Amor cortese (Ingrid 10)

di
genere
comici

In una notte d'ottobre incantata,
nel regno antico della Terra di Mezzo,
tra lanterne e foglie dorate,
un desiderio segreto prese vezzo.
Vestita da dama elfica, radiosa,
Ingrid, fiamma dei miei ardenti sogni,
tra sguardi e carezze, luminosa,
scatenò passioni senza bisogni.
Tra alberi e canti di leggende antiche,
ci cercammo, perduti in un abbraccio,
nascosti tra ombre dolci e amiche.
In quel giardino, sotto il cielo nero,
sussurrai al suo orecchio un dolce bacio,
e il nostro amore fu un fuoco sincero.

Siamo giunti più o meno a metà delle storie che avevo in mente di raccontare e ora voglio prendere una pausa dalle vicende che vedevano coinvolta Sabrina. Vi parlerò della festa di Halloween del 2008, a tema Signore degli Anelli, dove io e i miei amici ci recammo per festeggiare in modo alternativo.
La luce del crepuscolo si rifletteva sullo specchio mentre mi preparavo per la festa. Con gesti lenti e misurati, sistemavo i miei lunghi capelli biondi, intrecciandoli con nastri d'argento che scintillavano come stelle. Il mio abito, un sontuoso vestito verde smeraldo, avvolgeva le mie forme generose con eleganza, ricordando gli splendidi abiti elfici di Lothlórien.
Mi guardai un'ultima volta allo specchio, sorridendo con un pizzico di ironia. "Galadriel, mangia il cuore," mormorai a me stessa, divertita. La corona di fiori argentati che adornava il mio capo completava il mio look da Dama della Luce. Alta e maestosa, mi piaceva davvero quello che vedevo riflesso. Mi sentivo pronta a immergermi in quella notte magica, dove la realtà e la fantasia si sarebbero fuse in un'unica, indimenticabile avventura.
Giungemmo all'ora stabilita e subito ci immergemmo in un ampio locale addobbato ad arte. La stanza, illuminata da un chiarore soffuso e avvolgente, sembrava provenire direttamente dalle pagine del leggendario racconto del Signore degli Anelli.
Le pareti erano drappeggiate con tessuti verdi e dorati, richiamando le foreste incantate di Lothlórien, mentre sottili ragnatele argentee si tendevano tra colonne scolpite con figure di antichi elfi e maestosi alberi. Su un lato, un imponente camino di pietra, intarsiato con scene di battaglie epiche e creature mitiche, ardeva con fiamme danzanti, gettando ombre misteriose sui volti dei presenti.
Lungo il perimetro della sala, lampade di vetro colorato, simili alle lanterne elfiche di Rivendell, diffondevano una luce eterea che conferiva un'aura di magia e mistero. Al centro, un grande tavolo di legno scuro, coperto da una tovaglia ricamata con rune e simboli antichi, era imbandito con cibi e bevande che ricordavano i banchetti dei re e delle regine della Terra di Mezzo.
In ogni angolo, intricati arazzi rappresentavano scene di eroiche imprese e paesaggi mozzafiato: la Maestosa Minas Tirith, la Torre Nera di Barad-dûr, la serenità del Lago di Lothlórien. Vasi di fiori esotici, dai colori vibranti e dal profumo inebriante, erano disposti con grazia, evocando i giardini segreti di Valinor.
Tra tutta questa magnificenza, non mancavano drappeggi dai colori intensi, ornati con raffigurazioni di atti sessuali, dipinti con un’eleganza che sfiorava l’erotismo mitico. Questi drappeggi, sapientemente disposti, aggiungevano un tocco di audacia e passione, rappresentando amori proibiti e desideri ardenti che si intrecciavano come antichi racconti d’amore elfico.
La musica, un lieve sottofondo di arpe e flauti, sembrava fluttuare nell'aria come un sussurro di tempi antichi, trasportandoci in un'epoca di miti e magie. E così, in quella stanza così splendidamente adornata, ci trovammo avvolti dalla maestosa bellezza della Terra di Mezzo, pronti a vivere una notte di incantesimi, avventure e passioni segrete.
Nel cuore della festa mi trovai accanto a un uomo imponente, vestito da cavaliere con un'armatura che scintillava alla luce delle lanterne. Messere Arcibaldo, come si faceva chiamare, sembrava saltato fuori da una ballata cavalleresca, con il suo spadone al fianco e un sorriso che prometteva audacemente avventure.
Con un sospiro giocoso e un'occhiata divertita ai suoi pizzi e merletti, ho accettato il suo braccio per un giro della sala. "Messere Arcibaldo," dissi, con tono leggermente provocatorio, "sembra proprio che abbiate il cuore di un leone e la spada per dimostrarlo. Ma siete sicuro di poter maneggiare entrambi con la stessa destrezza?"
Il cavaliere sorrise, inchinandosi con grazia esagerata. "Madame Ingrid, la mia spada è al vostro servizio, e il mio cuore... beh, quel che accade tra un cavaliere e una dama nelle notti come queste, rimane un mistero degno delle epopee più audaci."
Il suo tono galante e l'ironia complice tra di noi creavano un'atmosfera di gioco e seduzione, come se fossimo protagonisti di un duello di parole e sguardi.
Il nostro flirt cavalleresco si trasformò in un'esperienza vivida e divertente, dove la magia del Signore degli Anelli si mescolava con l'audacia e la grazia dei nostri personaggi immaginari. Le battute spiritose e gli sguardi compiaciuti si fecero via via più audaci, mentre la tensione tra noi cresceva, carica di una promessa sottile e intrigante.
Tra una danza e l'altra, Messere Arcibaldo inclinò la testa verso di me con un sorriso malizioso. "Madame Ingrid," mormorò, il tono leggermente roco, "ho sentito dire che nelle terre di Gondor, l'amore è un fuoco che arde intensamente nelle notti più oscure. Forse dovremmo esplorare queste leggende a nostro rischio e pericolo."
Risposi con un'occhiata intensa e un lieve accenno di sorriso. "Messere Arcibaldo, la vita è breve e i momenti di passione sono come le stelle cadenti: fugaci ma indimenticabili. Forse è il momento di abbandonarci al destino e vedere dove ci porterà questa notte."
"Madame Ingrid," mormorò, il tono leggermente roco, "sembra che la fortuna ci abbia portato in una serata incantata. Forse potremmo trovare un angolo più riservato per continuare questa conversazione."
Risposi con un sorriso giocoso, lasciando che il mio sguardo si perdesse nel suo. "Messere Arcibaldo, la curiosità mi attanaglia. Dove ci condurrebbe un luogo più intimo? Forse potremmo scoprire segreti ancora più profondi delle terre di Gondor."
La sua risposta fu un cenno cortese e un gesto invitante verso una veranda appartata, dove la luce soffusa delle candele danzava con l'ombra delle fronde. Il nostro dialogo giocoso si trasformò in un silenzio carico di tensione, mentre i nostri sguardi si intrecciavano in un balletto di desiderio e promesse.
Mi avvicinai a lui, sentendo il calore del suo respiro e la sua presenza avvolgermi come un manto. I suoi baci erano gentili ma decisi, come una danza in cui ogni movimento era studiato per incantare e sedurre. Le nostre labbra si cercavano con un ardore crescente, mentre il mondo intorno a noi svaniva, lasciando spazio solo al piacere e alla complicità di quel momento rubato tra le ombre della notte.
Appena giunse il momento, allargai i panni e cercando con la mano la sua spada ardente, la impugnai direttamente dalla lama e cominciai a carezzarla. Sentivo i miei battiti accelerare, la nostra passione fu travolgente come una delle battaglie più celebri del Signore degli Anelli: la Battaglia del Fosso di Helm. I nostri corpi si avvicinarono e la sua lingua continuava a esplorare la mia cavità orale.
"Messer Archibaldo," dissi con un sorriso beffardo, "mi chiedo se il Lembas degli elfi sia veramente così stupefacente. Ho sentito che conferisce forza e resistenza agli avventurieri."
Il cavaliere, con la sua barba argentea e gli occhi saggi, mi guardò con un misto di interesse e cautela. "Il Lembas è un dono antico degli elfi, Ingrid. È molto più di un semplice cibo."
Alzai un sopracciglio, giocosa. "Sembra un enigma degno di essere svelato, Messer Archibaldo. Forse è giunto il momento di mettere alla prova la sua fama insieme."
Un sorriso enigmatico si diffuse sul volto del cavaliere. "Sei audace, Ingrid. Ma ricorda, il Lembas è anche un viaggio nella saggezza elfica e nella disciplina. Se sarai pronta ad affrontarlo, potremmo trovare il modo di soddisfare la tua curiosità."
Mi inginocchiai con determinazione. "Sono pronta per questa sfida, anche se mi porterà oltre i confini conosciuti." Con rispetto per il dono degli elfi, presi delicatamente il Lembas, che aveva la forma elegante di una baguette, tra le mani. Ammirai la sua perfetta lavorazione artigianale e la promessa di forza e resistenza che rappresentava. Con gentilezza, cominciai a gustarlo, lasciando che il sapore avvolgesse il mio palato ad ogni leccata. La sua essenza mi riempì la bocca. Ogni assaggio sentivo quel pane divino lievitare nella mia bocca.
Mi rialzai con lentezza, cercando di mantenere un'aria provocante. Lui mi osservava con interesse, il suo sguardo attratto dalla mia elegante scollatura. L'atmosfera era carica di desiderio mentre respirava affannosamente, visibilmente tentato dall'idea di toccarmi. Nel frattempo, la sua imponente spada, spingeva in modo ardente contro le mie vesti attillate, con la promesse di attraversarle..
Con ardore mi spinse verso le finestre della veranda, sollevando il mio vestito con audacia e chiedendomi gentilmente il permesso. Con abili mosse si introdusse in me, riempiendomi di gioia; i suoi movimenti erano decisi, come se stessi partecipando a una tenzone cortese. Chi sarebbe stato atterrato in questo duello non era cosa da sapere.
Le sue mani carnose si appoggiarono ai miei fianchi con fermezza, cercando una migliore presa sul suo "destriero", che naturalmente corrispondeva al mio nome.
"In verità, la vostra bellezza non ha confronti, mia dama," iniziò un cortese scambio di parole.
"E il vostro ardore è pari alla mia bellezza," risposi con un sorriso beffardo, sentendo la sua presenza vibrare attraverso ogni fibra del mio corpo.
I nostri respiri ansimavano simultaneamente, il desiderio palpabile nell'aria. Nessuno di noi sembrava voler deporre le armi, entrambi affamati di soddisfazione.
Con un gesto sicuro mi voltò e con destrezza abbassò il mio décolleté, chiedendomi con garbo se poteva approfittare del mio seno. Con un sorriso malizioso, gli concedetti il permesso, facendo un inchino teatrale come per concedere un privilegio reale. Afferrò i miei capezzoli con un'abilità che avrebbe fatto onore a un cavaliere nell'arte del duello, lodando la morbidezza della mia pelle con una frase che avrebbe fatto arrossire un poeta.
Io sospiravo, desiderosa di essere ancora colpita da quell'"arma" che si ergeva con tanta fierezza.
"Voi siete dotato di un gusto raffinato, buon cavaliere," commentai con un accenno di ironia, mentre i miei occhi brillavano di complicità.
Il nostro respiro ansimava all'unisono, il desiderio crescente mentre la tensione tra noi diventava palpabile. Nessuno di noi sembrava voler interrompere questo gioco, entrambi consapevoli dell'incertezza del risultato.
Con un gesto deciso, mi prese in braccio con maestria, facendomi appoggiare contro il vetro della finestra. La sua spada, ancora eretta e pronta per il combattimento, si stagliava tra noi come un simbolo di desiderio e di sfida. Sentivo il suo respiro caldo sulla pelle esposta, mentre il nostro sguardo si incrociava con un'intensità che avrebbe potuto incendiare il legno intorno a noi.
"Qui, contro il freddo vetro, mia dama, ci troviamo in una danza di passione e di forza," disse con voce profonda, le sue parole cariche di promesse silenziose.
"Una danza dove la vostra spada non è l'unica a essere pronta per il duello," risposi con un sorriso sfuggente, sentendomi trasportata dal brivido dell'attesa.
Con un movimento deciso, mi avvicinai ulteriormente a lui, sentendo il calore del suo corpo contro il mio, mentre la sua spada trovava il suo punto di ingresso con grazia e precisione. Un gemito soffocato sfuggì dalle mie labbra mentre mi lasciavo trasportare dalla sensazione di essere completamente presa da lui.
La tensione tra noi era palpabile, il desiderio crescente mentre il mondo esterno sembrava svanire. Niente poteva fermare questo incontro tra due spiriti affamati di piacere e di conquista.
Mentre ci perdevamo nel nostro ardore, la musica proveniente dal salone principale creava una colonna sonora sensuale per il nostro incontro. Il ritmo lento e seducente sembrava fondersi con i nostri movimenti, come se danzassimo insieme, con i nostri corpi nudi, in una sinfonia di desiderio e passione.
Il suo respiro ansimava contro il mio collo mentre il suo orgasmo confermò la fine del nostro duello, il suo sperma un segno della sua vittoria. Era un momento di intimità cavalleresca, in cui il rispetto e l'ironia si mescolavano con la passione.
Dopo che il suo orgasmo era stato confermato, era giunto il momento per me di raggiungere il culmine del piacere. Con un sorriso complice, lui si inginocchiò con grazia e con delicatezza mise la testa sotto le mie vesti, esplorando con la sua lingua ogni parte di me con una passione ardente che mi faceva tremare dal desiderio.
Le sue carezze erano come una danza sensuale, una sinfonia di piacere che mi portava verso il picco dell'estasi. Ogni movimento era studiato e deliberato, un'arte che mi faceva perdere il controllo mentre i miei gemiti di piacere riempivano l'aria intorno a noi.
"Buon cavaliere, la vostra abilità è pari alla vostra gentilezza," sussurrai con voce appassionata, mentre sentivo il mio corpo rispondere con intensità ai suoi tocchi esperti.
"Mia dama, è un onore servirvi così," rispose con un tono vibrante di desiderio, il suo respiro caldo sul mio corpo.
Fu così che il nostro desiderio si intrecciò in un crescendo di piacere condiviso, fino a quando finalmente raggiunsi l'orgasmo. Lui, travolto dal mio piacere, non poté fare altro che accoglierlo con devozione.
Dopo quella sera, non rividi mai più il mio cavaliere. Arcibaldo, forsen fu costretto a partire verso Valinor, la terra immortale dei Valar, dove si ritirano tutti i possessori del mio Unico Anello
Chissà se la storia che ho raccontato sia vera o falsa; in effetti, riflettendo, per aiutarvi a comprendere che il mio incontro con questo ipotetico cavaliere non si rilevò così idealmente cavalleresco come ho descritto.
scritto il
2024-07-19
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