Debby e vale....mamma e figlia 1 parte
di
Jack blues
genere
incesti
Debby e Vale
Stavo scrivendo l’ennesima relazione pallosa quando si illumina sullo schermo del pc la
notifica di un messaggio di telegram web. Ho continuato a scrivere pensando che fosse un
collega che voleva delucidazioni e non avevo voglia di rispondergli, però sono curioso e dopo
un paio di capoversi apro la chat.
“Ciao! Cosa fai venerdì sera? Mi hanno chiamata dall’università di Bologna per un seminario e
resterò in città fino a sabato.” Era la mia cara Debby, ragazza splendida e particolarmente
troia.
“Ciao Deb! Venerdì ho un appuntamento con una biondona che viene da Roma!”
“Scemo! Arriveremo a Bologna al mattino in aereo, poi direttamente all’università e poi
saremo libere il pomeriggio e alla sera. Faremo un po’ di shopping e alla sera volevevamo
stare un po’ con te, andiamo a cena e poi dopo cena”
“Venerdì ho il giorno libero, posso venire a sentire il seminario?”
“Oh si, mi farebbe piacere… ti faccio avere l’invito”
“Ma con chi verrai?”
“Mi accompagna Auro… sempre che possa perché l’hanno chiamata per un colloquio
importante…”
“Oh.. mi piacerebbe rivedere Aurora!”
“Sì, lo so… ti piacerebbe guardarle ancora il culetto!”
“..e a te le tettone…”
“mmmm… mi fai venire voglia… Aspetta…”, tempo 3 minuti e mi manda le foto della
camicetta sbottonata, con sotto un reggiseno bianco, semi trasparente dove spiccano i due
capezzoloni già dritti, “Ti hanno fatto effetto? Fammi vedere!”
“Eh no… sai che non funziona così… io ordino e tu fai… tu chiedi e io decido se meriti di
essere esaudita oppure no…”
“Ti adoro quando mi comandi… Scusami padrone… mi dovrai punire?”
“Vedremo… però stavolta un po’ ti assecondo, solo perché sono contento di vederti…”, le
mando una foto del mio pacco gonfio.
La chiacchierata ormai aveva avuto il suo epilogo.
Il govedì mattina mi diede gli orari, l’arrivo dell’aereo e l’ora del seminario, mi chiedeva se i
tempi erano compatibili. Non le dissi che avevo deciso di prenderle io in aereoporto e portarle
in centro.Al venerdì le mandai un messaggio molto secco con una posizione e scritto “Vai qui, non fare
domande!”
Ubbidiente come sempre, Debby seguì l’indicazione e la vidi sbucare da un angolo con il viso
un po’ teso perché non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ma appena mi vide il volto si scioglie
in un sorriso aperto e pieno di affetto. Accelerò il passo per buttarmi le braccia al collo e
stamparmi un bacio sulla bocca da togliere il fiato.
“Ciaooooo… non mi avevi detto che saresti passato tu a prenderci!”
“Sorpresa dai… ma Auro?”
“Non c’è… però è venuta lei” e si gira mostrandomi una ragazza mora, con gli occhi
pronfondissimi, lo stesso sorriso di Deb. “Lei è Vale! Te la ricordi”?
Cazzo, si che me la ricordavo, però era una bimba di dieci anni l’ultima volta che l’ho vista.
Adesso era una ragazza di 18, piena di vita e con quella luce negli occhi che sconvolgevano gli
ormoni di tutti gli uomini, caratteristica che condivideva con la mamma, la zia e la nonna.
Allungai la mano per stringergliela, lei la prese e mi disse “Tu sei lo zio… porco?”
Un po’ in imbarazzo per quella definizione con cui mi aveva descritto la mamma durante le
nostre chat sporcaccione, le risposi di sì.
“Era tanto che volevo conoscerti… Sei anche un bell’uomo…” e così dicendo, mi butta le
braccia al collo dandomi un bacio sulla bocca pure lei mentre la mamma rideva alla scena.
Ripresi il controllo perché quel bacio mi aveva lasciato un attimo stordito, “Dai… andiamo
altrimenti arriviamo tardi… o meglio, non facciamo in tempo a prendere il caffè!”
Salimmo in macchina, Debby di fianco a me e Vale dietro.
Entrambe indossavano un gonna, al ginocchio per Debby, un po’ più corta per Vale. Sopra
Debby aveva un top sotto a una giacca gessata in rosso, era elegantissima, Valentina, invece,
aveva un maglioncino a collo alto che aderiva alle sue forme, giunoniche come la mamma.
Ci immettemmo nel traffico caotico bolognese e appena vidi un bar con un piccolo
parcheggio davanti ci fermammo per fare colazione. Chiacchierammo un po’ poi tornammo in
macchina. Vale si era seduta sul sedile centrale e attirò la mia attenzione mostrandomi
qualcosa nello specchietto retrovisore: erano un paio di mutandine.
“Che troietta sta ragazzina pensai… tutta la mamma…”
Una volta avuta la mia attenzione fece in modo di farmi abbassare lo specchietto per
mostrarmi la fighetta nuda mentre spalancava le gambe.
Era passata si e no mezzora con loro e già avevo il cazzo duro. Con Debby sapevo di non dover
aver pudore, così le misi una mano sulla coscia e le alzai la gonna. Cercai la sua figa che lei
mi lasciò esplorare, le infilai indice e medio dentro e lei emise un piccolo gemito. Mi portai le
dita al naso per sentire il suo profumo, meraviglioso. V: “Che fai zio?”
Io: “Lo vuoi sapere? Deb, glielo dico?”
D: “Certo…”
Io: “Ho appena sentito il profumo di tua mamma…”
V: “…e del mio non ti interessa…” lo disse con un tono imbronciato
Allungai la mano verso dietro, già con le dita distese. Li capì subito e si infilò le mie dita dentro
la sua fighetta. Era tutt’altro che vergine. Ripetei il gesto di annusarmi le dita, anche lei era
profumata, un profumo più acre, più carico di ormoni, ma assolutamente piacevole.
A differenza di prima, mi succhiai le dita dicendo alla ragazza “hai un buon profumo e anche
un buon sapore…” poi mi rivolsi alla mamma: “Sta diventando troia come te?”
D: “…anche di più… credimi”
Io rivolto a Vale: “Sai che oggi dovrete stare ai miei ordini, vero? Facciamo i nostri giochini, ma
live!”
V: “No… non me l’ha detto… ma va bene tutto…”
Io: “Brava… puoi chiedermi qualsiasi cosa ma non è detto che io ti dia una risposta, va bene?”
V: “Ok… altro?”
Io: “Sì… rimettiti le mutandine!”
Ci rimase male a quell’ordine ma ubbidì.
Arrivammo nel parcheggio che ci avevano riservato.
Debby andò al banco dei relatori mentre Vale e io ci sedemmo un po’ in fondo alla sala che
era piena al 50%.
C’erano tre relatori fra cui Debby. Ammetto di non aver seguito le relazioni perché ero più
interessato alle tette di Vale. Le ordinai di andare a togliersi il reggiseno in bagno, così fece.
Quando tornò aveva i capezzoli che erano ben visibile da sotto la lana sottile. Assicurandomi
che tutti fossero attenti al seminario e le afferrai entrambe le tette, erano sodissime, aveva
davvero i geni della mamma. Vale si lasciò fare e mi chiese se poteva accarezzarmi il cazzo, la
lasciai fare. L’intervento del relatore finì e la feci ricomporre.
V: “Vuoi che mi tolga anche le mutandine?”
Io: “No… per adesso no…”
Era la volta di Debby, ascoltai qualche minuto ma stavo pensando cosa far fare a questa
ragazzina bellissima che avevo a fianco. Avevo voglia di farmelo succhiare, a dire il vero, ma non mi veniva un’idea per farlo con calma, come piace a me, senza il pensiero di essere
beccato.
Le chiesi quando avesse inizato a succhiare i cazzi, mi rispose che aveva iniziato che aveva 11
anni e da allora non sa quanti ne aveva succhiati. “Mi piace essere troia… e piace anche alla
mamma e al papà che lo sia…”
Mi raccontò un po’ di cose, incalzata dalle mie domande, poi fu lei a dirmi “Sai che quando
giocavi con la mamma, io desideravo da matti che giocassi anche con me… ma mamma mi
diceva che non volevi perché ero piccola… ma io già allora succhiavo cazzi a tutti…”
Io: “Oggi allora ti faccio giocare come facevo con lei… va bane? Però se non sei all’altezza, non
vedrai un cazzo fino a che non torni a Roma! Ci stai?”
V: “ma io voglio il tuo…”
Io: “Dipende solo da te.,, devi meritartelo… se no sentirai che scopo tua mamma, ma non
vedrai niente…”
V: “è una sfida difficile… farò del mio meglio”
Il pubblico era sempre attento alla relazione di una Debby straordinariamente bella, io ne
approfittai per piegarmi su Vale, metterle la lingua in bocca e spingerle due dita in fondo alla
vagina. Il gesto così impetuoso e forse inaspettato, Vale sussultò. Non ci volle molto, forse un
minuto, per farla venire. Non sono così abile, sicuramente era già super eccitata e c’è voluto
poco per farle trabboccare il vaso.
Finito il seminario fummo invitati dagli organizzatori a un pranzo offerto a cui non potevamo
dire no. Lì non c’erano tante occasioni per giocare con le mie due belle donne. Dabby mi
chiese se fosse successo qualcosa, le dissi che non erano cose che la riguardavano e che,
adesso che il seminario era finito, sarebbe stata solo a mia disposizione.
“Si, mio padrone…”
Stavo scrivendo l’ennesima relazione pallosa quando si illumina sullo schermo del pc la
notifica di un messaggio di telegram web. Ho continuato a scrivere pensando che fosse un
collega che voleva delucidazioni e non avevo voglia di rispondergli, però sono curioso e dopo
un paio di capoversi apro la chat.
“Ciao! Cosa fai venerdì sera? Mi hanno chiamata dall’università di Bologna per un seminario e
resterò in città fino a sabato.” Era la mia cara Debby, ragazza splendida e particolarmente
troia.
“Ciao Deb! Venerdì ho un appuntamento con una biondona che viene da Roma!”
“Scemo! Arriveremo a Bologna al mattino in aereo, poi direttamente all’università e poi
saremo libere il pomeriggio e alla sera. Faremo un po’ di shopping e alla sera volevevamo
stare un po’ con te, andiamo a cena e poi dopo cena”
“Venerdì ho il giorno libero, posso venire a sentire il seminario?”
“Oh si, mi farebbe piacere… ti faccio avere l’invito”
“Ma con chi verrai?”
“Mi accompagna Auro… sempre che possa perché l’hanno chiamata per un colloquio
importante…”
“Oh.. mi piacerebbe rivedere Aurora!”
“Sì, lo so… ti piacerebbe guardarle ancora il culetto!”
“..e a te le tettone…”
“mmmm… mi fai venire voglia… Aspetta…”, tempo 3 minuti e mi manda le foto della
camicetta sbottonata, con sotto un reggiseno bianco, semi trasparente dove spiccano i due
capezzoloni già dritti, “Ti hanno fatto effetto? Fammi vedere!”
“Eh no… sai che non funziona così… io ordino e tu fai… tu chiedi e io decido se meriti di
essere esaudita oppure no…”
“Ti adoro quando mi comandi… Scusami padrone… mi dovrai punire?”
“Vedremo… però stavolta un po’ ti assecondo, solo perché sono contento di vederti…”, le
mando una foto del mio pacco gonfio.
La chiacchierata ormai aveva avuto il suo epilogo.
Il govedì mattina mi diede gli orari, l’arrivo dell’aereo e l’ora del seminario, mi chiedeva se i
tempi erano compatibili. Non le dissi che avevo deciso di prenderle io in aereoporto e portarle
in centro.Al venerdì le mandai un messaggio molto secco con una posizione e scritto “Vai qui, non fare
domande!”
Ubbidiente come sempre, Debby seguì l’indicazione e la vidi sbucare da un angolo con il viso
un po’ teso perché non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, ma appena mi vide il volto si scioglie
in un sorriso aperto e pieno di affetto. Accelerò il passo per buttarmi le braccia al collo e
stamparmi un bacio sulla bocca da togliere il fiato.
“Ciaooooo… non mi avevi detto che saresti passato tu a prenderci!”
“Sorpresa dai… ma Auro?”
“Non c’è… però è venuta lei” e si gira mostrandomi una ragazza mora, con gli occhi
pronfondissimi, lo stesso sorriso di Deb. “Lei è Vale! Te la ricordi”?
Cazzo, si che me la ricordavo, però era una bimba di dieci anni l’ultima volta che l’ho vista.
Adesso era una ragazza di 18, piena di vita e con quella luce negli occhi che sconvolgevano gli
ormoni di tutti gli uomini, caratteristica che condivideva con la mamma, la zia e la nonna.
Allungai la mano per stringergliela, lei la prese e mi disse “Tu sei lo zio… porco?”
Un po’ in imbarazzo per quella definizione con cui mi aveva descritto la mamma durante le
nostre chat sporcaccione, le risposi di sì.
“Era tanto che volevo conoscerti… Sei anche un bell’uomo…” e così dicendo, mi butta le
braccia al collo dandomi un bacio sulla bocca pure lei mentre la mamma rideva alla scena.
Ripresi il controllo perché quel bacio mi aveva lasciato un attimo stordito, “Dai… andiamo
altrimenti arriviamo tardi… o meglio, non facciamo in tempo a prendere il caffè!”
Salimmo in macchina, Debby di fianco a me e Vale dietro.
Entrambe indossavano un gonna, al ginocchio per Debby, un po’ più corta per Vale. Sopra
Debby aveva un top sotto a una giacca gessata in rosso, era elegantissima, Valentina, invece,
aveva un maglioncino a collo alto che aderiva alle sue forme, giunoniche come la mamma.
Ci immettemmo nel traffico caotico bolognese e appena vidi un bar con un piccolo
parcheggio davanti ci fermammo per fare colazione. Chiacchierammo un po’ poi tornammo in
macchina. Vale si era seduta sul sedile centrale e attirò la mia attenzione mostrandomi
qualcosa nello specchietto retrovisore: erano un paio di mutandine.
“Che troietta sta ragazzina pensai… tutta la mamma…”
Una volta avuta la mia attenzione fece in modo di farmi abbassare lo specchietto per
mostrarmi la fighetta nuda mentre spalancava le gambe.
Era passata si e no mezzora con loro e già avevo il cazzo duro. Con Debby sapevo di non dover
aver pudore, così le misi una mano sulla coscia e le alzai la gonna. Cercai la sua figa che lei
mi lasciò esplorare, le infilai indice e medio dentro e lei emise un piccolo gemito. Mi portai le
dita al naso per sentire il suo profumo, meraviglioso. V: “Che fai zio?”
Io: “Lo vuoi sapere? Deb, glielo dico?”
D: “Certo…”
Io: “Ho appena sentito il profumo di tua mamma…”
V: “…e del mio non ti interessa…” lo disse con un tono imbronciato
Allungai la mano verso dietro, già con le dita distese. Li capì subito e si infilò le mie dita dentro
la sua fighetta. Era tutt’altro che vergine. Ripetei il gesto di annusarmi le dita, anche lei era
profumata, un profumo più acre, più carico di ormoni, ma assolutamente piacevole.
A differenza di prima, mi succhiai le dita dicendo alla ragazza “hai un buon profumo e anche
un buon sapore…” poi mi rivolsi alla mamma: “Sta diventando troia come te?”
D: “…anche di più… credimi”
Io rivolto a Vale: “Sai che oggi dovrete stare ai miei ordini, vero? Facciamo i nostri giochini, ma
live!”
V: “No… non me l’ha detto… ma va bene tutto…”
Io: “Brava… puoi chiedermi qualsiasi cosa ma non è detto che io ti dia una risposta, va bene?”
V: “Ok… altro?”
Io: “Sì… rimettiti le mutandine!”
Ci rimase male a quell’ordine ma ubbidì.
Arrivammo nel parcheggio che ci avevano riservato.
Debby andò al banco dei relatori mentre Vale e io ci sedemmo un po’ in fondo alla sala che
era piena al 50%.
C’erano tre relatori fra cui Debby. Ammetto di non aver seguito le relazioni perché ero più
interessato alle tette di Vale. Le ordinai di andare a togliersi il reggiseno in bagno, così fece.
Quando tornò aveva i capezzoli che erano ben visibile da sotto la lana sottile. Assicurandomi
che tutti fossero attenti al seminario e le afferrai entrambe le tette, erano sodissime, aveva
davvero i geni della mamma. Vale si lasciò fare e mi chiese se poteva accarezzarmi il cazzo, la
lasciai fare. L’intervento del relatore finì e la feci ricomporre.
V: “Vuoi che mi tolga anche le mutandine?”
Io: “No… per adesso no…”
Era la volta di Debby, ascoltai qualche minuto ma stavo pensando cosa far fare a questa
ragazzina bellissima che avevo a fianco. Avevo voglia di farmelo succhiare, a dire il vero, ma non mi veniva un’idea per farlo con calma, come piace a me, senza il pensiero di essere
beccato.
Le chiesi quando avesse inizato a succhiare i cazzi, mi rispose che aveva iniziato che aveva 11
anni e da allora non sa quanti ne aveva succhiati. “Mi piace essere troia… e piace anche alla
mamma e al papà che lo sia…”
Mi raccontò un po’ di cose, incalzata dalle mie domande, poi fu lei a dirmi “Sai che quando
giocavi con la mamma, io desideravo da matti che giocassi anche con me… ma mamma mi
diceva che non volevi perché ero piccola… ma io già allora succhiavo cazzi a tutti…”
Io: “Oggi allora ti faccio giocare come facevo con lei… va bane? Però se non sei all’altezza, non
vedrai un cazzo fino a che non torni a Roma! Ci stai?”
V: “ma io voglio il tuo…”
Io: “Dipende solo da te.,, devi meritartelo… se no sentirai che scopo tua mamma, ma non
vedrai niente…”
V: “è una sfida difficile… farò del mio meglio”
Il pubblico era sempre attento alla relazione di una Debby straordinariamente bella, io ne
approfittai per piegarmi su Vale, metterle la lingua in bocca e spingerle due dita in fondo alla
vagina. Il gesto così impetuoso e forse inaspettato, Vale sussultò. Non ci volle molto, forse un
minuto, per farla venire. Non sono così abile, sicuramente era già super eccitata e c’è voluto
poco per farle trabboccare il vaso.
Finito il seminario fummo invitati dagli organizzatori a un pranzo offerto a cui non potevamo
dire no. Lì non c’erano tante occasioni per giocare con le mie due belle donne. Dabby mi
chiese se fosse successo qualcosa, le dissi che non erano cose che la riguardavano e che,
adesso che il seminario era finito, sarebbe stata solo a mia disposizione.
“Si, mio padrone…”
3
voti
voti
valutazione
4.7
4.7
Commenti dei lettori al racconto erotico