La cattura - dalla parte di Roberta

di
genere
dominazione

Gli sono sopra e lo cavalco come una forsennata. Lui ha le mani legate alla spalliera. L’ho assicurato io col mio foulard.
Sì, l’ho fatto per incastrarlo, ma è talmente eccitante. Mi sento riempita dal suo enorme cazzo a mio piacimento. Mi tiro su e riaffondo. Ad ogni affondo sento le mie tette che sobbalzano sotto la camicia e i capezzoli che strusciano sul tessuto trasparente che mi danno una scarica di piacere.
Sento un calore e un’eccitazione che salgono dal mio inguine. Inoltre il senso di trasgressione che esaspera i miei sensi.
Se mi fermo un attimo a pensare mi sembra una situazione assurda: io, ispettrice di polizia, felicemente fidanzata con Alfredo Rolandi, commissario di polizia, in servizio di investigazione, mi sto facendo scopare come una porca, come una forsennata, da questo delinquente che devo fare arrestare. E tutto questo mentre Alfredo mi osserva dalla telecamera che ha piazzato nella stanza.
Già, perché la scintilla che ha fatto scattare tutto è stata proprio quella telecamera. Gli accordi con Alfredo erano che avrei dovuto sedurre Mario Mazza, noto ricettatore della Magliana, legato alla delinquenza locale, allo scopo di prendergli i documenti e ricattarlo allo scopo di fargli spifferare tutto quanto riguardava la De Santis, vero obiettivo della nostra azione.
Ebbene, quando entrai nella stanza del club e mi accorsi della telecamera piazzata accanto al mini bar, ebbi uno scatto di ribellione. Quel porco di Alfredo non si fida di me, vuole spiare i miei movimenti. E allora gli faccio vedere io di che cosa sono capace. Il desiderio di vendetta aveva preso il sopravvento.
Ma anche una certa malizia. Mi intrigava l’idea di farmi vedere da Alfredo mentre afferro con le labbra il nodoso membro di Mario. Mi sento un poco troia, ma questo mi eccita maledettamente. La complicità col mio fidanzato, che è stato la mente ispiratrice dell’operazione. E’ stato lui che mi ha messo tra le braccia di Mario, che, tra l’altro, è proprio un bel tipo, moro, ricciolino e persino gentile.
Ricordo con eccitazione quando mi presentai la prima volta al locale. Avevo scelto un vestito che mettesse in mostra le mie forme, e in particolare le mie cosce. Seduta sullo sgabello del bar con quella minigonna mozzafiato mi ero bagnata le mutandine, gli umori colavano e mi infradiciavano.
Mi piace vederlo legato che soffre. Ma quanto è grosso il suo cazzo. Mi riempie completamente la fica. Ci dimeniamo come pazzi. Vedo il sudore che gronda dalla sua fronte, ma sono io che do il ritmo. E’ incredibile quanti orgasmi ripetuti sono riuscita ad avere. Mario ancora resiste ma lo sento sempre più grosso e duro.
Certo, stasera l’ho pensata bene con la camicia e il foulard. Quando ho scelto la camicia nera trasparente e ho deciso di indossarla senza reggiseno, un brivido è corso sulla mia schiena. Trovavo straordinariamente arrapante l’idea di annullare completamente le difese di un uomo attraverso la seduzione. Ho due magnifiche tette, piene e ben sostenute. Quella camicia le metteva in risalto in modo perfetto. Per non fare insospettire Alfredo, misi sopra una giacca abbottonata.
D’altronde, quale era il mestiere che avrei dovuto impersonare se non la puttana. Era quello che avevamo concordato.
Quando mi trovai nel locale, la prima sera, pensavo che, per la prima volta nella mia vita, avrei fatto la puttana.
Tutto era stato concordato col padrone del locale. Nonostante questo, mi tremavano le gambe. Mi sentivo intimidita in quella condizione, in balia di quella situazione più grande di me. Ero una preda, tenero agnellino da catturare e scannare. Probabilmente Mario mi trovò ancora più sexy a causa di quello stato d’animo.
Certo, lo stato d’animo diventò opposto quando lo legai alla sedia. Da preda mi trasformavo in predatrice. D’altro canto era quello il metodo studiato per incastrarlo.
Accettò di farsi legare i polsi pensando ad un gioco erotico che gli avrebbe procurato piacere e che mi avrebbe accontentata.
Doveva finire così: immobilizzato e narcotizzato per prendergli le carte e indurlo alla confessione.
Ma scattò una molla imprevedibile. L’idea che Alfredo mi guardasse attraverso la telecamera e la consistenza del membro di Mario che rigonfiava i suoi pantaloni, mi indussero a continuare quello che avevo iniziato. Volevo che Alfredo vedesse come facevo un pompino ad un altro uomo.
Gli sbottonai i pantaloni, e lo presi in mano. Era durissimo e gonfissimo. Anche le labbra della mia vagina erano gonfie da scoppiare. Lo tenni per un istante con le dita e poi feci aderire le mie morbide labbra al glande rosso e lucido. Ebbe un tremito. Affondai allora le labbra e ne ingoiai la punta per intero. Mentre facevo saettare la lingua, con la mano continuavo una leggera masturbazione. Sentivo che si stava perdendo, ma anche io mi stavo dileguando. Ciucciare quel cazzo nerboruto mi dava un piacere immenso e poi godevo della sensazione di dominio che stavo esercitando su di lui.
Chissà cosa stava facendo Alfredo.
Nei brevi sprazzi di lucidità, pensavo che avrei dovuto smettere e approfittare del fatto che Mario fosse legato per mettere in atto il piano stabilito con Alfredo.
Nell’istante che stavo prendendo questa decisione, mi sentii afferrare con decisione la nuca. Quel bastardo era riuscito a slegarsi e adesso mi costringeva ad affondare la bocca fino ad avere il suo cazzo in gola. Adesso non era più preda, ma mi stava scopando la bocca con vigore. Facevo fatica a non affogarmi ma nello stesso tempo mi dava sensazioni mai provate prima; non mi ero mai spinta così tanto da avere un cazzo quasi da ingoiare, che mi arrivava in gola.
Le pompate si facevano sempre più profonde e ad un certo punto avvertii un tremito subito seguito da un violento spruzzo che si schiantò sulla mia gola. Istintivamente cercai di sottrarmi ma con la sua mano mi costrinse a tenerlo dentro.
Con la voce rauca mi urlava di ingoiare, ingoiare tutto.
Non ero mai arrivata a tanto in vita mia, ma se dovevo fare la troia, dovevo pur imparare prima o poi.
Continuò ancora e poi lo estrasse dirigendo gli spruzzi sulla mia faccia e poi sulla mia camicia, all’altezza dei seni.
Mi sentivo frastornata, imbrattata e con un forte gusto di sperma salato in bocca. Ma mi piaceva.
Era stata un’esperienza fantastica. Ero stata profanata, la faccia e la mia bocca erano piene di sperma. Il pensiero della telecamera mi portava in erezione il grilletto e mi faceva indurire i capezzoli fino a farmi male.
Dovevo comunque sempre portare a compimento la mia missione. Stavo cercando di studiare una nuova strategia.
Intanto si era slacciato completamente i polsi e mi aveva trascinato sul letto. Cominciò ad accarezzarmi e a portare le mani in mezzo alle cosce. Indossavo ancora la gonna aderentissima che avevo scelto per l’appuntamento. Con un movimento rapido me la sbottonò e provava a portarla giù. Alzai le natiche per agevolarlo. Mi rimanevano gli slip neri e la camicia. Una mano andò ad ispezionare là dentro e quando un dito sfiorò il mio clitoride ebbi un sussulto. Ero eccitatissima e lui se ne accorse. Con la testa appoggiata, i suoi ricciolini, ammosciati dal sudore, adagiati sul cuscino, continuava ad ispezionarmi con le dita fino ad arrivare alle labbra gonfie della fica. Mi sfila gli slip e rimango nuda con le gambe spalancate davanti la telecamera. Alfredo forse stava assistendo a tutto questo.
Adesso Mario ha portato la testa da quelle parti e con la lingua mi sta regalando sensazioni straordinarie. Con i denti, ma delicatamente, mi ha afferrato il clitoride.
Sono inerme. Sento che una mano e passata sotto il culo e afferra le chiappe per saggiarne la consistenza mentre con la lingua non tralascia di leccare con metodo la mia fica che adesso reclamerebbe un trattamento più profondo.
Prima di lasciarmi andare, decido di riprendere l’iniziativa.
Con voce piagnucolosa gli dico che non è stato ai patti, che è stato sleale.
- Sì, è vero Roberta, adesso ne parliamo.
Non smette di lavorare con la sua lingua.
Porto una mano sul suo membro che sta riprendendo le dimensioni di prima e lo accarezzo distrattamente, in modo da farlo eccitare ancora di più.
Lascia fare. Si abbandona per un attimo.
- Dai Mario, riprendiamo da dove eravamo arrivati.
Così dicendo, porto repentinamente il suo polso vicino la spalliera del letto e lo immobilizzo col foulard alle barre di ottone.
- Ma cosa vuoi fare – mi dice come in trance –
- Vedrai che sarà bello, non ti fidi?
Adesso tutti e due i polsi sono bloccati. Lui è nudo davanti a me con le braccia dietro alla nuca e il membro che svetta orgoglioso e vitale come prima.
Potrei approfittarne e stordirlo, ma il mio corpo reclama sesso. Sono bagnata fradicia, eccitata come mai.
Mi avvicino con il corpo cavalcioni su di lui, dando le spalle ad Alfredo, alla telecamera. Afferro l’asta e la porto a contatto delle mie labbra. Col movimento del corpo la faccio affondare dentro di me fino a sentirmela nelle viscere.
Comincio il movimento lento su e giù facendo inabissare questo meraviglioso bastone fino in fondo.
La telecamera inquadra il mio fondo schiena mentre cavalco questo stallone arrivando a sentire ad ogni colpo le sue palle contro le pareti della fica.
L’eccitazione raggiunge qualsiasi tessuto del mio corpo.
Finalmente posso sfogare fino in fondo il mio desiderio di essere posseduta.
Ho voglia di urlare. Anche lui ha la faccia tesa e asseconda col bacino il movimento del mio corpo.
Sento che sta per arrivare l’estasi, un orgasmo distruttivo, devastante. Ho voglia di urlare mentre le mie tette oscillano attraverso la nera trasparenza della camicia.
Anche Mario ansima, non ce la fa più. Veniamo insieme, in maniera dirompente. Mi sta scaricando una quantità enorme di sperma all’interno e sto godendo come un’invasata.
Devo trovare un poco di lucidità per mettere in atto il mio piano.
Mario è ancora legato e devo approfittarne per stordirlo. Mi sono portata accanto un fazzoletto con narcotizzante. Lo prendo con una mano mentre Mario ha lo sguardo perso nel vuoto. Glielo applico alla bocca e lo addormento.
Adesso devo riflettere su quello che devo fare, senza fare errori.
Vedo la borsa di Mario con i suoi documenti. La prendo e la metto vicino alla porta, per non dimenticarla.
Mi rivesto frettolosamente. I miei abiti sono stropicciati, ma non importa.
Mentre mi sto rimettendo la giacca, che finalmente può coprire le mie tette dalla trasparenza della camicia.
Mentre faccio queste operazioni, il cuore mi sale in gola; Mario ha emesso un gemito. Temo che si stia svegliando. Mi avvicino al letto per accertarmi che stia navigando nel mondo dei sogni. Un altro rantolo e si gira dall’altra parte.
Prendo tutto ed esco dalla porta. E’ notte fonda e nel locale non c’è più nessuno.
Mi affretto ad uscire fuori. Finalmente una boccata di aria fresca.
Mi metto in macchina e mi dirigo verso il commissariato. Lì ci sarà Alfredo ad attendermi.
Mentre la macchina corre sulla Cristoforo Colombo, rivedo la serata come una sequenza di fotogrammi.
Non posso ripensare alla telecamera senza eccitarmi. L’idea che Alfredo mi spiasse aveva fatto scoccare la scintilla.
Ripenso un attimo a Mario. Una squadra di poliziotti sarà adesso nel locale a svegliarlo e portarlo dentro. Provo un attimo di pietà. In fondo è un bel tipo.
Ma adesso penso ad Alfredo. Dovrò affrontarlo. Mi chiederà spiegazioni. Forse sarà violento.
Non so quale atteggiamento dovrò prendere. Attaccare, essere aggressiva oppure assumere quello di una bambina che ha fatto una monelleria e accetta di essere punita.
Accendo la radio ed ascolto le parole di una canzone:

Narciso trasparenza e mistero
cospargimi di olio alle mandorle e vanità
modellami...
Raccontami le storie che ami inventare
spaventami
raccontami le nuove esaltanti vittorie
Conquistami inventami dammi un'altra identità
stordiscimi disarmami e infine colpisci
abbracciami ed ubriacami di ironia e sensualità
Conquistami inventami dammi un'altra identità
stordiscimi disarmami e infine colpisci

Per suggerimenti, confronti, critiche identitadigitale2020@gmail.com oppure Telegram @IDDIG2020
scritto il
2025-02-28
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