L'uomo senza volto
di
Numeroprimo_encore
genere
dominazione
Le luci soffuse della stanza creano giochi di ombre sulle pareti, riflettendosi sul metallo lucido dell'arredamento della mia sala. Mi specchio per un attimo nella superficie fredda e levigata dell' anta del mobile bar, cercando di riconoscermi, ma l'unica immagine che torna indietro è quella di un uomo che si lascia modellare. Forse è sempre stato così, la mia ansia di essere accettato, di piacere abbastanza da essere considerato mi hanno sempre fatto essere uno che si adatta all'immagine che gli altri vogliono vedere. Eppure ho una personalità ben definita, in molti casi anche molto marcata, ma solo quando non ci sono di mezzo i sentimenti, o ragazze che mi interessano. Ed Emma per qualche motivo che ancora non ho del tutto compreso mi ha interessato dalla prima volta che l'ho conosciuta.
"Sai cosa devi fare," mi dice lei con voce morbida ma carica di autorità, seduta con disinvoltura sul divano. Indossa un corsetto di pelle nera come la maschera che indosso oggi. Non ha bretelle ed i suoi piccoli seni assolutamente perfetti e simmetrici sono compressi e spinti uno verso l'altro e verso l'alto allo stesso tempo, ad ogni suo respiro. Le sue gambe sono accavallate in una posa che sembra studiata per dominare l'ambiente, non solo me. Una delle sue imperfezioni, le sue caviglie, sono la sua parte più vicina a me in quel momento. Non è perfetta fisicamente: molto più bassa di me con il suo metro e sessanta, e un viso davvero strano, con i grandissimi occhi marrone scuro che si allungano in una forma a mandorla, che brillano sempre di quella luce particolare che ho imparato a temere e desiderare allo stesso tempo.
Il naso dritto dalla punta allargata, a suo modo bizzarro ma non sgradevole quando la vedo di profilo. La bocca forse è l'altro dettaglio che mi ha attratto da subito, così grande, carnosa ed invitante, anche quando mostra denti molto belli e regolari anche se macchiati dal fumo, a dominare un viso tutto sommato regolare. Anche il corpo non è quello di una pin-up: è stranamente asciutto e muscoloso per una ragazza che non ha mai mosso un dito per fare sport, con un set di addominali scolpiti da fare invidia persino a me, che faccio dello sport una professione. I seni sì, su quelli niente da dire, se non che sono perfetti: dritti, base larga, areola proporzionata, capezzolo non troppo invadente ma molto sensibile, simmetrici come ne ho visti pochi. Fianchi androgini, ma culo invitante anche quando cammina a piedi nudi o con scarpe basse, e cosce snelle anche se non lunghissime. Peccato per quelle caviglie poco affusolate ma tant'è, mi ha fatta sesso da subito e ho fatto carte false per uscirci, anche se sospettavo che gli uomini non fossero la sua prima scelta.
Da dietro la maschera annuisco, sentendo l'adrenalina mescolarsi al senso di resa. Indossare la maschera ormai è il primo passo per smettere di essere me stesso e diventare ciò che lei vuole.
"Perfetto," mormora Emma, alzandosi in piedi per avvicinarsi. La sua mano si posa sul bordo della maschera, un tocco leggero e possessivo. "Stasera ho invitato Laura. Sai cosa significa, vero?"
Il cuore accelera, non c'è bisogno di spiegazioni. Quando qualcuna delle sue amiche è coinvolta, le regole diventano ancora più rigide. Eppure, in qualche modo, è proprio questo a rendermi incapace di tirarmi indietro. Emma ride, spingendo verso il basso con un dito sulla mia erezione. "Come sempre, non riesci a nascondere quello che senti." Mi conosce e mi sente talmente suo da non aver bisogno di vedermi in faccia. Quando sono a casa ormai è un'abitudine per me restare nudo e avere qualcosa da calarmi sulla testa, in caso lei decida di presentarsi. E oggi siamo stati insieme tutto il giorno, un avvenimento da segnare sul calendario. In giro, per negozi, a mangiare qualcosa, in un parco, e poi invece del cinema lei ha proposto di rientrare a casa mia, sottintendendo ogni possibile sviluppo. Con lei non so mai se manterrà quello che dice: a volte è fin troppo presente, altre sembra dimenticarsi della mia esistenza per settimane, lasciandomi sempre con più domande che risposte. Dice di amarmi, ma so che ha una fidanzata. Peraltro sposata. Il suo capo. Non me l'ha mai detto, ma inventarsi riunioni a orari improbabili o alla domenica mi fa sembrare ovvia la cosa, come le occhiatacce che mi lancia quando passo a trovarla, o le frecciate che mi tira. Sei gelosa? Cazzi tuoi, penso sempre, sperando che lei non sia mai invitata da noi. Con Laura ci conosciamo, non è il mio tipo e la cosa non interessa a nessuno. Non so cosa ne uscirà.
Emma sorride con quella piega maliziosa che mi fa cedere ogni resistenza, facendo scorrere lentamente un dito lungo il profilo della maschera, mentre i suoi occhi scrutano il mio viso coperto come se stesse studiando un'opera d'arte.
"Laura è curiosa di te," disse con tono disinvolto, mentre si gira e torna verso il divano. "Ma non vuole vederti. Non davvero. Ecco perché la maschera è importante. Sei solo un corpo, Davide, come lo sei per me. Un pezzo del gioco. E giocherai bene, vero?"
Annuisco, la voce intrappolata da un misto di eccitazione e timore. Non sono mai sicuro di quanto Emma dica sul serio o di quanto stia solo giocando con la mia mente, ed è la sua innata ambiguità a tenermi incollato a lei.
Emma si volta verso di me, i lunghi capelli castani che le ricadono sulla schiena come un velo di seta. "Vieni," ordina con un gesto della mano. "Prima di tutto voglio che tu ricordi perché sei qui."
Mi avvicino, sentendo il pavimento freddo sotto i piedi. Ogni passo sembra un atto di sottomissione, un passo più profondo dentro il mondo che Emma mi ha costruito per il suo divertimento. Quando sono abbastanza vicino mi prende il mento con una mano, sollevando leggermente la maschera per scoprire solo le mie labbra.
"Parlami," sussurra, il suo alito caldo contro la mia pelle. "Di' il tuo ruolo."
"Io sono qui per servire te," rispondo, la voce tremante ma sincera. "E chiunque tu scelga."
Emma ride piano, soddisfatta. "Bravo ragazzo. Laura sarà qui tra dieci minuti. Voglio che tu rimanga in ginocchio accanto al divano finché non te lo dirò io. E ricorda: non parli, non ti muovi, non guardi senza il mio permesso."
Si gira, dirigendosi verso lo specchio per controllare il rossetto, e continua con nonchalance, come se stesse parlando del tempo. "Ah, e quando entra, voglio che tu le baci la mano. Niente di più, niente di meno. Voglio che sappia che sei addestrato."
Deglutisco ma annuisco ancora una volta. Il cuore batte forte, mentre la porta della stanza sembra improvvisamente un portale verso l'ignoto. Quella notte, come ogni altra, sarebbe stato tutto secondo i capricci di Emma. Ma è proprio questo che desidero, anche se non lo avrei mai ammesso. Emma si guarda intorno e cambia idea sulla posizione che devo tenere, e con un gesto deciso indicò una trave di legno scuro che attraversava il soffitto. "In piedi," ordina, il tono privo di qualsiasi esitazione.
Obbedisco senza dire una parola, sentendo il freddo del pavimento sotto i piedi nudi. Emma si avvicina con le corde di seta nera in mano, lasciando che il tessuto morbido mi sfiori il corpo, mentre si muove attorno a lui con la grazia di una predatrice.
"Quando Laura arriverà," dice mentre mi solleva delicatamente le braccia sopra la testa, "voglio che veda quanto sei vulnerabile. Quanto sei disposto a lasciarti modellare dalle mie mani."
Le corde scivolano lungo i suoi polsi con una facilità quasi ipnotica. Emma lavora con una precisione che lascia trasparire la sua esperienza. I nodi sono stretti, sicuri, ma mai dolorosi, come se il controllo stesso fosse il fine ultimo, non il disagio. Quando finisce con le mani, fissa le corde a un anello di ferro agganciato alla trave, lasciandomi lì, sospeso appena quel tanto che basta per togliergli ogni possibilità di resistenza.
"Perfetto," mormora, con un sussurro di soddisfazione. Fa un passo indietro, ammirandomi come se stesse giudicando il risultato finale. Poi si inginocchia accanto ai miei piedi, legandomi le caviglie con altre corde, fissandole saldamente a due ganci nel pavimento. Ora sono completamente immobilizzato, il corpo nudo esposto e incapace di muoversi.
"Troppo stretto?" chiede Emma, con un sorriso che tradisce una nota di divertimento.
"No," rispondo, il tono appena un filo tremante.
"Bravissimo," replica, alzandosi e passando una mano lenta e possessiva lungo il suo fianco, sfiorando il bordo della maschera. "Laura adora questi dettagli. È una perfezionista, sai? E io non vedo l'ora di mostrarti a lei."
Emma si avvicina alla porta, controllando l'orologio. "Hai pochi minuti per raccogliere i tuoi pensieri. Quando Laura arriverà, non ci sarà più spazio per loro. Sarai solo quello che io voglio che tu sia."
Per qualche motivo mi viene in mente una serata fuori, nei primi tempi in cui uscivamo. Si presentò alla porta con un paio di pantaloni leggerissimi a sbuffo, come quelli di un'odalisca, e un gilet scamosciato sul davanti e fatto di rete sul retro. In più non aveva bottoni, e si sarebbe aperto ad ogni movimento scoprendole i seni. Ricordo che non vedevo l'ora di finire la cena e andare in qualunque posto potessi saltarle addosso, e lei giocò molto con il mio desiderio. Come sempre.
Il campanello suona, interrompendo il silenzio carico della stanza. Emma sorride con calma e si volta per un ultimo sguardo. "Non dimenticare: nessuno sguardo, nessuna parola, finché non sarai autorizzato. Laura ama la disciplina, e tu sei qui per dimostrarle quanto vali."
Poi apre la porta. E la notte comincia davvero.
Il silenzio nella stanza è pesante, rotto solo dal ticchettio dei tacchi di Laura mentre gira intorno a me. Ogni passo sembra misurato, calcolato, un’ulteriore dichiarazione di chi detiene il controllo. Sento il calore del suo sguardo sulla mia pelle, un contrasto stridente con il freddo del pavimento sotto di me.
Emma si siede sul divano, accavallando le gambe con una grazia che sembra quasi teatrale. "Laura," dice con tono divertito, "dimmi, cosa vuoi vedere adesso? È tutto tuo per questa sera."
Laura si ferma dietro di me, le mani dietro la schiena, il suo silenzio che mi fa tremare più delle sue parole. Poi parla, e la sua voce è calma, precisa. "Voglio vedere quanto è disposto a essere umiliato, fino a che punto può sopportare di sentirsi il nulla che sembra essere."
Emma sorride. "Oh, credo che amerai quello che sta per succedere. Davide, a quattro zampe."
Mi slega e non esito. Mi muovo lentamente, consapevole di ogni movimento, mentre mi abbasso fino a posare le mani e le ginocchia sul pavimento. Mi sento esposto in un modo diverso, ridotto a una posizione che non lascia spazio a dignità o resistenza.
Laura cammina intorno a me, il suono dei suoi tacchi che scandisce ogni secondo. Si ferma accanto a me e posa una mano leggera sulla mia schiena. La pressione è appena percettibile, ma il significato è chiaro.
"Emma," dice, quasi ridendo, "sei sicura che abbia capito il suo posto? Sembra ancora un po’ troppo… umano. Anche se così esposto è già abbastanza ridicolo."
Emma si alza dal divano con una calma assoluta. "Oh, lo capisce bene. Ma un promemoria non fa mai male."
Mi sento arrossire, la vergogna che mi avvolge mentre Laura schiocca le dita. "Striscia," dice semplicemente.
Le parole mi colpiscono come un colpo. Non c’è umiliazione più profonda, ma obbedisco. Mi muovo lentamente, stendendomi sul pavimento e iniziando a trascinarmi, il cuore che batte forte.
"Guarda come lo fa," commenta Laura con un tono che sembra divertirsi. "Non c’è nemmeno bisogno di insistere. È già annullato."
Emma ride piano. "Non annullato. Solo ben addestrato."
Laura si ferma e si accovaccia davanti a me. Anche se non posso vederla, sento il suo sguardo perforante oltre la maschera. "Dimmi," dice piano, ma con un’autorità che non lascia spazio a dubbi. "Ti piace essere ridotto così? Essere il nulla ai nostri piedi?"
La mia voce esce roca, appena un sussurro. "Sì."
"Più forte," insiste lei, afferrandomi il mento per sollevarmi il viso.
"Sì," ripeto, stavolta più deciso, anche se la vergogna mi brucia come un fuoco.
Laura sorride, soddisfatta. "Bravo ragazzo," dice, lasciandomi andare. Poi si alza, scrollandosi via la polvere immaginaria dalle mani. "Emma, direi che hai fatto un ottimo lavoro. Ma voglio vedere ancora di più. Fammi vedere il limite del tuo piccolo giocattolo."
Emma si avvicina, le sue dita che sfiorano la mia testa. "Oh, Laura," sussurra, "non sai quanto lontano posso spingerlo."
E io so che non posso fare altro che seguirle, dove vogliono portarmi.
Emma si avvicina con calma, le corde di seta nera di nuovo tra le mani. Le sue dita scorrono lungo la mia schiena mentre mi sussurra all'orecchio: "Alzati, Davide. La tua posizione attuale non è abbastanza per quello che abbiamo in mente."
Mi sollevo lentamente, sentendo ogni muscolo del mio corpo teso, consapevole di ogni occhiata che mi pesa addosso. Laura si è spostata al lato della stanza, seduta con una gamba accavallata sull'altra, un calice di vino in mano. Mi osserva come se fossi uno spettacolo privato, un'opera da analizzare e giudicare.
Emma mi guida verso un anello di ferro fissato alla parete. "Stai fermo," ordina con un tono calmo ma implacabile, e io obbedisco. Le corde tornano intorno ai miei polsi e alle caviglie, questa volta più strette, più contenitive. Mi ritrovo immobile, con le braccia sollevate sopra la testa e le gambe leggermente divaricate.
"Perfetto," mormora Emma, facendo un passo indietro per ammirare il suo lavoro. Poi si gira verso Laura. "Vuoi iniziare tu o preferisci che lo faccia io?"
Laura sorride lentamente, sorseggiando il vino. "Per questa volta, lascia che ti osservi. Voglio vedere come lo gestisci."
Emma annuisce, compiaciuta. Si avvicina a un tavolino e prende una frusta corta, il cuoio che brilla sotto la luce soffusa della stanza. Il suono che emette quando lo fa schioccare nell'aria mi fa trasalire.
"Respira, Davide," dice con tono quasi gentile, posizionandosi dietro di me. "Ogni colpo ti ricorderà perchè sei qui."
Il primo colpo arriva rapido, una linea di fuoco che attraversa la mia schiena. Stringo i denti sotto la maschera, trattenendo un gemito. Emma ride piano, come se apprezzasse la mia reazione controllata.
"Non trattenere i suoni," mi avvisa. "Laura vuole sentirti. Ogni gemito, ogni sussulto è parte della tua resa."
Il secondo colpo è più forte, il cuoio che colpisce la pelle con un rumore secco. Questa volta non riesco a trattenere un gemito soffocato, e Laura applaude piano, come se fosse soddisfatta.
Dopo diversi colpi, la mia schiena brucia, ogni nervo acceso come una scintilla. Ma non è finita. Emma posa la frusta prendendone un'altra, più lunga e minacciosa. La conosco bene, quei 3 cordini annodati sul terminale mi lacereranno la pelle già segnata. Ad Emma bastano cinque staffilate, in rapida successione, per farmi cedere le ginocchia. Mi osserva per qualche secondo mentre sono sostenuto solo dalle corse che mi segano i polsi, poi mi aiuta a sollevarmi. Torna al tavolo lasciando la frusta e si avvicina a me con un nuovo oggetto in mano: due morsetti d'acciaio collegati da una catena.
"Sai cosa viene ora, vero?" mi chiede, avvicinandosi al mio petto.
Annuisco lentamente, sapendo che non c'è scampo. Emma prende il mio capezzolo tra le dita, tirandolo leggermente prima di fissare il morsetto con un movimento rapido e preciso. Un dolore acuto mi attraversa, facendomi sobbalzare contro le corde. Lei ride piano.
"Non ancora abituato, eh? Vedrai, il secondo sarà ancora meglio."
E lo è. Quando il secondo morsetto si chiude, il dolore è quasi insopportabile. La catena tra i due morsetti pende, tirando leggermente con ogni respiro che prendo. Emma si allontana di un passo, osservandomi con occhi soddisfatti.
Laura si avvicina lentamente, prendendo la catena tra le dita. "Guarda come reagisce," dice, tirando appena. Un gemito sfugge dalle mie labbra, e lei sorride. "Perfetto. Non c'è niente di più bello che vedere qualcuno che accetta il proprio ruolo."
Emma annuisce. "Oh, Davide accetta tutto da me. È questo che lo rende speciale."
Laura ride piano e si allontana, lasciando la catena dei morsetti a penzolare mentre si risistema con calma sul divano. Si versa un altro bicchiere di vino, osservandomi come se fossi un oggetto inanimato. Il dolore pulsa in ogni fibra del mio corpo, ma non riesco a ignorare un'altra sensazione che cresce, invadente, tradendo la mia sottomissione totale.
Emma si accorge subito. "Oh, guarda, Laura," dice con un tono divertito, indicando la mia evidente eccitazione. "Nonostante tutto il dolore, lui è ancora là pronto per compiacerci."
Laura solleva lo sguardo dal calice e lo posa su di me. I suoi occhi sono freddi, calcolatori, e il sorriso che le curva le labbra mi colpisce più di qualsiasi colpo di frusta. Si alza e si avvicina lentamente, il suono dei tacchi che echeggia nella stanza.
"Questo?" dice con tono sprezzante, indicando il mio corpo teso e l'evidente prova del mio desiderio. "Questo non è il segno di un uomo. Un uomo ha controllo, dignità, forza. Tu, Davide, sei solo uno schiavo. E niente di più. Però capisco che ti possa piacere usare quell'affare per un po' di divertimento. Di certo non puoi essere innamorata di qualcosa più vicino ad un animale che ad un essere umano, giusto?" La risposta di Emma mi mortifica, anche se spero che sia solo parte del gioco. "Amo le sensazioni che possedere un altro essere vivente mi trasmette. Sai che amo da sempre le ragazze. Queste cose però con le ragazze non si possono fare. Non in questo modo almeno."
Le parole di entrambe sono come un coltello che affonda. Provo a mantenere la compostezza, ma il rossore mi invade, un misto di vergogna e impotenza. Laura ride piano, inclinando la testa per osservare meglio la mia reazione.
"Non provare nemmeno a negarlo," continua, afferrando di nuovo la catena dei morsetti e dandole leggeri strattoni. Il dolore mi strappa gemiti involontarii, e lei scuote la testa con un' espressione di finto dispiacere. "Vedi? Perfino il tuo corpo ti tradisce. Sei fatto per questo. Fatto per essere al servizio, per accettare il dolore e l'umiliazione come parte della tua natura."
Emma si avvicina, appoggiando una mano sulla mia spalla. "Laura ha ragione, Davide. Non c'è niente di sbagliato nell'essere quello che sei. Ma devi accettarlo fino in fondo. Sei mio. Nostro. Solo questo conta."
Laura ride piano e si allontana, posando di nuovo il calice sul tavolino. "Direi che abbiamo finito qui per stasera. È stato... divertente. Il tuo schiavo ha superato la prova, Emma, ma di certo non sarà mai un uomo ai miei occhi."
Con un ultimo sguardo sprezzante, Laura prende la sua borsa e si dirige verso la porta. "Chiamami quando avrai qualcos'altro di interessante da mostrarmi," dice con un sorriso malizioso prima di sparire oltre la soglia.
Emma si volta verso di me, i suoi occhi che brillano di una soddisfazione tranquilla. Mi scioglie dalle corde con movimenti lenti, quasi affettuosi. "Hai fatto bene, Davide," mormora, accarezzandomi il viso. "Ma ricorda sempre: il tuo valore non sta nel piacere di essere uomo, ma nell'essere il mio."
Io crollo in ginocchio davanti a lei, il corpo ancora teso per il dolore e la vergogna, ma con una sensazione che non riesco a ignorare. Nonostante tutto, sono esattamente dove voglio essere.
"Ho detto cose pesanti, ma non tutte sono vere." Si inginocchia davanti a me cingendomi la nuca con le braccia, e finalmente mi bacia. Ho desiderato quel bacio per tutta la sera, ed è il primo contatto fisico dolce di tutta la serata. Altrettanto dolcemente ma con fermezza mi stacca dalle sue splendide labbra tirandomi la testa all'indietro con la mano. "Io ti amo Davide, come non mi era mai capitato con un ragazzo. Io non avevo mai considerato l'idea di mettermi con un ragazzo prima di te, non so se capisci l'enormità della cosa." La sua mano scivola sul mio cazzo eretto e gocciolante e lo massaggia con studiata lentezza. "È piacevole giocare con il tuo coso. Anche prenderlo però...alzati, andiamo di là."
La seguo tenendole la mano fino alla camera da letto. "Stenditi" mi dice con un sorriso. Ho voglia di vederla nuda, ma non oso sperare di poterla scopare come facevamo nei primi tempi della nostra relazione, quando ogni tanto era lei a lasciarsi legare da me. Emma si allunga per fissarmi ai quattro angoli del letto gigantesco, e mi trovo un'altra volta immobilizzato.
"Almeno ti spogli?" La mia voce è quasi implorante. Sto diventando patetico.
"Certo. Dopo averti chiuso i fori degli occhi."
Nessuna concessione per me stasera, o quasi. I due schermi neri vengono chiusi con il bottoncino automatico e rimango al buoi, e posso solo immaginare il suo corpo che lentamente si libera degli indumenti. Sento il suo peso sul materasso, e le sue mani scorrere su di me. Sospiro, ricordando il suo ordine a inizio serata. Anche Emma è silenziosa, fino a quando si siede sul mio pube e con la mano mi introduce dentro di sè.
"Sono solo la tua puttana, vero? Niente di più?"
Sento sfuggirle una risata, mentre si sta muovendo con esperienza.
"Possiamo dire di sì. Anche se amo la mia puttana." Si abbassa sulla mia bocca per un lungo bacio, e il contatto dei suoi seni sul petto mi fa muovere il bacino in contrasto con il suo movimento, accentuando la penetrazione. Finalmente la sento gemere. Anche il suo modo di venire è strano per me: in pratica fa dei piccoli grugniti che assomigliano al verso che si fa quando si viene strangolati. L'ho sempre presa un po' in giro per questo, quando potevo farlo, e immagino, sentendo le sue contrazioni sul mio cazzo, che adesso stia facendo quelle facce buffe. Mi spiace non vederla mentre viene, ma sono alcune delle cose che si perdono quando si è sottomessi. Cambia posizione, come ogni volta dopo che viene, ma continua a muoversi per placare l'eccitazione che la serata le ha acceso, e sa anche molto bene come gestire la mia eccitazione, spremendo da me tutti i minuti di erezione che le servono, strizzandomi i capezzoli o le palle per raffreddare i miei bollori senza ridurre la mia erezione. Io posso solo subire il suo desiderio, bloccato quasi completamente sul letto. Dopo quattro orgasmi certi si concede quella che credo sia una pausa, ma dopo un salto in bagno la sento rivestirsi.
"Te ne vai?"
"Devo vedermi con alcune amiche, avevamo appuntamento venti minuti fa."
"E mi lasci qui così?"
"Pensavo di tornare domattina. Magari per finire il lavoro su di te, se ti va."
Vuoi dire che dormirò così?"
"Mi piace l'idea che tu sia a mia disposizione. Magari ti tolgo la maschera. Almeno quello te lo devo."
È già vestita come prima. Peccato.
"E ci vai così dalle tue amiche?"
"Certo. Che c'è di strano?"
"Beh..."
"Beh niente. Mi vesto come mi pare, da sempre."
Un'ultima massaggio al cazzo, che inizia a dolere per l'erezione prolungata, poi si pulisce la mano sul mio petto e se ne va con un "a domani" mentre è già nel corridoio. Rimasto solo, ripenso a tutta la serata, e a tutto quello che ho fatto o subito, da quando sto con Emma, al suo essere lesbica prima di tutto, e a come essere il suo sottomesso mi esporrà sempre di più ad attendere in disparte i momenti che lei potrà dedicarmi, sottoponendomi a privazioni e umiliazioni sempre più cocenti. Tutte cose di cui sento sempre più difficile privarmi
"Sai cosa devi fare," mi dice lei con voce morbida ma carica di autorità, seduta con disinvoltura sul divano. Indossa un corsetto di pelle nera come la maschera che indosso oggi. Non ha bretelle ed i suoi piccoli seni assolutamente perfetti e simmetrici sono compressi e spinti uno verso l'altro e verso l'alto allo stesso tempo, ad ogni suo respiro. Le sue gambe sono accavallate in una posa che sembra studiata per dominare l'ambiente, non solo me. Una delle sue imperfezioni, le sue caviglie, sono la sua parte più vicina a me in quel momento. Non è perfetta fisicamente: molto più bassa di me con il suo metro e sessanta, e un viso davvero strano, con i grandissimi occhi marrone scuro che si allungano in una forma a mandorla, che brillano sempre di quella luce particolare che ho imparato a temere e desiderare allo stesso tempo.
Il naso dritto dalla punta allargata, a suo modo bizzarro ma non sgradevole quando la vedo di profilo. La bocca forse è l'altro dettaglio che mi ha attratto da subito, così grande, carnosa ed invitante, anche quando mostra denti molto belli e regolari anche se macchiati dal fumo, a dominare un viso tutto sommato regolare. Anche il corpo non è quello di una pin-up: è stranamente asciutto e muscoloso per una ragazza che non ha mai mosso un dito per fare sport, con un set di addominali scolpiti da fare invidia persino a me, che faccio dello sport una professione. I seni sì, su quelli niente da dire, se non che sono perfetti: dritti, base larga, areola proporzionata, capezzolo non troppo invadente ma molto sensibile, simmetrici come ne ho visti pochi. Fianchi androgini, ma culo invitante anche quando cammina a piedi nudi o con scarpe basse, e cosce snelle anche se non lunghissime. Peccato per quelle caviglie poco affusolate ma tant'è, mi ha fatta sesso da subito e ho fatto carte false per uscirci, anche se sospettavo che gli uomini non fossero la sua prima scelta.
Da dietro la maschera annuisco, sentendo l'adrenalina mescolarsi al senso di resa. Indossare la maschera ormai è il primo passo per smettere di essere me stesso e diventare ciò che lei vuole.
"Perfetto," mormora Emma, alzandosi in piedi per avvicinarsi. La sua mano si posa sul bordo della maschera, un tocco leggero e possessivo. "Stasera ho invitato Laura. Sai cosa significa, vero?"
Il cuore accelera, non c'è bisogno di spiegazioni. Quando qualcuna delle sue amiche è coinvolta, le regole diventano ancora più rigide. Eppure, in qualche modo, è proprio questo a rendermi incapace di tirarmi indietro. Emma ride, spingendo verso il basso con un dito sulla mia erezione. "Come sempre, non riesci a nascondere quello che senti." Mi conosce e mi sente talmente suo da non aver bisogno di vedermi in faccia. Quando sono a casa ormai è un'abitudine per me restare nudo e avere qualcosa da calarmi sulla testa, in caso lei decida di presentarsi. E oggi siamo stati insieme tutto il giorno, un avvenimento da segnare sul calendario. In giro, per negozi, a mangiare qualcosa, in un parco, e poi invece del cinema lei ha proposto di rientrare a casa mia, sottintendendo ogni possibile sviluppo. Con lei non so mai se manterrà quello che dice: a volte è fin troppo presente, altre sembra dimenticarsi della mia esistenza per settimane, lasciandomi sempre con più domande che risposte. Dice di amarmi, ma so che ha una fidanzata. Peraltro sposata. Il suo capo. Non me l'ha mai detto, ma inventarsi riunioni a orari improbabili o alla domenica mi fa sembrare ovvia la cosa, come le occhiatacce che mi lancia quando passo a trovarla, o le frecciate che mi tira. Sei gelosa? Cazzi tuoi, penso sempre, sperando che lei non sia mai invitata da noi. Con Laura ci conosciamo, non è il mio tipo e la cosa non interessa a nessuno. Non so cosa ne uscirà.
Emma sorride con quella piega maliziosa che mi fa cedere ogni resistenza, facendo scorrere lentamente un dito lungo il profilo della maschera, mentre i suoi occhi scrutano il mio viso coperto come se stesse studiando un'opera d'arte.
"Laura è curiosa di te," disse con tono disinvolto, mentre si gira e torna verso il divano. "Ma non vuole vederti. Non davvero. Ecco perché la maschera è importante. Sei solo un corpo, Davide, come lo sei per me. Un pezzo del gioco. E giocherai bene, vero?"
Annuisco, la voce intrappolata da un misto di eccitazione e timore. Non sono mai sicuro di quanto Emma dica sul serio o di quanto stia solo giocando con la mia mente, ed è la sua innata ambiguità a tenermi incollato a lei.
Emma si volta verso di me, i lunghi capelli castani che le ricadono sulla schiena come un velo di seta. "Vieni," ordina con un gesto della mano. "Prima di tutto voglio che tu ricordi perché sei qui."
Mi avvicino, sentendo il pavimento freddo sotto i piedi. Ogni passo sembra un atto di sottomissione, un passo più profondo dentro il mondo che Emma mi ha costruito per il suo divertimento. Quando sono abbastanza vicino mi prende il mento con una mano, sollevando leggermente la maschera per scoprire solo le mie labbra.
"Parlami," sussurra, il suo alito caldo contro la mia pelle. "Di' il tuo ruolo."
"Io sono qui per servire te," rispondo, la voce tremante ma sincera. "E chiunque tu scelga."
Emma ride piano, soddisfatta. "Bravo ragazzo. Laura sarà qui tra dieci minuti. Voglio che tu rimanga in ginocchio accanto al divano finché non te lo dirò io. E ricorda: non parli, non ti muovi, non guardi senza il mio permesso."
Si gira, dirigendosi verso lo specchio per controllare il rossetto, e continua con nonchalance, come se stesse parlando del tempo. "Ah, e quando entra, voglio che tu le baci la mano. Niente di più, niente di meno. Voglio che sappia che sei addestrato."
Deglutisco ma annuisco ancora una volta. Il cuore batte forte, mentre la porta della stanza sembra improvvisamente un portale verso l'ignoto. Quella notte, come ogni altra, sarebbe stato tutto secondo i capricci di Emma. Ma è proprio questo che desidero, anche se non lo avrei mai ammesso. Emma si guarda intorno e cambia idea sulla posizione che devo tenere, e con un gesto deciso indicò una trave di legno scuro che attraversava il soffitto. "In piedi," ordina, il tono privo di qualsiasi esitazione.
Obbedisco senza dire una parola, sentendo il freddo del pavimento sotto i piedi nudi. Emma si avvicina con le corde di seta nera in mano, lasciando che il tessuto morbido mi sfiori il corpo, mentre si muove attorno a lui con la grazia di una predatrice.
"Quando Laura arriverà," dice mentre mi solleva delicatamente le braccia sopra la testa, "voglio che veda quanto sei vulnerabile. Quanto sei disposto a lasciarti modellare dalle mie mani."
Le corde scivolano lungo i suoi polsi con una facilità quasi ipnotica. Emma lavora con una precisione che lascia trasparire la sua esperienza. I nodi sono stretti, sicuri, ma mai dolorosi, come se il controllo stesso fosse il fine ultimo, non il disagio. Quando finisce con le mani, fissa le corde a un anello di ferro agganciato alla trave, lasciandomi lì, sospeso appena quel tanto che basta per togliergli ogni possibilità di resistenza.
"Perfetto," mormora, con un sussurro di soddisfazione. Fa un passo indietro, ammirandomi come se stesse giudicando il risultato finale. Poi si inginocchia accanto ai miei piedi, legandomi le caviglie con altre corde, fissandole saldamente a due ganci nel pavimento. Ora sono completamente immobilizzato, il corpo nudo esposto e incapace di muoversi.
"Troppo stretto?" chiede Emma, con un sorriso che tradisce una nota di divertimento.
"No," rispondo, il tono appena un filo tremante.
"Bravissimo," replica, alzandosi e passando una mano lenta e possessiva lungo il suo fianco, sfiorando il bordo della maschera. "Laura adora questi dettagli. È una perfezionista, sai? E io non vedo l'ora di mostrarti a lei."
Emma si avvicina alla porta, controllando l'orologio. "Hai pochi minuti per raccogliere i tuoi pensieri. Quando Laura arriverà, non ci sarà più spazio per loro. Sarai solo quello che io voglio che tu sia."
Per qualche motivo mi viene in mente una serata fuori, nei primi tempi in cui uscivamo. Si presentò alla porta con un paio di pantaloni leggerissimi a sbuffo, come quelli di un'odalisca, e un gilet scamosciato sul davanti e fatto di rete sul retro. In più non aveva bottoni, e si sarebbe aperto ad ogni movimento scoprendole i seni. Ricordo che non vedevo l'ora di finire la cena e andare in qualunque posto potessi saltarle addosso, e lei giocò molto con il mio desiderio. Come sempre.
Il campanello suona, interrompendo il silenzio carico della stanza. Emma sorride con calma e si volta per un ultimo sguardo. "Non dimenticare: nessuno sguardo, nessuna parola, finché non sarai autorizzato. Laura ama la disciplina, e tu sei qui per dimostrarle quanto vali."
Poi apre la porta. E la notte comincia davvero.
Il silenzio nella stanza è pesante, rotto solo dal ticchettio dei tacchi di Laura mentre gira intorno a me. Ogni passo sembra misurato, calcolato, un’ulteriore dichiarazione di chi detiene il controllo. Sento il calore del suo sguardo sulla mia pelle, un contrasto stridente con il freddo del pavimento sotto di me.
Emma si siede sul divano, accavallando le gambe con una grazia che sembra quasi teatrale. "Laura," dice con tono divertito, "dimmi, cosa vuoi vedere adesso? È tutto tuo per questa sera."
Laura si ferma dietro di me, le mani dietro la schiena, il suo silenzio che mi fa tremare più delle sue parole. Poi parla, e la sua voce è calma, precisa. "Voglio vedere quanto è disposto a essere umiliato, fino a che punto può sopportare di sentirsi il nulla che sembra essere."
Emma sorride. "Oh, credo che amerai quello che sta per succedere. Davide, a quattro zampe."
Mi slega e non esito. Mi muovo lentamente, consapevole di ogni movimento, mentre mi abbasso fino a posare le mani e le ginocchia sul pavimento. Mi sento esposto in un modo diverso, ridotto a una posizione che non lascia spazio a dignità o resistenza.
Laura cammina intorno a me, il suono dei suoi tacchi che scandisce ogni secondo. Si ferma accanto a me e posa una mano leggera sulla mia schiena. La pressione è appena percettibile, ma il significato è chiaro.
"Emma," dice, quasi ridendo, "sei sicura che abbia capito il suo posto? Sembra ancora un po’ troppo… umano. Anche se così esposto è già abbastanza ridicolo."
Emma si alza dal divano con una calma assoluta. "Oh, lo capisce bene. Ma un promemoria non fa mai male."
Mi sento arrossire, la vergogna che mi avvolge mentre Laura schiocca le dita. "Striscia," dice semplicemente.
Le parole mi colpiscono come un colpo. Non c’è umiliazione più profonda, ma obbedisco. Mi muovo lentamente, stendendomi sul pavimento e iniziando a trascinarmi, il cuore che batte forte.
"Guarda come lo fa," commenta Laura con un tono che sembra divertirsi. "Non c’è nemmeno bisogno di insistere. È già annullato."
Emma ride piano. "Non annullato. Solo ben addestrato."
Laura si ferma e si accovaccia davanti a me. Anche se non posso vederla, sento il suo sguardo perforante oltre la maschera. "Dimmi," dice piano, ma con un’autorità che non lascia spazio a dubbi. "Ti piace essere ridotto così? Essere il nulla ai nostri piedi?"
La mia voce esce roca, appena un sussurro. "Sì."
"Più forte," insiste lei, afferrandomi il mento per sollevarmi il viso.
"Sì," ripeto, stavolta più deciso, anche se la vergogna mi brucia come un fuoco.
Laura sorride, soddisfatta. "Bravo ragazzo," dice, lasciandomi andare. Poi si alza, scrollandosi via la polvere immaginaria dalle mani. "Emma, direi che hai fatto un ottimo lavoro. Ma voglio vedere ancora di più. Fammi vedere il limite del tuo piccolo giocattolo."
Emma si avvicina, le sue dita che sfiorano la mia testa. "Oh, Laura," sussurra, "non sai quanto lontano posso spingerlo."
E io so che non posso fare altro che seguirle, dove vogliono portarmi.
Emma si avvicina con calma, le corde di seta nera di nuovo tra le mani. Le sue dita scorrono lungo la mia schiena mentre mi sussurra all'orecchio: "Alzati, Davide. La tua posizione attuale non è abbastanza per quello che abbiamo in mente."
Mi sollevo lentamente, sentendo ogni muscolo del mio corpo teso, consapevole di ogni occhiata che mi pesa addosso. Laura si è spostata al lato della stanza, seduta con una gamba accavallata sull'altra, un calice di vino in mano. Mi osserva come se fossi uno spettacolo privato, un'opera da analizzare e giudicare.
Emma mi guida verso un anello di ferro fissato alla parete. "Stai fermo," ordina con un tono calmo ma implacabile, e io obbedisco. Le corde tornano intorno ai miei polsi e alle caviglie, questa volta più strette, più contenitive. Mi ritrovo immobile, con le braccia sollevate sopra la testa e le gambe leggermente divaricate.
"Perfetto," mormora Emma, facendo un passo indietro per ammirare il suo lavoro. Poi si gira verso Laura. "Vuoi iniziare tu o preferisci che lo faccia io?"
Laura sorride lentamente, sorseggiando il vino. "Per questa volta, lascia che ti osservi. Voglio vedere come lo gestisci."
Emma annuisce, compiaciuta. Si avvicina a un tavolino e prende una frusta corta, il cuoio che brilla sotto la luce soffusa della stanza. Il suono che emette quando lo fa schioccare nell'aria mi fa trasalire.
"Respira, Davide," dice con tono quasi gentile, posizionandosi dietro di me. "Ogni colpo ti ricorderà perchè sei qui."
Il primo colpo arriva rapido, una linea di fuoco che attraversa la mia schiena. Stringo i denti sotto la maschera, trattenendo un gemito. Emma ride piano, come se apprezzasse la mia reazione controllata.
"Non trattenere i suoni," mi avvisa. "Laura vuole sentirti. Ogni gemito, ogni sussulto è parte della tua resa."
Il secondo colpo è più forte, il cuoio che colpisce la pelle con un rumore secco. Questa volta non riesco a trattenere un gemito soffocato, e Laura applaude piano, come se fosse soddisfatta.
Dopo diversi colpi, la mia schiena brucia, ogni nervo acceso come una scintilla. Ma non è finita. Emma posa la frusta prendendone un'altra, più lunga e minacciosa. La conosco bene, quei 3 cordini annodati sul terminale mi lacereranno la pelle già segnata. Ad Emma bastano cinque staffilate, in rapida successione, per farmi cedere le ginocchia. Mi osserva per qualche secondo mentre sono sostenuto solo dalle corse che mi segano i polsi, poi mi aiuta a sollevarmi. Torna al tavolo lasciando la frusta e si avvicina a me con un nuovo oggetto in mano: due morsetti d'acciaio collegati da una catena.
"Sai cosa viene ora, vero?" mi chiede, avvicinandosi al mio petto.
Annuisco lentamente, sapendo che non c'è scampo. Emma prende il mio capezzolo tra le dita, tirandolo leggermente prima di fissare il morsetto con un movimento rapido e preciso. Un dolore acuto mi attraversa, facendomi sobbalzare contro le corde. Lei ride piano.
"Non ancora abituato, eh? Vedrai, il secondo sarà ancora meglio."
E lo è. Quando il secondo morsetto si chiude, il dolore è quasi insopportabile. La catena tra i due morsetti pende, tirando leggermente con ogni respiro che prendo. Emma si allontana di un passo, osservandomi con occhi soddisfatti.
Laura si avvicina lentamente, prendendo la catena tra le dita. "Guarda come reagisce," dice, tirando appena. Un gemito sfugge dalle mie labbra, e lei sorride. "Perfetto. Non c'è niente di più bello che vedere qualcuno che accetta il proprio ruolo."
Emma annuisce. "Oh, Davide accetta tutto da me. È questo che lo rende speciale."
Laura ride piano e si allontana, lasciando la catena dei morsetti a penzolare mentre si risistema con calma sul divano. Si versa un altro bicchiere di vino, osservandomi come se fossi un oggetto inanimato. Il dolore pulsa in ogni fibra del mio corpo, ma non riesco a ignorare un'altra sensazione che cresce, invadente, tradendo la mia sottomissione totale.
Emma si accorge subito. "Oh, guarda, Laura," dice con un tono divertito, indicando la mia evidente eccitazione. "Nonostante tutto il dolore, lui è ancora là pronto per compiacerci."
Laura solleva lo sguardo dal calice e lo posa su di me. I suoi occhi sono freddi, calcolatori, e il sorriso che le curva le labbra mi colpisce più di qualsiasi colpo di frusta. Si alza e si avvicina lentamente, il suono dei tacchi che echeggia nella stanza.
"Questo?" dice con tono sprezzante, indicando il mio corpo teso e l'evidente prova del mio desiderio. "Questo non è il segno di un uomo. Un uomo ha controllo, dignità, forza. Tu, Davide, sei solo uno schiavo. E niente di più. Però capisco che ti possa piacere usare quell'affare per un po' di divertimento. Di certo non puoi essere innamorata di qualcosa più vicino ad un animale che ad un essere umano, giusto?" La risposta di Emma mi mortifica, anche se spero che sia solo parte del gioco. "Amo le sensazioni che possedere un altro essere vivente mi trasmette. Sai che amo da sempre le ragazze. Queste cose però con le ragazze non si possono fare. Non in questo modo almeno."
Le parole di entrambe sono come un coltello che affonda. Provo a mantenere la compostezza, ma il rossore mi invade, un misto di vergogna e impotenza. Laura ride piano, inclinando la testa per osservare meglio la mia reazione.
"Non provare nemmeno a negarlo," continua, afferrando di nuovo la catena dei morsetti e dandole leggeri strattoni. Il dolore mi strappa gemiti involontarii, e lei scuote la testa con un' espressione di finto dispiacere. "Vedi? Perfino il tuo corpo ti tradisce. Sei fatto per questo. Fatto per essere al servizio, per accettare il dolore e l'umiliazione come parte della tua natura."
Emma si avvicina, appoggiando una mano sulla mia spalla. "Laura ha ragione, Davide. Non c'è niente di sbagliato nell'essere quello che sei. Ma devi accettarlo fino in fondo. Sei mio. Nostro. Solo questo conta."
Laura ride piano e si allontana, posando di nuovo il calice sul tavolino. "Direi che abbiamo finito qui per stasera. È stato... divertente. Il tuo schiavo ha superato la prova, Emma, ma di certo non sarà mai un uomo ai miei occhi."
Con un ultimo sguardo sprezzante, Laura prende la sua borsa e si dirige verso la porta. "Chiamami quando avrai qualcos'altro di interessante da mostrarmi," dice con un sorriso malizioso prima di sparire oltre la soglia.
Emma si volta verso di me, i suoi occhi che brillano di una soddisfazione tranquilla. Mi scioglie dalle corde con movimenti lenti, quasi affettuosi. "Hai fatto bene, Davide," mormora, accarezzandomi il viso. "Ma ricorda sempre: il tuo valore non sta nel piacere di essere uomo, ma nell'essere il mio."
Io crollo in ginocchio davanti a lei, il corpo ancora teso per il dolore e la vergogna, ma con una sensazione che non riesco a ignorare. Nonostante tutto, sono esattamente dove voglio essere.
"Ho detto cose pesanti, ma non tutte sono vere." Si inginocchia davanti a me cingendomi la nuca con le braccia, e finalmente mi bacia. Ho desiderato quel bacio per tutta la sera, ed è il primo contatto fisico dolce di tutta la serata. Altrettanto dolcemente ma con fermezza mi stacca dalle sue splendide labbra tirandomi la testa all'indietro con la mano. "Io ti amo Davide, come non mi era mai capitato con un ragazzo. Io non avevo mai considerato l'idea di mettermi con un ragazzo prima di te, non so se capisci l'enormità della cosa." La sua mano scivola sul mio cazzo eretto e gocciolante e lo massaggia con studiata lentezza. "È piacevole giocare con il tuo coso. Anche prenderlo però...alzati, andiamo di là."
La seguo tenendole la mano fino alla camera da letto. "Stenditi" mi dice con un sorriso. Ho voglia di vederla nuda, ma non oso sperare di poterla scopare come facevamo nei primi tempi della nostra relazione, quando ogni tanto era lei a lasciarsi legare da me. Emma si allunga per fissarmi ai quattro angoli del letto gigantesco, e mi trovo un'altra volta immobilizzato.
"Almeno ti spogli?" La mia voce è quasi implorante. Sto diventando patetico.
"Certo. Dopo averti chiuso i fori degli occhi."
Nessuna concessione per me stasera, o quasi. I due schermi neri vengono chiusi con il bottoncino automatico e rimango al buoi, e posso solo immaginare il suo corpo che lentamente si libera degli indumenti. Sento il suo peso sul materasso, e le sue mani scorrere su di me. Sospiro, ricordando il suo ordine a inizio serata. Anche Emma è silenziosa, fino a quando si siede sul mio pube e con la mano mi introduce dentro di sè.
"Sono solo la tua puttana, vero? Niente di più?"
Sento sfuggirle una risata, mentre si sta muovendo con esperienza.
"Possiamo dire di sì. Anche se amo la mia puttana." Si abbassa sulla mia bocca per un lungo bacio, e il contatto dei suoi seni sul petto mi fa muovere il bacino in contrasto con il suo movimento, accentuando la penetrazione. Finalmente la sento gemere. Anche il suo modo di venire è strano per me: in pratica fa dei piccoli grugniti che assomigliano al verso che si fa quando si viene strangolati. L'ho sempre presa un po' in giro per questo, quando potevo farlo, e immagino, sentendo le sue contrazioni sul mio cazzo, che adesso stia facendo quelle facce buffe. Mi spiace non vederla mentre viene, ma sono alcune delle cose che si perdono quando si è sottomessi. Cambia posizione, come ogni volta dopo che viene, ma continua a muoversi per placare l'eccitazione che la serata le ha acceso, e sa anche molto bene come gestire la mia eccitazione, spremendo da me tutti i minuti di erezione che le servono, strizzandomi i capezzoli o le palle per raffreddare i miei bollori senza ridurre la mia erezione. Io posso solo subire il suo desiderio, bloccato quasi completamente sul letto. Dopo quattro orgasmi certi si concede quella che credo sia una pausa, ma dopo un salto in bagno la sento rivestirsi.
"Te ne vai?"
"Devo vedermi con alcune amiche, avevamo appuntamento venti minuti fa."
"E mi lasci qui così?"
"Pensavo di tornare domattina. Magari per finire il lavoro su di te, se ti va."
Vuoi dire che dormirò così?"
"Mi piace l'idea che tu sia a mia disposizione. Magari ti tolgo la maschera. Almeno quello te lo devo."
È già vestita come prima. Peccato.
"E ci vai così dalle tue amiche?"
"Certo. Che c'è di strano?"
"Beh..."
"Beh niente. Mi vesto come mi pare, da sempre."
Un'ultima massaggio al cazzo, che inizia a dolere per l'erezione prolungata, poi si pulisce la mano sul mio petto e se ne va con un "a domani" mentre è già nel corridoio. Rimasto solo, ripenso a tutta la serata, e a tutto quello che ho fatto o subito, da quando sto con Emma, al suo essere lesbica prima di tutto, e a come essere il suo sottomesso mi esporrà sempre di più ad attendere in disparte i momenti che lei potrà dedicarmi, sottoponendomi a privazioni e umiliazioni sempre più cocenti. Tutte cose di cui sento sempre più difficile privarmi
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