Di nuovo tua
di
NumeroPrimo_encore
genere
dominazione
Ti ho tradito, pentendomene già mentre l'altro stava ancora cercando di scoparmi. Mi sono tenuta dentro questa cosa per un po', poi non ce l'ho più fatta e ti ho confessato tutto. Un po' ti ha colpito sentirti tradito, e io da brava manipolatrice ho provato a farti sentire in colpa per la tua parte, per il tuo avermi trascurata, ma non so quanto tu abbia abbracciato la mia tesi. Mi hai detto che le cose cambieranno, già da stasera, e che per un po' dovrò considerarmi sotto il ruolo che per tanto tempo hai cercato di farmi assumere e che io ho sempre accettato malvolentieri. Va bene, mi sono sentita pronunciare quelle parole, in fondo te lo devo, basta che mi scopi. E tu hai riposto che ovviamente lo farai, ma che penserai più a te che a me, e che dovrò accettare la mia dose di umiliazioni. Una volta messa la bimba a letto io sarò la tua sottomessa. Quella stessa mattina, con la bimba a scuola, mi dici di spogliarmi fino alla vita e mi trascini per i capelli, dolcemente ma con fermezza, ad una poltrona, e mi fai sedere legandomi i polsi con una corda che passa dietro allo schienale. So cosa vuoi da me, e apro docile la bocca quando ti avvicini a me, già pronto. Vedo la rabbia nei tuoi occhi, mi imponi di fissarti mentre mi affondi dentro imperiosamente, mentre senza espressione ti scarichi fra lingua e palato tenendomi una mano dietro la nuca per staccarti da me lasciandomi lì. Apro la bocca per mostrarti la bocca piena di te, sperando in un fazzoletto in cui sputare, ma tu ti allontani con un sorriso a labbra serrate e mi lasci sulla poltrona. Probabilmente riuscirei a liberarmi da sola, ma accetto questa prima prova di sottomissione perché voglio il tuo perdono. Ingoio per non pensarci più, e per più di un'ora ti guardo quando ti avvicini e mi passi accanto senza rivolgermi la parola, aspettando pazientemente che mi liberi. Quando lo fai mi aiuti nello sbrigare un po' di faccende, ma non mi hai detto di rivestirmi e faccio tutto in jeans e a seni nudi, fingendo di ignorare le finestre aperte. Quando viene sera mi dice di tornare in sala nuda, dopo aver dato la buonanotte alla piccola, e ti accontento volentieri. Mentre la faccio addormentare ti ho sentito armeggiare in camera, e quando torno da te vedo quello che ti sei portato. Le fruste, naturalmente, le pinzette, altrettanto prevedibilmente, candele e vibratori, oltre all'immancabile magic wand. Rimango in piedi davanti a te, che stai finendo una sigaretta. Avrei voglia di fumare anche io, ma aspetto un tuo cenno, una parola, qualcosa, ma mi stai mettendo alla prova e sto al gioco. Finalmente ti alzi e percorri i pochi passi che ti separano dal punto in cui vuoi legarmi, e ti seguo appoggiando la schiena al vetro della porta finestra a cui hai già fissato i nastri di velcro che mi cingeranno i polsi, ma tu mi fai girare. Osservo il palazzo di fronte oltre il vetro, e le luci delle stanze da cui qualcuno potrebbe vedermi così, nuda, esposta e legata con le braccia larghe, i polsi ben sopra la testa. I seni si schiacciano contro quel vetro freddo come sembri essere tu, anche se la tua mano oltre a palparmi come un pezzo di carne mi accarezza la schiena, dalla nuca alle cosce, con una dolcezza triste. Le tue mani mi risalgono sui fianchi, arrivando a lambire i seni senza toccarli, e mi sistemano i capelli liberandomi la schiena. Mi dici di allargare le gambe, e inizi a giocare con la frusta sulla schiena e le natiche, dapprima con leggerezza poi sempre più forte. Quando arrivo a lamentarmi e a chiederti di smettere non mi ascolti e smetto di parlare, continuando a gemere sommessamente sperando che tu smetta. Fai una pausa e sento qualcosa di sottile entrarmi nel culo, poi quel sondino anale inizia a vibrare mentre tu riprendi a battermi con la lunga frusta di cuoio. La schiena e le natiche bruciano per i colpi ma sopporto, distratta anche dalle sensazioni piacevoli dell'oggetto che ho nei visceri. Mi chiedi se mi piace, chiamandomi troia, e rispondo debolmente che sì, mi sta piacendo, anche se è vero fino a un certo punto. Vedo una tenda che si scosta, dall'altra parte della strada, e osservo una donna sporgersi per chiedere le imposte della sua finestra per la notte. Non sono certa che mi abbia notata, ringraziandola mentalmente per la sua indifferenza se le sono entrata nel campo visivo in quelle condizioni, sorridendo al pensiero che forse mi stia persino invidiando un po'.
Finalmente decidi di iniziare anche a stimolarmi seriamente, e con una corda mi blocchi il magic wand tra le cosce, accendendolo prima di riprendere il tuo lavoro con la frusta. Ti sento chiamarmi con vari nomi, tra cui "schiava" è il meno offensivo. Sarò tua schiava, se questo mi farà guadagnare il tuo perdono, se ti eccita sentire e vedere la mia sottomissione. Mi stai mostrando a uno spicchio di mondo in questo momento, come se avere testimoni lo renda più vero, e forse lo fai per liberarti dall'idea che un altro mi abbia posseduta a tua insaputa. Il magic wand fa benissimo il suo lavoro, e mi rendo conto che la frusta accentua in qualche modo la violenza del primo orgasmo, che mi fa piegare le ginocchia quando esplode. I tuoi colpi hanno una frequenza e una forza irregolare che non mi lascia abituare a loro, e non sento quasi quelli che mi colpiscono mentre vengo. Sento solo la tua voce che mi ordina di riprendere la posizione, e mentre una nuova onda mi attraversa credo di vedere un'ombra dietro una finestra. Forse un vicino sconosciuto sta assistendo da un po' allo spettacolo che offro mio malgrado, ma non mi interessa. Guardi pure, se é quello che vuoi tu, se l'umiliazione per questa mia esibizione può lenire la rabbia che provi. E infatti mi dici, smettendo di frustarmi e stantuffando l'oggetto che ho fra le natiche, che potresti volermi usare così davanti a qualche ospite, e dare spettacolo con la puttana che hai sposato a qualcuno che apprezzi davvero il vedermi trattata per quella che sono. Va bene, come vuoi, replico a mezza voce mentre un orgasmo si sostituisce ad un altro ormai a ciclo continuo. Mi sfili quell'oggettino e mi afferri i fianchi tirandomi all'indietro, e allungo le braccia per assecondarti, con le cosce che unendosi accentuano l'effetto del magic wand che mi fa sussultare nell'ennesimo orgasmo. La schiena inclinata e i seni così esposti ti rendono facile applicarmi i morsetti ai capezzoli. Sono strettissimi, volutamente perché vuoi sapermi sofferente, ma non ti dò la soddisfazione di lamentarmi per quell'ennesima offesa. Ora ti sento nudo contro di me, le tue dita che tirano da ogni parte quegli odiosi oggetti di metallo i cui dentini acuminati cercano di unirsi tenendo tra loro due bottoncini di carne, la mia carne che ora però è tua. Ti sento duro nel solco fra le natiche, mentre le tue mani a coppa mi avvolgono i seni, ora accarezzandoli, ora strizzandoli aumentando la pressione sui capezzoli e facendomi finalmente versare una lacrima mentre un "no" mi esce dalle labbra. No cosa vacca, rispondi sprezzante, questo è il minimo che devi aspettarti da qui in avanti. Istintivamente dò uno strattone alle cinghie che mi serrano i polsi, anche se so che ha ragione, e pagherò quello che devo, magari protestando un po', ma rimanendo al posto che avrò nella nostra vita sessuale. Ora mi metti una mano sul fianco e con l'altra ti punti contro il mio ano, scivolando dentro con studiata lentezza. Cerco di rilassarmi per aiutarti e superare il dolore iniziale che provo ogni volta che mi usi in quel modo, aiutata dal piacere che continuo a provare, nonostante i segnali dolorosi mi arrivano da ovunque nel corpo. Ti muovi dietro di me, dentro di me, e sono felice di sapere che mi vuoi anche come strumento di piacere. Ti sento fermarti sempre più spesso, segno che stai per venire ma vuoi prolungare il tuo tempo e torturarmi ancora un po', perché ti piace quello che stai facendo. Ti imploro di venire senza avere una tua risposta, perché vuoi essere tu a dettare modi e tempi di questa prova a cui mi sottoponi, ma so che ormai oggi non durerai ancora tantissimo. Inizi a rifilarmi sculacciate sulle natiche, vengo ancora e per gli scuotimenti i seni mi lanciano fitte lancinanti in tutto il petto che mi fanno stringere i denti, e senza volere contraggo i polpacci trovandomi in punta di piedi e alzando il culo, iniziando a ondeggiare avanti e indietro in antitesi al tuo movimento, per sentirti ancora più dentro di me quando affondi. Finalmente ti inarchi, continuando a muoverti fino a quando non hai più nulla da spremere, e ti fermi accasciandoti su di me, accarezzandomi il petto e il ventre. I miei orgasmi ora sono più dolorosi che piacevoli, e temo il momento in cui mi toglierai i morsetti e il dolore si amplificherà smisuratamente per alcuni lunghissimi secondi. Ti sfili da me lasciandomi sola, e te la prendi comoda prima di tornare. Ti sento soddisfatto nel trovarmi nella posizione in cui mi hai lasciata, e mi aiuti a sollevarmi, e per prima cosa spegni il magic wand, finalmente. Mi liberi un polso, e mi chiedi se voglio che sia tu a togliere i morsetti o preferisco arrangiarmi. Fallo tu, ti prego, e mi leghi nuovamente i polsi ma tenendomi di fronte a te, e prima di toccarmi mi baci, schiacciandoti contro di me e facendomi ancora male. Ma va bene, fingo di ignorare il dolore, e quando ti stacchi da me e hai già le dita sui morsetti ti sorrido. Li stacchi uno alla volta, godendoti anche questa ultima tortura fino in fondo, e asciugandomi con le dita le lacrime che senza volere lascio scivolare sulle guance.
Sarà sempre così? Ti chiedo mentre mi massaggio i seni, dopo che mi hai slegata e mi siedo accanto a te sul divano e mi accendi una sigaretta, e mi rispondi che il mio e il tuo piacere passeranno per il mio dolore per parecchio tempo, sperando che inizi a piacere davvero anche a me essere sottomessa, perché ora lo faccio per dovere e solo in parte perché mi piace. E istintivamente scivolo giù dal divano e mi inginocchio davanti a lui, posando la sigaretta sul posacenere e portando le braccia dietro la schiena. Sarò quello che vuoi, gli dico, se tu sarai solo mio e io solo tua
Finalmente decidi di iniziare anche a stimolarmi seriamente, e con una corda mi blocchi il magic wand tra le cosce, accendendolo prima di riprendere il tuo lavoro con la frusta. Ti sento chiamarmi con vari nomi, tra cui "schiava" è il meno offensivo. Sarò tua schiava, se questo mi farà guadagnare il tuo perdono, se ti eccita sentire e vedere la mia sottomissione. Mi stai mostrando a uno spicchio di mondo in questo momento, come se avere testimoni lo renda più vero, e forse lo fai per liberarti dall'idea che un altro mi abbia posseduta a tua insaputa. Il magic wand fa benissimo il suo lavoro, e mi rendo conto che la frusta accentua in qualche modo la violenza del primo orgasmo, che mi fa piegare le ginocchia quando esplode. I tuoi colpi hanno una frequenza e una forza irregolare che non mi lascia abituare a loro, e non sento quasi quelli che mi colpiscono mentre vengo. Sento solo la tua voce che mi ordina di riprendere la posizione, e mentre una nuova onda mi attraversa credo di vedere un'ombra dietro una finestra. Forse un vicino sconosciuto sta assistendo da un po' allo spettacolo che offro mio malgrado, ma non mi interessa. Guardi pure, se é quello che vuoi tu, se l'umiliazione per questa mia esibizione può lenire la rabbia che provi. E infatti mi dici, smettendo di frustarmi e stantuffando l'oggetto che ho fra le natiche, che potresti volermi usare così davanti a qualche ospite, e dare spettacolo con la puttana che hai sposato a qualcuno che apprezzi davvero il vedermi trattata per quella che sono. Va bene, come vuoi, replico a mezza voce mentre un orgasmo si sostituisce ad un altro ormai a ciclo continuo. Mi sfili quell'oggettino e mi afferri i fianchi tirandomi all'indietro, e allungo le braccia per assecondarti, con le cosce che unendosi accentuano l'effetto del magic wand che mi fa sussultare nell'ennesimo orgasmo. La schiena inclinata e i seni così esposti ti rendono facile applicarmi i morsetti ai capezzoli. Sono strettissimi, volutamente perché vuoi sapermi sofferente, ma non ti dò la soddisfazione di lamentarmi per quell'ennesima offesa. Ora ti sento nudo contro di me, le tue dita che tirano da ogni parte quegli odiosi oggetti di metallo i cui dentini acuminati cercano di unirsi tenendo tra loro due bottoncini di carne, la mia carne che ora però è tua. Ti sento duro nel solco fra le natiche, mentre le tue mani a coppa mi avvolgono i seni, ora accarezzandoli, ora strizzandoli aumentando la pressione sui capezzoli e facendomi finalmente versare una lacrima mentre un "no" mi esce dalle labbra. No cosa vacca, rispondi sprezzante, questo è il minimo che devi aspettarti da qui in avanti. Istintivamente dò uno strattone alle cinghie che mi serrano i polsi, anche se so che ha ragione, e pagherò quello che devo, magari protestando un po', ma rimanendo al posto che avrò nella nostra vita sessuale. Ora mi metti una mano sul fianco e con l'altra ti punti contro il mio ano, scivolando dentro con studiata lentezza. Cerco di rilassarmi per aiutarti e superare il dolore iniziale che provo ogni volta che mi usi in quel modo, aiutata dal piacere che continuo a provare, nonostante i segnali dolorosi mi arrivano da ovunque nel corpo. Ti muovi dietro di me, dentro di me, e sono felice di sapere che mi vuoi anche come strumento di piacere. Ti sento fermarti sempre più spesso, segno che stai per venire ma vuoi prolungare il tuo tempo e torturarmi ancora un po', perché ti piace quello che stai facendo. Ti imploro di venire senza avere una tua risposta, perché vuoi essere tu a dettare modi e tempi di questa prova a cui mi sottoponi, ma so che ormai oggi non durerai ancora tantissimo. Inizi a rifilarmi sculacciate sulle natiche, vengo ancora e per gli scuotimenti i seni mi lanciano fitte lancinanti in tutto il petto che mi fanno stringere i denti, e senza volere contraggo i polpacci trovandomi in punta di piedi e alzando il culo, iniziando a ondeggiare avanti e indietro in antitesi al tuo movimento, per sentirti ancora più dentro di me quando affondi. Finalmente ti inarchi, continuando a muoverti fino a quando non hai più nulla da spremere, e ti fermi accasciandoti su di me, accarezzandomi il petto e il ventre. I miei orgasmi ora sono più dolorosi che piacevoli, e temo il momento in cui mi toglierai i morsetti e il dolore si amplificherà smisuratamente per alcuni lunghissimi secondi. Ti sfili da me lasciandomi sola, e te la prendi comoda prima di tornare. Ti sento soddisfatto nel trovarmi nella posizione in cui mi hai lasciata, e mi aiuti a sollevarmi, e per prima cosa spegni il magic wand, finalmente. Mi liberi un polso, e mi chiedi se voglio che sia tu a togliere i morsetti o preferisco arrangiarmi. Fallo tu, ti prego, e mi leghi nuovamente i polsi ma tenendomi di fronte a te, e prima di toccarmi mi baci, schiacciandoti contro di me e facendomi ancora male. Ma va bene, fingo di ignorare il dolore, e quando ti stacchi da me e hai già le dita sui morsetti ti sorrido. Li stacchi uno alla volta, godendoti anche questa ultima tortura fino in fondo, e asciugandomi con le dita le lacrime che senza volere lascio scivolare sulle guance.
Sarà sempre così? Ti chiedo mentre mi massaggio i seni, dopo che mi hai slegata e mi siedo accanto a te sul divano e mi accendi una sigaretta, e mi rispondi che il mio e il tuo piacere passeranno per il mio dolore per parecchio tempo, sperando che inizi a piacere davvero anche a me essere sottomessa, perché ora lo faccio per dovere e solo in parte perché mi piace. E istintivamente scivolo giù dal divano e mi inginocchio davanti a lui, posando la sigaretta sul posacenere e portando le braccia dietro la schiena. Sarò quello che vuoi, gli dico, se tu sarai solo mio e io solo tua
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Commenti dei lettori al racconto erotico