Nyara l’Elfa mistica
di
Cassiiopea
genere
fantascienza
Nel cuore della foresta di Luthvaris, dove gli alberi si intrecciavano come cattedrali viventi e la luce lunare filtrava attraverso le foglie argentate, sorgeva la città elfica di Elen’Thir. Qui, tra i palazzi di cristallo e le strade lastricate di muschio luminescente, viveva Nyara, un’ibrida nata dall’unione proibita tra un’elfa e un umano.
Gli elfi la guardavano con disprezzo, il suo sangue impuro un’onta per la purezza della loro razza. Non era abbastanza umana per il mondo degli uomini, né abbastanza elfica per essere accettata. E così, Nyara aveva trovato il suo posto nelle ombre, lavorando nella Casa di Velyss, il bordello più esclusivo di Elen’Thir, dove i nobili venivano a cercare piaceri segreti e pericolosi.
Ma Nyara non era solo una prostituta. C’era qualcosa in lei, un potere latente che ardeva sotto la pelle, un’eco di magia proibita che nemmeno lei comprendeva. E una notte, quando un cliente misterioso varcò la soglia della Casa di Velyss, il destino di Nyara cambiò per sempre…
Nyara sollevò lo sguardo quando la porta della Casa di Velyss si spalancò senza che nessuno la toccasse. Il brusio delle conversazioni si spense all’istante, mentre un vento freddo, carico dell’odore di tempeste lontane, attraversava la stanza.
L’uomo che entrò non era come gli altri. Il suo mantello era intessuto di stelle, e i suoi occhi brillavano come frammenti di luna spezzata. Raelith il Senzatempo, il mago più potente dell’universo magico, camminava con la grazia di un dio che aveva dimenticato di essere tale.
Si fermò davanti a Nyara, incurante degli sguardi stupiti attorno a loro. Con voce bassa e profonda, pronunciò parole che nessuno osava rivolgere a una prostituta ibrida:
“Vieni con me.”
Nessuna richiesta. Nessuna spiegazione. Solo un comando.
Nyara sentì un brivido lungo la schiena. Cosa voleva da lei? Perché un mago tanto potente l’aveva cercata? E soprattutto… poteva davvero fidarsi di lui?
Nyara sentì il cuore fermarsi per un istante. Raelith la guardava con quegli occhi scintillanti, e dentro di sé, qualcosa si spezzò e si ricompose in un battito solo. Non era più padrona di sé. Non poteva distogliere lo sguardo, non poteva pensare, desiderare, volere altro che lui.
Un ordine, un cenno, e lo avrebbe seguito ovunque.
Si alzò senza parlare, senza chiedere perché. Il mondo attorno a loro svanì: i mormorii indignati delle dame elfiche, gli sguardi invidiosi delle altre ragazze, il padrone della Casa di Velyss che contava mentalmente le monete d’oro che avrebbe potuto chiedere. Nulla aveva più importanza.
Raelith tese una mano e Nyara la prese senza esitazione. In un battito di ciglia, il mondo si dissolse in un turbine di luce e oscurità.
Quando i suoi piedi toccarono nuovamente il suolo, si trovava su una distesa di neve immacolata, sotto un cielo trapuntato di stelle antiche. Davanti a lei si ergeva un castello di cristallo, le cui torri sembravano sfidare il cielo.
Raelith la osservò per un lungo istante, poi parlò con voce calma e irresistibile:
“Ora sei mia.”
Nyara annuì. Lo era. Lo sarebbe stata per sempre.
Ma cosa voleva davvero Raelith da lei? E cosa si celava dietro quell’ipnosi perfetta?
L’aria era densa del profumo di muschio e foglie secche. Il sole filtrava tra i rami nodosi della quercia, disegnando ombre dorate sulla pelle di Nyara. Davanti a lei, Raelith sembrava scolpito nella luce, la lunga veste scura che contrastava con la serenità del paesaggio.
“Chiudi gli occhi,” le disse, la voce vellutata come una carezza.
Nyara obbedì senza esitazione. Non poteva fare altrimenti. Il suo cuore batteva al ritmo delle parole di Raelith, la sua mente era un oceano calmo che attendeva di essere sollevato dalla sua magia.
“Il volo non è solo un’abilità,” continuò lui. “È uno stato della mente. Devi dimenticare il peso del tuo corpo, la gravità che ti tiene incatenata alla terra. Sei aria, Nyara. Sei vento.”
Un fremito le attraversò la schiena. Sentì le mani di Raelith sfiorarle i polsi, il tocco gelido eppure bruciante, e poi un’ondata di energia salirle lungo la colonna vertebrale. Un leggero formicolio si diffuse lungo le braccia, come se fossero fatte di piume invisibili.
“Ora respira… e lasciati andare.”
Nyara spalancò gli occhi. Il suo corpo era ancora seduto, ma il suo spirito… il suo spirito era già oltre. Sentì il terreno farsi lontano, la pelle sfiorata dalla brezza. Qualcosa dentro di lei si stava spezzando, qualcosa che la teneva prigioniera da sempre.
Sollevò lentamente una mano, e con essa, il mondo attorno a lei parve oscillare.
“Sto… volando?” sussurrò, incredula.
Raelith sorrise appena. “Non ancora. Ma sei vicina.”
Nyara sentì un brivido d’eccitazione. Forse, per la prima volta, stava davvero diventando qualcosa di più della semplice ibrida che il mondo elfico disprezzava.
Nyara spalancò gli occhi. Il suo corpo era ancora seduto, ma il suo spirito… il suo spirito era già oltre.
Nyara sentì un’ombra insinuarsi dentro di lei. Qualcosa di denso, freddo, avvolgente. Il vento attorno a lei mutò, passando da una brezza leggera a un sussurro gelido che le sfiorò la pelle come dita invisibili.
Il battito del cuore rallentò. La sua mente si riempì di immagini oscure: occhi che la fissavano con disprezzo, voci sussurranti il suo nome come un veleno. I ricordi.
Vedeva il suo passato nel bordello di Elen’Thir, il disgusto negli sguardi degli elfi, le mani avide che la stringevano, le notti in cui sognava di essere altrove ma si svegliava sempre nello stesso letto, sotto le stesse lenzuola di seta intrise di profumi estranei.
Il suo corpo, la sua anima… mai veramente suoi.
Il respiro le si spezzò. L’energia che l’aveva sollevata dalla terra si ritrasse di colpo, come se qualcosa dentro di lei la stesse tirando giù. No. Non può volare. Non può essere libera.
Cadde in ginocchio, la fronte sudata,
le mani tremanti affondate nell’erba umida. Il cuore batteva come un tamburo di guerra, rimbombando nelle sue tempie.
Raelith si inginocchiò accanto a lei, le dita sfiorarono il suo mento, costringendola a guardarlo. Nei suoi occhi viola danzava una tempesta silenziosa.
«Nyara.» La sua voce era un sussurro di potere, un richiamo che scavava dentro di lei. «Chi ti ha insegnato a odiare te stessa?»
Lei deglutì a fatica. Le immagini del bordello di Elen’Thir continuavano a tormentarle la mente: il volto impassibile di Elen’Thir, la matrona elfica, che la presentava ai clienti con un sorriso gelido; gli sguardi che la spogliavano ben prima che lo facesse lei; il disgusto mascherato da desiderio.
Sei solo un corpo.
Nyara strinse i pugni. No. Non era più quella ragazza. Raelith l’aveva portata via da tutto quello. L’aveva resa qualcosa di più. O almeno, così voleva credere.
«Io…» La voce le si spezzò. Il vento attorno a loro si era fermato, trattenendo il respiro insieme a lei.
Raelith la fissò, e per un istante nei suoi occhi parve esserci qualcosa di più del solito fascino ammaliante. Forse… comprensione.
«Il cielo non accoglie chi si aggrappa alle catene,» disse piano. «Se vuoi volare, devi lasciare andare ciò che ti tiene a terra.»
Nyara inspirò profondamente, chiudendo gli occhi. Le catene. Il bordello. Il suo passato. Tutto ciò che la definiva. Ma chi era lei senza tutto quello?
Una brezza leggera le accarezzò la pelle, sollevando le ciocche dei suoi capelli scuri. Una voce dentro di lei sussurrò: Nyara.
Solo il suo nome.
Aprì gli occhi. Raelith la guardava, in attesa.
«Ancora,» disse lei, con un filo di voce, ma con una determinazione nuova.
Raelith sorrise appena. «Ancora.»
E questa volta, quando l’energia si sollevò dentro di lei, Nyara non lottò per trattenerla.
Si sollevò con grazia, il respiro profondo e il cuore che pulsava all’unisono con l’energia che la avvolgeva. La seta trasparente della tunica danzava attorno a lei, accarezzata dal vento magico che la sosteneva. Per un attimo, provò un senso di leggerezza assoluta, come se il peso del suo passato si stesse sciogliendo nell’aria.
Raelith la osservava con un’intensità che la fece tremare più della corrente che la sollevava. I suoi occhi viola non la lasciavano, scrutando ogni minima vibrazione della sua aura.
Nyara si sentiva… libera. O almeno così credeva, finché un sussurro oscuro non risuonò dentro di lei.
Non puoi sfuggire a ciò che sei.
Il suo corpo sussultò. Le immagini di Elen’Thir, del bordello, delle mani avide, tornarono con violenza. Sentì il disgusto negli sguardi degli elfi, l’umiliazione sussurrata dietro ventagli di piume, il desiderio che la strappava a sé stessa ogni notte.
Le sue ali invisibili tremarono. Il vento attorno a lei perse forza.
«No…» mormorò.
Raelith si mosse in un lampo, sollevando una mano. L’energia attorno a lei si riaccese, stabilizzandola.
«Nyara, guardami.»
La sua voce era un’ancora. Lei obbedì, il respiro spezzato.
«Il passato non ha potere su di te se non gli permetti di averlo.»
Le sue parole erano dolci e spietate al tempo stesso. Un ordine mascherato da promessa.
Nyara serrò la mascella. Il vento tornò a sollevarla, ma questa volta non si limitò a fluttuare. Si spinse più in alto, oltre i rami della quercia, oltre le ombre del passato. La seta trasparente della tunica ondeggiava come un’aura di luce lunare, e nei suoi occhi brillava qualcosa di nuovo.
Forse, per la prima volta, volava davvero.
Continua..
Gli elfi la guardavano con disprezzo, il suo sangue impuro un’onta per la purezza della loro razza. Non era abbastanza umana per il mondo degli uomini, né abbastanza elfica per essere accettata. E così, Nyara aveva trovato il suo posto nelle ombre, lavorando nella Casa di Velyss, il bordello più esclusivo di Elen’Thir, dove i nobili venivano a cercare piaceri segreti e pericolosi.
Ma Nyara non era solo una prostituta. C’era qualcosa in lei, un potere latente che ardeva sotto la pelle, un’eco di magia proibita che nemmeno lei comprendeva. E una notte, quando un cliente misterioso varcò la soglia della Casa di Velyss, il destino di Nyara cambiò per sempre…
Nyara sollevò lo sguardo quando la porta della Casa di Velyss si spalancò senza che nessuno la toccasse. Il brusio delle conversazioni si spense all’istante, mentre un vento freddo, carico dell’odore di tempeste lontane, attraversava la stanza.
L’uomo che entrò non era come gli altri. Il suo mantello era intessuto di stelle, e i suoi occhi brillavano come frammenti di luna spezzata. Raelith il Senzatempo, il mago più potente dell’universo magico, camminava con la grazia di un dio che aveva dimenticato di essere tale.
Si fermò davanti a Nyara, incurante degli sguardi stupiti attorno a loro. Con voce bassa e profonda, pronunciò parole che nessuno osava rivolgere a una prostituta ibrida:
“Vieni con me.”
Nessuna richiesta. Nessuna spiegazione. Solo un comando.
Nyara sentì un brivido lungo la schiena. Cosa voleva da lei? Perché un mago tanto potente l’aveva cercata? E soprattutto… poteva davvero fidarsi di lui?
Nyara sentì il cuore fermarsi per un istante. Raelith la guardava con quegli occhi scintillanti, e dentro di sé, qualcosa si spezzò e si ricompose in un battito solo. Non era più padrona di sé. Non poteva distogliere lo sguardo, non poteva pensare, desiderare, volere altro che lui.
Un ordine, un cenno, e lo avrebbe seguito ovunque.
Si alzò senza parlare, senza chiedere perché. Il mondo attorno a loro svanì: i mormorii indignati delle dame elfiche, gli sguardi invidiosi delle altre ragazze, il padrone della Casa di Velyss che contava mentalmente le monete d’oro che avrebbe potuto chiedere. Nulla aveva più importanza.
Raelith tese una mano e Nyara la prese senza esitazione. In un battito di ciglia, il mondo si dissolse in un turbine di luce e oscurità.
Quando i suoi piedi toccarono nuovamente il suolo, si trovava su una distesa di neve immacolata, sotto un cielo trapuntato di stelle antiche. Davanti a lei si ergeva un castello di cristallo, le cui torri sembravano sfidare il cielo.
Raelith la osservò per un lungo istante, poi parlò con voce calma e irresistibile:
“Ora sei mia.”
Nyara annuì. Lo era. Lo sarebbe stata per sempre.
Ma cosa voleva davvero Raelith da lei? E cosa si celava dietro quell’ipnosi perfetta?
L’aria era densa del profumo di muschio e foglie secche. Il sole filtrava tra i rami nodosi della quercia, disegnando ombre dorate sulla pelle di Nyara. Davanti a lei, Raelith sembrava scolpito nella luce, la lunga veste scura che contrastava con la serenità del paesaggio.
“Chiudi gli occhi,” le disse, la voce vellutata come una carezza.
Nyara obbedì senza esitazione. Non poteva fare altrimenti. Il suo cuore batteva al ritmo delle parole di Raelith, la sua mente era un oceano calmo che attendeva di essere sollevato dalla sua magia.
“Il volo non è solo un’abilità,” continuò lui. “È uno stato della mente. Devi dimenticare il peso del tuo corpo, la gravità che ti tiene incatenata alla terra. Sei aria, Nyara. Sei vento.”
Un fremito le attraversò la schiena. Sentì le mani di Raelith sfiorarle i polsi, il tocco gelido eppure bruciante, e poi un’ondata di energia salirle lungo la colonna vertebrale. Un leggero formicolio si diffuse lungo le braccia, come se fossero fatte di piume invisibili.
“Ora respira… e lasciati andare.”
Nyara spalancò gli occhi. Il suo corpo era ancora seduto, ma il suo spirito… il suo spirito era già oltre. Sentì il terreno farsi lontano, la pelle sfiorata dalla brezza. Qualcosa dentro di lei si stava spezzando, qualcosa che la teneva prigioniera da sempre.
Sollevò lentamente una mano, e con essa, il mondo attorno a lei parve oscillare.
“Sto… volando?” sussurrò, incredula.
Raelith sorrise appena. “Non ancora. Ma sei vicina.”
Nyara sentì un brivido d’eccitazione. Forse, per la prima volta, stava davvero diventando qualcosa di più della semplice ibrida che il mondo elfico disprezzava.
Nyara spalancò gli occhi. Il suo corpo era ancora seduto, ma il suo spirito… il suo spirito era già oltre.
Nyara sentì un’ombra insinuarsi dentro di lei. Qualcosa di denso, freddo, avvolgente. Il vento attorno a lei mutò, passando da una brezza leggera a un sussurro gelido che le sfiorò la pelle come dita invisibili.
Il battito del cuore rallentò. La sua mente si riempì di immagini oscure: occhi che la fissavano con disprezzo, voci sussurranti il suo nome come un veleno. I ricordi.
Vedeva il suo passato nel bordello di Elen’Thir, il disgusto negli sguardi degli elfi, le mani avide che la stringevano, le notti in cui sognava di essere altrove ma si svegliava sempre nello stesso letto, sotto le stesse lenzuola di seta intrise di profumi estranei.
Il suo corpo, la sua anima… mai veramente suoi.
Il respiro le si spezzò. L’energia che l’aveva sollevata dalla terra si ritrasse di colpo, come se qualcosa dentro di lei la stesse tirando giù. No. Non può volare. Non può essere libera.
Cadde in ginocchio, la fronte sudata,
le mani tremanti affondate nell’erba umida. Il cuore batteva come un tamburo di guerra, rimbombando nelle sue tempie.
Raelith si inginocchiò accanto a lei, le dita sfiorarono il suo mento, costringendola a guardarlo. Nei suoi occhi viola danzava una tempesta silenziosa.
«Nyara.» La sua voce era un sussurro di potere, un richiamo che scavava dentro di lei. «Chi ti ha insegnato a odiare te stessa?»
Lei deglutì a fatica. Le immagini del bordello di Elen’Thir continuavano a tormentarle la mente: il volto impassibile di Elen’Thir, la matrona elfica, che la presentava ai clienti con un sorriso gelido; gli sguardi che la spogliavano ben prima che lo facesse lei; il disgusto mascherato da desiderio.
Sei solo un corpo.
Nyara strinse i pugni. No. Non era più quella ragazza. Raelith l’aveva portata via da tutto quello. L’aveva resa qualcosa di più. O almeno, così voleva credere.
«Io…» La voce le si spezzò. Il vento attorno a loro si era fermato, trattenendo il respiro insieme a lei.
Raelith la fissò, e per un istante nei suoi occhi parve esserci qualcosa di più del solito fascino ammaliante. Forse… comprensione.
«Il cielo non accoglie chi si aggrappa alle catene,» disse piano. «Se vuoi volare, devi lasciare andare ciò che ti tiene a terra.»
Nyara inspirò profondamente, chiudendo gli occhi. Le catene. Il bordello. Il suo passato. Tutto ciò che la definiva. Ma chi era lei senza tutto quello?
Una brezza leggera le accarezzò la pelle, sollevando le ciocche dei suoi capelli scuri. Una voce dentro di lei sussurrò: Nyara.
Solo il suo nome.
Aprì gli occhi. Raelith la guardava, in attesa.
«Ancora,» disse lei, con un filo di voce, ma con una determinazione nuova.
Raelith sorrise appena. «Ancora.»
E questa volta, quando l’energia si sollevò dentro di lei, Nyara non lottò per trattenerla.
Si sollevò con grazia, il respiro profondo e il cuore che pulsava all’unisono con l’energia che la avvolgeva. La seta trasparente della tunica danzava attorno a lei, accarezzata dal vento magico che la sosteneva. Per un attimo, provò un senso di leggerezza assoluta, come se il peso del suo passato si stesse sciogliendo nell’aria.
Raelith la osservava con un’intensità che la fece tremare più della corrente che la sollevava. I suoi occhi viola non la lasciavano, scrutando ogni minima vibrazione della sua aura.
Nyara si sentiva… libera. O almeno così credeva, finché un sussurro oscuro non risuonò dentro di lei.
Non puoi sfuggire a ciò che sei.
Il suo corpo sussultò. Le immagini di Elen’Thir, del bordello, delle mani avide, tornarono con violenza. Sentì il disgusto negli sguardi degli elfi, l’umiliazione sussurrata dietro ventagli di piume, il desiderio che la strappava a sé stessa ogni notte.
Le sue ali invisibili tremarono. Il vento attorno a lei perse forza.
«No…» mormorò.
Raelith si mosse in un lampo, sollevando una mano. L’energia attorno a lei si riaccese, stabilizzandola.
«Nyara, guardami.»
La sua voce era un’ancora. Lei obbedì, il respiro spezzato.
«Il passato non ha potere su di te se non gli permetti di averlo.»
Le sue parole erano dolci e spietate al tempo stesso. Un ordine mascherato da promessa.
Nyara serrò la mascella. Il vento tornò a sollevarla, ma questa volta non si limitò a fluttuare. Si spinse più in alto, oltre i rami della quercia, oltre le ombre del passato. La seta trasparente della tunica ondeggiava come un’aura di luce lunare, e nei suoi occhi brillava qualcosa di nuovo.
Forse, per la prima volta, volava davvero.
Continua..
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