La deriva della mia vita
di
GattaBianca
genere
tradimenti
SETTEMBRE 2022:
C'è voluta più di una settimana per capire dove mi trovo. Il lungo corridoio dipinto con vernice lucida verde pastello, gli infiniti neon che si susseguono sopra, sul soffitto, tante camere a destra e a sinistra, numerate, impersonali, spartane: un letto, un piccolo comodino, una sedia. Appena la mia testa ritrova confusamente un po' di lucidità e sprofonda nell'abisso della disperazione, arriva il cigno bianco con un bicchierino di acqua, e due pastiglie da prendere, e me ne ritorno nel mio dorato limbo della passività più assoluta. Disordinatamente, non riuscendone a percepire quando, mi pare di aver visto mia madre, che con un fazzoletto ormai madido di lacrime, singhiozzante mi diceva che: «Tutto andrà bene, ogni cosa si sistemerà».
Poi ci sono altre persone che mi ruotano intorno, che io non conosco o che non ricordo: una donna giovane, sulla trentina, con lunghi capelli neri; altre vestite di blu, mi buttano giù dal letto per pulire e cambiarmi le lenzuola, e poi i cigni bianchi, che raramente mi bucano il braccio, ma di solito mi regalano il ritorno nella mia ovattata e ristoratrice solitudine.
Dopo una settimana quella sensazione si affievolisce, il corpo diventa assuefatto a quelle ipnotiche sostanze, ed i flash di quel che è stato, come lampi in un temporale, fanno rivivere immagini, parole, gesti che vorrei semplicemente cancellare. Come grida assordanti nel silenzio più totale, come luci abbaglianti nel buio della notte: Leonardo, Luca mio marito, Gabriel mio figlio.
Nelle mie insonni notti il delirio della colpa: un uomo mi scopa forte e a me piace, un altro mi esclude dalla sua vita, e uno più giovane è lontano. e forse non sa. Non ci sono fari nelle mie tempeste, ed il mare tumultuoso gioca con me sbattendomi dove vuole sempre più verso la deriva, verso il mare aperto.
Pian piano il gomitolo inizia a dipanarsi: la donna dai lunghi capelli, quella che mi bombarda di domande, è la psicologa del Servizio Psichiatrico, quelle in blu sono le O.S.S, le operatrici sanitarie, ed i cigni bianchi le infermiere che mi somministrano la terapia. Sono ricoverata per un T.S.O, un Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Quando l'ambulanza allertata da una vicina, che preoccupata perché non mi vedeva mai uscire di casa, mi ha trovato in uno stato di semi coscienza, Luca ha posto la firma per un ricovero coatto. Ma come ho fatto a cadere in questo baratro, l'amore, l'odio cos'è che mi ha fatto entrare in un antro così tetro da non vedere più una via d'uscita, un luce che mi potesse orientare.
Quando mia nonna da bambina mi diceva che era importante sapere leggere e scrivere, avendo una venerazione per quella donna buona e di una intelligenza non comune, le rispondevo per farla felice che da grande avrei fatto la scrittrice. E' nell'intreccio complicato delle cose quella promessa però l'ho mantenuta, sono una sceneggiatrice e scrivo trame di serie tv, di programmi televisivi e ho scritto due romanzi, che mi hanno dato un impensato riconoscimento nella narrativa nazionale. Quindi la psicologa vista la mia diffidenza di aprirmi con lei nel profondo di quelle azioni che mi hanno portato qui, mi ha suggerito di imbastire una specie di quaderno, un diario di bordo cercando di tracciare una rotta che mi riporti in me.
APRILE 2022:
La vita che si scuote dal gelido freddo invernale, come un cane che con rapidi scossoni della schiena si scrolla di dosso l'acqua della pioggia che l'ha bagnato, e così il sole diventa meno tenue, inizia a scaldare, le piante germogliano, e la vita risorge nella mente e nello spirito.
Avevo appena concluso brillantemente la sceneggiatura di una serie tv svedese, che stava avendo molto successo, e quindi potevo prendere un po' di respiro. Respirare per me voleva dire leggere e tra una libreria e l'altra avevo comprato una pila di libri di autori giapponesi che avrebbe spaventato anche un assiduo lettore. Haruki Murakami, Natsume Soseki, Kenzaburo Oe, Kazuo Ishiguro di questi avevo comprato in pratica tutte le loro opere, a mi gustavo già di vivermi l'atmosfera che solo i giapponesi riescono a darti nelle loro descrizioni e nel loro scrivere.
Tornando a casa proprio da una libreria, quasi sul portone, già con le chiavi in mano, dal campetto di calcetto, che sta davanti al palazzo, era arrivato un pallone, ho socchiuso gli occhi per il riverbero del sole e ho notato un'ombra venirmi incontro. Un ragazzo che veniva a recuperarlo, io in maniera giocosa, visto che proprio era davanti ai miei piedi, l'ho calciato cercando di passarglielo, ma le mie scarse doti calcistiche l'hanno fatto rimbalzare lontanissimo. Oramai riuscivo a vedere dall'ombra quel ragazzo, che si messo a ridere per il mio penoso gesto tecnico. Dalla semioscurità due occhi blu cobalto, una bocca carnosa, i capelli lunghi, castani e bagnati dal sudore. Ho chiesto scusa ridendo anch'io, e quando praticamente era a due metri da me, non ho potuto fare a meno di osservare il suo corpo a petto nudo, i muscoli delineati dei pettorali e degli addominali, l'abbronzatura, la purezza della gioventù. Era bellissimo, una strana e astratta sensazione mi ha pervaso, tanto che per un attimo la mente è volata via leggera come le rondini di ritorno dal loro lungo svernare. Con la mano si era asciugato la fronte, i suoi occhi però non si staccavano dai miei, e come per studiarmi mi ha osservata dal viso alle gambe, dall'alto in basso. Avevo un vestitino di lanetta bianco, nulla di sexy, ma le mie forme, le mie rotondità trasparivano, ed un pizzico di eccitazione mi ha fatto correre i brividi di freddo lungo tutta la schiena, i miei capezzoli si sono fatti turgidi e si notavano sotto il tessuto.
Arrossendo vergognandomi, quasi mi sentissi sotto esame, ho salutato e mi sono diretta verso l'entrata del mio palazzo. Salendo le scale fino all'attico, mio e di mio marito, non riuscivo a non pensare a quello che avevo visto, io sempre parca dal lasciarmi trasportare da facili suggestioni, provavo quasi tenerezza per me stessa e per quell'irragionevole turbamento.
MAGGIO 2022:
Ero in cucina, stavo preparando il caffè, quando mio marito Luca è entrato con una faccia strana: «Cosa ti succede? Hai dormito male?» ho servito il caffè e con la tazzina tra le mani ha cominciato a parlare: «Senti amore, c'è una cosa importante che ho bisogno di dirti. Nello studio di Antonio, tuo padre, mi sento mancare l'aria, ho voglia a 50 anni di aprire un mio studio. So che perderei tutte quelle sicurezze che mi sono conquistato, ma ho maturato un'esperienza che mi potrà solo che aiutare. »
Sapevo che era stufo di sottostare alle ferree regole di mio padre, che aveva uno dei più importanti studi di avvocati di tutta Milano. La cosa mi spaventava non poco, lavorare da soli poteva rivelarsi un grande rischio, oltre ad un sacco di spese per iniziare: affittare un posto, assumere una segretaria, perdendo: la certezza, l'aiuto dei colleghi, i vari e grossi benefit di fine anno. Certo io lavoravo, ma avevamo un tenore di vita: Francesco nostro figlio, che aveva 19 anni era in Inghilterra per un anno in un college importante, per migliorare il suo inglese prima di iscriversi all'università, il mutuo sul nostro grande attico in centro dove vivevamo, la casa al mare... e molto altro. Era un salto nel vuoto, io a 43 anni avevo un lavoro fatto di contratti a progetto o presentavo io stessa a produttori e registi le mie sceneggiature che spesso erano accolte benevolmente, ma in caso di una mia crisi creativa sarebbero stati problemi seri, senza le sicurezze che derivavano dal suo lavoro. Ero titubante: «Aspetta che Francesco torni a casa, non mi pare il periodo giusto. Non voglio dire che...» ma mi ha bloccato con un gesto della mano, continuando lui: «Oda Nobunaga, grande comandante militare del '500, un giorno assunse un cuoco famoso.» anche a lui piacevano gli autori nipponici, e se poteva, nei discorsi seri, metteva qualche aneddoto per rinforzare la sua tesi «La prima volta che assaggiò, un piatto preparato da costui, lo trovò disgustoso e coprì l'uomo di insulti. Allora il cuoco, che era stato rimproverato per aver cucinato vivande prelibate, in seguito servì al padrone cibo di seconda ho terza categoria, ricevendone sempre calorosi elogi. Pensa a quel cuoco ed alla sua necessità di lavorare e non essere licenziato, certo era astuto, ma metteva in secondo piano la propria arte culinaria, la sua vera passione. Capisci cosa intendo?»
In pratica voleva dirmi che non si sentiva stimolato di poter tirare fuori il meglio di se, e si doveva adattare a delle regole che gli impedivano di sentirsi libero nel suo mestiere. Ma avevo capito che la sua decisione era stata già presa.
Ma io non avevo voglia di intavolare discussioni, la mia mente veleggiava ancora, e sempre più, su quel ragazzo, su quella folgorazione che mi aveva destabilizzato l'esistenza.
Praticamente non passava giorno che pensassi a lui, me ne ero invaghita al punto che spesso scendevo le scale inventandomi motivi inutili, solo per sperare di incontrarlo. Quando Luca non era in casa mi vestivo, sì casual, ma con pantaloncini o vestitini che mettessero in risalto le mie forme, sperando che mi trovasse ancora bella, che fosse attirato da quello che vedeva. Una sera, Luca era via per una sentenza a Bologna, mi sono guardata allo specchio nuda, ed ero soddisfatta di quello che vedevo: il mio seno grosso e sodo, i miei capezzoli tondi, le mie gambe lunghe, i mio triangolino di peletti morbidi e scuri, la mia fica che spiccava con due belle labbra rosa.
A pensare di baciare, di accarezzare quel giovane corpo la mia peccaminosa mano era scesa tra le mie cosce, e con il medio ho iniziato a giocare con il mio turgido clitoride. Poi lo facevo roteare schiacciandolo sempre con più intensità, la mia lussuria cresceva, avevo un'immorale desiderio, dovevo averlo e con questa viziosa voglia, immaginando fosse sua la mano che mi toccava, sono venuta intensamente, lasciando la mia vagina pulsante, ed imbarazzata come una adolescente sono andata a dormire.
GIUGNO 2022:
Ci eravamo incrociati tre o quattro volte, ed ero quasi certa che anche lui mi desiderasse, sentivo il suo sguardo sul mio corpo, lo vedevo accompagnare i movimenti del mio culetto, messi in evidenza da tute aderenti, che io amplificavo in maniera provocante. Nella mia vita non mi era capitato mai nulla del genere, men che meno con uno dell'età di mio foglio. Tra l'altro, il sesso per me era quasi un accessorio, non avevo mai dato troppo peso a quello, con mio marito certo lo facevamo, ma era un routine conosciuta, che non mi rubava più di qualche attimo di piacere. Niente a che vedere con il terremoto che mi scuoteva fin dentro le viscere che provavo in quei mesi.
Ero ossessionata da Leonardo, da un ragazzo di 22 anni? Cosa mai mi stava succedendo? Forse ricercavo, vista l'età crescente, sensazioni mai vissute? Ma anche quando mi destavo da questi sordidi pensieri, la mia etica di comportamento da me sempre adottata, durava ben poco, mi bastava passare davanti alla sua porta per immaginare a cosa lui potesse star facendo, e con chi. Giravo come una trottola, combattendo tra la tentazione e la ragione, tra una passione inebriante e il terrore di compierla. Come avrei potuto perdonarmi, tradendo Luca e Francesco, le figure più importanti della mia vita.
LUGLIO 2022:
Poi un giorno successe l'impensabile, l'irreparabile. E c'era poco da nascondersi dietro ad un dito, era più forte di me, volevo che accadesse. Una mattina, ero appena andata a fare la spesa ed ho incontrato Leonardo davanti al portone, dopo esserci salutati, abbiamo notato che l'ascensore non era agibile, e lui si è offerto di aiutarmi con le borse. «Tanto lei, non usa mai l'ascensore, la vedo sempre a piedi per le scale, giusto?» Era stupendo, la camicetta azzurra faceva spiccare i suoi occhi rendendoli quasi più chiari. «Caro Leonardo, lo faccio per tenermi in forma, non sono una tipo da palestra, sono piuttosto da divano. con un libro e una copertina d'inverno.»...«Beh allora me lo lasci dire, lei proprio non ha bisogno di fare sport, è una bellissima donna così, com'è. Non si offenda ma è la pura verità.» Con quelle parole che mi rimbalzavano nelle orecchie, un senso di esaltante felicità mi ha pervasa, allora mi riteneva davvero un donna ancora bella? Stavo avanti a lui di tre o quattro scalini e sentivo un fremito, un solleticarmi dentro le mutandine al semplice fatto che mi guardasse così, da dietro, sperando che nella sottile trasparenza del mio vestitino bianco e corto, notasse il mio perizomino.
Quando siamo arrivati a casa mia, ho aperto la porta, e l'ho invitato a bere qualcosa di fresco, visto che avevo avuto un ingaggio importante per una serie tv da festeggiare. Lui è entrato posando le borse nel corridoio e si è guardato intorno chiedendomi: «Non vorrei disturbare, è quasi ora di pranzo, magari suo marito sta tornando a casa.»...«Tranquillo, Luca rientra domani sera, è fuori città per un'udienza importante. Dai rilassati, io vedo a prendere da bere, prosecco? Devo festeggiare con qualcuno, ho avuto la sceneggiatura di una mia serie tv, che andrà in onda a gennaio del prossimo anno. Fammi compagnia, brindare da soli porta male.»
Ci siamo seduti sul divano, ed abbiamo parlato, ho scoperto che faceva Lettere e che era un appassionato di libri, era così rilassante stare con una persona che non doveva per forza impormi il proprio 'sapere', come mi capitava di solito. Mi sono alzata di scatto per andare a prendere la bottiglia che era in frigo, non volevo farlo andare via. Neppure le nostre foto di famiglia, tutti abbracciati e sorridenti, appoggiate ai mobili, mi facevano sentire di star facendo qualcosa di folle; il desiderio, la tentazione erano più forti dei miei tabù.
Quando ha visto un mio lieve cenno di dolore sul viso, ha detto: «C'è qualcosa che non va, signora? Si sente bene?»...«Si, devo solo aver dormito male, ho un po' di dolore alla schiena, e smettila con quel lei, chiamami Valentina.» Ho riempito i bicchieri e lui: «Se vuole, scusa, se vuoi, ti posso fare un massaggio, ho fatto un corso l'anno scorso.» come potevo dirgli di no, «Lascia stare, non preoccuparti, userò il prosecco come antidolorifico.... Bon dai se vuoi provare? Come devo mettermi, meglio distesa?»
E così mi sono trovata distesa a pancia in giù sul divano, e lui che mi manipolava le spalle da sopra il vestitino. Una sensazione totalizzante, una voglia da accelerarmi il battito del cuore ed il respiro, così senza che parlasse ho fatto scendere le spalline e mi sono sfilata il reggiseno. Il vestito mi copriva solo i glutei, e le sue mani calde ed esperte mi facevano bramare, e dovevo tenere a freno gli spasmi ed il solletico che mi provocava. Ero tutta bagnata, quando le sue dita sono scese appena sopra il mio culetto, mi sono girata e l'ho fissato negli occhi, quasi a dargli il consenso di andare oltre, mi ha sollevato il cotone che mi copriva il basso ventre, e mi ha massaggiato lentamente.
Non riuscivo più a controllarmi, mi sono alzata sui gomiti e le sue mani si sono infilate sotto le mie ascelle, e mi ha preso i seni tra le mani. Io non coordinavo più i miei pensieri, avevo fame, sete di quel corpo. «Sai che sei stupenda, te ne rendi conto?» A quella frase mi sono messa supina con Leonardo che mi baciava i capezzoli, mi ha sfilato il vestitino ed il perizoma nero e sono rimasta nuda davanti a lui. L'ho fatto alzare, l'ho tirato verso di me, e gli ho abbassato i jeans e i boxer in un colpo solo, e mi sono trovata davanti una cosa deliziosa, il suo pene era lungo, duro, glabro, con il prepuzio che copriva la sua punta da farlo sembrare un bocciolo di rosa. Ho cominciato a leccarglielo, prima la punta esternamente, poi con la mano tiravo indietro la pelle e leccavo il frenulo e roteavo la lingua intorno alla sua affusolata e rosa cappella, mentre lui con la mano mi sondava sotto i miei peli. Imbarazzata gli ho detto: «Scusami non so cosa mi prenda, sono tutta bagnata, vuoi che mi asciugo?»
La sua risposta è stata quella di scavalcarmi con una sua gambe e mettersi a 69 sopra di me, e lo sentivo baciare e aspirare la mi fica madida, che smaniava di passione e di un folle desiderio. Io continuavo a ciucciarlo con una delicatezza e dedizione che mai prima d'ora avevo avuto, a dirla tutta con mio marito non mi piaceva per niente. Accarezzavo la sua pelle liscia, sembrava quasi oleata al tatto, mentre con la sua smania prendeva delicatamente con i denti il mio clitoride, lo mordicchiava e lo rilasciava facendomi impazzire. Ci soffiava aria fredda, che mi faceva invadere da brividi gelidi, e poi con la sua bocca mi donava tepore e mi scaldava.
Poi ho sentito l'aria mancarmi, piccole scosse percorrermi le gambe dai piedi fino a dove lui aveva il viso, e milioni di lampi di luce accecante mi hanno ammantato, e sono venuta, mi pareva di volare, mi sentivo lievitare. Con ancora il cuore a mille Leonardo si è girato e guardandomi fisso negli occhi mi ha penetrata, con una spinta forte, con un vigore tale che è entrato tutto dentro me, poi ha cominciato ad andare su e giù allargandomi del tutto le mie gambe. Dopo pochi minuti un'altra esplosione ed ho gridato: «E' meraviglioso Leo, sto god... sì... non fermarti... ecco adesso... go...do...» e d'istinto ho cercato di chiudere le gambe, presa da un altro sconvolgente orgasmo.
Ha capito e si è sfilato da me, solo a vedere i suoi 23 cm mi faceva morire, e immaginare le cose più sconce, più maòate da poter fare insieme.
L'ho preso per mano e l'ho trascinato in cucina, ancora nudi: «Ora mangiamo qualcosa, ma non pensare di cavartela così facilmente. Vuoi stare con me stanotte? Scusa, mi è uscito senza riflettere.»...«Davvero? Posso?»
Ho messo su l'acqua della pasta, ho scongelato al microonde il ragù che avevo già pronto, l'ho fatto sedere su una sedia, mi sono inginocchiata e ho ripreso a baciare il suo lungo cazzo. Volevo farlo venire, e così, ritmando i movimenti di mano e bocca, ho visto i suoi occhi velarsi dall'arrivo dell'orgasmo, e quando ha tirato la testa all'indietro la mia gola si è riempita del suo caldo e aromatico seme. Mi piaceva il suo gusto e la sua viscosità.
Dopo due ore da quando era in casa mia abbiamo pranzato, chiacchierando tranquilli, nudi, ogni tanto lui veniva a baciarmi sulle labbra, come se fosse la cosa più naturale.
Non percepivo sensi di colpa, nessun pensiero andava a Luca, ero persa in un labirinto di cose mai provate, e non volevo abbandonarle neppure mentalmente.
Siamo andati nel letto matrimoniale e ci siamo addormentati sotto il lenzuolo abbracciati stretti.
Alle 18:00 mi sono svegliata perché Leo aveva cominciato a baciarmi la schiena, accarezzandomi i glutei, era già eccitato al massimo, aveva ancora voglia di me. Ero a pancia in giù, ho alzato le ginocchia, e lui ha capito subito cosa volevo, e mi ha preso per i fianchi ed è entrato a 90 dentro me, così mi pareva di sentirlo fino alla stomaco, ma era paradisiaco e lo incitavo a scoparmi più forte, rantolando e sussultando dal piacere che stavo provando.
Quando la porta della camera si è aperta, io e Leo ci siamo girati, mio marito Luca con gli occhi esterrefatti ci fissava, mentre io mi facevo sbattere a pecorina da un ragazzino sul nostro letto. Non ha detto una parola, si è girato ed è uscito.
Leonardo rapido si è rivestito ed è sgattaiolato dalla porta lasciandomi sola, così confusa e abbandonata ai peggiori pensieri. Mi ero giocata tutto per due ore di sesso?
Il gelo si era impossessato di me, la mia lurida coscienza, il tormento, una spina nel cuore mi affliggevano l'animo, e il non aver nessuna scusante mi faceva precipitare in un abisso senza fine. Cosa potevo dirgli a Luca? Quale insensata, irragionevole menzogna mi avrebbe risollevato da quello che aveva appena visto?
Per tutta la settimana successiva, ogni volta che cercavo di spiegarmi, lui con l'indice sulle labbra mi zittiva, io parlavo lo stesso, cercando il suo perdono, ma Luca non mi guardava nemmeno in faccia, mi ha detto solo quattro parole in quei giorni: «Mi fai schifo, vergognati!»
Ho iniziato a non uscire più dalla camera degli ospiti, che mi aveva concesso fino a quando avrei trovato un posto dove andare. Nessuno ne sapeva niente, ma dentro me il malessere covava e come una tenia si cibava di tutti i miei pensieri lasciandomi solo il terrore, le angosce per il domani, per il futuro. E cosa avrebbe detto a Francesco? Che considerazione potrebbe mai avere un figlio verso una madre che va a letto con un suo, quasi, coetaneo? Ero annichilita.
Ho trovato un biglietto in cucina dove c'era scritto che per sabato sera avrei dovuto preparare la cena per 4 persone, sarebbero venuti due suoi colleghi avvocati da noi. Ho pensato subito che arrivassero per definire i punti del divorzio, ma visto che lui non mi parlava non potevo sapere nulla di più.
Alle 20:00 di quel sabato, hanno suonato al campanello, e Luca è andato ad aprire. La tavola era imbandita, le pietanze dovevo solo riscaldarle. Una voce mi sembrava di conoscerla, e quando i tre si sono presentati in cucina sono sbiancata, gli ospiti erano Leonardo ed un suo amico Walter. Non riuscivo a capire, tremavo come una foglia, la voce oltre ad un «Ciao» mi si bloccava, come i miei pensieri. Perché c'erano questi due ragazzi a cena? Senza fiatare ho servito il primo, poi il secondo mentre loro discorrevano di calcio, di problemi della palazzina e di altre sciocchezze. Io non sono riuscita a mangiare nulla.
Dopo il caffè, in salotto mio marito ha detto con voce solenne: «Bene cara, ora ti tolgo tutti i dubbi, Leonardo e Walter hanno una piccola rogna da risolvere con la giustizia, io li rappresenterò a titolo gratuito, ma loro dovranno fare qualcosa per me, e soprattutto per te. Visto che ti piacciono quelli dell'età di Francesco e brami nuove esperienze, con uno l'hai fatto, adesso davanti hai miei occhi lo farai con due, magari la doppia penetrazione ti gusterà da morire. I ragazzi hanno già dato il loro consenso, senza soldi e con un avvocato d'ufficio difficilmente ne uscirebbero puliti dall'aggressione aggravata che li ha viti coinvolti in una rissa, quindi fallo per loro e anche per me, così dimenticherò più tranquillamente gli anni sprecati della nostra storia. Dai cara, zoccola una volta, zoccola tutta la vita, non fare tanto la santerellina, ho visto come te lo schiaffava dentro ed ho sentito i tuoi "ancora, non fermarti" tipici delle attrici porno. Ragazzi quando volete il divano e la mia e moglie è a vostra completa disposizione.»
A quel discorso, detto con sarcasmo ed ironia se c'era una parte di mondo che non mi era già caduta addosso, quella è venuta giù in quel momento. Come poteva Luca farmi una cosa simile? Quanto disprezzo, quanta indifferenza, quanto odio covava, tutto sommato a ragione, nei miei confronti. Non ero più moglie, non ero più madre, non ero più nessuno per lui, ero un sacco da far usare per la sua rivincita, per una meschina rivalsa.
L'ho fissato negli occhi con sguardo di sfida, mi montava una rabbia contro di lui, ma in primo luogo contro me stessa, neppure Leonardo, che si era venduto alle lusinghe di un buon trattamento giuridico gratuito, mi spalleggiava, anzi mi osservava anche lui come a dirmi: «Ma quanto puttana sei? Sei una donna senza pudore...»
Ero tentata di fare quella follia, di farmi scopare da due ragazzi, almeno Luca avrebbe capito cosa mi era sempre mancato nei nostri rapporti intimi, ma mi sono girata, ho preso quello che son riuscita caricando un borsone, ho afferrato le chiavi della casa al mare e sono uscita sbattendo la porta con Luca che chiudeva la questione così: «Ora fai pure l'indignata, l'offesa, fammi sapere quando vieni a prendere le tue cose, che io non voglio esserci, sei un essere pietoso. Con Francesco parlerò io, spiegandogli dettagliatamente che facevi yoga nel mio letto a 90 gradi con uno della sua età sul groppone, mentre tu lo incitavi a galopparti più forte. Sembravi la mamma del 'Mulino Bianco', ma a te il bianco piace più in bocca, da quanto mi ha raccontato il buon Leo.»
Tra le lacrime e i singhiozzi sono arrivata alla casa al mare, la mattina seguente ho fatto la spesa, 300 euro tra scatolette e superalcolici, ho avvertito la mia vicina che avevo bisogno di stare sola per scrivere, ed ho iniziato il mio calvario, fatto di vodka dalla mattina, e di talmente così poco cibo che le gambe non avevano forza di alzarsi. Se non dormivo, spegnevo: i miei pensieri, la mia vergogna, la mia ossessione, che ancora permeava dentro me per quel ragazzo, con l'alcol. Non c'era più giorno o notte, le persiane sempre chiuse, il telefono staccato, per giorni ho vagato tra i divano ed il letto, con il Pc sempre chiuso. Se lo accendevo vedendo che non riuscivo a scrivere una riga della serie a cui dovevo lavorare, affranta andavo in frigo e mi preparavo una vodka tonic, accendevo lo stereo e mettevo un po' di musica, quella che trovavo alla prima stazione radio, e continuavo a bere dimenticandomi di tutto e tutti.
Cosa ero diventata? Ho chiamato il direttore responsabile di produzione e senza neppure troppi dettagli ho rescisso il contratto, sentendomi un po' più libera, libera di cercare una lenta e dolorosa perdizione. Lo stomaco mi doleva sempre, mangiando una scatola di fagioli o una di tonno, e bevendo superalcolici il mio corpo si era ridotto ad un ammasso di carne e ossa senza la guida del sistema nervoso.
Vegetavo, fino a che il suono di una ambulanza mi ha risvegliato da quell'incubo, ricacciandomi in quello della pura realtà, di quello che senza nessuna scusante avevo commesso.
Quando ho varcato la porta a vetri dell'ospedale psichiatrico, mi sono guardata attorno, con la mia piccola valigetta di pelle, ma non c'era nessuno ad aspettarmi e piangendo sono andata a prendere un autobus per tornare alla casa al mare.
Quando te la porti dentro la colpa ti segue come l'ombra, e solo nel buio e nell'oblio puoi cercare un percorso da seguire: per riprenderti o per lasciarti andare.
(continua)
C'è voluta più di una settimana per capire dove mi trovo. Il lungo corridoio dipinto con vernice lucida verde pastello, gli infiniti neon che si susseguono sopra, sul soffitto, tante camere a destra e a sinistra, numerate, impersonali, spartane: un letto, un piccolo comodino, una sedia. Appena la mia testa ritrova confusamente un po' di lucidità e sprofonda nell'abisso della disperazione, arriva il cigno bianco con un bicchierino di acqua, e due pastiglie da prendere, e me ne ritorno nel mio dorato limbo della passività più assoluta. Disordinatamente, non riuscendone a percepire quando, mi pare di aver visto mia madre, che con un fazzoletto ormai madido di lacrime, singhiozzante mi diceva che: «Tutto andrà bene, ogni cosa si sistemerà».
Poi ci sono altre persone che mi ruotano intorno, che io non conosco o che non ricordo: una donna giovane, sulla trentina, con lunghi capelli neri; altre vestite di blu, mi buttano giù dal letto per pulire e cambiarmi le lenzuola, e poi i cigni bianchi, che raramente mi bucano il braccio, ma di solito mi regalano il ritorno nella mia ovattata e ristoratrice solitudine.
Dopo una settimana quella sensazione si affievolisce, il corpo diventa assuefatto a quelle ipnotiche sostanze, ed i flash di quel che è stato, come lampi in un temporale, fanno rivivere immagini, parole, gesti che vorrei semplicemente cancellare. Come grida assordanti nel silenzio più totale, come luci abbaglianti nel buio della notte: Leonardo, Luca mio marito, Gabriel mio figlio.
Nelle mie insonni notti il delirio della colpa: un uomo mi scopa forte e a me piace, un altro mi esclude dalla sua vita, e uno più giovane è lontano. e forse non sa. Non ci sono fari nelle mie tempeste, ed il mare tumultuoso gioca con me sbattendomi dove vuole sempre più verso la deriva, verso il mare aperto.
Pian piano il gomitolo inizia a dipanarsi: la donna dai lunghi capelli, quella che mi bombarda di domande, è la psicologa del Servizio Psichiatrico, quelle in blu sono le O.S.S, le operatrici sanitarie, ed i cigni bianchi le infermiere che mi somministrano la terapia. Sono ricoverata per un T.S.O, un Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Quando l'ambulanza allertata da una vicina, che preoccupata perché non mi vedeva mai uscire di casa, mi ha trovato in uno stato di semi coscienza, Luca ha posto la firma per un ricovero coatto. Ma come ho fatto a cadere in questo baratro, l'amore, l'odio cos'è che mi ha fatto entrare in un antro così tetro da non vedere più una via d'uscita, un luce che mi potesse orientare.
Quando mia nonna da bambina mi diceva che era importante sapere leggere e scrivere, avendo una venerazione per quella donna buona e di una intelligenza non comune, le rispondevo per farla felice che da grande avrei fatto la scrittrice. E' nell'intreccio complicato delle cose quella promessa però l'ho mantenuta, sono una sceneggiatrice e scrivo trame di serie tv, di programmi televisivi e ho scritto due romanzi, che mi hanno dato un impensato riconoscimento nella narrativa nazionale. Quindi la psicologa vista la mia diffidenza di aprirmi con lei nel profondo di quelle azioni che mi hanno portato qui, mi ha suggerito di imbastire una specie di quaderno, un diario di bordo cercando di tracciare una rotta che mi riporti in me.
APRILE 2022:
La vita che si scuote dal gelido freddo invernale, come un cane che con rapidi scossoni della schiena si scrolla di dosso l'acqua della pioggia che l'ha bagnato, e così il sole diventa meno tenue, inizia a scaldare, le piante germogliano, e la vita risorge nella mente e nello spirito.
Avevo appena concluso brillantemente la sceneggiatura di una serie tv svedese, che stava avendo molto successo, e quindi potevo prendere un po' di respiro. Respirare per me voleva dire leggere e tra una libreria e l'altra avevo comprato una pila di libri di autori giapponesi che avrebbe spaventato anche un assiduo lettore. Haruki Murakami, Natsume Soseki, Kenzaburo Oe, Kazuo Ishiguro di questi avevo comprato in pratica tutte le loro opere, a mi gustavo già di vivermi l'atmosfera che solo i giapponesi riescono a darti nelle loro descrizioni e nel loro scrivere.
Tornando a casa proprio da una libreria, quasi sul portone, già con le chiavi in mano, dal campetto di calcetto, che sta davanti al palazzo, era arrivato un pallone, ho socchiuso gli occhi per il riverbero del sole e ho notato un'ombra venirmi incontro. Un ragazzo che veniva a recuperarlo, io in maniera giocosa, visto che proprio era davanti ai miei piedi, l'ho calciato cercando di passarglielo, ma le mie scarse doti calcistiche l'hanno fatto rimbalzare lontanissimo. Oramai riuscivo a vedere dall'ombra quel ragazzo, che si messo a ridere per il mio penoso gesto tecnico. Dalla semioscurità due occhi blu cobalto, una bocca carnosa, i capelli lunghi, castani e bagnati dal sudore. Ho chiesto scusa ridendo anch'io, e quando praticamente era a due metri da me, non ho potuto fare a meno di osservare il suo corpo a petto nudo, i muscoli delineati dei pettorali e degli addominali, l'abbronzatura, la purezza della gioventù. Era bellissimo, una strana e astratta sensazione mi ha pervaso, tanto che per un attimo la mente è volata via leggera come le rondini di ritorno dal loro lungo svernare. Con la mano si era asciugato la fronte, i suoi occhi però non si staccavano dai miei, e come per studiarmi mi ha osservata dal viso alle gambe, dall'alto in basso. Avevo un vestitino di lanetta bianco, nulla di sexy, ma le mie forme, le mie rotondità trasparivano, ed un pizzico di eccitazione mi ha fatto correre i brividi di freddo lungo tutta la schiena, i miei capezzoli si sono fatti turgidi e si notavano sotto il tessuto.
Arrossendo vergognandomi, quasi mi sentissi sotto esame, ho salutato e mi sono diretta verso l'entrata del mio palazzo. Salendo le scale fino all'attico, mio e di mio marito, non riuscivo a non pensare a quello che avevo visto, io sempre parca dal lasciarmi trasportare da facili suggestioni, provavo quasi tenerezza per me stessa e per quell'irragionevole turbamento.
MAGGIO 2022:
Ero in cucina, stavo preparando il caffè, quando mio marito Luca è entrato con una faccia strana: «Cosa ti succede? Hai dormito male?» ho servito il caffè e con la tazzina tra le mani ha cominciato a parlare: «Senti amore, c'è una cosa importante che ho bisogno di dirti. Nello studio di Antonio, tuo padre, mi sento mancare l'aria, ho voglia a 50 anni di aprire un mio studio. So che perderei tutte quelle sicurezze che mi sono conquistato, ma ho maturato un'esperienza che mi potrà solo che aiutare. »
Sapevo che era stufo di sottostare alle ferree regole di mio padre, che aveva uno dei più importanti studi di avvocati di tutta Milano. La cosa mi spaventava non poco, lavorare da soli poteva rivelarsi un grande rischio, oltre ad un sacco di spese per iniziare: affittare un posto, assumere una segretaria, perdendo: la certezza, l'aiuto dei colleghi, i vari e grossi benefit di fine anno. Certo io lavoravo, ma avevamo un tenore di vita: Francesco nostro figlio, che aveva 19 anni era in Inghilterra per un anno in un college importante, per migliorare il suo inglese prima di iscriversi all'università, il mutuo sul nostro grande attico in centro dove vivevamo, la casa al mare... e molto altro. Era un salto nel vuoto, io a 43 anni avevo un lavoro fatto di contratti a progetto o presentavo io stessa a produttori e registi le mie sceneggiature che spesso erano accolte benevolmente, ma in caso di una mia crisi creativa sarebbero stati problemi seri, senza le sicurezze che derivavano dal suo lavoro. Ero titubante: «Aspetta che Francesco torni a casa, non mi pare il periodo giusto. Non voglio dire che...» ma mi ha bloccato con un gesto della mano, continuando lui: «Oda Nobunaga, grande comandante militare del '500, un giorno assunse un cuoco famoso.» anche a lui piacevano gli autori nipponici, e se poteva, nei discorsi seri, metteva qualche aneddoto per rinforzare la sua tesi «La prima volta che assaggiò, un piatto preparato da costui, lo trovò disgustoso e coprì l'uomo di insulti. Allora il cuoco, che era stato rimproverato per aver cucinato vivande prelibate, in seguito servì al padrone cibo di seconda ho terza categoria, ricevendone sempre calorosi elogi. Pensa a quel cuoco ed alla sua necessità di lavorare e non essere licenziato, certo era astuto, ma metteva in secondo piano la propria arte culinaria, la sua vera passione. Capisci cosa intendo?»
In pratica voleva dirmi che non si sentiva stimolato di poter tirare fuori il meglio di se, e si doveva adattare a delle regole che gli impedivano di sentirsi libero nel suo mestiere. Ma avevo capito che la sua decisione era stata già presa.
Ma io non avevo voglia di intavolare discussioni, la mia mente veleggiava ancora, e sempre più, su quel ragazzo, su quella folgorazione che mi aveva destabilizzato l'esistenza.
Praticamente non passava giorno che pensassi a lui, me ne ero invaghita al punto che spesso scendevo le scale inventandomi motivi inutili, solo per sperare di incontrarlo. Quando Luca non era in casa mi vestivo, sì casual, ma con pantaloncini o vestitini che mettessero in risalto le mie forme, sperando che mi trovasse ancora bella, che fosse attirato da quello che vedeva. Una sera, Luca era via per una sentenza a Bologna, mi sono guardata allo specchio nuda, ed ero soddisfatta di quello che vedevo: il mio seno grosso e sodo, i miei capezzoli tondi, le mie gambe lunghe, i mio triangolino di peletti morbidi e scuri, la mia fica che spiccava con due belle labbra rosa.
A pensare di baciare, di accarezzare quel giovane corpo la mia peccaminosa mano era scesa tra le mie cosce, e con il medio ho iniziato a giocare con il mio turgido clitoride. Poi lo facevo roteare schiacciandolo sempre con più intensità, la mia lussuria cresceva, avevo un'immorale desiderio, dovevo averlo e con questa viziosa voglia, immaginando fosse sua la mano che mi toccava, sono venuta intensamente, lasciando la mia vagina pulsante, ed imbarazzata come una adolescente sono andata a dormire.
GIUGNO 2022:
Ci eravamo incrociati tre o quattro volte, ed ero quasi certa che anche lui mi desiderasse, sentivo il suo sguardo sul mio corpo, lo vedevo accompagnare i movimenti del mio culetto, messi in evidenza da tute aderenti, che io amplificavo in maniera provocante. Nella mia vita non mi era capitato mai nulla del genere, men che meno con uno dell'età di mio foglio. Tra l'altro, il sesso per me era quasi un accessorio, non avevo mai dato troppo peso a quello, con mio marito certo lo facevamo, ma era un routine conosciuta, che non mi rubava più di qualche attimo di piacere. Niente a che vedere con il terremoto che mi scuoteva fin dentro le viscere che provavo in quei mesi.
Ero ossessionata da Leonardo, da un ragazzo di 22 anni? Cosa mai mi stava succedendo? Forse ricercavo, vista l'età crescente, sensazioni mai vissute? Ma anche quando mi destavo da questi sordidi pensieri, la mia etica di comportamento da me sempre adottata, durava ben poco, mi bastava passare davanti alla sua porta per immaginare a cosa lui potesse star facendo, e con chi. Giravo come una trottola, combattendo tra la tentazione e la ragione, tra una passione inebriante e il terrore di compierla. Come avrei potuto perdonarmi, tradendo Luca e Francesco, le figure più importanti della mia vita.
LUGLIO 2022:
Poi un giorno successe l'impensabile, l'irreparabile. E c'era poco da nascondersi dietro ad un dito, era più forte di me, volevo che accadesse. Una mattina, ero appena andata a fare la spesa ed ho incontrato Leonardo davanti al portone, dopo esserci salutati, abbiamo notato che l'ascensore non era agibile, e lui si è offerto di aiutarmi con le borse. «Tanto lei, non usa mai l'ascensore, la vedo sempre a piedi per le scale, giusto?» Era stupendo, la camicetta azzurra faceva spiccare i suoi occhi rendendoli quasi più chiari. «Caro Leonardo, lo faccio per tenermi in forma, non sono una tipo da palestra, sono piuttosto da divano. con un libro e una copertina d'inverno.»...«Beh allora me lo lasci dire, lei proprio non ha bisogno di fare sport, è una bellissima donna così, com'è. Non si offenda ma è la pura verità.» Con quelle parole che mi rimbalzavano nelle orecchie, un senso di esaltante felicità mi ha pervasa, allora mi riteneva davvero un donna ancora bella? Stavo avanti a lui di tre o quattro scalini e sentivo un fremito, un solleticarmi dentro le mutandine al semplice fatto che mi guardasse così, da dietro, sperando che nella sottile trasparenza del mio vestitino bianco e corto, notasse il mio perizomino.
Quando siamo arrivati a casa mia, ho aperto la porta, e l'ho invitato a bere qualcosa di fresco, visto che avevo avuto un ingaggio importante per una serie tv da festeggiare. Lui è entrato posando le borse nel corridoio e si è guardato intorno chiedendomi: «Non vorrei disturbare, è quasi ora di pranzo, magari suo marito sta tornando a casa.»...«Tranquillo, Luca rientra domani sera, è fuori città per un'udienza importante. Dai rilassati, io vedo a prendere da bere, prosecco? Devo festeggiare con qualcuno, ho avuto la sceneggiatura di una mia serie tv, che andrà in onda a gennaio del prossimo anno. Fammi compagnia, brindare da soli porta male.»
Ci siamo seduti sul divano, ed abbiamo parlato, ho scoperto che faceva Lettere e che era un appassionato di libri, era così rilassante stare con una persona che non doveva per forza impormi il proprio 'sapere', come mi capitava di solito. Mi sono alzata di scatto per andare a prendere la bottiglia che era in frigo, non volevo farlo andare via. Neppure le nostre foto di famiglia, tutti abbracciati e sorridenti, appoggiate ai mobili, mi facevano sentire di star facendo qualcosa di folle; il desiderio, la tentazione erano più forti dei miei tabù.
Quando ha visto un mio lieve cenno di dolore sul viso, ha detto: «C'è qualcosa che non va, signora? Si sente bene?»...«Si, devo solo aver dormito male, ho un po' di dolore alla schiena, e smettila con quel lei, chiamami Valentina.» Ho riempito i bicchieri e lui: «Se vuole, scusa, se vuoi, ti posso fare un massaggio, ho fatto un corso l'anno scorso.» come potevo dirgli di no, «Lascia stare, non preoccuparti, userò il prosecco come antidolorifico.... Bon dai se vuoi provare? Come devo mettermi, meglio distesa?»
E così mi sono trovata distesa a pancia in giù sul divano, e lui che mi manipolava le spalle da sopra il vestitino. Una sensazione totalizzante, una voglia da accelerarmi il battito del cuore ed il respiro, così senza che parlasse ho fatto scendere le spalline e mi sono sfilata il reggiseno. Il vestito mi copriva solo i glutei, e le sue mani calde ed esperte mi facevano bramare, e dovevo tenere a freno gli spasmi ed il solletico che mi provocava. Ero tutta bagnata, quando le sue dita sono scese appena sopra il mio culetto, mi sono girata e l'ho fissato negli occhi, quasi a dargli il consenso di andare oltre, mi ha sollevato il cotone che mi copriva il basso ventre, e mi ha massaggiato lentamente.
Non riuscivo più a controllarmi, mi sono alzata sui gomiti e le sue mani si sono infilate sotto le mie ascelle, e mi ha preso i seni tra le mani. Io non coordinavo più i miei pensieri, avevo fame, sete di quel corpo. «Sai che sei stupenda, te ne rendi conto?» A quella frase mi sono messa supina con Leonardo che mi baciava i capezzoli, mi ha sfilato il vestitino ed il perizoma nero e sono rimasta nuda davanti a lui. L'ho fatto alzare, l'ho tirato verso di me, e gli ho abbassato i jeans e i boxer in un colpo solo, e mi sono trovata davanti una cosa deliziosa, il suo pene era lungo, duro, glabro, con il prepuzio che copriva la sua punta da farlo sembrare un bocciolo di rosa. Ho cominciato a leccarglielo, prima la punta esternamente, poi con la mano tiravo indietro la pelle e leccavo il frenulo e roteavo la lingua intorno alla sua affusolata e rosa cappella, mentre lui con la mano mi sondava sotto i miei peli. Imbarazzata gli ho detto: «Scusami non so cosa mi prenda, sono tutta bagnata, vuoi che mi asciugo?»
La sua risposta è stata quella di scavalcarmi con una sua gambe e mettersi a 69 sopra di me, e lo sentivo baciare e aspirare la mi fica madida, che smaniava di passione e di un folle desiderio. Io continuavo a ciucciarlo con una delicatezza e dedizione che mai prima d'ora avevo avuto, a dirla tutta con mio marito non mi piaceva per niente. Accarezzavo la sua pelle liscia, sembrava quasi oleata al tatto, mentre con la sua smania prendeva delicatamente con i denti il mio clitoride, lo mordicchiava e lo rilasciava facendomi impazzire. Ci soffiava aria fredda, che mi faceva invadere da brividi gelidi, e poi con la sua bocca mi donava tepore e mi scaldava.
Poi ho sentito l'aria mancarmi, piccole scosse percorrermi le gambe dai piedi fino a dove lui aveva il viso, e milioni di lampi di luce accecante mi hanno ammantato, e sono venuta, mi pareva di volare, mi sentivo lievitare. Con ancora il cuore a mille Leonardo si è girato e guardandomi fisso negli occhi mi ha penetrata, con una spinta forte, con un vigore tale che è entrato tutto dentro me, poi ha cominciato ad andare su e giù allargandomi del tutto le mie gambe. Dopo pochi minuti un'altra esplosione ed ho gridato: «E' meraviglioso Leo, sto god... sì... non fermarti... ecco adesso... go...do...» e d'istinto ho cercato di chiudere le gambe, presa da un altro sconvolgente orgasmo.
Ha capito e si è sfilato da me, solo a vedere i suoi 23 cm mi faceva morire, e immaginare le cose più sconce, più maòate da poter fare insieme.
L'ho preso per mano e l'ho trascinato in cucina, ancora nudi: «Ora mangiamo qualcosa, ma non pensare di cavartela così facilmente. Vuoi stare con me stanotte? Scusa, mi è uscito senza riflettere.»...«Davvero? Posso?»
Ho messo su l'acqua della pasta, ho scongelato al microonde il ragù che avevo già pronto, l'ho fatto sedere su una sedia, mi sono inginocchiata e ho ripreso a baciare il suo lungo cazzo. Volevo farlo venire, e così, ritmando i movimenti di mano e bocca, ho visto i suoi occhi velarsi dall'arrivo dell'orgasmo, e quando ha tirato la testa all'indietro la mia gola si è riempita del suo caldo e aromatico seme. Mi piaceva il suo gusto e la sua viscosità.
Dopo due ore da quando era in casa mia abbiamo pranzato, chiacchierando tranquilli, nudi, ogni tanto lui veniva a baciarmi sulle labbra, come se fosse la cosa più naturale.
Non percepivo sensi di colpa, nessun pensiero andava a Luca, ero persa in un labirinto di cose mai provate, e non volevo abbandonarle neppure mentalmente.
Siamo andati nel letto matrimoniale e ci siamo addormentati sotto il lenzuolo abbracciati stretti.
Alle 18:00 mi sono svegliata perché Leo aveva cominciato a baciarmi la schiena, accarezzandomi i glutei, era già eccitato al massimo, aveva ancora voglia di me. Ero a pancia in giù, ho alzato le ginocchia, e lui ha capito subito cosa volevo, e mi ha preso per i fianchi ed è entrato a 90 dentro me, così mi pareva di sentirlo fino alla stomaco, ma era paradisiaco e lo incitavo a scoparmi più forte, rantolando e sussultando dal piacere che stavo provando.
Quando la porta della camera si è aperta, io e Leo ci siamo girati, mio marito Luca con gli occhi esterrefatti ci fissava, mentre io mi facevo sbattere a pecorina da un ragazzino sul nostro letto. Non ha detto una parola, si è girato ed è uscito.
Leonardo rapido si è rivestito ed è sgattaiolato dalla porta lasciandomi sola, così confusa e abbandonata ai peggiori pensieri. Mi ero giocata tutto per due ore di sesso?
Il gelo si era impossessato di me, la mia lurida coscienza, il tormento, una spina nel cuore mi affliggevano l'animo, e il non aver nessuna scusante mi faceva precipitare in un abisso senza fine. Cosa potevo dirgli a Luca? Quale insensata, irragionevole menzogna mi avrebbe risollevato da quello che aveva appena visto?
Per tutta la settimana successiva, ogni volta che cercavo di spiegarmi, lui con l'indice sulle labbra mi zittiva, io parlavo lo stesso, cercando il suo perdono, ma Luca non mi guardava nemmeno in faccia, mi ha detto solo quattro parole in quei giorni: «Mi fai schifo, vergognati!»
Ho iniziato a non uscire più dalla camera degli ospiti, che mi aveva concesso fino a quando avrei trovato un posto dove andare. Nessuno ne sapeva niente, ma dentro me il malessere covava e come una tenia si cibava di tutti i miei pensieri lasciandomi solo il terrore, le angosce per il domani, per il futuro. E cosa avrebbe detto a Francesco? Che considerazione potrebbe mai avere un figlio verso una madre che va a letto con un suo, quasi, coetaneo? Ero annichilita.
Ho trovato un biglietto in cucina dove c'era scritto che per sabato sera avrei dovuto preparare la cena per 4 persone, sarebbero venuti due suoi colleghi avvocati da noi. Ho pensato subito che arrivassero per definire i punti del divorzio, ma visto che lui non mi parlava non potevo sapere nulla di più.
Alle 20:00 di quel sabato, hanno suonato al campanello, e Luca è andato ad aprire. La tavola era imbandita, le pietanze dovevo solo riscaldarle. Una voce mi sembrava di conoscerla, e quando i tre si sono presentati in cucina sono sbiancata, gli ospiti erano Leonardo ed un suo amico Walter. Non riuscivo a capire, tremavo come una foglia, la voce oltre ad un «Ciao» mi si bloccava, come i miei pensieri. Perché c'erano questi due ragazzi a cena? Senza fiatare ho servito il primo, poi il secondo mentre loro discorrevano di calcio, di problemi della palazzina e di altre sciocchezze. Io non sono riuscita a mangiare nulla.
Dopo il caffè, in salotto mio marito ha detto con voce solenne: «Bene cara, ora ti tolgo tutti i dubbi, Leonardo e Walter hanno una piccola rogna da risolvere con la giustizia, io li rappresenterò a titolo gratuito, ma loro dovranno fare qualcosa per me, e soprattutto per te. Visto che ti piacciono quelli dell'età di Francesco e brami nuove esperienze, con uno l'hai fatto, adesso davanti hai miei occhi lo farai con due, magari la doppia penetrazione ti gusterà da morire. I ragazzi hanno già dato il loro consenso, senza soldi e con un avvocato d'ufficio difficilmente ne uscirebbero puliti dall'aggressione aggravata che li ha viti coinvolti in una rissa, quindi fallo per loro e anche per me, così dimenticherò più tranquillamente gli anni sprecati della nostra storia. Dai cara, zoccola una volta, zoccola tutta la vita, non fare tanto la santerellina, ho visto come te lo schiaffava dentro ed ho sentito i tuoi "ancora, non fermarti" tipici delle attrici porno. Ragazzi quando volete il divano e la mia e moglie è a vostra completa disposizione.»
A quel discorso, detto con sarcasmo ed ironia se c'era una parte di mondo che non mi era già caduta addosso, quella è venuta giù in quel momento. Come poteva Luca farmi una cosa simile? Quanto disprezzo, quanta indifferenza, quanto odio covava, tutto sommato a ragione, nei miei confronti. Non ero più moglie, non ero più madre, non ero più nessuno per lui, ero un sacco da far usare per la sua rivincita, per una meschina rivalsa.
L'ho fissato negli occhi con sguardo di sfida, mi montava una rabbia contro di lui, ma in primo luogo contro me stessa, neppure Leonardo, che si era venduto alle lusinghe di un buon trattamento giuridico gratuito, mi spalleggiava, anzi mi osservava anche lui come a dirmi: «Ma quanto puttana sei? Sei una donna senza pudore...»
Ero tentata di fare quella follia, di farmi scopare da due ragazzi, almeno Luca avrebbe capito cosa mi era sempre mancato nei nostri rapporti intimi, ma mi sono girata, ho preso quello che son riuscita caricando un borsone, ho afferrato le chiavi della casa al mare e sono uscita sbattendo la porta con Luca che chiudeva la questione così: «Ora fai pure l'indignata, l'offesa, fammi sapere quando vieni a prendere le tue cose, che io non voglio esserci, sei un essere pietoso. Con Francesco parlerò io, spiegandogli dettagliatamente che facevi yoga nel mio letto a 90 gradi con uno della sua età sul groppone, mentre tu lo incitavi a galopparti più forte. Sembravi la mamma del 'Mulino Bianco', ma a te il bianco piace più in bocca, da quanto mi ha raccontato il buon Leo.»
Tra le lacrime e i singhiozzi sono arrivata alla casa al mare, la mattina seguente ho fatto la spesa, 300 euro tra scatolette e superalcolici, ho avvertito la mia vicina che avevo bisogno di stare sola per scrivere, ed ho iniziato il mio calvario, fatto di vodka dalla mattina, e di talmente così poco cibo che le gambe non avevano forza di alzarsi. Se non dormivo, spegnevo: i miei pensieri, la mia vergogna, la mia ossessione, che ancora permeava dentro me per quel ragazzo, con l'alcol. Non c'era più giorno o notte, le persiane sempre chiuse, il telefono staccato, per giorni ho vagato tra i divano ed il letto, con il Pc sempre chiuso. Se lo accendevo vedendo che non riuscivo a scrivere una riga della serie a cui dovevo lavorare, affranta andavo in frigo e mi preparavo una vodka tonic, accendevo lo stereo e mettevo un po' di musica, quella che trovavo alla prima stazione radio, e continuavo a bere dimenticandomi di tutto e tutti.
Cosa ero diventata? Ho chiamato il direttore responsabile di produzione e senza neppure troppi dettagli ho rescisso il contratto, sentendomi un po' più libera, libera di cercare una lenta e dolorosa perdizione. Lo stomaco mi doleva sempre, mangiando una scatola di fagioli o una di tonno, e bevendo superalcolici il mio corpo si era ridotto ad un ammasso di carne e ossa senza la guida del sistema nervoso.
Vegetavo, fino a che il suono di una ambulanza mi ha risvegliato da quell'incubo, ricacciandomi in quello della pura realtà, di quello che senza nessuna scusante avevo commesso.
Quando ho varcato la porta a vetri dell'ospedale psichiatrico, mi sono guardata attorno, con la mia piccola valigetta di pelle, ma non c'era nessuno ad aspettarmi e piangendo sono andata a prendere un autobus per tornare alla casa al mare.
Quando te la porti dentro la colpa ti segue come l'ombra, e solo nel buio e nell'oblio puoi cercare un percorso da seguire: per riprenderti o per lasciarti andare.
(continua)
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