Metropolitana affollata

di
genere
gay

Metropolitana stipata all'inverosimile.
Gli ultimi giorni prima delle feste hanno aggiunto pacchi e sacchetti che costringono tutti a pigiarsi l'uno contro l'altro sballottati nel movimento dei vagoni che sfrecciano.
Ad un certo punto registro una pressione dietro. Qualcosa di gonfio e duro preme contro il mio sedere.
Alla prima fermata, nel sali e scendi delle persone, mi volto per come possibile e scorgo una figura alta e massiccia. Un uomo calvo e con il pizzetto mi fissa senza dire nulla.
Quando il convoglio si rimette in movimento avverto di nuovo la stessa pressione turgida.
Evidentemente non è una sensazione. Il tizio dietro di me si sta strusciando.
L'eccitazione sale all'improvviso e prima di arrivare alla fermata successiva ondeggio leggermente il sedere in risposta.
Al cambio approfitto della calca per abbassare la mano destra mentre scivoliamo verso l'angolo opposto all'entrata. Cerco la stoffa dei suoi pantaloni. Sembrano quelli di un abito.
Trovo il cavallo. I coglioni. Il pene.
Lo sento davvero grosso e duro.
Altra stazione. Questa volta mi giro. Lo fisso negli occhi azzurrissimi.
Senza dire una parola.
Appena ripartiamo gli massaggio l'uccello.
Mi guarda impassibile. Schiudo leggermente le labbra e gli mostro la punta della lingua.
La gente si dirada nelle stazioni successive e restiamo uno a fianco all'altro.
Mentre il treno perde velocità mi guarda, indossa un berretto di lana e con un gesto impercettibile mi fa segno di scendere.
O così mi sembra.
Non è la mia fermata. Non sono sicuro di aver capito bene.
Non so cosa fare.
Le porte di aprono.
Lui si muove.
Ok. Lo seguo.
Scale. Tornelli. Scale. Strada.
Mi sta sempre davanti. Ogni tanto si gira senza dire una parola.
Se non volesse essere seguito parlerebbe, penso.
Marciapiede, via a destra. Parcheggio
Si ferma davanti a un Jeep Renegade nero. Sale dal lato del conducente.
Mi fermo. L'auto è abbastanza in fondo e al parcheggio e non ci sono molte auto. Quella è isolata.
Non faccio in tempo a pensare nulla. La portiera del passeggero si apre di poco.
Vado.
Salgo. Chiudo la porta. Fa freddo.
Il tempo di girarmi e vedo il cazzo duro tra le dita della mano.
Grosso. La cappella lucente.
MI piego senza pensarci e glielo prendo in bocca.
Il sapore di un cazzo eccitato alla fine di una lunga giornata impregna la mia lingua.
Cercando di lubrificarlo meglio che posso salgo e scendo ingoiandolo tutto o quasi.
A quello che manca mi forzano le sue mani spingendomi in basso finché il mio naso non sfrega contro il bosco ispido e potentemente odoroso di maschio.
Con qualche conato ogni tanto mi lascio stuprare la gola come gli pare e piace. Il palo gronda di bava mentre lo pompo.
Sento il suo respiro aumentare. Un suono gutturale monta dal profondo.
Al primo schizzo mi blocco con le labbra sigillate intorno alla cappella e segandolo lo faccio sborrare fino all'ultima contrazione.
Con la bocca piena, mi concentro e mando giù.
Reprimo il brivido di disgusto per il sapore troppo forte e continuo a leccare e succhiare lentamente.
Mi allontana.
"Grazie" mormora mentre si ricompone.
"E' stato un piacere"
Apro la portiera.
"Ciao"
"Ciao"

Torno alla metropolitana.
Sento ancora l'odore del suo cazzo.
Speriamo non lo sentano a casa

scritto il
2025-01-07
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