Debby e vale mamma e figlia... seconda parte
di
Jack blues
genere
incesti
Finito il pranzo, accompagnai le due ragazze in albergo che non era molto lontano. Volevo
lasciarle riposare un pochino con l’idea di ripassare da loro dopo un paio d’ora ma Debby
insistette per seguirle.
Una volta in camera Vale mi chiese se poteva farsi una doccia, era troppo servizievole. La
tranquillizzai abbracciandola e dandole un bacino sulla fronte. Si spogliò nuda davanti a me e
lasciò la porta del bagno aperta. Intanto anche la mamma si era spogliata del tailleur formale
che aveva usato per il seminario. Era sempre straordinaria, le tette, una quarta (forse quinta),
che non si “abbassavano” neanche di un centimetro. La loro pienezza fa invidia a tante con le
tette siliconate.
La presi per i capelli e la feci inginocchiare fra le mie gambe, aveva intuito cosa volevo e
autonomamente mi slacciò i pantaloni e mi tirò fuori l’uccello. Tempo due secondi e la sua
lingua giocava con la mia cappella. Era tanto che desideravo sentire di nuovo quelle labbra
stringersi attorno al mio cazzo, sentire la sua lingua limonare con il mio glande. Era
superlativa nel succhiare, frutto di tanta, tanta esperienza ma anche di doti innate che si
tramandano di generazione in generazione. Le tenevo i capelli e le spingevo la testa ma non ce
n’era bisogno, tutte le volte che forzavo un po’ il ritmo, lei l’aveva già modificato, quando
volevo che se lo piantasse in gola, lei lo aveva già fatto. Mi conosceva, sapeva cosa mi
piaceva e come mi piaceva godere. Quando sentii i primi brividi dello sperma che risaliva
l’uretra, lei si staccò per farsi inondare il viso: il primo fiotto la colpì in fronte, sporcandole i
capelli dorati, il secondo un occhio, il terzo naso e labbra, quindi, lo ingogiò di nuovo per
ripulirmelo e assaggiare il mio succo. Pompino da 110 e lode.
Le dissi di stare lì in ginocchio perché mi sarei pulito prima io, non era sadismo, solo che
vederle il volto pieno di sborra era una cosa che trovavo sempre eccitante. Debby mi sorrise
passandosi la lingua sulle labbra, “Posso pulirmi gli occhi?”, le feci sì con la testa e col dito si
tolse le gocce che grondavano dalla palpebra e poi se lo succhiò.
Intanto andai in bagno, dissi a Vale di aspettare a uscire dalla doccia che dovevo fare una
cosa. Mi pulii, mi rimisi a posto e poi le dissi di uscire. L’accolsi con un asciugamano aperto,
l’abbracciai e l’asciugai delicatamente. Le tette della ragazza erano molto simili a quelle della
mamma, la carnagione era più scura e le areole avevano una tonalità più marroncina, ma la
consistenza mandava al manicomio anche il più effemminato dei gay.
V: “Sei il primo padrone che è così delicato…”
Io: “Ti dispiace?”
V: “No… è una cosa nuova e mi piace… di solito mi seviziano, tu invece mi abbracci, mi fai
sentire un’amante più che una schiava…”
Io: “Ti considero più una concubina-schiava… che è giusto trattare col velluto finchè
ubbidisce… e finora sei stata molto brava…”Le diedi un bacino sulla fronte e le dissi di mettersi l’intimo e di aspettare a vestirsi per uscire
che dovevo decidere come la volevo. Mi diede un bacino sulle labbra e si avviò verso la stanza
senza nulla addosso. Proprio in quell’istante Debby si affacciò al bagno chiedendomi se
poteva fare la doccia anche lei, le ho detto di si ma poi avrebbe dovuto aspettarmi che l’avrei
asciugata io.
Tornato da Vale, decidemmo che si sarebbe messa una minigonna plissettata, quelle un po’
da uniforme scolastica giapponese, e un paio di calze stile parigine (arrivavano appena sopra
al ginocchio) in spugna (che le aveva regalato la zia Aurora) e sopra un top aderente che
esaltava lo splendido seno. Era davvero sexy, giovane e spiritosa, detto in altre parole faceva
venire voglia di prenderla a sbatterla con forza contro il muro per violarla ovunque.
Andai a asciugare Debby, accarezzandola ovunque e facendola godere con le dita.
D: “Ho voglia del tuo cazzo nel culo…”, quanto adoro quando fa la troia così.
Io: “Te lo devi guadagnare… lo sai… ma sai anche che prima o poi ti arriva”
D: “Non vedo l’ora… ti amo…” e di gira per baciarmi appassionatamente.
Debby doveva farmi da spalla nel gioco che stavo elaborando per Vale, quindi non le chiesi
una mise particolarmente provocante, se esistesse un modo perché lei non sia provocante…
Jeans, maglioncino, sneakers, molto semplice, molto casual ma sicuramente avrebbe fatto
girare tutti i maschi che avremmo incrociato.
Scesi nella hall dell’hotel per fare un paio di telefonate e lasciai che le ragazze si pettinassero
e si truccassero.
Dopo una mezz’ora uscivamo dal nostro albergo centralissimo e ci dirigemo verso via
Indipendenza per fare un po’ di shopping.
Passammo davanti a un negozio di abbigliamento con in vetrina un lungo vestito da sera e feci
entrare le mie donne. Il vestito in questione era nero, lungo fino ai piedi, però aveva due
spacchi che risalivano fino quasi all’anca. La parte sopra era costituita da un top damascato
con sfumature bordeaux sostenuto da due sottili spalline. Lo provarono entrambe ma quella a
cui stava meglio, vuoi per il contrasto con il candore della pelle, era Dabby. Chiedemmo al
commesso qualcosa anche per Vale e l’ometto ce ne propose tre, uno verde, uno rosa e uno
bianco. Vale li provò tutti e tre, prima quello verde. Andò nel camerino e chiuse la tenda, mi
avvicinai e gliela aprii, “Lasciala aperta… il commesso deve vedere se ci sono punti in cui non
va bene…” e le feci l’occhiolino. Ragazza sveglia, la Vale! Colse al volo che il gioco era
cominciato.
V: “Eh si… hai ragione…” e si spogliò completamente nuda. Il commesso era abituato a vedere
le clienti cambiarsi e lì per lì non fece caso alla mia richiesta ma la sua espressione cambiò
quando vale abbassò completamente le mutandine, cosa del tutto inutile al fine di provare il
vestito. Lei, troietta fatta e finita, lo guardò negli occhi e con nonchalance si accarezzò la
fighetta. Poi si infilò il vestitino verde. Era perfetto, non aveva spacchi nella gonna ma la parte migliore era quella alta, era fatta da due lembi di tessuto brillante che le coprivano i seni,
passavano dietro le spalle e si ricongiungevano alla gonna, lasciando la schiena
completamente nuda e lasciando intravedere l’inizio delle natiche. Vale lo indossava da
modella navigata, fece una piccola sfilata davanti a noi.
V: “Vi piace?” le demmo conferma, “Però vorrei provare anche gli altri”
Lasciò scivolare a terra il vestito in mezzo al negozio, si piegò a 90 per raccoglierlo mostrando
il culo al commesso che si allentò la cravatta. Tornò nel camerino e indossò quello bianco.
Questo vestito era un po’ la rivisitazione di quello che indossava Marilyn nella famosa scena
del soffione. Era più corto e più ampio. Dovette chiamare il ommesso per farsi aiutare con la
cerniera sulla schiena. L’ometto tornò professionale e operò con maestria. Il vestito però
aveva qualcosa che non era perfetta, infatti l’ometto prese qualche spillo e strinse la parte sul
ventre di Vale e poi, furbacchione, operò anche a livello del seno.
Vale mi guardò per vedere se stavo capendo: osservai con più attenzione dando di gomito a
Deb. L’uomo stava armeggiando con gli spilli ma soprattutto stava tastando con gusto le tette
di Vale.
Debby intervenne: “Credo che se vuole tastare meglio le sue tette sia meglio se abbassi di
nuovo la cerniera…”
L’ometto era imbarazzatissimo, pensava che non ci fossimo accorti di nulla. Vale si mise a
ridere mentre il commesso aveva assunto tutti i colori dell’arcobaleno. Stava cercando le
parole per scusarsi quando Debby abbassò la cerniera e il vestito di Vale lasciando via libera
alle mani dell’uomo, in realtà non aveva capito se poteva o non poteva, era in confusione
totale.
Vale prese le mani delicate dell’uomo e se le appoggiò sul seno. Lui le accarezzò
delicatamente, sfiorando i capezzoli che ormai erano durissimi.
Feci un gesto eloquente a Vale, la quale, prese il pacco dell’ometto in mano, gli bottonò i
pantaloni e vi ci infilò dentro la mano. Ne uscì un cazzetto non molto grosso ma bello duro. La
ragazza si abbassò e cominciò a succhiarlo. Vi volle veramente poco per farlo venire, Vale
ingoiò tutto, non uscì neanche una goccia e quando il pisello tornò nei pantaloni era
decisamente più pulito di quando ne era uscito.
Provò anche il terzo vestito ma alla fine decidemmo per il primo.
Chiedemmo all’uomo se potesse farceli avere in albergo, se fosse venuto lui a portarli verso
l’ora di chiusura (tipo 19.30) magari ci sarebbe stato un bis. Il tipo ringrazò e ci disse che
avrebbe fatto il possibile per venire, e tutti sottolineammo il doppio senso, lui stesso.
Ci fece un cospicuo sconto e ormai aveva occhi solo per Vale che, da brava troietta, lo
assecondò facendolo davvero sciogliere. Secondo me si era innamorato della nostra
ragazzina, ma d’altro canto come dargli torto? Continuammo il nostro giro per le vie cittadine e chiesi a Vale se le fosse piaciuto.
V: “Tantissimo… sapevo che erano così i giochetti che facevi con la mamma e una volta ho
visto che l’hai fatta scopare da parte degli elettricisti che erano passati da noi”
Io: “Ah si? Non è bello spiare la gente… dovrei punirti per questo…”
Rimase un po’ sopresa e cercò di scusarsi: “…ma ero piccola… cioè non sapevo che non
potevo farlo… la curiosità mi ha sempre portato a cercare di scoprire le cose… Scusami
padrone!”
Io: “Sono lo zio, non il padrone…” l’abbracciai e le diedi un bacetto sulla fronte, “…ti era
piaciuto vedere la mamma fare la troia?”
V: “Beh… l’avevo già vista farsi scopare dagli amici di papà, quindi non era una cosa nuova…
però sapere che eri tu, da lontano, a farglielo fare dava un gusto strano alla cosa e non posso
dire che non mi eccitasse… credo che mi sono masturbata sempre quando sapevo che
giocava con te…”
D: “Sei più troia di me!” e scoppiò a ridere
Io: “Difficile Debby, ma comunque siete geneticamente predisposte a prendere cazzi… non ci
potete fare niente…”
D: “…e io non posso giocare?”
Io: “Vedremo… per ora sei la mia assistente e prima sei stata brava a spingere il commesso a
approfittare della disponibilità di Vale… Ho un’altra idea…”
Girammo un po’ a caso per il centro di Bologna e, svoltando dentro un vicoletto, incrociammo
un vecchio negozio di barbiere. Dentro c’era il barbiere appunto e un paio di altri signori
attorno alla sessantina che leggevano il Resto del Carlino e probabilmente commentavano le
notizie.
Io: “…ti va di vendere per pochi spiccioli tua figlia?”
D: “A loro? Ti piace sempre far contento i vecchietti…”
Io: “Sono un filantropo…” e mi misi a ridere
V: “Ma… sono vecchi… e se non ce la fanno?”
Io: “Non ce la fanno? Scherzi? Quelli di fanno godere meglio di quegli sfigati tronisti che
vengono al vostro club…”
Debby e Vale mi hanno guardato dubbiose ma, ovviamente, non hanno osato a contraddirmi.
Io: “…so che non è vero… ma che i vostri tronisti siano degli sfigati…”
D: “Beh… su quello non ci sono dubbi…”, ridemmo, “Cosa devo fare?” Io: “Uhm… Facciamo così: entri tirando con forza per un braccio Vale. Poi dici loro che tua
figlia è una puttana perché l’ha beccata a fare sesso con… boh… tuo marito… e allora le vuoi
far vedere cosa significa fare la puttana… per dieci euro possono scoparla… o fai tu il prezzo…
ma che sia economico…”
D: “mmm… bello… poi mi vendo anche io?”
Io: “Boh.. vedremo… io starò qua fuori a vedere… Vale? Che ne pensi?”
V: “Beh… io devo ubbidire…”
Io: “Sì, lo so… ma voglio sapere che ne pensi…”
V: “Sono eccitata come una cagna da stamattina… ho una voglia di cazzo che non ci sto più
dentro… cosa posso pensare in queste condizioni?” e me lo disse con uno sguardo che
davvero traboccava di libidine.
Debby entrò facendo la scenetta, è un’attrice straordinaria. Ammetto che mi veniva da ridere
vedendo il volto di Vale che avrebbe dovuto essere contrito e spaventato invece era lussurioso
all’inverosimile.
I vecchietti restarono prima basiti poi, quando Debby sollevò la gonnellina della figlia
strappandole le mutandine, gli ometti risero e si avvicinarono.
I tre misero delle banconote, credo fossero 20 euro a testa, su un tavolino e si misero a
toccare Vale. In due si concentrarono subito sulla fighetta, penso infilandole dentro le dita, il
terzo, il barbiere, invece le stringeva le tettone mentre commentava allegramente, presumo,
la consistenza straoridnaria. Lei restava in balia degli eventi, lasciando che le sei mani
esplorassero il suo corpo. Le sfilarono il maglioncino e tolsero il reggiseno.
Vidi che Deb muoveva la bocca ma non capii subito. Gli ometti la guardarono e cominciarono
a tirare fuori i cazzi. Due erano nella norma, il terzo invece aveva un bel cazzone. Presero vale
e la fecero sedere su una sedia e uno alla volta cominciarono a scoparla mentre gli altri
continuavano a palparla.
Debby si massaggiava la patata da sopra i jeans fino a quando chiamò quello col cazzone e
cominciò a succhiarglielo. Poi lo portò da Vale che, intanto, aveva già fatto scaricare dentro di
lei gli altri due, e glielo orientò in odo mirato. Quindi, preso l’uomo per i lombi, lo aveva spinto
con forza dentro la figlia. Vale ormai aveva rivelato il suo animo, e volle vicino gli altri due
uomini per succhiare i loro cazzi ormai mosci. L’altro ci stava dando dentro con foga, dalla
mia posizione non capivo se era nella figa o nel culo, ma volevo saperlo, così mandai un
messaggio a Debby chiedendoglielo.
Si affrettò a rispondermi: “nel culo”
Anche il cazzone non durò tantissimo e anche lui riempì l’antro che aveva creato nello sfintere
di Vale. Vidi Debby piegarsi e leccare il culo della figlia, bevendo lo sperma che ne colava. Gli uomini affaticatissimi cercarono di ricomporsi tutti contenti della parentesi a quel noioso
pomeriggio di febbraio.
Le mie donne uscirono sempre continuando la pantomima della mamma incazzata e
portando con loro i 60 euro guadagnati.
Debby appena fu da me mi disse: “Tieni questo regalo….” e mi diede le mutandine strappate
di Vale. Le annusai e me le misi in tasca.
Io: “Vale? Com’è andata? Ti piace giocare con lo zio?”
V: “Mi è piaciuto un sacco… però… Non sono tanto brava a recitare, quando la mamma
raccontava la storia mi veniva da ridere…”
Io: “Pensa, se tu avessi riso, stasera saresti rimasta in ginocchio nuda, rivolta contro il muro,
sentendo ma e tua mamma che scopavamo a un metro da te… e tu non avresti potuto né fare
né vedere niente…”
V: “Credo che sarebbe stata la punizione più terribile che mi abbiano mai inflitto… adoro
essere torturata, frustata e di solito le penitenze sono dolorosissime ma mi fanno godere…
così avrei avuto una voglia matta di sesso ma non l’avrei ottenuto… mi vengono i brividi a
pensarci…”
D: “A me vengono i brividi a pensare come avresti ridotto il primo uomo che ti sarebbe
capitato sotto appena dopo…”
Scoppiammo tutti e tre a ridere.
La giornata stava volgendo al termine, è stata piacevole e eccitante, molto eccitante.
Tornammo in albergo per prepararci per la cena e per ricevere i vestiti dal nostro amico.
lasciarle riposare un pochino con l’idea di ripassare da loro dopo un paio d’ora ma Debby
insistette per seguirle.
Una volta in camera Vale mi chiese se poteva farsi una doccia, era troppo servizievole. La
tranquillizzai abbracciandola e dandole un bacino sulla fronte. Si spogliò nuda davanti a me e
lasciò la porta del bagno aperta. Intanto anche la mamma si era spogliata del tailleur formale
che aveva usato per il seminario. Era sempre straordinaria, le tette, una quarta (forse quinta),
che non si “abbassavano” neanche di un centimetro. La loro pienezza fa invidia a tante con le
tette siliconate.
La presi per i capelli e la feci inginocchiare fra le mie gambe, aveva intuito cosa volevo e
autonomamente mi slacciò i pantaloni e mi tirò fuori l’uccello. Tempo due secondi e la sua
lingua giocava con la mia cappella. Era tanto che desideravo sentire di nuovo quelle labbra
stringersi attorno al mio cazzo, sentire la sua lingua limonare con il mio glande. Era
superlativa nel succhiare, frutto di tanta, tanta esperienza ma anche di doti innate che si
tramandano di generazione in generazione. Le tenevo i capelli e le spingevo la testa ma non ce
n’era bisogno, tutte le volte che forzavo un po’ il ritmo, lei l’aveva già modificato, quando
volevo che se lo piantasse in gola, lei lo aveva già fatto. Mi conosceva, sapeva cosa mi
piaceva e come mi piaceva godere. Quando sentii i primi brividi dello sperma che risaliva
l’uretra, lei si staccò per farsi inondare il viso: il primo fiotto la colpì in fronte, sporcandole i
capelli dorati, il secondo un occhio, il terzo naso e labbra, quindi, lo ingogiò di nuovo per
ripulirmelo e assaggiare il mio succo. Pompino da 110 e lode.
Le dissi di stare lì in ginocchio perché mi sarei pulito prima io, non era sadismo, solo che
vederle il volto pieno di sborra era una cosa che trovavo sempre eccitante. Debby mi sorrise
passandosi la lingua sulle labbra, “Posso pulirmi gli occhi?”, le feci sì con la testa e col dito si
tolse le gocce che grondavano dalla palpebra e poi se lo succhiò.
Intanto andai in bagno, dissi a Vale di aspettare a uscire dalla doccia che dovevo fare una
cosa. Mi pulii, mi rimisi a posto e poi le dissi di uscire. L’accolsi con un asciugamano aperto,
l’abbracciai e l’asciugai delicatamente. Le tette della ragazza erano molto simili a quelle della
mamma, la carnagione era più scura e le areole avevano una tonalità più marroncina, ma la
consistenza mandava al manicomio anche il più effemminato dei gay.
V: “Sei il primo padrone che è così delicato…”
Io: “Ti dispiace?”
V: “No… è una cosa nuova e mi piace… di solito mi seviziano, tu invece mi abbracci, mi fai
sentire un’amante più che una schiava…”
Io: “Ti considero più una concubina-schiava… che è giusto trattare col velluto finchè
ubbidisce… e finora sei stata molto brava…”Le diedi un bacino sulla fronte e le dissi di mettersi l’intimo e di aspettare a vestirsi per uscire
che dovevo decidere come la volevo. Mi diede un bacino sulle labbra e si avviò verso la stanza
senza nulla addosso. Proprio in quell’istante Debby si affacciò al bagno chiedendomi se
poteva fare la doccia anche lei, le ho detto di si ma poi avrebbe dovuto aspettarmi che l’avrei
asciugata io.
Tornato da Vale, decidemmo che si sarebbe messa una minigonna plissettata, quelle un po’
da uniforme scolastica giapponese, e un paio di calze stile parigine (arrivavano appena sopra
al ginocchio) in spugna (che le aveva regalato la zia Aurora) e sopra un top aderente che
esaltava lo splendido seno. Era davvero sexy, giovane e spiritosa, detto in altre parole faceva
venire voglia di prenderla a sbatterla con forza contro il muro per violarla ovunque.
Andai a asciugare Debby, accarezzandola ovunque e facendola godere con le dita.
D: “Ho voglia del tuo cazzo nel culo…”, quanto adoro quando fa la troia così.
Io: “Te lo devi guadagnare… lo sai… ma sai anche che prima o poi ti arriva”
D: “Non vedo l’ora… ti amo…” e di gira per baciarmi appassionatamente.
Debby doveva farmi da spalla nel gioco che stavo elaborando per Vale, quindi non le chiesi
una mise particolarmente provocante, se esistesse un modo perché lei non sia provocante…
Jeans, maglioncino, sneakers, molto semplice, molto casual ma sicuramente avrebbe fatto
girare tutti i maschi che avremmo incrociato.
Scesi nella hall dell’hotel per fare un paio di telefonate e lasciai che le ragazze si pettinassero
e si truccassero.
Dopo una mezz’ora uscivamo dal nostro albergo centralissimo e ci dirigemo verso via
Indipendenza per fare un po’ di shopping.
Passammo davanti a un negozio di abbigliamento con in vetrina un lungo vestito da sera e feci
entrare le mie donne. Il vestito in questione era nero, lungo fino ai piedi, però aveva due
spacchi che risalivano fino quasi all’anca. La parte sopra era costituita da un top damascato
con sfumature bordeaux sostenuto da due sottili spalline. Lo provarono entrambe ma quella a
cui stava meglio, vuoi per il contrasto con il candore della pelle, era Dabby. Chiedemmo al
commesso qualcosa anche per Vale e l’ometto ce ne propose tre, uno verde, uno rosa e uno
bianco. Vale li provò tutti e tre, prima quello verde. Andò nel camerino e chiuse la tenda, mi
avvicinai e gliela aprii, “Lasciala aperta… il commesso deve vedere se ci sono punti in cui non
va bene…” e le feci l’occhiolino. Ragazza sveglia, la Vale! Colse al volo che il gioco era
cominciato.
V: “Eh si… hai ragione…” e si spogliò completamente nuda. Il commesso era abituato a vedere
le clienti cambiarsi e lì per lì non fece caso alla mia richiesta ma la sua espressione cambiò
quando vale abbassò completamente le mutandine, cosa del tutto inutile al fine di provare il
vestito. Lei, troietta fatta e finita, lo guardò negli occhi e con nonchalance si accarezzò la
fighetta. Poi si infilò il vestitino verde. Era perfetto, non aveva spacchi nella gonna ma la parte migliore era quella alta, era fatta da due lembi di tessuto brillante che le coprivano i seni,
passavano dietro le spalle e si ricongiungevano alla gonna, lasciando la schiena
completamente nuda e lasciando intravedere l’inizio delle natiche. Vale lo indossava da
modella navigata, fece una piccola sfilata davanti a noi.
V: “Vi piace?” le demmo conferma, “Però vorrei provare anche gli altri”
Lasciò scivolare a terra il vestito in mezzo al negozio, si piegò a 90 per raccoglierlo mostrando
il culo al commesso che si allentò la cravatta. Tornò nel camerino e indossò quello bianco.
Questo vestito era un po’ la rivisitazione di quello che indossava Marilyn nella famosa scena
del soffione. Era più corto e più ampio. Dovette chiamare il ommesso per farsi aiutare con la
cerniera sulla schiena. L’ometto tornò professionale e operò con maestria. Il vestito però
aveva qualcosa che non era perfetta, infatti l’ometto prese qualche spillo e strinse la parte sul
ventre di Vale e poi, furbacchione, operò anche a livello del seno.
Vale mi guardò per vedere se stavo capendo: osservai con più attenzione dando di gomito a
Deb. L’uomo stava armeggiando con gli spilli ma soprattutto stava tastando con gusto le tette
di Vale.
Debby intervenne: “Credo che se vuole tastare meglio le sue tette sia meglio se abbassi di
nuovo la cerniera…”
L’ometto era imbarazzatissimo, pensava che non ci fossimo accorti di nulla. Vale si mise a
ridere mentre il commesso aveva assunto tutti i colori dell’arcobaleno. Stava cercando le
parole per scusarsi quando Debby abbassò la cerniera e il vestito di Vale lasciando via libera
alle mani dell’uomo, in realtà non aveva capito se poteva o non poteva, era in confusione
totale.
Vale prese le mani delicate dell’uomo e se le appoggiò sul seno. Lui le accarezzò
delicatamente, sfiorando i capezzoli che ormai erano durissimi.
Feci un gesto eloquente a Vale, la quale, prese il pacco dell’ometto in mano, gli bottonò i
pantaloni e vi ci infilò dentro la mano. Ne uscì un cazzetto non molto grosso ma bello duro. La
ragazza si abbassò e cominciò a succhiarlo. Vi volle veramente poco per farlo venire, Vale
ingoiò tutto, non uscì neanche una goccia e quando il pisello tornò nei pantaloni era
decisamente più pulito di quando ne era uscito.
Provò anche il terzo vestito ma alla fine decidemmo per il primo.
Chiedemmo all’uomo se potesse farceli avere in albergo, se fosse venuto lui a portarli verso
l’ora di chiusura (tipo 19.30) magari ci sarebbe stato un bis. Il tipo ringrazò e ci disse che
avrebbe fatto il possibile per venire, e tutti sottolineammo il doppio senso, lui stesso.
Ci fece un cospicuo sconto e ormai aveva occhi solo per Vale che, da brava troietta, lo
assecondò facendolo davvero sciogliere. Secondo me si era innamorato della nostra
ragazzina, ma d’altro canto come dargli torto? Continuammo il nostro giro per le vie cittadine e chiesi a Vale se le fosse piaciuto.
V: “Tantissimo… sapevo che erano così i giochetti che facevi con la mamma e una volta ho
visto che l’hai fatta scopare da parte degli elettricisti che erano passati da noi”
Io: “Ah si? Non è bello spiare la gente… dovrei punirti per questo…”
Rimase un po’ sopresa e cercò di scusarsi: “…ma ero piccola… cioè non sapevo che non
potevo farlo… la curiosità mi ha sempre portato a cercare di scoprire le cose… Scusami
padrone!”
Io: “Sono lo zio, non il padrone…” l’abbracciai e le diedi un bacetto sulla fronte, “…ti era
piaciuto vedere la mamma fare la troia?”
V: “Beh… l’avevo già vista farsi scopare dagli amici di papà, quindi non era una cosa nuova…
però sapere che eri tu, da lontano, a farglielo fare dava un gusto strano alla cosa e non posso
dire che non mi eccitasse… credo che mi sono masturbata sempre quando sapevo che
giocava con te…”
D: “Sei più troia di me!” e scoppiò a ridere
Io: “Difficile Debby, ma comunque siete geneticamente predisposte a prendere cazzi… non ci
potete fare niente…”
D: “…e io non posso giocare?”
Io: “Vedremo… per ora sei la mia assistente e prima sei stata brava a spingere il commesso a
approfittare della disponibilità di Vale… Ho un’altra idea…”
Girammo un po’ a caso per il centro di Bologna e, svoltando dentro un vicoletto, incrociammo
un vecchio negozio di barbiere. Dentro c’era il barbiere appunto e un paio di altri signori
attorno alla sessantina che leggevano il Resto del Carlino e probabilmente commentavano le
notizie.
Io: “…ti va di vendere per pochi spiccioli tua figlia?”
D: “A loro? Ti piace sempre far contento i vecchietti…”
Io: “Sono un filantropo…” e mi misi a ridere
V: “Ma… sono vecchi… e se non ce la fanno?”
Io: “Non ce la fanno? Scherzi? Quelli di fanno godere meglio di quegli sfigati tronisti che
vengono al vostro club…”
Debby e Vale mi hanno guardato dubbiose ma, ovviamente, non hanno osato a contraddirmi.
Io: “…so che non è vero… ma che i vostri tronisti siano degli sfigati…”
D: “Beh… su quello non ci sono dubbi…”, ridemmo, “Cosa devo fare?” Io: “Uhm… Facciamo così: entri tirando con forza per un braccio Vale. Poi dici loro che tua
figlia è una puttana perché l’ha beccata a fare sesso con… boh… tuo marito… e allora le vuoi
far vedere cosa significa fare la puttana… per dieci euro possono scoparla… o fai tu il prezzo…
ma che sia economico…”
D: “mmm… bello… poi mi vendo anche io?”
Io: “Boh.. vedremo… io starò qua fuori a vedere… Vale? Che ne pensi?”
V: “Beh… io devo ubbidire…”
Io: “Sì, lo so… ma voglio sapere che ne pensi…”
V: “Sono eccitata come una cagna da stamattina… ho una voglia di cazzo che non ci sto più
dentro… cosa posso pensare in queste condizioni?” e me lo disse con uno sguardo che
davvero traboccava di libidine.
Debby entrò facendo la scenetta, è un’attrice straordinaria. Ammetto che mi veniva da ridere
vedendo il volto di Vale che avrebbe dovuto essere contrito e spaventato invece era lussurioso
all’inverosimile.
I vecchietti restarono prima basiti poi, quando Debby sollevò la gonnellina della figlia
strappandole le mutandine, gli ometti risero e si avvicinarono.
I tre misero delle banconote, credo fossero 20 euro a testa, su un tavolino e si misero a
toccare Vale. In due si concentrarono subito sulla fighetta, penso infilandole dentro le dita, il
terzo, il barbiere, invece le stringeva le tettone mentre commentava allegramente, presumo,
la consistenza straoridnaria. Lei restava in balia degli eventi, lasciando che le sei mani
esplorassero il suo corpo. Le sfilarono il maglioncino e tolsero il reggiseno.
Vidi che Deb muoveva la bocca ma non capii subito. Gli ometti la guardarono e cominciarono
a tirare fuori i cazzi. Due erano nella norma, il terzo invece aveva un bel cazzone. Presero vale
e la fecero sedere su una sedia e uno alla volta cominciarono a scoparla mentre gli altri
continuavano a palparla.
Debby si massaggiava la patata da sopra i jeans fino a quando chiamò quello col cazzone e
cominciò a succhiarglielo. Poi lo portò da Vale che, intanto, aveva già fatto scaricare dentro di
lei gli altri due, e glielo orientò in odo mirato. Quindi, preso l’uomo per i lombi, lo aveva spinto
con forza dentro la figlia. Vale ormai aveva rivelato il suo animo, e volle vicino gli altri due
uomini per succhiare i loro cazzi ormai mosci. L’altro ci stava dando dentro con foga, dalla
mia posizione non capivo se era nella figa o nel culo, ma volevo saperlo, così mandai un
messaggio a Debby chiedendoglielo.
Si affrettò a rispondermi: “nel culo”
Anche il cazzone non durò tantissimo e anche lui riempì l’antro che aveva creato nello sfintere
di Vale. Vidi Debby piegarsi e leccare il culo della figlia, bevendo lo sperma che ne colava. Gli uomini affaticatissimi cercarono di ricomporsi tutti contenti della parentesi a quel noioso
pomeriggio di febbraio.
Le mie donne uscirono sempre continuando la pantomima della mamma incazzata e
portando con loro i 60 euro guadagnati.
Debby appena fu da me mi disse: “Tieni questo regalo….” e mi diede le mutandine strappate
di Vale. Le annusai e me le misi in tasca.
Io: “Vale? Com’è andata? Ti piace giocare con lo zio?”
V: “Mi è piaciuto un sacco… però… Non sono tanto brava a recitare, quando la mamma
raccontava la storia mi veniva da ridere…”
Io: “Pensa, se tu avessi riso, stasera saresti rimasta in ginocchio nuda, rivolta contro il muro,
sentendo ma e tua mamma che scopavamo a un metro da te… e tu non avresti potuto né fare
né vedere niente…”
V: “Credo che sarebbe stata la punizione più terribile che mi abbiano mai inflitto… adoro
essere torturata, frustata e di solito le penitenze sono dolorosissime ma mi fanno godere…
così avrei avuto una voglia matta di sesso ma non l’avrei ottenuto… mi vengono i brividi a
pensarci…”
D: “A me vengono i brividi a pensare come avresti ridotto il primo uomo che ti sarebbe
capitato sotto appena dopo…”
Scoppiammo tutti e tre a ridere.
La giornata stava volgendo al termine, è stata piacevole e eccitante, molto eccitante.
Tornammo in albergo per prepararci per la cena e per ricevere i vestiti dal nostro amico.
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