Come rovino la rovina della mia vita – Cap. 1: Il cesso

di
genere
dominazione

Ispirato a eventi realmente accaduti ma con una buona dose di fantasia; i nomi delle persone saranno cambiati .

Mi sveglio al fianco della mia bambina, il letto è sfatto e puzziamo ancora di sesso, così come l’aria dell’angusta mansarda in cui viviamo. Lei, piccola ma abbondante e morbida, dorme beata solo parzialmente coperta dal lenzuolo e tenendo ben esposta non solo la gamba tornita ma, soprattutto, il suo bellissimo seno, una quarta coppa D che ho avidamente succhiato solo sei ore prima mentre la scopavo e le venivo per la terza volta addosso.
Il lenzuolo, asciugatosi per la calura estiva, e appiccicato sul suo ventre rotondo e presenta le macchi del mio ultimo godimento. Io, completamente scoperto e nudo, mi eccito al solo vedere la mia firma su di lei e il mio cazzo, mediamente lungo ma molto, molto spesso, ritrova immediatamente vigore.
È duro e grosso come se non scopassi da mesi e la voglio, con tutto me stesso.
Allungo una mano sotto il lenzuolo lercio di umori e mi affretto a cercare la sua fighetta, soffice e tenuta ordinatamente pelosa, come da miei ordini, strofino un paio di volte il medio lungo le labbra, trovandole ancora umide, e in fretta lo faccio scivolare dentro.
Lei mugola, di dolore e di piacere, e schiude un occhio: “Daddy… già sveglio?”
“Dovevo pisciare ma la tua visione mi ha distratto… ho fame…” le ringhio in un orecchio, strappandole un bacio a fior di labbra.
“Fammi andare a lavare… almeno i denti… mmmh” mi dice lei, poco convinta, mentre col pollice le massaggio piano il clitoride.
“No, divertiamoci e poi ci andiamo a lavare insieme… ora afferrami il cazzo e fammi venire…” ringhio ancora, ficcandole un secondo dito nella figa.
Lei mugola ancora: “Si daddy…” e, girandosi appena e lasciandosi scoprire, comincia una rapida sega. Vuole farmi venire, la puttanella, ma non sa che anche io la voglio sentire urlare. L’aria del mattino si riempie dei nostri gemiti e, con tre dita dentro, la sento stringere con i muscoli vaginali mentre, disperatamente, cerca di farmi venire prima. È il nostro gioco, la nostra gara… e sta miseramente perdendo.
“È inutile che resisti, troietta – le dico, mordendole il collo e strizzandole un capezzolo – vieni, bambina… vieni per il tuo daddy!”
Le dita si piegano e trovano subito il suo punto più sensibile. Lei urla e viene, inondandomi la mano di umori e urlando: “Vengo per te, daddy… sì daddy… siiiiii”
La sua mano, preda di spasmi di godimento, accelera e, a sentire la dolce melodia del suo piacere, cedo alla voglia di godere e schizzo fiotti bollenti di sborra sul suo fianco, arrivando coi primi schizzi, più violenti, fino al suo seno.
Ringhiò per il piacere mentre vengo e lei, soddisfatta, mi bacia mentre spreme le ultime gocce di sborra dal mio cazzo. All’unisono, in una specie di rituale, ci portiamo le mani sporche dei rispettivi liquidi alla bocca e assaggiamo l’uno il piacere dell’altro prima di baciarci ancora.
Il mio cazzo, tuttavia, è ancora durissimo e, stringendomi a lei, le divarico le grosse chiappe e infilo nuovamente un dito nella sua figa. Stavolta la mia puttanella fa solo un lamento di dolore.
“Che c’è? Non vuoi il cazzo dentro la tua fighetta?” insisto, ma lei fa una smorfia.
“Tu sei troppo grosso e mi fa ancora male da ieri sera… ti dovrai accontentare della mano stamattina…”
Lo dice con un po’ di amarezza: è evidente che sa della mia insoddisfazione e di quello che ne seguirà. Tuttavia, le sorrido, le do una sculacciata e un bacio sulla fronte e le dico: “Tranquilla, vado a farmi questa pisciata e torno, allora!”
Lei sorride, con una nota di sadismo nello sguardo che amavo: “Fattela bella lunga e fatti passare i bollenti spiriti, allora”
“Tanto stasera sconterai comunque, lo sai vero?” le ringhiò io, mordendole un capezzolo poco prima di alzarmi.
“Nel frattempo riduci quel cesso al peggio che puoi” ridacchia lei, girandosi su un fianco, come se volesse tornare a dormire. Io ringhiò, caricandomi ancora di voglia, attraverso i pochi metri che separano la nostra minuscola sala/camera da letto alla porta del bagno e, spalancandola, mi dirigo verso il “cesso”.
Dormiva nella sua cuccia, nuda e con la catena ben assicurata al collare. È in posizione fetale, mostrando il grosso culo bianco e tondo, l’unica parte decente del suo corpo a parte i suoi buchi, da cui appare la lunga coda viola da volpe attaccata al grosso plug che la sera prima le avevo ficcato nell’ano.
Con poca delicatezza la prendo per i corti capelli, tagliati da me nella maniera più umiliante e scorretta possibile per ricordarle il suo posto, e si sveglia di soprassalto, urlando, mentre la metto a pecora e le strappo via il plug: “Zitta, merda! Dì là la tua padrona dorme e non mi ha fatto scopare, quindi ora sarai punita!”
“no… ti prego… nooooo” urla il mio cesso, supplicandomi con i suoi occhi nocciola mentre le entro nel culo senza neanche lubrificarlo. Le schiaccio la testa con il piede e le do una sculacciata fortissima, seguita da uno sputo dritto sulla schiena: “ZITTA HO DETTO! SE TU FACESSI LA BRAVA QUESTI SPUTI TE LI FAREI NEL CULO, MA TU TI MERITI SOLO IL DOLORE! TROIA! PUTTANA!”
Continuo a sputarle addosso mentre le sfondo il culo, già abbondantemente rovinato, e procedo a schiaffeggiarla e graffiarla in una cavalcata che mi procura tanto godimento ma anche tanta rabbia. Il suo culo, nonostante l’abitudine, sa ancora come stringersi, come mungermi il piacere fuori dalle palle e, n pochi minuti, la afferrò per i capelli e la tiro su. Mi chino su di lei, le mordo quasi a sangue l’incavo del collo e do un’ultima pompata che culmina nella seconda sborrata del mattino, dritta nel suo culo. Come la quarta della notte appena trascorsa, sempre finita lì.
“Come si dice, puttana?”
“Grazie… dad… – esita, ma la schiaffeggiò violentemente sul viso mentre esco da lei e la faccio girare – Padrone…”
Ringhio di disapprovazione mentre, trascinandola per i capelli senza che lei, d’altro canto, opponesse resistenza, la getto nell’arrugginito e sbilenco box doccia. Non sono il suo daddy, non più, e per colpa sua.
Indirizzo il cazzo verso di lei, riuscendo un minimo a perdere turgore, e lei, da brava, apre la bocca e tira fuori la lingua: “Bravo il mio cesso… almeno questo lo sai fare bene!” e, dandole un calcio di derisione alla coscia, comincio a pisciarle in bocca e sul petto, macchiando quelle tettine scese e asimmetriche che un tempo adoravo succhiare ma che ora vorrei solo massacrare di frustate.
Sgrullo il cazzo e lo struscio sulla sua faccia, lasciando che la sua lingua me lo pulisca mentre il suo sguardo vuoto viaggia oltre la sporca finestrella della mansarda di merda in cui ci siamo ritrovati a vivere.
Per colpa sua. Per colpa del cesso che si merita ogni maltrattamento del mondo.
Torno a letto e mi stendo al fianco della mia bambina che, mugolando, mi chiede: “Le hai fatto male?”
“Sì”
“Fatto bene… se lo merita…” mi dice, facendosi abbracciare. Ci addormentiamo insieme e so che anche lei sta pensando alla sera che passeremo e a quali nuove torture inventare per il nostro “Cesso”.
Perché è colpa sua se siamo degli emarginati. Perché è colpa sua se viviamo in un tugurio e abbiamo appena di che sopravvivere. Perché avrei fatto tutto per lei e invece la puttana ha rovinato la vita a me, alla mia bambina e a sé stessa. E ora, ogni giorno, dovrà pagare pegno. Era il mio tutto, ma ora è solo la causa dello squallore in cui tutti noi viviamo, squallore la cui causa è stata la sua ennesima, folle richiesta di oltre due anni fa…

Per info e contatti: leoleolux1991@gmail.com
scritto il
2024-12-05
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