Palchi, di cervi e di corna
di
VolpeVerde
genere
gay
Dal margine del cono di luce che illumina un tappeto di foglie avanza con passo tranquillo un uomo. È nudo, i muscoli delineati sotto la pelle chiara, scurita sul mento da un velo di barba. Indossa una maschera da daino che gli copre gli zigomi, sormontata da piccoli palchi di corna. I suoi occhi castani si guardano attorno, circospetti. Si accarezza una natica, scendendo giù per la coscia soda gustandosi il lieve tepore dell’ambiente circostante, le dita che sfiorano i genitali provocandogli un brivido di piacere. Volta la testa di scatto e rimane in ascolto, un piede sollevato sulla punta immobilizzato a metà di un passo, con alcune foglie appiccicate sulla pelle.
Dalla platea del teatro si alza un brusio; una figura possente avanza verso di lui. La maschera da cervo che l’uomo indossa è legata dietro la nuca con bande di cuoio, sormontata da palchi di corna ramificati. Avanza lentamente verso il daino, il suo arrivo annunciato dal fruscio delle foglie.
Il daino si riscuote, e fa per fuggire ma il cervo allunga il braccio e lo trattiene. Tenta di sottrarsi a quella stretta possente, lotta ansimando e sbuffando nel tentativo di riguadagnare la libertà. Con uno strattone vigoroso viene ridotto ginocchioni sulle foglie.
Allora, con un tonfo che rimbomba nella sala gremita, il cervo gli è addosso, lo preme a quattro zampe sottomettendolo con il proprio peso. Con le braccia avvinghiate attorno alla pancia del suo compagno gli strofina contro il bacino. Il movimento è dapprima lieve, una carezza per placare il respiro affannoso, solo per marchiarlo con il proprio odore. Poi le spinte divengono sempre più insistenti e il suo fallo emerge da sopra le natiche del daino, eretto e bagnato di liquido.
La gente seduta in platea mormora.
Il daino china la testa, accoglie rassegnato le attenzioni al suo posteriore. Filamenti liquidi lubrificano la pelle attorno al suo anello di carne, avverte il fallo fra le natiche che guizza verso l’alto dopo ogni tentativo di penetrarlo. È grosso, ne avverte il pulsare contro la pelle, il glande spugnoso che riveste il fusto. La bocca del daino si schiude quando il fallo non guizza più: la punta si è aperta una breccia nella sua difesa. Rimane immobile, avverte i muscoli dello sfintere farsi da parte poco alla volta, l’attrito delle pelli poco lubrificate, la fitta di dolore quando il glande conquista l’entrata. Con brevi spinte decise, il membro si fa largo dentro di sé.
Alza di scatto la testa e, alla luce dei riflettori, brillano i suoi denti in un muto grido. Alle sue spalle, il suo compagno aderisce ora contro di lui. Il daino non sente il mormorio deliziato che si alza dal pubblico, avverte solo la presenza estranea che lo ha violato e che guizza dentro. Stringe i denti per il dolore sobbalzando alle prime spinte del suo compagno, la pelle dell’ano che si arriccia e si tende attorno al fallo. Lascia ricadere la testa e dondolare seguendo l’amplesso. Allunga una mano per strofinare il membro che gli penzola fra le cosce. In pochi istanti è duro, lungo tanto da eguagliare quello del compagno che lo sta violando.
Il cervo afferra la spalla del daino, s’impenna con un grugnito di piacere mentre affonda dentro di lui, il corpo divenuto luccicante di sudore. Ansima di piacere compiendo possenti sobbalzi del bacino, le arterie in risalto dentro cui pulsa turbolento il sangue. Un solitario applauso riecheggia sul palco, lo sbattere dei due corpi è divenuto rapido, un amplesso selvaggio in cui il piacere della penetrazione si mischia alle fitte di dolore laddove la pelle sfrega.
Il maschio si china possessivo sul daino, con i muscoli contratti che fremono. Sfila il fallo lasciando solo la punta nell’ano, per godere della lieve stretta dell’anello di carne. La sua bocca trova la nuca del compagno per un bacio, lo sfiora con la lingua per assaporarlo. La sua mano scende ai testicoli del daino, li afferra e i tendini delle dita gli si increspano.
L’altro urla, stringe istintivamente le natiche nel tentativo di sottrarsi a quella tortura.
Ma il cervo lo trattiene, stimolato dalle contrazioni ha raggiunto il culmine. Con possenti spinte del bacino trafigge il compagno, penetrando a fondo mentre il suo seme conquista i recessi bui della sua intimità.
Il daino geme, si accascia con il sedere ancora sollevato per aria in un totale segno di sottomissione. Il suo ansare solleva alcune foglie, è sovrastato dal piacere e dal compagno che lo avvinghia. Avverte la mano dell’altro massaggiargli i testicoli, che gli afferra il fallo e lo stimola. La sua mano si unisce a quella di lui e insieme muovono la pelle scoprendo il glande lucido. Non sa se dopo la violenza ai suoi testicoli riuscirà a venire, di tanto in tanto ha dei sussulti di dolore.
Ma poi l’ano attorno al fallo del cervo si contrae, dapprima sporadicamente, poi sempre con maggior insistenza. Con un gemito acuto il daino eiacula sulle foglie, mentre le contrazioni fanno sgusciare fuori il membro del suo compagno. Rimangono abbracciati mentre l’ansimare si placa. Gocce di sperma colano dall’ano sui testicoli e ticchettano sulle foglie sottostanti, un filo vischioso dondola appeso alla punta del fallo. Il daino volta la testa e, intralciato dalla maschera, posa le labbra su quelle del compagno. Le bocche si schiudono per lasciar incontrare le lingue. Mentre la luce che li illumina si dissolve, nella sala scroscia un fragoroso applauso.
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Dalla platea del teatro si alza un brusio; una figura possente avanza verso di lui. La maschera da cervo che l’uomo indossa è legata dietro la nuca con bande di cuoio, sormontata da palchi di corna ramificati. Avanza lentamente verso il daino, il suo arrivo annunciato dal fruscio delle foglie.
Il daino si riscuote, e fa per fuggire ma il cervo allunga il braccio e lo trattiene. Tenta di sottrarsi a quella stretta possente, lotta ansimando e sbuffando nel tentativo di riguadagnare la libertà. Con uno strattone vigoroso viene ridotto ginocchioni sulle foglie.
Allora, con un tonfo che rimbomba nella sala gremita, il cervo gli è addosso, lo preme a quattro zampe sottomettendolo con il proprio peso. Con le braccia avvinghiate attorno alla pancia del suo compagno gli strofina contro il bacino. Il movimento è dapprima lieve, una carezza per placare il respiro affannoso, solo per marchiarlo con il proprio odore. Poi le spinte divengono sempre più insistenti e il suo fallo emerge da sopra le natiche del daino, eretto e bagnato di liquido.
La gente seduta in platea mormora.
Il daino china la testa, accoglie rassegnato le attenzioni al suo posteriore. Filamenti liquidi lubrificano la pelle attorno al suo anello di carne, avverte il fallo fra le natiche che guizza verso l’alto dopo ogni tentativo di penetrarlo. È grosso, ne avverte il pulsare contro la pelle, il glande spugnoso che riveste il fusto. La bocca del daino si schiude quando il fallo non guizza più: la punta si è aperta una breccia nella sua difesa. Rimane immobile, avverte i muscoli dello sfintere farsi da parte poco alla volta, l’attrito delle pelli poco lubrificate, la fitta di dolore quando il glande conquista l’entrata. Con brevi spinte decise, il membro si fa largo dentro di sé.
Alza di scatto la testa e, alla luce dei riflettori, brillano i suoi denti in un muto grido. Alle sue spalle, il suo compagno aderisce ora contro di lui. Il daino non sente il mormorio deliziato che si alza dal pubblico, avverte solo la presenza estranea che lo ha violato e che guizza dentro. Stringe i denti per il dolore sobbalzando alle prime spinte del suo compagno, la pelle dell’ano che si arriccia e si tende attorno al fallo. Lascia ricadere la testa e dondolare seguendo l’amplesso. Allunga una mano per strofinare il membro che gli penzola fra le cosce. In pochi istanti è duro, lungo tanto da eguagliare quello del compagno che lo sta violando.
Il cervo afferra la spalla del daino, s’impenna con un grugnito di piacere mentre affonda dentro di lui, il corpo divenuto luccicante di sudore. Ansima di piacere compiendo possenti sobbalzi del bacino, le arterie in risalto dentro cui pulsa turbolento il sangue. Un solitario applauso riecheggia sul palco, lo sbattere dei due corpi è divenuto rapido, un amplesso selvaggio in cui il piacere della penetrazione si mischia alle fitte di dolore laddove la pelle sfrega.
Il maschio si china possessivo sul daino, con i muscoli contratti che fremono. Sfila il fallo lasciando solo la punta nell’ano, per godere della lieve stretta dell’anello di carne. La sua bocca trova la nuca del compagno per un bacio, lo sfiora con la lingua per assaporarlo. La sua mano scende ai testicoli del daino, li afferra e i tendini delle dita gli si increspano.
L’altro urla, stringe istintivamente le natiche nel tentativo di sottrarsi a quella tortura.
Ma il cervo lo trattiene, stimolato dalle contrazioni ha raggiunto il culmine. Con possenti spinte del bacino trafigge il compagno, penetrando a fondo mentre il suo seme conquista i recessi bui della sua intimità.
Il daino geme, si accascia con il sedere ancora sollevato per aria in un totale segno di sottomissione. Il suo ansare solleva alcune foglie, è sovrastato dal piacere e dal compagno che lo avvinghia. Avverte la mano dell’altro massaggiargli i testicoli, che gli afferra il fallo e lo stimola. La sua mano si unisce a quella di lui e insieme muovono la pelle scoprendo il glande lucido. Non sa se dopo la violenza ai suoi testicoli riuscirà a venire, di tanto in tanto ha dei sussulti di dolore.
Ma poi l’ano attorno al fallo del cervo si contrae, dapprima sporadicamente, poi sempre con maggior insistenza. Con un gemito acuto il daino eiacula sulle foglie, mentre le contrazioni fanno sgusciare fuori il membro del suo compagno. Rimangono abbracciati mentre l’ansimare si placa. Gocce di sperma colano dall’ano sui testicoli e ticchettano sulle foglie sottostanti, un filo vischioso dondola appeso alla punta del fallo. Il daino volta la testa e, intralciato dalla maschera, posa le labbra su quelle del compagno. Le bocche si schiudono per lasciar incontrare le lingue. Mentre la luce che li illumina si dissolve, nella sala scroscia un fragoroso applauso.
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