Il vizio di flirtare
di
John39
genere
confessioni
A Caterina riusciva facile flirtare con tutti. Era una cosa che mi innervosiva. Anzi, era una cosa che mi faceva soffrire.
Era una donna molto appariscente, e non doveva sforzarsi molto per farsi notare. Aveva un aspetto molto anni 70: alta, bionda, capelli lunghi e lisci, seno piccolo ma gambe lunghissime. Non vestiva alla moda, d’estate perlopiù portava vestiti di cotone lunghi fino alle caviglie, con uno spacco laterale e una scollatura pronunciata, ma niente capi firmati, niente gioielli. E, per carità, niente tatuaggi. D’inverno, anche a causa del clima, spesso aveva addosso una giacca a vento e sotto una semplice maglia.
Anche il nome, Caterina, era demodè. Io la chiamavo Caty, e a lei andava bene. Ah, non era mia moglie. Era la moglie, la giovane moglie, 32 anni, di un altro uomo. E a quanto ne so lo amava sinceramente. Ma veniva a letto con me.
Il punto è che ovunque andassimo gli uomini le attaccavano bottone. Al bar, al ristorante, persino nei musei, quando ci capitava di visitarne uno, nelle nostre rare vacanze assieme, se riusciva ad inventarsi una scusa per rimanere un paio di giorni fuori città.
Un giorno un barista, un tipo bassino, con la camicia bianca aperta sul petto, il cranio calvo, i baffoni che vibravano quando scoppiava a ridere (e gli capitava di frequente!), parlò con lei per almeno venti minuti. Eravamo sul lungomare di una cittadina ligure, ed è vero che a quell’ora non c’era nessun altro a parte noi seduto ai tavolini affacciati sulla spiaggia, ma fare così il brillante con una sconosciuta, una sconosciuta per di più accompagnata, mi sembrò veramente fuori luogo. Lo avrei preso a pugni, quel coglione.
Poi glielo feci capire a Caterina, che mi ero seccato. Lei a sua volta mi tenne il muso. Non tollerava critiche e comunque so come la pensava: si riteneva libera di fare quello che voleva. Lo aveva chiarito fin dall’inizio, quando fra noi erano cominciate le schermaglie verbali e l’invio di messaggi.
Ti stava mangiando con gli occhi, le dissi.
E allora? Guardare e non toccare. Che male c’è?
Ha fatto come se io non ci fossi.
Ma va’. Sei tu che ti sei ammutolito.
Una mattina a Roma entrammo in un negozio di scarpe. Cominciò a provare dei sandali. Caty aveva piedi eleganti, lunghi, magri, curati, le unghie quella volta erano dipinte di nero. Un commesso giovane si mise ad aiutarla, infilandole un sandalo dopo l’altro. Lei non era mai soddisfatta e continuava a provare nuovi modelli. Mi sembrò che le mani di quel commesso con la carnagione scura, gli occhi nerissimi sotto a folte ciglia femminili indugiassero un po' troppo sul suo piede, e sulla caviglia. Doveva aiutarla a togliere e a mettere dei sandali, non massaggiarla. Ad un certo punto vidi distintamente che le sfiorava le dita, sotto, con i polpastrelli, mentre con l’altra mano le accarezzava il collo del piede. Caty non diceva nulla. Si limitava a guardare quell’uomo inginocchiato davanti a lei, circondato da scatole e sandali.
E, non so cosa mi è successo. Sentivo la lama della gelosia conficcarsi profondamente dentro la mia pancia. Ma al tempo stesso, trovavo la situazione eccitante.
Più tardi, in albergo, gli chiesi cosa avesse pensato di quel ragazzo. Lei rise buttando indietro la testa: che adorava i miei piedi?
Volevo sapere cosa aveva provato.
Lusingata, rispose.
Solo lusingata?
Sì, insomma, è sempre piacevole sentirsi desiderate. E tu, cos’hai provato?
Iniziai a leccarle un piede, quello che aveva accarezzato il commesso. Sopra, poi sotto, e persino il calcagno, dove la pelle era più spessa. Poi a succhiarle le dita, una dopo l’altra. Passai la lingua nello spazio fra un dito e l'altro. Non l’avevamo mai fatto, prima.
Mhh…gemette, pigra – Vedo che hai preso appunti.
Una sera a Napoli andammo al cinema a vedere il nuovo film di un famoso regista tedesco. Appena preso posto in sala arrivò una coppia, un uomo piuttosto anziano, vestito di lino, con lunghi capelli bianchi, folti, e barba sale-pepe, assieme ad una donna abbronzata con degli occhiali dalla montatura dorata.
Lui si sedette di fianco a Caty dopo avere chiesto permesso e averla costretta a riprendersi la giacchetta che aveva appoggiato sulla poltrona prima vuota, per mettersela in grembo. Quindi, non so con quale pretesto, iniziò a parlare con lei. Aveva un’aria elegante, vagamente aristocratica, come del resto anche quella che doveva essere sua moglie. Caty come al solito accolse l’invito e gli diede corda, ridendo ogni tanto, e scoprendo i suoi bianchissimi denti.
Io come al solito ero stato tagliato fuori. Comunque avrei fatto fatica ad inserirmi nella conversazione rivolgendo la parola allo sconosciuto, c’era Caty in mezzo.
Le luci si spensero, il film iniziò. Era una storia d’amore con delle scene piuttosto hot. Sentivo il profumo di Caty, seduta lì accanto, profumo di pulito, usava un deodorante molto naturale, e forse, anche un odore più muschioso, magari l’uomo aveva esagerato con una lozione, chissà. Ad un certo punto mi sembrò di cogliere un rumore. Come un sospiro, alla mia destra. Allungai una mano e strinsi quella di Caty, che rispose alla stretta. La mano di Caty era sudata.
Il suo ginocchio sfiorò il mio. Ne sentii il calore. Poi vi si appoggiò contro. Strano, spazio ce n’era. Certo ce n’era più in quel cinema che in aereo, pensai, chissà perché pensai così, forse perché avrei desiderato fare un viaggio con Caty in aereo, un giorno, per andare in Sicilia, o in Grecia.
Ma c’era anche qualcos’altro, di strano. Come un moto, ritmico, quasi impercettibile. Ogni tanto si fermava, poi riprendeva.
Sentii ancora il sospiro di Caty, la vidi sporgersi in avanti, nervosa, poi riappoggiarsi allo schienale della poltrona. Sullo schermo in quel momento non stava succedendo nulla, la protagonista passeggiava nella campagna inglese. Caty si schiarì la gola. Il suo ginocchio premeva con più forza contro il mio. Ora, se premeva in quel modo, poteva voler dire che si stava appoggiando con tutto il peso del corpo dalla mia parte, ma non era così. Oppure invece che stava aprendo le gambe. No?
Il pensiero mi attraversò la mente. Lo scacciai. Ritornò. Non era possibile che stesse succedendo. O sì? Un sospirare, e un lieve sussultare, trattenuto. Come un singhiozzo. Conoscevo i suoi suoni.
Le lasciai la mano. La spostai sul suo ginocchio. La sentii tremare. Risalii lungo la coscia. E all’improvviso toccai una mano che non era di Caty.
Restammo immobili. La mano dell’uomo e la mia che sfiorava il dorso della sua, infilata fra le cosce di Caty. Poi, dopo un tempo che mi sembrò infinito, la mano dell’uomo ricominciò a muoversi, pianissimo. Come in un sogno, appoggiando la punta delle dita sul dorso di quella mano, ne accompagnai i movimenti regolari, che via via acceleravano. Il mio sesso dentro ai pantaloni leggeri era diventato di marmo. Ad un certo punto Caty affondò la bocca sulla mia spalla, mi morse. Sussultai anch’io lasciandomi sfuggire un gemito. Poi attesi che Caty si calmasse, la mia mano adesso copriva interamente quella dell’uomo che copriva la sua vulva.
Quindi, la mano dell’uomo si sfilò, se ne tornò da dove era venuta. Rimase la mia, che infilai dentro le mutandine di Caty, per sentire quanto fosse allagata.
Per commenti simpatici: coltranejohn39@gmail.com
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