Al Parco
di
Dago Heron
genere
etero
Esiste in me una passione, a volte irrefrenabile: scrivere. A volte passo intere notti chino su un block notes a scrivere, vivendo quello che la mia penna traccia sulla carta. Non sono e non mi sento W. Smith o S. King, non ho mai scritto un romanzo, e non è mai stato pubblicato nulla di mio, se non su siti internet. La causa potrebbe essere che scrivo racconti troppo corti, o forse perché il mio tema preferito è l'erotismo, erotismo spinto. Ma queste sono le storie che mi piace raccontare e scrivere.
Non essendo in grado di mantenermi con questa passione, devo lavorare, cosa che odio, fondamentalmente perché mi limita il tempo che posso dedicare a scrivere.
Per questo ho dovuto organizzarmi: porto sempre con me un blocco per annotare le ispirazioni da sviluppare appena possibile e, approfittando delle belle giornate, trascorro la pausa pranzo nel parco vicino all'ufficio. Seduto sulla mia panchina abituale vicino al chiosco, ho scoperto non solo un luogo tranquillo e piacevole, ma una vera fonte d'ispirazione. Molte donne, ignare, passando alla portata del mio sguardo, sono diventate inconsapevoli muse dei miei racconti - a volte bastava il loro modo di vestire o di camminare, i capelli o la voce, per accendere la mia fantasia.
Ad un certo punto, la mia attenzione si focalizzò su una donna in particolare. Forse perché sceglieva quasi sempre la panchina di fronte a quella che era diventata la mia, vicino al vecchio chiosco di angurie, o forse per alcune sue curiose abitudini che lentamente catturarono la mia curiosità. Fisicamente non era certo il tipo che passava inosservato. Alta circa un metro e settanta, ad occhio si poteva dire che portasse una taglia 44/46: capelli rossi e ricci, occhi verdi molto espressivi, anche se spesso nascosti dietro un paio di occhiali, oltre a un seno rigoglioso, che credo di aver notato tra le prime cose. Indossava quasi sempre un tailleur, di quelli che fasciano i fianchi generosi evidenziando la vita stretta, con una gonna che si fermava appena sopra il ginocchio, lasciando immaginare la morbidezza delle cosce. Le scarpe con il tacco alto completavano quella figura da segretaria d'altri tempi, quell'immagine così stereotipata eppure così eccitante, capace di far viaggiare la fantasia verso incontri proibiti in qualche ufficio deserto.
I primi tempi arrivava con un libro, si sedeva con le gambe accavallate sulla panchina e si immergeva nella lettura, isolandosi dal mondo reale come tutti i grandi lettori. Restava lì tranquilla per circa un'ora, cambiando di tanto in tanto la posizione delle gambe. Aspettavo quel momento con malcelata trepidazione, rallentando il ritmo della mia scrittura, sperando di approfondire la conoscenza delle sue gambe, ma il gesto era accuratamente studiato e casto. Improvvisamente, piegava un angolo della pagina e si alzava. Non mi rimaneva che seguirla con lo sguardo mentre si allontanava con quel suo incedere elegante, i fianchi che ondeggiavano ad ogni passo, il sedere rotondo e sodo che sembrava danzare sotto la gonna attillata, prima di recarmi io stesso in ufficio con la mente piena di quelle immagini. I giorni passavano e io ne approfittavo per studiarla di tanto in tanto. La bella stagione si avvicinava e, man mano, la signora indossava abiti sempre più leggeri che lasciavano intravedere maggiormente le forme del suo corpo.
Notai che aveva cambiato una delle sue abitudini: ogni tanto sostituiva il libro con dei fogli, tipico formato A4 da ufficio, che leggeva con una irrequietezza sempre più crescente. Un giorno che la mia ispirazione faceva i capricci, decisi di dedicare un po' più di attenzione a questa donna che mi affascinava sempre più, certo che sarebbe stata un ottimo soggetto per una storia. Per prima cosa, mi accorsi che stava leggendo i misteriosi fogli. Accavallava le gambe molto più frequentemente, senza la solita attenzione, permettendo al mio sguardo di accedere dove mi era di solito vietato. Notai che li rilesse più volte. Ad un certo punto si alzò e scomparve, per tornare dopo parecchi minuti con un'aria strana, gli occhi lucidi e soddisfatti. La cosa iniziò a incuriosirmi molto, così la volta successiva che la vidi estrarre i fogli, feci solo finta di scrivere e studiai maggiormente il suo comportamento. Quando si alzò la seguii, scoprendo che si nascondeva dietro il vecchio chiosco, riparata da una giungla di cespugli, invisibile alla vista di chiunque fosse nel parco. Cosa facesse lì dietro e perché ci andasse furono le due curiosità che guidarono le mie mosse successive.
La cosa più facile da scoprire fu cosa stesse leggendo. Quando uscì dal suo nascondiglio, la pedinai, scoprendo che gettava i fogli che aveva letto dentro un cestino. Dandole il tempo di allontanarsi, li recuperai infilandoli rapidamente nella mia cartelletta. Scoprii così che stava leggendo un racconto erotico: narrava l'incontro tra un piazzista con la passione di scrivere racconti erotici e una donna con il dubbio di non essere abbastanza focosa a letto. Nascosti in un boschetto, i due avevano ripetuti rapporti sessuali descritti in maniera piuttosto minuziosa. Avevo scoperto cosa agitava tanto la mia signora, ma mi rimaneva da scoprire un ultimo mistero: cosa faceva nascosta dietro al chiosco? Il giorno dopo andai in perlustrazione, scoprendo dietro al chiosco un gabbiotto che fungeva da magazzino. La porta era aperta e così malandata che tra le assi che la componevano c'era molto spazio. Da lì dentro, nascosto allo sguardo di tutti, potevo avere una visuale completa del retro del chiosco. Aspettai con ansia il giorno che la mia provocante signora arrivasse con una nuova storia, ma sembrava farlo apposta: arrivava sempre con il suo libro.
Finalmente, un venerdì, dopo essersi seduta sulla sua panchina, estrasse dalla borsa i fatidici fogli. Con aria indifferente mi alzai e, aggirato il chiosco, mi nascosi nel mio rifugio. Dopo quindici interminabili minuti lei arrivò, controllò di non poter essere vista e, con un gesto lento e sensuale, sollevò la gonna fino alla vita, rivelando le cosce morbide fasciate da autoreggenti scure e un minuscolo slip di pizzo. Si sedette sul vecchio sgabello abbandonato, le gambe leggermente divaricate, e iniziò a massaggiarsi il sesso attraverso il pizzo con movimenti circolari sempre più intensi. Quando scostò la stoffa per toccarsi direttamente, potevo vedere l'umidità che già bagnava le sue dita. Con l'altra mano estrasse dalla borsetta un fallo di gomma che appoggiò sullo sgabello, sistemandolo in posizione verticale prima di calarsi lentamente su di esso.
Io ero ipnotizzato da quello spettacolo: gli occhi strabuzzati, la bocca spalancata, il respiro affannoso, il cuore che mi martellava nel petto e, soprattutto, un'erezione che pulsava dalla voglia di schizzare piacere. La mia eccitazione aumentò ulteriormente quando, con dita tremanti, iniziò a sbottonare la camicetta un bottone dopo l'altro. Abbassò le coppe del reggiseno liberando il seno rigoglioso, i capezzoli già turgidi che si portò alla bocca inarcando la schiena, leccandoli e mordendoli mentre continuava a cavalcare il dildo con un ritmo sempre più frenetico. Senza nemmeno accorgermene, avevo tirato fuori il mio cazzo iniziando a massaggiarlo con lo stesso ritmo dei suoi movimenti. La vidi inarcare la schiena, gli occhi che si rovesciavano all'indietro mentre un orgasmo intenso le attraversava il corpo facendola tremare. Si morse il labbro per non urlare, il suo corpo scosso da spasmi di piacere, mentre nello stesso istante venivo anche io, sognando di riempirle il viso con il mio sperma. Sollevò il dildo ancora lucido dei suoi umori e se lo portò alle labbra, leccandolo e succhiandolo con gli occhi chiusi prima di riporlo nella borsetta. Si alzò dallo sgabello e, dandomi le spalle, sollevò completamente la gonna per sistemarsi le autoreggenti e gli slip, offrendomi la vista del suo culo generoso e perfettamente tornito che sembrava quasi invitarmi a toccarlo. Infine, si ricompose e tornò alla sua panchina. Non mi era mai capitato di dovermi masturbare con la stessa esigenza. Quella donna mi aveva stravolto i sensi solo guardandola.
Restai nel gabbiotto con il cuore che rimbombava nel petto e il cazzo che non voleva ammosciarsi nella mia mano, dandomi il tempo di riprendermi, nella speranza che lei non si accorgesse che l'avevo spiata. Raggiunsi l'ufficio ancora intontito, svolgendo i miei compiti come in trance, con la mente in un'altra dimensione, le immagini di lei che si masturbava che non mi davano tregua. Improvvisamente, la folgorazione: avrei scritto un racconto per lei. Sarebbe stato il mio personale omaggio e, allo stesso tempo, una grande sfida. Ero curioso, eccitato all'idea di scoprire se anche una mia storia sarebbe stata in grado di provocare in lei le stesse reazioni che avevo appena visto. Avevo due giorni per far dare a Dago, il personaggio dei miei racconti, il meglio di sé. Domenica sera, mentre davo gli ultimi ritocchi alla storia, mi sentivo combattuto: soddisfatto del risultato ma terrorizzato all'idea di non superare la prova.
Ho passato una mattina d'inferno con lo sguardo che andava continuamente all'orologio e la testa alla storia, pensando a possibili miglioramenti dell'ultima ora. Ho stampato e messo la storia in una busta su cui ho scritto con un pennarello in stampatello: "UNA STORIA PER TE".
Resterò sulla mia panchina fino a quando non inizierà a leggere, poi sgattaiolerò nel mio rifugio ad aspettarla.
È in ritardo, o almeno così mi sembra, ma arriva. Indossa un tailleur primaverile color crema che esalta la sua carnagione. La giacca, leggermente attillata, sottolinea il seno generoso, mentre la gonna, con una leggera svasatura che le permette di muoversi con eleganza, si ferma appena sopra al ginocchio evidenziando le sue curve generose. Fa per sedersi sulla panchina. Vede la busta. Temporeggia. La prende in mano. La studia. Si avvicina a me. "Ha visto chi ha lasciato questa busta?" La guardo. È bellissima. "Quale busta?" rispondo facendo finta di cadere dalle nuvole. "Su quella panchina… ho trovato questa busta… non so…" "Mi spiace, non ho visto nulla… non saprei dirle…" Mi sorride. "Grazie lo stesso…" Il volto le si illumina, torna verso la panchina. Si siede. Rigira la busta tra le mani. È indecisa. La apre. Spiega i fogli. Inizia a leggerli. Si ferma. Si guarda attorno, quasi cercasse chi ha lasciato la busta. Se sapesse. Ricomincia a leggere. Vedo l'agitazione crescere in lei, il respiro che si fa più veloce, le guance che si colorano leggermente. Il mio cazzo pulsa nei pantaloni vedendola così eccitata dalla mia storia. Cercando di mantenere un atteggiamento indifferente, raggiungo la mia postazione. Mi chiudo dentro e aspetto. Il cuore batte. Non so se è l'agitazione o l'eccitazione a provocarmi la tachicardia.
Finalmente arriva. Alza la gonna come se sapesse dove sono e volesse offrirmi uno spettacolo. Solleva la gonna con mani tremanti di eccitazione, scoprendo le sue cosce morbide e nude e mettendo in mostra un ridottissimo slip di pizzo nero che non nasconde praticamente nulla. Chiude gli occhi, allarga maggiormente le gambe e inizia ad accarezzarsi attraverso la stoffa sottilissima, gemendo piano. Non resiste a lungo: scosta il pizzo con due dita e inizia a massaggiarsi il clitoride con movimenti circolari sempre più veloci. La sua fica è già così bagnata che le dita scivolano facilmente dentro e fuori mentre, con l'altra mano, si slaccia la camicetta. I suoi gemiti si fanno più intensi quando libera il seno dal reggiseno di pizzo coordinato e inizia a pizzicarsi i capezzoli già turgidi.
La vista del suo piacere mi fa impazzire, soprattutto sapendo che è la mia storia a provocarlo. Mi costringo a rallentare i movimenti della mano sul mio cazzo duro, non voglio venire troppo presto. La osservo mentre estrae dalla borsetta il suo dildo e, appoggiandolo su una vecchia cassetta proprio davanti alla porta del gabbiotto, si posiziona sopra di esso. Il modo in cui si morde il labbro mentre se lo spinge dentro il culo mi fa quasi perdere il controllo. Con la mente corro alla mia storia, alla scena che sta ricreando fedelmente davanti ai miei occhi, e perdo di nuovo il controllo della mia mano sentendo un nuovo tipo di eccitazione crescere.
La chiusura della porta cede all'improvviso. Mi ritrovo catapultato in avanti, barcollando con i pantaloni alle caviglie e il cazzo duro in mano. Lei mi fissa con occhi spalancati dalla sorpresa e dalla vergogna, il dildo ancora piantato nel culo, i seni oscenamente in mostra, la fica gocciolante e le guance arrossate. I nostri sguardi si incrociano, carichi di imbarazzo ed eccitazione. Per un istante il tempo sembra fermarsi. Il suo sguardo scivola verso il basso, fissando la mia erezione e, con mia sorpresa, invece di gridare o scappare, allunga una mano tremante verso di me. Le sue dita accarezzano la mia verga, provocandomi brividi intensi, facendo vibrare la mia carne come la bacchetta di un rabdomante. Mi avvicino con la speranza che qualcosa accada e lei si sporge in avanti, il calore umido delle sue labbra che mi avvolgono la cappella mi conferma che non è un sogno. Un gemito sfugge dalle mie labbra mentre la sua lingua inizia a esplorare, le sue labbra a succhiare con sempre maggiore intensità la mia minchia nella sua bocca.
"È tua la storia, vero?" sussurra, prendendosi una breve pausa e guardandomi dal basso con occhi che brillano di malizia. Non riesco a rispondere, perso nelle variopinte sensazioni che la sua bocca riesce a farmi provare.
"È tua la storia, vero?" mi chiede nuovamente, un momento prima che le sue mani mi afferrano le natiche, spingendomi più a fondo nella sua gola. Il piacere è così intenso che devo sforzarmi per non venire subito.
"È tua la storia, vero?" chiede ancora. Capisce il mio stato, gioca a tenermi lì, sul limite, pronto a sborrare senza riuscire, lo fa accarezzando, leccando, baciando, succhiando, ogni parte del mio sesso, non c'è un millimetro che non è ricoperto della sua saliva. In quel momento mi rendo conto che, se non rispondo a quella domanda, lei continuerà a non concedermi quel piacere, o addirittura potrebbe andarsene lasciandomi in quello stato. "Sì, l'ho scritta io…" stento a riconoscere la mia voce che in questo momento è quasi supplichevole.
Solo allora lei accelera, si aggrappa alle mie natiche per spingermi più a fondo nella sua gola. Vorrei urlare, ma non posso, siamo in un parco. Le afferro la testa e la sento stringere maggiormente le labbra attorno alla mia dura carne. Bastano pochi secondi, poche altre spinte per farmi grugnire come un animale mentre sborro abbondantemente nella sua bocca. Lei non lascia la presa. Beve tutto e continua a pompare, e a guardarmi con quegli occhi che implorano piacere. È tutto così bello ed eccitante che ho il cazzo ancora duro come se non fossi venuto.
Lo ripulisce tutto con cura, poi si alza, mi guarda con una maliziosa aria di sfida mentre si pulisce qualche residuo di sperma dalle labbra, mi bacia e mi sussurra: "Fammi quello che hai scritto nella storia." Poi si gira, si appoggia alla cassetta e, sollevando completamente la gonna, mi offre la vista del suo culo perfetto.
Mi inginocchio dietro di lei, incapace di resistere alla tentazione. Le mani afferrano quelle fantastiche chiappe, le aprono, esponendo il succoso frutto che è la sua fica. Inizio a leccarla, assaporando il suo sapore, infilando la lingua in profondità, per poi risalire verso il suo ano, già dilatato dal dildo, strappandole gemiti più intensi. Le infilo due dita nella fica mentre continuo a leccarla, sentendola contrarsi di piacere.
"Ti prego," sussurra con voce rotta dall'eccitazione, "scopami come nella storia."
Non me lo faccio ripetere, mi alzo, posizionandomi dietro di lei, una mano afferra la gonna, mentre con l'altra punto deciso il mio glande contro l'ano. La mia mente torna alla storia, a quello che ho raccontato che fa Dago e, senza pensare, spingo deciso, anche con il desiderio di soddisfare la sua richiesta. Il gemito soffocato che le sfugge dalle labbra è chiaramente un mix di dolore e piacere. Mi fermo solo per un secondo, per capire cosa sta succedendo, ma è lei a muoversi, a cercarmi. Allora sento nuovamente il sangue di Dago scorrere nelle mie vene. Le schiaffeggio il sedere e spingo, forte, con decisione, penetrandola completamente. Lei geme, ma la storia scorre nella mia testa, mi allungo su di lei e le afferro i grandi seni e li strizzo con forza mentre non smetto di stantuffarle il culo. C'è un momento che mi sembra di dissociarmi, come quando scrivo, e vedere da un punto fuori della scena, Dago che scopa selvaggiamente questa donna nel culo in quell'anfratto del parco.
Dalla sua bocca esce un suono strano. Sembra provenire dal suo punto più profondo. Inizio a capire: "Sì… sì… sì… godo… oddio godo… non ti fermare…" Non potrei fermarmi nemmeno se volessi, anzi cerco di aumentare le spinte. Le sue parole hanno appena avuto l'effetto di mandarmi in orbita e, nel momento in cui il mio seme le riempie le viscere, il suo corpo si scuote in un orgasmo travolgente. Schizzi del suo intenso piacere bagnano la mia camicia e i miei pantaloni.
La testa mi gira, e anche lei sembra provata. Ci vuole qualche istante prima che riesca, con rammarico, a sfilarmi da quel culo paradisiaco. Anche lei lentamente si muove, iniziamo a ricomporci mentre torna anche un alone di imbarazzo. Inaspettatamente, lei si avvicina e mi bacia con passione. Per la prima volta noto quanto siano morbide le sue labbra. Si stacca da me con un sorriso malizioso, si china e prende in bocca il mio cazzo ancora umido, leccandolo e pulendolo con cura meticolosa.
Le campane della chiesa vicina suonano, rompendo l'incantesimo. Lei si sistema velocemente i vestiti, ma prima di sparire tra i cespugli si volta verso di me con un sorriso malizioso: "La prossima volta…" sussurra, accarezzandomi una guancia, "…voglio leggere cosa succede dopo." Mi lascia lì, stordito e con i pantaloni ancora alle caviglie, la mente che già corre veloce a immaginare nuove storie per lei. Mi rivesto in fretta, conscio di essere tremendamente in ritardo per il lavoro, ma con la certezza che questo è solo l'inizio di una serie di incontri proibiti nel parco.
https://dagoheron.wordpress.com/
Non essendo in grado di mantenermi con questa passione, devo lavorare, cosa che odio, fondamentalmente perché mi limita il tempo che posso dedicare a scrivere.
Per questo ho dovuto organizzarmi: porto sempre con me un blocco per annotare le ispirazioni da sviluppare appena possibile e, approfittando delle belle giornate, trascorro la pausa pranzo nel parco vicino all'ufficio. Seduto sulla mia panchina abituale vicino al chiosco, ho scoperto non solo un luogo tranquillo e piacevole, ma una vera fonte d'ispirazione. Molte donne, ignare, passando alla portata del mio sguardo, sono diventate inconsapevoli muse dei miei racconti - a volte bastava il loro modo di vestire o di camminare, i capelli o la voce, per accendere la mia fantasia.
Ad un certo punto, la mia attenzione si focalizzò su una donna in particolare. Forse perché sceglieva quasi sempre la panchina di fronte a quella che era diventata la mia, vicino al vecchio chiosco di angurie, o forse per alcune sue curiose abitudini che lentamente catturarono la mia curiosità. Fisicamente non era certo il tipo che passava inosservato. Alta circa un metro e settanta, ad occhio si poteva dire che portasse una taglia 44/46: capelli rossi e ricci, occhi verdi molto espressivi, anche se spesso nascosti dietro un paio di occhiali, oltre a un seno rigoglioso, che credo di aver notato tra le prime cose. Indossava quasi sempre un tailleur, di quelli che fasciano i fianchi generosi evidenziando la vita stretta, con una gonna che si fermava appena sopra il ginocchio, lasciando immaginare la morbidezza delle cosce. Le scarpe con il tacco alto completavano quella figura da segretaria d'altri tempi, quell'immagine così stereotipata eppure così eccitante, capace di far viaggiare la fantasia verso incontri proibiti in qualche ufficio deserto.
I primi tempi arrivava con un libro, si sedeva con le gambe accavallate sulla panchina e si immergeva nella lettura, isolandosi dal mondo reale come tutti i grandi lettori. Restava lì tranquilla per circa un'ora, cambiando di tanto in tanto la posizione delle gambe. Aspettavo quel momento con malcelata trepidazione, rallentando il ritmo della mia scrittura, sperando di approfondire la conoscenza delle sue gambe, ma il gesto era accuratamente studiato e casto. Improvvisamente, piegava un angolo della pagina e si alzava. Non mi rimaneva che seguirla con lo sguardo mentre si allontanava con quel suo incedere elegante, i fianchi che ondeggiavano ad ogni passo, il sedere rotondo e sodo che sembrava danzare sotto la gonna attillata, prima di recarmi io stesso in ufficio con la mente piena di quelle immagini. I giorni passavano e io ne approfittavo per studiarla di tanto in tanto. La bella stagione si avvicinava e, man mano, la signora indossava abiti sempre più leggeri che lasciavano intravedere maggiormente le forme del suo corpo.
Notai che aveva cambiato una delle sue abitudini: ogni tanto sostituiva il libro con dei fogli, tipico formato A4 da ufficio, che leggeva con una irrequietezza sempre più crescente. Un giorno che la mia ispirazione faceva i capricci, decisi di dedicare un po' più di attenzione a questa donna che mi affascinava sempre più, certo che sarebbe stata un ottimo soggetto per una storia. Per prima cosa, mi accorsi che stava leggendo i misteriosi fogli. Accavallava le gambe molto più frequentemente, senza la solita attenzione, permettendo al mio sguardo di accedere dove mi era di solito vietato. Notai che li rilesse più volte. Ad un certo punto si alzò e scomparve, per tornare dopo parecchi minuti con un'aria strana, gli occhi lucidi e soddisfatti. La cosa iniziò a incuriosirmi molto, così la volta successiva che la vidi estrarre i fogli, feci solo finta di scrivere e studiai maggiormente il suo comportamento. Quando si alzò la seguii, scoprendo che si nascondeva dietro il vecchio chiosco, riparata da una giungla di cespugli, invisibile alla vista di chiunque fosse nel parco. Cosa facesse lì dietro e perché ci andasse furono le due curiosità che guidarono le mie mosse successive.
La cosa più facile da scoprire fu cosa stesse leggendo. Quando uscì dal suo nascondiglio, la pedinai, scoprendo che gettava i fogli che aveva letto dentro un cestino. Dandole il tempo di allontanarsi, li recuperai infilandoli rapidamente nella mia cartelletta. Scoprii così che stava leggendo un racconto erotico: narrava l'incontro tra un piazzista con la passione di scrivere racconti erotici e una donna con il dubbio di non essere abbastanza focosa a letto. Nascosti in un boschetto, i due avevano ripetuti rapporti sessuali descritti in maniera piuttosto minuziosa. Avevo scoperto cosa agitava tanto la mia signora, ma mi rimaneva da scoprire un ultimo mistero: cosa faceva nascosta dietro al chiosco? Il giorno dopo andai in perlustrazione, scoprendo dietro al chiosco un gabbiotto che fungeva da magazzino. La porta era aperta e così malandata che tra le assi che la componevano c'era molto spazio. Da lì dentro, nascosto allo sguardo di tutti, potevo avere una visuale completa del retro del chiosco. Aspettai con ansia il giorno che la mia provocante signora arrivasse con una nuova storia, ma sembrava farlo apposta: arrivava sempre con il suo libro.
Finalmente, un venerdì, dopo essersi seduta sulla sua panchina, estrasse dalla borsa i fatidici fogli. Con aria indifferente mi alzai e, aggirato il chiosco, mi nascosi nel mio rifugio. Dopo quindici interminabili minuti lei arrivò, controllò di non poter essere vista e, con un gesto lento e sensuale, sollevò la gonna fino alla vita, rivelando le cosce morbide fasciate da autoreggenti scure e un minuscolo slip di pizzo. Si sedette sul vecchio sgabello abbandonato, le gambe leggermente divaricate, e iniziò a massaggiarsi il sesso attraverso il pizzo con movimenti circolari sempre più intensi. Quando scostò la stoffa per toccarsi direttamente, potevo vedere l'umidità che già bagnava le sue dita. Con l'altra mano estrasse dalla borsetta un fallo di gomma che appoggiò sullo sgabello, sistemandolo in posizione verticale prima di calarsi lentamente su di esso.
Io ero ipnotizzato da quello spettacolo: gli occhi strabuzzati, la bocca spalancata, il respiro affannoso, il cuore che mi martellava nel petto e, soprattutto, un'erezione che pulsava dalla voglia di schizzare piacere. La mia eccitazione aumentò ulteriormente quando, con dita tremanti, iniziò a sbottonare la camicetta un bottone dopo l'altro. Abbassò le coppe del reggiseno liberando il seno rigoglioso, i capezzoli già turgidi che si portò alla bocca inarcando la schiena, leccandoli e mordendoli mentre continuava a cavalcare il dildo con un ritmo sempre più frenetico. Senza nemmeno accorgermene, avevo tirato fuori il mio cazzo iniziando a massaggiarlo con lo stesso ritmo dei suoi movimenti. La vidi inarcare la schiena, gli occhi che si rovesciavano all'indietro mentre un orgasmo intenso le attraversava il corpo facendola tremare. Si morse il labbro per non urlare, il suo corpo scosso da spasmi di piacere, mentre nello stesso istante venivo anche io, sognando di riempirle il viso con il mio sperma. Sollevò il dildo ancora lucido dei suoi umori e se lo portò alle labbra, leccandolo e succhiandolo con gli occhi chiusi prima di riporlo nella borsetta. Si alzò dallo sgabello e, dandomi le spalle, sollevò completamente la gonna per sistemarsi le autoreggenti e gli slip, offrendomi la vista del suo culo generoso e perfettamente tornito che sembrava quasi invitarmi a toccarlo. Infine, si ricompose e tornò alla sua panchina. Non mi era mai capitato di dovermi masturbare con la stessa esigenza. Quella donna mi aveva stravolto i sensi solo guardandola.
Restai nel gabbiotto con il cuore che rimbombava nel petto e il cazzo che non voleva ammosciarsi nella mia mano, dandomi il tempo di riprendermi, nella speranza che lei non si accorgesse che l'avevo spiata. Raggiunsi l'ufficio ancora intontito, svolgendo i miei compiti come in trance, con la mente in un'altra dimensione, le immagini di lei che si masturbava che non mi davano tregua. Improvvisamente, la folgorazione: avrei scritto un racconto per lei. Sarebbe stato il mio personale omaggio e, allo stesso tempo, una grande sfida. Ero curioso, eccitato all'idea di scoprire se anche una mia storia sarebbe stata in grado di provocare in lei le stesse reazioni che avevo appena visto. Avevo due giorni per far dare a Dago, il personaggio dei miei racconti, il meglio di sé. Domenica sera, mentre davo gli ultimi ritocchi alla storia, mi sentivo combattuto: soddisfatto del risultato ma terrorizzato all'idea di non superare la prova.
Ho passato una mattina d'inferno con lo sguardo che andava continuamente all'orologio e la testa alla storia, pensando a possibili miglioramenti dell'ultima ora. Ho stampato e messo la storia in una busta su cui ho scritto con un pennarello in stampatello: "UNA STORIA PER TE".
Resterò sulla mia panchina fino a quando non inizierà a leggere, poi sgattaiolerò nel mio rifugio ad aspettarla.
È in ritardo, o almeno così mi sembra, ma arriva. Indossa un tailleur primaverile color crema che esalta la sua carnagione. La giacca, leggermente attillata, sottolinea il seno generoso, mentre la gonna, con una leggera svasatura che le permette di muoversi con eleganza, si ferma appena sopra al ginocchio evidenziando le sue curve generose. Fa per sedersi sulla panchina. Vede la busta. Temporeggia. La prende in mano. La studia. Si avvicina a me. "Ha visto chi ha lasciato questa busta?" La guardo. È bellissima. "Quale busta?" rispondo facendo finta di cadere dalle nuvole. "Su quella panchina… ho trovato questa busta… non so…" "Mi spiace, non ho visto nulla… non saprei dirle…" Mi sorride. "Grazie lo stesso…" Il volto le si illumina, torna verso la panchina. Si siede. Rigira la busta tra le mani. È indecisa. La apre. Spiega i fogli. Inizia a leggerli. Si ferma. Si guarda attorno, quasi cercasse chi ha lasciato la busta. Se sapesse. Ricomincia a leggere. Vedo l'agitazione crescere in lei, il respiro che si fa più veloce, le guance che si colorano leggermente. Il mio cazzo pulsa nei pantaloni vedendola così eccitata dalla mia storia. Cercando di mantenere un atteggiamento indifferente, raggiungo la mia postazione. Mi chiudo dentro e aspetto. Il cuore batte. Non so se è l'agitazione o l'eccitazione a provocarmi la tachicardia.
Finalmente arriva. Alza la gonna come se sapesse dove sono e volesse offrirmi uno spettacolo. Solleva la gonna con mani tremanti di eccitazione, scoprendo le sue cosce morbide e nude e mettendo in mostra un ridottissimo slip di pizzo nero che non nasconde praticamente nulla. Chiude gli occhi, allarga maggiormente le gambe e inizia ad accarezzarsi attraverso la stoffa sottilissima, gemendo piano. Non resiste a lungo: scosta il pizzo con due dita e inizia a massaggiarsi il clitoride con movimenti circolari sempre più veloci. La sua fica è già così bagnata che le dita scivolano facilmente dentro e fuori mentre, con l'altra mano, si slaccia la camicetta. I suoi gemiti si fanno più intensi quando libera il seno dal reggiseno di pizzo coordinato e inizia a pizzicarsi i capezzoli già turgidi.
La vista del suo piacere mi fa impazzire, soprattutto sapendo che è la mia storia a provocarlo. Mi costringo a rallentare i movimenti della mano sul mio cazzo duro, non voglio venire troppo presto. La osservo mentre estrae dalla borsetta il suo dildo e, appoggiandolo su una vecchia cassetta proprio davanti alla porta del gabbiotto, si posiziona sopra di esso. Il modo in cui si morde il labbro mentre se lo spinge dentro il culo mi fa quasi perdere il controllo. Con la mente corro alla mia storia, alla scena che sta ricreando fedelmente davanti ai miei occhi, e perdo di nuovo il controllo della mia mano sentendo un nuovo tipo di eccitazione crescere.
La chiusura della porta cede all'improvviso. Mi ritrovo catapultato in avanti, barcollando con i pantaloni alle caviglie e il cazzo duro in mano. Lei mi fissa con occhi spalancati dalla sorpresa e dalla vergogna, il dildo ancora piantato nel culo, i seni oscenamente in mostra, la fica gocciolante e le guance arrossate. I nostri sguardi si incrociano, carichi di imbarazzo ed eccitazione. Per un istante il tempo sembra fermarsi. Il suo sguardo scivola verso il basso, fissando la mia erezione e, con mia sorpresa, invece di gridare o scappare, allunga una mano tremante verso di me. Le sue dita accarezzano la mia verga, provocandomi brividi intensi, facendo vibrare la mia carne come la bacchetta di un rabdomante. Mi avvicino con la speranza che qualcosa accada e lei si sporge in avanti, il calore umido delle sue labbra che mi avvolgono la cappella mi conferma che non è un sogno. Un gemito sfugge dalle mie labbra mentre la sua lingua inizia a esplorare, le sue labbra a succhiare con sempre maggiore intensità la mia minchia nella sua bocca.
"È tua la storia, vero?" sussurra, prendendosi una breve pausa e guardandomi dal basso con occhi che brillano di malizia. Non riesco a rispondere, perso nelle variopinte sensazioni che la sua bocca riesce a farmi provare.
"È tua la storia, vero?" mi chiede nuovamente, un momento prima che le sue mani mi afferrano le natiche, spingendomi più a fondo nella sua gola. Il piacere è così intenso che devo sforzarmi per non venire subito.
"È tua la storia, vero?" chiede ancora. Capisce il mio stato, gioca a tenermi lì, sul limite, pronto a sborrare senza riuscire, lo fa accarezzando, leccando, baciando, succhiando, ogni parte del mio sesso, non c'è un millimetro che non è ricoperto della sua saliva. In quel momento mi rendo conto che, se non rispondo a quella domanda, lei continuerà a non concedermi quel piacere, o addirittura potrebbe andarsene lasciandomi in quello stato. "Sì, l'ho scritta io…" stento a riconoscere la mia voce che in questo momento è quasi supplichevole.
Solo allora lei accelera, si aggrappa alle mie natiche per spingermi più a fondo nella sua gola. Vorrei urlare, ma non posso, siamo in un parco. Le afferro la testa e la sento stringere maggiormente le labbra attorno alla mia dura carne. Bastano pochi secondi, poche altre spinte per farmi grugnire come un animale mentre sborro abbondantemente nella sua bocca. Lei non lascia la presa. Beve tutto e continua a pompare, e a guardarmi con quegli occhi che implorano piacere. È tutto così bello ed eccitante che ho il cazzo ancora duro come se non fossi venuto.
Lo ripulisce tutto con cura, poi si alza, mi guarda con una maliziosa aria di sfida mentre si pulisce qualche residuo di sperma dalle labbra, mi bacia e mi sussurra: "Fammi quello che hai scritto nella storia." Poi si gira, si appoggia alla cassetta e, sollevando completamente la gonna, mi offre la vista del suo culo perfetto.
Mi inginocchio dietro di lei, incapace di resistere alla tentazione. Le mani afferrano quelle fantastiche chiappe, le aprono, esponendo il succoso frutto che è la sua fica. Inizio a leccarla, assaporando il suo sapore, infilando la lingua in profondità, per poi risalire verso il suo ano, già dilatato dal dildo, strappandole gemiti più intensi. Le infilo due dita nella fica mentre continuo a leccarla, sentendola contrarsi di piacere.
"Ti prego," sussurra con voce rotta dall'eccitazione, "scopami come nella storia."
Non me lo faccio ripetere, mi alzo, posizionandomi dietro di lei, una mano afferra la gonna, mentre con l'altra punto deciso il mio glande contro l'ano. La mia mente torna alla storia, a quello che ho raccontato che fa Dago e, senza pensare, spingo deciso, anche con il desiderio di soddisfare la sua richiesta. Il gemito soffocato che le sfugge dalle labbra è chiaramente un mix di dolore e piacere. Mi fermo solo per un secondo, per capire cosa sta succedendo, ma è lei a muoversi, a cercarmi. Allora sento nuovamente il sangue di Dago scorrere nelle mie vene. Le schiaffeggio il sedere e spingo, forte, con decisione, penetrandola completamente. Lei geme, ma la storia scorre nella mia testa, mi allungo su di lei e le afferro i grandi seni e li strizzo con forza mentre non smetto di stantuffarle il culo. C'è un momento che mi sembra di dissociarmi, come quando scrivo, e vedere da un punto fuori della scena, Dago che scopa selvaggiamente questa donna nel culo in quell'anfratto del parco.
Dalla sua bocca esce un suono strano. Sembra provenire dal suo punto più profondo. Inizio a capire: "Sì… sì… sì… godo… oddio godo… non ti fermare…" Non potrei fermarmi nemmeno se volessi, anzi cerco di aumentare le spinte. Le sue parole hanno appena avuto l'effetto di mandarmi in orbita e, nel momento in cui il mio seme le riempie le viscere, il suo corpo si scuote in un orgasmo travolgente. Schizzi del suo intenso piacere bagnano la mia camicia e i miei pantaloni.
La testa mi gira, e anche lei sembra provata. Ci vuole qualche istante prima che riesca, con rammarico, a sfilarmi da quel culo paradisiaco. Anche lei lentamente si muove, iniziamo a ricomporci mentre torna anche un alone di imbarazzo. Inaspettatamente, lei si avvicina e mi bacia con passione. Per la prima volta noto quanto siano morbide le sue labbra. Si stacca da me con un sorriso malizioso, si china e prende in bocca il mio cazzo ancora umido, leccandolo e pulendolo con cura meticolosa.
Le campane della chiesa vicina suonano, rompendo l'incantesimo. Lei si sistema velocemente i vestiti, ma prima di sparire tra i cespugli si volta verso di me con un sorriso malizioso: "La prossima volta…" sussurra, accarezzandomi una guancia, "…voglio leggere cosa succede dopo." Mi lascia lì, stordito e con i pantaloni ancora alle caviglie, la mente che già corre veloce a immaginare nuove storie per lei. Mi rivesto in fretta, conscio di essere tremendamente in ritardo per il lavoro, ma con la certezza che questo è solo l'inizio di una serie di incontri proibiti nel parco.
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