare a pancia in su. Sentii il suo corpo sovrastare il mio ed entrò in me, di nuovo. Iniziai a gemere, ma lui scosse la testa. Uscì di nuovo, lasciandomi insoddisfatta e con le lacrime agli occhi. “Piangi? Io non voglio sentirti” disse infilandomi i suoi boxer tra i denti.
“Vuoi essere usata per il sesso, non è così? – ribadì – allora stai zitta e fammi divertire”
Rientrò in me con calma fino ad aumentare eccessivamente le spinte. “Sei carina così – lo guardai negli occhi e vidi il suo essere sadico per la prima volta – ferma, silenziosa, bagnata ed eccitata” le sue stesse parole sembrarono eccitarlo ancora di più, forse perché rappresentavano il vero. “Sono mesi che mi do piacere pensando a te, lo sai? Ti ho pensata nuda, mentre ti legavo al letto, mentre di facevo godere… perché tu stai godendo, vero?” annuii con disperazione e lui leccò una delle mie lacrime che colavano lungo la guancia. “Guardati: stai piangendo per la troppa eccitazione… Dio… io” sentii altre due spinte e poi cadde su di me e sentii i suoi respiri veloci. Con una mano mi slegò la cintura e con l’altra li accarezzò il viso in modo grezzo. “Ripulisciti la faccia, hai il trucco colato e hai l’aria di una che è stata sbattuta malamente – disse come se nulla fosse – anche se la verità è così, meglio che non si sappia in giro”
Lo guardai rivestirsi e sistemarsi i capelli.
“Te ne vai?”
“Non posso darti niente più del sesso, ricordi? L’hai detto tu” si chiuse l’ultimo bottone della camicia, mi guardò ancora nuda rannicchiata sul suo letto e mi lanciò il vestito. “Lo rifaremo presto. Quando esci chiudi la porta”
scritto il
2024-06-30
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