Di gusti particolari

di
genere
sentimentali

Forse è solo una trasgressione come tante, che può piacere o no secondo i gusti di ognuno. Ma forse è anche un'occasione unica per vedere da un'angolazione tutta particolare, diciamo in "controcampo", l'essere donna e l'essere uomo su quell'eterno campo di battaglia che è il letto, e cercare di capire un po' meglio i grandi drammi e i piccoli problemi della rispettiva altra metà del cielo.
Il tema è delicato. Scrivere e pubblicare questo racconto è stato qualcosa che ha richiesto un pizzico di coraggio più del solito. Ma chi pretende di scrivere erotismo deve avere coraggio anche di affrontare territori difficili e scomodi.
Questo racconto potrebbe non piacervi. Ma in ogni caso, Buona Lettura da Xlater.



Col senno di poi, penso che avrei dovuto accorgermene subito. Quell'argomento non era venuto fuori, la prima volta, in modo così casuale, come ingenuamente avevo pensato. Non era un caso nemmeno il fatto che da quel momento in poi i contatti on-line con Valentina erano diventati più frequenti e la nostra conoscenza "virtuale" più amichevole. Era la donna più interessante, più "bona" (le foto che circolavano non lasciavano dubbi in merito) e più inaccessibile (più o meno tutti ci avevano provato, senza cavare un ragno dal buco malgrado fosse single) della chat room, e io mi cullavo al pensiero che fosse conquistata dai miei modi e dalla mia simpatia. Non potevo immaginare che ciò invece dipendesse in gran parte dalla tiepida disponibilità che avevo manifestato su quel tema.
In fondo non mi ero nemmeno sbilanciato in modo così clamoroso. "Immagino che con la donna giusta potrebbe essere molto eccitante", avevo detto, più o meno, aspettandomi che la cosa si chiudesse lì. Invece lei si mostrò molto interessata e volle approfondire, ponendomi, con un tono tra il serio ed il faceto, ulteriori domande. Se l'idea non mi infastidisse, se non la ritenessi un "vulnus" alla mia virilità. Nelle mie risposte fui molto aperto, moderno e "libero", forse anche calcando un po' i toni. Mi accorgevo che era compiaciuta di quello che le dicevo, ed io ero a mia volta compiaciuto della sua approvazione.
Non è così sorprendente che da quella volta in poi il tema tornasse periodicamente a galla. Era una fonte inesauribile di spunti per simpatiche battute un po' spinte che erano perfettamente in linea col tono scanzonato delle nostre conversazioni. Inoltre sapevo che lei approvava come la pensavo in merito, e mi piaceva ogni volta sentirmelo dire. Mi accorgevo di usare istintivamente quell'argomento per accrescere il senso di complicità tra di noi. Non che sperassi davvero di concludere qualcosa con lei, che consideravo sempre troppo inaccessibile per le mie mire, ma non mi dispiaceva comunque che tra noi ci fosse una buona sintonia e si parlasse anche di argomenti un po' osé. Tra l'altro lei stessa mi aveva diverse volte confidato che riteneva quella situazione di cui parlavamo decisamente intrigante, e quindi scherzarci sopra veniva ad entrambi piuttosto spontaneo.
Nel giro di poche settimane le nostre frequentazioni in rete si intensificarono, al punto che fu assolutamente naturale decidere di incontrarci di persona, complice anche il fatto che abitavamo appena ad una sessantina di chilometri di distanza, quasi tutta autostrada, tre quarti d'ora di macchina al massimo. Senza alcun secondo fine, ci tenemmo entrambi a precisare, solo come due amici che hanno piacere a bere qualcosa insieme e chiacchierare un po'.
Quando finalmente la vidi, feci tanto d'occhi. Le foto che avevo visto non le rendevano affatto giustizia. Era alta quasi quanto me, che sto sul metro e ottanta. Corpo statuario. Capelli lisci lunghi, castano scuro, che le arrivavano a metà schiena. Un ovale perfetto di viso, su cui erano disegnate due labbra carnose facili al sorriso, e due occhi scuri che emanavano dolcezza e calore ma in cui, di quando in quando, balenava lo sguardo astuto e famelico di un rapace.
Hai voglia a recitare la parte del semplice amico disinteressato, con una così. Malgrado tutti i miei tentativi di dissimulazione il fascino che esercitava su di me le fu presto evidente. Anche lei dava segnali di apprezzare la mia presenza in persona, e quel certo feeling positivo che correva tra noi nei contatti a distanza sembrava pienamente confermato. Ma la speranza di piacerle, confortata da questi segni incoraggianti, aumentava la mia vulnerabilità. Ero completamente in sua balia, e quel che è peggio, lei stessa ne era perfettamente consapevole, oltre che visibilmente soddisfatta. A quel punto, forse come estremo tentativo di recuperare punti, mentre eravamo abbastanza appartati al tavolino di una birreria, colsi un'occasione per portare il discorso sul nostro argomento preferito. Quello in cui mi mostravo tanto aperto, moderno, "superiore", e ricevevo puntualmente il suo plauso ammirato. E così anche in quella occasione, ribadii di non avere preclusioni in proposito, con la donna giusta e nella situazione giusta.
Lei sorrise e strinse gli occhi, fissandoli sui miei, lasciando filtrare per un attimo impercettibile quel suo sguardo da rapace. Sembrò quasi che non aspettasse altro. Ebbi la gelida impressione di essere caduto in qualche specie di trappola.
"Senti Giorgio..." mi disse, "ma se una donna avesse una particolare predilezione per quel tipo di cosa... al punto da ritenerlo il modo di gran lunga preferito per stare in intimità con un uomo... tu la considereresti una pazza maniaca?"
"Assolutamente no. Perché mai? In fondo se le piace... e se piace ai suoi partner... che male c'è? Non la vedrei come una pazza. Anzi, è probabile che questi suoi gusti particolari la renderebbero ai miei occhi ancora più interessante e sexy"
Abbozzò un sorriso. Mi stava ascoltando con estrema attenzione, e questa mia risposta le era evidentemente piaciuta.
"E se questa donna ti facesse capire che desidera fare quella cosa con te, come reagiresti? Ti infastidirebbe?"
"No, affatto. Anzi, credo che ne sarei lusingato..."
Sorrise ancora. Mi accorgevo che non erano discorsi fatti tanto per parlare, ma ancora non ero sicuro di dove voleva andare a parare. Poi le sfuggì un sospiro e il sorriso assunse una sfumatura triste.
"Però immagino che per te la cosa sarebbe... come una specie di scambio. Un piccolo sacrificio per accontentare i gusti un po' strani di questa donna, per poi passare all'incasso con qualche altra cosa di tuo maggior gradimento... un do ut des..."
"Cosa vuoi dire?"
"Voglio dire... Immagina che lei ti dicesse che con te vuole fare esclusivamente quella cosa e nient'altro. Tu accetteresti? Saresti interessato a fare solo quello? Lo faresti per il solo gusto di fare proprio quella cosa?"
Non mi staccava gli occhi di dosso. Sembrava quasi trattenere il respiro, in attesa della mia risposta.
"Se fosse una donna che mi piace molto... che mi ispira... Perché no? Anzi, potrebbe essere molto intrigante come situazione"
Annuì piano, soddisfatta. Poi la sua espressione si fece seria. Si chinò verso di me, fino a portare il suo viso vicino al mio. La sua mano sfiorò la mia sul legno scuro del tavolino. Era bellissima e il suo sguardo mi teneva quasi ipnotizzato. Sussurrò pianissimo, guardandomi negli occhi.
"E se quella donna fossi io?"
Sentii un brivido lungo la schiena.
"Non sto scherzando, Giorgio. Mi piacerebbe molto farlo con te. Mi piacerebbe molto... incularti."
Mille emozioni contrastanti si agitarono in me. Non sapevo bene cosa pensare. Stavo prendendo fiato per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma lei continuò.
"No, non dire niente. Non voglio una risposta adesso. Voglio che ci pensi bene. Dimentica tutto quello che mi hai detto finora: la filosofia è una bella cosa, ma i fatti sono un altro paio di maniche. Devi solo provare a immaginarti la scena... con me... sappi che io ne ho davvero voglia... mi stuzzicavi già da prima, ma ora che ti ho visto di persona ne sono ancora più convinta. Hai qualcosa che mi arrapa da morire. Credo che ti prenderei con una passione ed un trasporto incredibili... impazzirei di goduria... e farei godere anche te come un porco. Sono sicura che la cosa ti intriga... sei tu che devi decidere se ti intriga abbastanza. Mi rendo conto che ci vuole un coraggio che pochi uomini hanno, per cui se dovessi rifiutare comprenderei perfettamente e non perderesti nulla della mia stima e della mia amicizia... Ma sarebbe un peccato, credimi..."
Proprio in quel momento un cameriere venne a ritirare i bicchieri vuoti.
"Un altro, per favore" chiesi. "Ne ho proprio bisogno... ho le fauci secche..." precisai rivolto a Valentina, che stava a sua volta chiedendo il bis.
Aspettò che il cameriere si allontanasse, e poi mi carezzò il volto, dolcissima, quasi materna. "Ti ho messo in imbarazzo? Povero caro... Dai, ora parliamo d'altro... Cosa mi stavi dicendo del tuo lavoro?" e come niente fosse tornò a chiacchierare del più e del meno.
Non fui un conversatore particolarmente brillante. La proposta che mi aveva fatto continuava ad agitarsi nella mia mente ed era difficile concentrarsi su altri argomenti. Tra l'altro ero convinto che nemmeno lei avesse smesso di pensarci. Ogni tanto i suoi occhi cercavano i miei quasi a ripetere in silenzio il suo invito, al quale mi sembrava sempre più difficile opporre un diniego. Inoltre continuava ad affascinarmi, con le parole, coi gesti, con gli sguardi, con la sua intossicante bellezza, e ogni tanto una vocina dentro di me ripeteva "Io, da una donna così, mi farei fare tutto quello che vuole". In certi momenti avevo la sensazione che lei stessa riuscisse a sentire quella vocina, e allora mi scoccava i suoi improvvisi sguardi da rapace, come verso una preda che ormai non ha più vie di scampo. A volte sembrava quasi che guardandomi pregustasse il momento in cui avrebbe potuto godere di me, secondo quello che mi aveva fatto capire essere il suo "modo di gran lunga preferito per stare in intimità con un uomo", e tutto ciò mi metteva una certa agitazione, ma devo ammettere che in qualche modo era stranamente eccitante. Intanto continuavamo a condurre un'innocentissima conversazione su argomenti del tutto banali, finché si fece tardi per entrambi.
Quando la riaccompagnai a casa mi ringraziò abbracciandomi con calore per la bella serata. Nell'occasione mi disse all'orecchio "Ricordati che aspetto da te una risposta. Pensaci... e... pensaci bene..." poi mi baciò castamente su una guancia e, molto meno castamente, mi sussurrò "Mi piacerebbe moltissimo incularti... non dimenticarlo..."
* * * * *
"Vac-u-lock". Ripetevo dentro di me questo curioso termine dal suono ipertecnologico, mentre Valentina mi mostrava orgogliosa la sua collezione che conservava con religiosa cura avvolta in un panno di velluto. "Vac-u-lock". I vantaggi delle interfacce standard applicate all'ambito dell'ogettistica sexy. Un'idea geniale. Mi ero fatto una cultura in merito dopo quella sera in cui lei mi aveva fatto la "proposta indecente", e ancora di più quando pochi giorni dopo (il minimo sindacale per non dare un "sì" troppo precipitoso) in una telefonata timida e maldestra avevo comunicato la mia risposta a Valentina.
"Sei sicuro, Giorgio?" mi aveva ammonito. "So di ripetermi, ma è meglio essere chiari piuttosto che avere spiacevoli problemi in seguito. Faremo esclusivamente quella cosa. Non ci sarà altro..."
"Lo so. Lo avevi detto..."
"E accetti lo stesso? Pur sapendo che si tratta solo di farti inculare da me?"
"Sì. Proprio così."
Non nascose la sua soddisfazione. "Lo sai che sei un tesoro?"
"Valentina... ascolta..."
"Dimmi..."
"Io non ho mai fatto niente del genere... Voglio dire... Non ho idea di... di cosa fare, di come fare... Dovrai un po' aiutarmi... essere comprensiva..."
Sembrò intenerita. "Non preoccuparti, sarò dolce e paziente... il mio obiettivo principale è farti stare bene, e farti godere come un maiale. Vedrai, ti piacerà tantissimo... più di quanto immagini... Sai che non vedo l'ora?"
"Scusa se te lo chiedo... Ma in quel modo riesci a godere anche tu?"
Rise. "Altroché! E non sai quanto!"
"Era una domanda stupida?"
"No, tesoro. Anzi è molto carino da parte tua pensare al mio piacere. Ma non ce n'è bisogno. Il massimo che potrai fare per il mio piacere non sarà altro che metterti completamente nelle mie mani e pensare a goderti la cosa. Questo è fondamentale per divertirci entrambi. Per il resto... vedrai al momento giusto e capirai..."
C'era un'altra domanda che mi ronzava per la mente, ma che non ebbi il coraggio di farle. Riguardava le dimensioni dell'oggetto che avrebbe usato con me. Mi sembrava ridicolo chiedere una cosa del genere. Inoltre ero quasi certo che se la sarebbe cavata con una risposta evasiva, lasciandomi in sospeso. O al massimo, come scoprii in seguito, mi avrebbe risposto "decideremo insieme". In ogni caso, la curiosità mi spinse ad informarmi in rete su queste attrezzature che permettono lo scambio di ruoli a letto. Fu così che scoprii il Vac-u-lock, intuendo subito che Valentina probabilmente aveva un'attrezzatura simile. In pratica si tratta di un'imbracatura a forma di slip che invece di avere saldato sopra un cazzo "fisso", come negli strap-on più classici, ha un attacco "standard" sul davanti cui poter fissare un qualsiasi fallo di gomma "Vac-u-lock-compatibile", potendo scegliere tra un infinità di materiali, forme, colori e dimensioni. Per un attrezzo destinato ad essere usato dalle signore, riflettei con un pizzico di ironia, una geniale idea anche dal punto di vista del marketing. Non sempre lo stesso cazzo, ma il cazzo giusto per ogni occasione, scelto eventualmente anche per essere giusto pendant con la biancheria intima e gli accessori. "Oh, cribbio, stasera ho un appuntamento e non so che cazzo mettermi!"
Così quando venne il giorno X, prima di ogni altra cosa, Valentina mi mostrò la sua collezione di una mezza dozzina di esemplari. Aveva un'evidente predilezione per il tipo "realistico". Tutti i suoi falli sembravano veri peni eretti, per forma e consistenza, con tanto di scroto posticcio. Cambiava il colore, o se vogliamo, la carnagione. C'era un nordico, un paio di mediterranei, un paio di mulatti, e un enorme spaventoso africano che dentro di me ribattezzai "La Morte Nera", probabilmente suggestionato dall'aver da poco rivisto in dvd la saga di Star Wars. Sapevo che sul mercato le misure standard si esprimevano in pollici. A occhio stimai che la maggior parte di loro erano tra i 7" e gli 8", tranne la Morte Nera, ancora più lunga. Ma anche le proporzioni erano variabili, ce n'erano di tozzi e di più slanciati. Inoltre alcuni erano piuttosto lisci e semplici mentre altri evidenziavano nodosità e venature. La mia attenzione si fissò subito sul più piccolo e sottile, un 6 pollici e mezzo, che comunque, su una scala di misure umana, rappresentava già qualcosa di maggiore della media.
"Io direi che questo qui..."
"Sì, stasera useremo questo" mi interruppe subito lei strizzandomi l'occhio ironica. "Ma non è detto che in futuro non possa anche tu apprezzare i vantaggi di avere un certo assortimento e di poter cambiare calibro, all'occorrenza."
"Senti, ma questo..." iniziai, indicando la Morte Nera.
"Quello è un pezzo da raffinati intenditori. Può darti il paradiso, ma ci si deve arrivare con un po' di gradualità e di addestramento..."
Bene. Non avevo nessuna fretta.
"Che ne diresti di cominciare a spogliarti, ora? Non perdiamo altro tempo..."
Così dicendo mi scortò nella sua camera e si sedette sul suo letto, comodamente appoggiata sul cuscino, indicandomi lo spazio tra il letto stesso e il muro antistante. Anche se viveva da single aveva un comodo letto matrimoniale, e da quello mi guardava mentre mi spogliavo, sorridente e serena, con le mani pigramente intrecciate dietro la nuca.
In pochi secondi fui nudo come un verme davanti ai suoi occhi, con le mani a coprirmi pudicamente il pacco. Era divertita ma iniziava anche ad essere eccitata.
"Niente male davvero" commentò. "Asciutto senza esagerare, muscoloso senza esagerare... proprio come piace a me... girati adesso..."
Eseguii.
"Wow! Bella schiena... Bel culo, soprattutto... Mmmmm... Immagino che sarà davvero un piacere... Girati ancora... e togli quelle mani... Uhm.. niente male anche davanti. Buono a sapersi..."
Sorridendo con malizia si alzò dal letto e mi venne vicino, fermandosi sul mio fianco sinistro. "Fermo, ora... fatti toccare..."
Le sue mani percorsero il mio corpo, tastando curiose la consistenza del torace, delle spalle, delle cosce. Si muoveva senza fretta, ma ci vollero pochi secondi perché la sua destra venisse a giocare con le mie natiche, e tra le mie natiche. Io non facevo altro che restare passivo, lasciandomi palpeggiare. Non avrei saputo che iniziativa prendere, e temevo di varcare qualche limite proibito. Non nascondo poi che trovavo piuttosto eccitante farmi toccare tutto da lei, soprattutto perché lei stessa mostrava di gradire molto quello che stava avvenendo, e non mancava di farmelo sapere, sussurrando sospirosa al mio orecchio.
"Mi sto divertendo un casino, sai? Mi arrapa averti qui tutto nudo per me... Senti che bel culo sodo... Dov'è il buco... oh, eccolo... mmm, sembra strettino..."
Aveva bagnato di saliva il polpastrello del medio e stava forzando l'apertura. Aveva avuto cura di non tenere le unghie troppo lunghe e la sensazione non fu sgradevole quando il suo dito scivolò dentro di me. Mi stavo eccitando, e anche il cazzo, che sin da quando mi ero spogliato era in semi erezione, stava alzando la cresta con maggior decisione. La cosa non le sfuggì. "Ti piace il mio dito nel culo, eh, porco?" mi sussurrò. Poi, mentre con la destra continuava a diteggiarmi nel retto, con la sinistra prese il mio mento è lo girò verso di sé. "Baciami, dai." La baciai con passione. Fu un bacio strano. La sua lingua si impose sulla mia di prepotenza. La lasciai fare e restai a sentirla muoversi nella mia bocca in curiosa sintonia con il suo dito che si muoveva nel culo. Con l'altra mano intanto mi reggeva delicatamente il cazzo, ormai durissimo, saggiandone l'eccitazione.
"Mmmm... Sei proprio un gran bel bocconcino... Avrei voglia di sbatterti a terra carponi ed incularti subito. Ma non si fa così con un tenero verginello come te. Questo è un momento importante e voglio gustarmelo con calma. Voglio prepararti bene... aprirti il culo piano piano... prima di prenderti come si deve. Vedrai quanto ti piacerà!" Anche quando usava termini forti, non aveva mai il tono della "dominatrice". C'era un leggero tremito nella sua voce che esprimeva eccitazione e desiderio. Le piacevo e aveva voglia di possedermi.
Liberò con dolcezza il dito e mi fece sistemare carponi sul letto. Volle che inarcassi la schiena e divaricassi le ginocchia, per offrirle uno spettacolo migliore.
"Siete stupendi voi uomini in questa posizione... tutto il meglio che avete da offire è bene in vista, a disposizione... il culo, le palle, il cazzo... Tu poi, con questo culetto sodo sei proprio una meraviglia..." Tornò ad accarezzarmi, passando le sue mani delicate un po' dappertutto. Sulla schiena, sui fianchi, sulle natiche, arrivando anche alle palle e al cazzo da sotto le gambe. Le piaceva in particolare divaricare le mie natiche con entrambe le mani per esporre il buco.
Era una sensazione stranissima. Sentivo la mia totale passività come innaturale e dentro di me qualcosa si agitava per ribellarvisi. Eppure era così piacevole lasciarsi andare agli stimoli tattili provocati dalle sue carezze, e soprattutto alla sensazione di abbandono. Ero completamente nelle mani di quella donna bellissima, che avrebbe usato il mio corpo a suo piacimento, prendendosi il proprio piacere e giocando a donarmi sensazioni speravo piacevoli, ma sicuramente intense e sconvolgenti. Mi avrebbe posseduto e sarei stato suo. L'idea mi piaceva.
Tutto questo umiliava i miei naturali istinti maschili, che erano in me quanto in qualsiasi altro uomo, forse anche più della media. Erano loro a ribollire nel mio animo e a gridare vendetta. Ma non potevo nascondermi che anche questa umiliazione mi stava dando un perverso piacere, cui decisi di abbandonarmi senza remore. Mi chiesi fino a che punto nei gusti particolari di Valentina, oltre al piacere di possedere analmente il corpo di un partner maschile ci fosse la perversa soddisfazione derivante dall'umiliazione inflitta. Nei suoi comportamenti, nelle parole che diceva, non c'era una particolare enfasi in questo senso, anche se inevitabilmente l'umiliazione era nella situazione, nella posizione, nel fatto che ero nudo mentre lei era rimasta vestita, negli atti che ci apprestavamo a compiere. Decisi di abbandonarmi a lei anche in questo. Se avesse voluto accentuare questo aspetto, giocando ad interpretare la padrona autoritaria con lo schiavetto sottomesso, umiliandomi ancora di più, lo avrei accettato volentieri. Avrei accettato tutto.
Intanto Valentina si era spalmata uno strato abbondante di unguento lubrificante sulle dita e stava penetrando il buco, alternando medio e indice. Rispondevo a quelle sollecitazioni con sospiri e piccoli gemiti che, se non avessi deciso di abbandonarmi completamente, probabilmente avrei trattenuto. Valentina capì ed apprezzò. "Bravo... bravissimo... lasciati andare..."
Mi penetrò con entrambe le dita, strappandomi un rapido ansito di dolore, ma presto le sue dita si fecero spazio e sentii che le spingeva e le roteava nel mio buco con poche difficoltà.
"Saresti quasi pronto, tesoro, ma stasera voglio prendermela con molta calma... Anche perché ho un simpatico regalino per te..."
Mi fece alzare dal letto e mi portò ad inginocchiarmi sul tappeto, fino a riassumere la posizione carponi. La sentii rimestare in un cassetto e poi tornare ad avvicinarsi alle mie spalle. Con molta delicatezza infilò nel mio culo un oggetto che non vidi, ma che immaginai essere un classico plug anale. Non era gigantesco, ma la sua presenza si sentiva. Il buco "tirava" anche se, rilassandomi, la sensazione era sopportabile. Intanto lei, ancora inginocchiata a fianco a me, continuava ad accarezzarmi le natiche e la schiena..
"Lo porterai per un po', così il tuo culo si abituerà ad essere penetrato, e potrai ricevermi senza problemi..."
Poi mi prese per le spalle e mi fece alzare un po' il busto, quanto basta per avere il mio viso all'altezza del suo. Mi baciò, lingua in bocca, con grande passione e dolcezza.
"Te la stai cavando alla grande, sai? Sono entusiasta di te... ed eccitatissima..." Mi baciò ancora. Stavo per rispondere che io non avevo fatto niente, ma forse era proprio quello il trucco.
"E a te... sta piacendo tutto questo?"
Sentivo il culo che stava progressivamente abituandosi all'ospite, e la sensazione era piacevole. Ma tutto il contesto era stranamente, perversamente, piacevole. Valentina era bellissima e mi piaceva abbandonarmi a lei.
"Sì... molto..." risposi. I suoi occhi brillarono.
"Bene... Ora rimani, qui, in posizione, per qualche minuto, senza muoverti. Torno subito."
Tornai a mettermi carponi, mentre sentivo i suoi passi allontanarsi leggeri. Anche l'attesa imposta era un elemento umiliante. Soprattutto se nudi, a quattro zampe sul pavimento e con un pezzo di lattice nel culo. Ma non durò molto, e fu un'attesa lautamente premiata.
Valentina si era tolta i semplici abiti che indossava ed era tornata in tenuta sexy. L'effetto complessivo era sconvolgente. Non portava reggiseno. La guepiere velata, adornata da ricami floreali e chiusa sul davanti con dei vezzosi fiocchetti, le copriva anche il petto generoso, ma era talmente trasparente che l'effetto era quello di esaltare più che di nascondere. Gli appositi ganci tenevano su delle calze nere, semplici ed eleganti, che valorizzavano le gambe lunghe e ben tornite. Completava l'opera un audace perizoma, sempre nero, sempre piuttosto trasparente. Tutto l'insieme sottolineava le forme del suo corpo stupendo. Da una donna così, ripetei a me stesso per l'ennesima volta, sono pronto a farmi fare tutto. Diversamente a quanto mi aspettavo non aveva ancora indossato l'imbracatura con il fallo finto. Forse non era ancora il momento, o forse ci teneva a farsi apprezzare da me in quella mise da alcova nel pieno della sua femminilità, senza innaturali protuberanze falliche che turbassero l'effetto d'insieme.
Mi ero alzato in ginocchio a contemplarla. Lei si avvicinò senza fretta, lasciandosi ammirare, e venne a fermarsi a mezzo metro da me, guardandomi dall'alto. Girò su se stessa, permettendomi di deliziare gli occhi con le curve piene del suo bel culo. Si chinò in avanti e fece scivolare lentamente il perizoma lungo le cosce fino alle caviglie. Se ne liberò e lentamente tornò a girarsi verso di me. Mi lasciò qualche secondo per godermi la vista della sua fica, poi si accomodò sulla poltrona accanto alla quale ero inginocchiato. Aprì lentamente le cosce e avvicinò il bacino all'orlo della poltrona. Era chiaro cosa si aspettava da me, ed ero felicissimo di compiacerla.
"Mi piace che la lingua sia molto morbida" precisò, "e voglio che lavori da sola, senza l'intervento di mani e dita..."
Presi nota e mi accinsi all'opera con entusiasmo. Non ci volle molto per capire come sollecitarla al meglio, e presto l'aria della stanza si riempì dei suoi musicali sospiri.
"Bravo... stai facendo un ottimo lavoro... è il momento di darti un piccolo premio..."
Con la coda dell'occhio la vidi armeggiare con un oggetto dalle dimensioni di una scatola di fiammiferi, mentre mi guardava con malizia. Spinse un bottone...
La sensazione mi colse del tutto impreparato, strappandomi un gemito. Il plug nel mio ano aveva cominciato a vibrare. Sul telecomando c'era anche una piccola manopola che le permetteva di giocare con l'intensità delle vibrazioni. L'ospite, che avevo quasi dimenticato, era tornato ad attirare prepotentemente la mia attenzione.
"Continua a leccarmi, tesoro... Non ti distrarre..." mi riprese lei, con un ombra di divertito rimprovero nella voce. Ubbidii, docile, ma senza riuscire a trattenere gli ansiti che l'oggetto diabolico mi provocava vibrando in me. Soprattutto quando lei, con un pizzico di crudeltà, mi sottoponeva a lunghe scariche di massima intensità che sembravano imporre a tutto il mio corpo una specie di liquida vibrazione che sembrava sciogliermi tutto.
Per qualche minuto andò avanti a farmi impazzire, accendendo e spegnendo, rallentando e accelerando, godendosi le mie reazioni mentre mi sforzavo di continuare a lavorarla di lingua come se niente fosse. Ma le sorprese non erano finite.
Valentina aveva ora un altro strano oggetto in mano, una specie di pallina ovale nera, da cui fuorisuciva un tubicino. Quando allungando il braccio sulla mia schiena applicò l'estremità del tubicino alla base del plug, capii di cosa si trattava. Una piccola pompa. Mi scoccò un'altra delle sue occhiate di fuoco e cominciò a stringere ritmicamente la pompetta con la mano. Sentii immediatamente il plug aumentare di dimensioni dentro di me, tirando dolorosamente i tessuti. Gemetti forte.
"Rilassati, tesoro... e continua a leccare... vedrai che il tuo buco si abituerà presto... questo giocattolino può crescere ancora molto..."
Detto questo, tornò a far partire le vibrazioni, riprendendo a giocare con l'intensità. Adesso erano ovviamente più difficili da sopportare, ma era anche più intensa quella strana e piacevole sensazione interna. Nei miei stessi gemiti, ormai continui, era impossibile distinguere il piacere dal senso di fastidio e di dolore.
L'eccitazione di Valentina cresceva, mentre continuava a gonfiare gradualmente il plug e a farmi impazzire con le vibrazioni. Io stesso non ci stavo capendo più niente e continuavo a leccarla disperatamente tra le cosce come un automa.
Raggiunse l'orgasmo sospirando rumorosamente sotto i miei colpi di lingua, mentre l'aggeggio nel mio culo mi scuoteva senza pietà, ormai gonfiato al massimo e con le vibrazioni alla più alta intensità possibile.
"Sei divino..." mi sussurrò all'orecchio quando, dopo aver estratto il giocattolo infernale, mi fece alzare e mi abbracciò con calore. L'effetto del suo corpo contro il mio produsse subito la prevedibile reazione, e il mio cazzò strofinò involontariamente contro il suo pube, ancora umido della mia saliva.
"Dove vuole cacciarsi questo brigante?" disse scherzosa, afferrandolo in mano e stringendolo. Sentivo di averlo duro come il marmo. Lei mosse la mano piano, su e giù, rendendolo se possibile ancora più duro. "Dimmi... ti piacerebbe scoparmi, vero?" mi domandò con malizia. "Mi piacerebbe tantissimo..." sussurrai io. Lei mi baciò a lungo, con il mio cazzo che continuava a pulsare disperato nella sua mano. Poi mi disse, dolce e perfida insieme: "E invece sarò io ad incularti... ad incularti per bene... e ti piacerà tantissimo lo stesso..."
* * * * *
Era sparita di nuovo per qualche minuto, lasciandomi carponi sul letto. Quando rientrò nella stanza indossava lo strap-on, e aveva un modo di camminare che dava l'impressione che volesse sfoggiare con orgoglio il suo cazzo artificiale. Era il più piccolo della collezione, ma sembrava imponente, forse per l'effetto di contrasto che faceva vederlo sporgere innaturalmente da un grazioso corpo femminile. Probabilmente più largo del marchingegno che aveva usato su di me mentre la leccavo, ma non di molto, se calcolato al momento del gonfiaggio massimo. Sicuramente molto più lungo, visto che il plug non superava la decina di centimetri.
In precedenza mi aveva mostrato, insieme alla collezione di falli artificiali, l'imbracatura dello strap on. Era possibile inserirvi all'interno, in corrispondenza della vagina e dell'ano di chi indossava l'indumento, dei piccoli peni di gomma. Lei ne usava solo uno, nella fica, davvero minuscolo. Mi aveva spiegato che il movimento di bacino necessario per l'atto, se effettuato in un certo modo (e mi aveva mostrato un voluttuoso ancheggiare che faceva pensare più ad una danza del ventre che all'incularsi qualcuno) faceva sì che il piccolo pene sfregasse in modo piacevole tra le sue pareti vaginali, toccando punti molto sensibili, e non c'era bisogno che fosse di grosse dimensioni. Inoltre la zona del clitoride veniva stimolata dalla pressione della base del pene artificiale ogni volta che lei spingeva col bacino. Già questo era sufficiente per portarla ad orgasmi deliziosi, tanto è vero che mi confessò che le capitava spesso di maturbarsi in quel modo, indossando lo strap-on e simulando un amplesso sfregando contro qualsiasi cosa offrisse la giusta resistenza. Immaginando ovviamente che si trattasse del culo di qualche bel fusto che stuzzicava le sue voglie.
"Se a tutti questi stimoli aggiungi la situazione eccitante... il gusto di incularmi un uomo che mi piace... vederlo gemere ed agitarsi sotto i miei colpi... vedere il mio cazzo che sparisce tutto dentro il culo, aprendolo sempre di più..." aggiunse ispirata. Mi aveva convinto. Avrebbe davvero goduto. Di me, del mio corpo, del mio culo. E ne ero perversamente contento.
Il momento ormai era arrivato.
Non perse tempo in cerimonie: salì sul letto in ginocchio dietro di me e cominciò subito le manovre per predisporre il tutto. Mi fece piegare maggiormente le gambe, per avere il mio buco all'altezza giusta. Lubrificò per l'ennesima volta tanto l'accesso che il suo cazzo finto, poi lo puntò e spinse. Prima di entrare mi sussurrò "Sei pronto?" "Prontissimo..." le risposi. Subito dopo scivolò dentro di me. Mi sfuggì un grido. Tutta la grossa cappella aveva superato il punto raggiunto dal plug, penetrando in zona "vergine", e la sensazione mi aveva sorpreso. Ma, dopo un primo momento, non era così male. L'imboccatura del buco tirava, ma quella era una reazione che mi aspettavo. In generale mi sentivo... "pieno". Una sensazione che aveva delle sfumature indubbiamente fastidiose, ma altre sfumature erano piacevoli. Mi concentrai su queste ultime.
"Come va, tesoro?" mi chiese lei.
"E' sconvolgente... Devo un po' abituarmi... ma non è male... mi piace... e tu?"
"Sto benissimo... ti sto inculando, e la cosa mi piace da impazzire... Tra poco comincerò a muovermi... Sei pronto?"
"Sì..."
"Inizierò molto lentamente, con estrema dolcezza... lunghi e voluttosi affondi per tutta la lunghezza..." e così dicendo cominciò a roteare il bacino proprio come aveva descritto. Presi subito a gemere senza ritegno. Mi sentivo completamente rimescolare il ventre. Lei teneva le mani sui miei fianchi e mi stringeva con decisione, tirandomi verso di sé ogni volta che affondava il colpo. La sensazione di quelle mani su di me mi eccitava pazzamente. Forse perché mi dava proprio l'idea di essere preso, sbattuto, posseduto. Forse anche perché erano il contatto naturale, vero, a pelle, con la donna che mi stava inculando, in contrasto con il materiale artificiale del fallo che mi pentrava. Mi piaceva molto anche sentire l'intensità crescente dei suoi sospiri, a testimonianza del piacere che le davo, così come lei veniva deliziata dai miei gemiti, sempre più di goduria e sempre meno di sofferenza. Volli fare ancora di meglio.
"Valentina... voglio dirtelo... mi sta piacendo da impazzire... mi stai inculando divinamente... sei una donna eccezionale..."
Le mie parole fecero montare la sua eccitazione. "Sei tu un uomo eccezionale... non ti rendi conto di quanto mi stai facendo felice... Ho voglia di aumentare un po' il ritmo..."
"Oh, sì... inculami più forte..."
Continuò a fottermi, sempre più veloce. Sul legno lucido del comodino riuscivo a scorgere il riflesso del movimento sinuoso ed elegante dei suoi fianchi, con cui mi sodomizzava a ritmo sostenuto, donandomi sensazioni sconvolgenti, mentre contemporaneamente si procurava piacere per se stessa. Pensai che paradossalmente lo trovavo un movimento molto aggraziato e femminile.
Intanto sentivo crescere il suo ansimare, ma si capiva che doveva accelerare ancora per raggiungere l'orgasmo. Un ritmo forsennato mi avrebbe sicuramente provocato del dolore, ma pensai che era un sacrificio che avrei fatto con gioia per farla venire. E comunque anche io avevo voglia di sentirla ancora di più.

"Più forte... ancora più forte, tesoro... non preoccuparti per me... sfondami tutto, se vuoi..."
Non si fece pregare. Piantò le unghie più a fondo nei miei fianchi e prese a sbattermi a sé con furia inaudita.
"Sì... ti sfondo... ti spacco tutto... ti rompo il cu.... aaaaahhh... AAAAAAAAAAAAAHHHHH!"
Crollò sulla mia schiena, vibrando ancora il bacino negli spasmi dell'orgasmo. Quanto mi piacque sentire il suo peso, il suo corpo, il suo seno sudato, contro la mia schiena. Poi, lentamente, ci adagiammo entrambi di fianco, ancora coi nostri corpi a contatto.
"Non ho parole..." mi sussurrò, "E' stato bellissimo..."
"Anche per me..."
"Posso tenertelo ancora dentro? Mi eccita da morire... Ti infastidisce?"
"No... anzi..."
Mi cinse con le mani intorno alla vita e mi strinse forte a sè, con molta tenerezza. "Sono fortunata... ho incontrato un uomo fantastico... Dio, come mi piaci..."
Con la mano destra scese verso il mio cazzo e lo prese in mano, cominciando ad accarezzarlo. Il cazzo rispose pronto, anche se non raggiunse una piena erezione, come se la presenza dell'altro cazzo dentro di me in parte lo inibisse. Ma questo non mi impediva di godermi le carezze di Valentina, che stavano gradualmente trasformandosi in una vera e propria masturbazione.
Successe una cosa imprevista. Il movimento ritmico del suo braccio faceva oscillare il letto e i nostri corpi, trasmettendo leggere vibrazioni anche al cazzo di gomma che continuava ad essere piantato fino in fondo dentro di me. L'effetto combinato della sega e delle oscillazioni era qualcosa di delizioso. Sembrava quasi che per effetto della mia, sia pur non rigidissima, erezione il cazzo dentro di me andasse a toccare qualche punto molto sensibile in modo molto piacevole.
"Oh... Valentina... è bellissimo... ti prego... continua...."
Lei intensificò il ritmo, concentrandosi sul movimento della mano. Ma non era solo quello che volevo.
"Spingi... sì... ancora... spingi di più..."
Capì al volo e, malgrado la posizione di fianco non fosse la più comoda, riuscì a spingere con maggiore impeto, coordinando le spinte del bacino col movimento della mano. Stavo sospirando rumorosamente e senza alcun ritegno. Sentivo il piacere crescere, diretto verso qualcosa, ma era qualcosa di completamente diverso da quello che conoscevo, e ne avevo quasi paura. Poi successe. Sentii come un fluido caldo sciogliersi dentro di me, innescando qualcosa che ricordava solo alla lontana i riflessi tumultuosi dell'orgasmo solito. Fui invaso da una sensazione di benessere e di abbandono e dal mio cazzo uscirono non i tipici schizzi violenti, ma un flusso continuo, lento, abbondante, di sperma biancastro. Godei a lungo, ansimando e contorcendomi, mentre Valentina mi guardava soddisfatta con una luce perversa nello sguardo.
* * * * *
Dopo la nostra prima volta, Valentina ed io prendemmo a frequentarci e a vederci assiduamente. Stavamo benissimo in reciproca compagnia. Andavamo insieme a cinema, a teatro, al ristorante, in birreria, in discoteca. Agli occhi di tutti eravamo una coppia come tante altre, e ci comportavamo come tali. In un certo senso lo eravamo, anche se non avevamo mai formalizzato esplicitamente la cosa tra di noi. L'unica vera differenza era nel fatto che mentre le altre coppie ad un certo momento si appartano per scopare, noi ci appartavamo a casa sua e lei mi inculava di gusto. Una differenza sostanziale? Non saprei dire.
Nei comportamenti di tutti i giorni, in pubblico, lei mi lasciava senza problemi il ruolo di maschio nella coppia. Parlo di quelle piccole differenze di atteggiamenti e di comportamenti che malgrado i tanti discorsi sulla "parità" continuano ad esistere. Non c'era niente di diverso nel modo in cui ci comportavamo da quello che ci si potrebbe aspettare da una coppia "normale". Ogni tanto capitava che lei mi guardasse negli occhi coi suoi sguardi da rapace, quasi volesse maliziosamente ricordarmi che tipo di rapporti c'erano tra noi in camera da letto. Oppure poteva succedere che mentre eravamo al banco di un bar, o in un vagone affollato del metrò, lei mi abbracciasse da dietro, spingendo allusivamente il suo bacino contro la mia bassa schiena sussurrando provocante "Lo sai che stasera ti rompo il culo, vero? Ne ho una voglia...", ma erano dettagli che chi era intorno difficilmente poteva percepire. Agli occhi di tutti ero il ragazzo di una gran bella fica, e la cosa non poteva che farmi piacere.
Nell'intimità invece le cose seguivano il solco segnato da quel nostro primo incandescente incontro, ovviamente esplorando man mano tutte le possibili variazioni sul tema. Il nostro affiatamento cresceva, ogni residuo di imbarazzo e di tabù tendeva a sparire, e di pari passo aumentavano il godimento e la soddisfazione. Gradualmente cominciò a usare con me gli altri cazzi più impegnativi della sua collezione e provavo uno strano orgoglio nell'imparare prima a sopportarli e poi addirittura a godermeli. Un giorno addirittura mi presentai da lei con un pacco regalo contenente altri due grossi arnesi da 8". Fu entusiasta della sorpresa e volle farmeli assaggiare entrambi quella sera stessa, salvo poi commentare maliziosa "Ma il regalino era per me... o per te?". L'idea di arrivare un giorno a farmi inculare con la terribile Morte Nera non era più un incubo, ma un obiettivo sfidante e concreto.
* * * * *
"Sai, Giorgio? Spesso mi capita di pensare che mi piacerebbe davvero averne uno mio, vero... Magari come questo..."
"Ti accontenti di poco!" le risposi ironico. Eravamo stesi sul letto una sera a riprenderci dopo le nostre fatiche, e Valentina si stava rimirando il cazzo che indossava e che aveva appena usato su di me. Era uno dei due che le avevo regalato, forse il più bello della collezione, perfettamente rifinito nei minimi dettagli e colorato in modo molto realistico. Una sleppa di 20 cm di lunghezza e diametro in proporzione che nella penombra della sua camera da letto sembrava minacciosamente reale.
"Non piacerebbe anche a te se avessi un cazzo vero?" chiese.
"Intendi dire se tu fossi un uomo?" risposi, poco convinto.
"No, no. Sarei sempre io... donna... ma con un cazzo vero. Lo so che è un idea assurda, ma... pensaci. Non sarebbe meglio di questi pezzi di gomma senza vita? Non ci sarebbe più gusto anche per te?"
Mentre parlava continuava a tenere in mano e accarezzare quel grosso arnese, osservandolo attenta, quasi si aspettasse che da un momento all'altro qualche Fata Turchina arrivasse a compiere l'incantesimo, come nel lieto fine della favola di Pinocchio.
Per evocare la situazione e vedere che effetto mi avrebbe mi imposi di pensare che quell'arnese non fosse più un pezzo di gomma inanimato, ma un cazzo vero, vivo, fremente, la cui erezione non era l'effetto della rigidità del materiale, ma la testimonianza di una tensione, di un desiderio, di un'energia, di un potere. Mi resi conto che avrebbe completamente sconvolto la scena, cambiato gli equilibri, il centro di gravità. Avrebbe amplificato l'"autorità" di Valentina nel nostro gioco, e dato una dimensione mille volte più profonda e travolgente al suo dominarmi e possedermi. L'idea mi dava i brividi, e capivo benissimo perché anche lei ne era esaltata.
"Si, credo che tu abbia ragione. Sarebbe molto eccitante..."
"E se avessi un cazzo vero... pensi che me lo succhieresti?"
"Beh... credo di sì..."
"Mmmmm... anche se non so cosa si prova, questa è un'idea che mi eccita da impazzire... Dai... Fammi vedere come faresti!" mi chiese, e indicò il cosone di gomma.
"Ma dai... è sporco... lo hai appena tirato fuori da me...!"
"Prendi una salviettina..."
Così l'accontentai, simulando con poco entusiasmo e poca abilità una fellatio, ma a lei la cosa piacque molto e tornò a chiedermela spesso nei nostri incontri successivi.
* * * * *
Non voglio negare di aver attraversato qualche momento di crisi interiore durante quel periodo. Valentina era bellissima e mi piaceva da impazzire, quello che facevamo a letto era eccitante, divertente e appagante, ma non potevo fare a meno di chiedermi che impatto potesse avere nel lungo periodo quel modo particolare di fare sesso, sulla mia personalità, sul mio carattere, sul mio senso di identità di uomo e di maschio a cui comunque tenevo, con pieno diritto e con la massima convinzione. Qui non si trattava più di una variazione una tantum ai canoni soliti. Prendere grossi cazzi di gomma nel culo, e goderne, era diventato il mio modo di fare sesso ormai da diversi mesi, e questo avveniva tutte le settimane, spesso anche due o tre volte la settimana. Mi sorpresi così sempre più spesso ad osservarmi per cercare di scovare qualche cambiamento in me nella vita di tutti i giorni. Nei miei modi di fare, di parlare, di muovermi, di pormi nei confronti quotidiani con le persone intorno a me. Non notai niente, né mi sembra che nessuno notò niente. Anzi, le persone a me più vicine sapevano che mi vedevo stabilmente con un gran pezzo di fica e la stima di cui godevo come maschio era addirittura accresciuta. Non potevano immaginare nemmeno lontanamente che ormai andavo in giro con il culo aperto come quello di un trans brasiliano.
Anche i miei gusti in fatto sessuale non erano cambiati, avevo solo allargato gli orizzonti. L'idea di usare il cazzo alla vecchia maniera continuava a piacermi come sempre e tanto le mie reazioni davanti a qualche film hard, tanto le mie fantasie quando mi capitava qualche momento di intimità solitaria, erano tranquillizzanti in questo senso. Però non potevo fare a meno di pensare tra me e me: ok, finora tutto bene, ma che succederà se questa storia andrà avanti ancora a lungo? Tanto più che né io né Valentina avevamo la minima intenzione di smettere o di cambiare le regole del gioco tra di noi, e anzi eravamo sempre più vogliosi l'uno dell'altra e sempre più entusiasti del nostro rapporto particolare.
Invece un giorno tra di noi la crisi scoppiò. Era una serata strana, eravamo entrambi un po' stanchi e stressati per il lavoro. Avevamo visto un bel film al cinema, poi ne avevamo discusso insieme, ma per ragioni futili la discussione era degenerata in un litigio. Ci eravamo calmati prima di salire a casa sua a "consumare" come d'abitudine, ma l'atmosfera era quella della "tregua armata". Sin dai primi approcci fu molto fredda con me. Stavo per dire "fredda e sprezzante", ma non sarei stato preciso. Tutto sommato avrei trovato eccitante se lei avesse sfogato la sua rabbia per il litigio di prima trattandomi con disprezzo ed umiliandomi. Qualche volta in passato lo aveva fatto, quando la cosa la ispirava, aggiungendo ai nostri incontri già di per sé piccanti elementi espliciti di un rapporto dom/sub. Qualche comportamento autoritario, qualche parola forte, persino di qualche amorevole percossa sulle natiche mentre mi prendeva. Io lo avevo trovato molto stuzzicante. Ma quella sera non lo fece. Fu semplicemente irrimediabilmente "fredda".
Quando si presentò attrezzata per prendermi mi accorsi che aveva montato la Morte Nera. "Stasera ti inculo con questo" disse gelida, lasciando capire che non accettava obiezioni. Sapevamo entrambi che il momento giusto per provarlo era vicino, e lo aspettavamo con ansia e con maliziosa complicità. Ma sicuramente non quella sera; non con quel gelo da parte sua. Cercai disperatamente di creare nella mia mente lo spirito adatto, ma era difficilissimo senza la sua collaborazione, senza la solita perversa intesa che avevamo. Capii che l'unica cosa che potevo fare era sopportare, sperando che non durasse molto. Lei mi inculò senza troppi riguardi, pensando al proprio piacere, e senza frenarsi quando lo sentì vicino, anche se si capiva bene che stavo soffrendo da matti. Si godette ansimando il suo orgasmo senza degnarmi della minima attenzione, poi mi tolse il mostro dal culo.
Una rapida esplorazione con la mano mi confermò quello che avevo ben intuito dalle sensazioni interne. Sanguinavo copiosamente. Mi sentii assalire da una disperata rabbia.
"Eh no... Così no..." lamentai. Lei non diceva niente ed evitava il mio sguardo. Se ne stava stesa sul letto, indifferente, soddisfatta, con quell'enorme cazzo nero, lucido del mio sangue, che le sporgeva grottescamente dal ventre. L'idea di aver dato il culo per otto mesi a quella strega mi piombò addosso come una secchiata di acqua gelida. Mi sembrò una cosa assurda, come potevo essere stato così folle? Sentivo che stavo per piangere, come una femminuccia, e feci sforzi sovrumani per non offrirle anche questo spettacolo. Mi rivestii in fretta e me ne andai, deciso a non rivederla mai più.
* * * * *
Nelle settimane successive ebbi un paio di rapporti occasionali con donne rimorchiate nei locali, nelle tipiche situazioni da "una botta e via". Avevo qualche timore dell'effetto che poteva farmi in termini di prestazioni tornare al sesso "normale" dopo quei lunghi mesi con Valentina. Invece l'esito fu sorprendentemente positivo e le due tizie non si fecero scrupoli a manifestarmi la loro soddisfazione. "Fattelo dire, bello. Non ce ne sono tanti in giro di uomini che scopano come te" mi disse la prima, una ragazza non particolarmente leggiadra ma a suo modo intrigante e molto porca tra le lenzuola. Insistette per lasciarmi il suo numero. "Quando hai voglia di scopare e non hai nessuna, chiamami. Senza farti scrupoli. Verrò di corsa" Conservo ancora quel numero. Non si sa mai.
La seconda, che era una tizia molto giovane e decisamente carina, mi chiese addirittura se fossi disposto a dare lezioni al suo ragazzo. Pensavo fosse solo un modo scherzoso per farmi un complimento, invece parlava sul serio e per dimostrarmelo stava per chiamare al cellulare il suo tipo, se non l'avessi fermata. "Così potrai scoparmi tutte le volte che vuoi!" mi disse. "Al mio ragazzo piace guardare e se riuscisse davvero a imparare qualcosa, tanto di guadagnato..." Per carità. Non avevo nessuna intenzione di infilarmi in una storia del genere. Certo, ce n'è in giro di gente strana!
A dire la verità non so esattamente cosa le avesse colpite tanto. Non credo si trattasse solo di variabili come la durezza, la durata o cose simili. Forse aver sperimentato così a lungo l'altro ruolo mi dava una maggiore sensibilità nel... gestire la situazione. I momenti, le emozioni, le sensazioni. Ma è solo un'ipotesi. Quello che invece è certo è che io non fui particolarmente soddisfatto di tali esperienze seppure tutto andò bene e fui gratificato dall'apprezzamento delle partner. Mi sembrò di avvertire come una sensazione di vuoto, e ricominciai a pensare a Valentina.
Non che sentissi semplicemente la mancanza di una donna qualsiasi disposta a farmi il culo. Mi mancava proprio lei, la sua bellezza, i suoi gusti particolari, quel nostro strano rapporto così pieno di contraddizioni e di stranezze, probabilmente unico. Mi feriva che non avesse provato a cercarmi. E' assurdo mandare a monte otto mesi felici per una serata storta. Mi convinsi che dovevamo almeno rivederci, parlare, chiarirci, e magari tornare almeno amici.
Fu così che un giorno, erano passati quasi due mesi dall'ultima sera con lei, decisi di piombare a casa sua senza preavviso. Conoscevo i suoi orari e sapevo quando potevo aspettarmi di trovarla in casa. Nella peggiore delle ipotesi sarei andato via per riprovarci un altro giorno. Trovai il portone del suo palazzo aperto ed entrai, senza citofonare. I suoi vicini ormai mi conoscevano di vista e non avrebbero trovato nulla di strano ad incrociarmi mentre salivo da lei.
Quando suonai il campanello cominciai a pensare di aver fatto una cazzata. Me la immaginai che mi apriva la porta mezza nuda, con un cazzo enorme attaccato al basso ventre mentre qualche bel fusto la aspettava voglioso, a culo in su, nella sua camera da letto. Pensai per un attimo di scappare giù per le scale e fare finta di nulla. Ma proprio allora la porta si aprì.
"Ciao, Valentina..."
"Giorgio! Sei proprio tu! Che sorpresa... Vieni, entra, ti prego..."
Sembrava sinceramente felice di vedermi. Doveva da poco aver fatto una doccia. Portava un accappatoio addosso e i capelli umidi erano raccolti. Intorno a lei aleggiava il profumo speziato di un bagnoschiuma.
"Speravo tanto di rivederti, sai?... sono così contenta..." mi disse dopo avermi fatto sedere su una poltrona del suo salotto.
"Però in questi mesi non mi hai mai cercato..."
"Non so perché... sono stata molte volte sul punto di farlo... ma non ci sono mai riuscita. Forse perché mi sentivo troppo in colpa. Sono stata una stronza, quella sera. Lo so perfettamente. Ma sentivo anche che... Il nostro era un rapporto particolare, si reggeva su equilibri un po' strani, e... Chiamarti prima del momento giusto, forzare i tempi, avrebbe compromesso ogni possibilità... Invece sapevo che al momento giusto ti saresti fatto vivo tu... e se non ci fosse mai stato un momento giusto, non c'erano comunque speranze."
"Momento giusto... per cosa?"
"Per... non so... Per vederci... Per... Per tutto quello che vuoi tu... Mi sei mancato da morire, sai? Forse non capirai mai quanto..."
La guardai. Era bellissima come sempre, anche senza trucco, senza intimo sexy, senza falli artificiali minacciosi e pronti all'uso. L'idea che sotto l'accappatoio fosse nuda, completamente nuda come non l'avevo mai vista, mi scaldava il sangue. La desideravo, ma... non ero sicuro di "come" la desideravo.
"E io? Ti sono mancata?" mi disse, speranzosa.
Fui brutalmente sincero. "Per molto tempo no. Anzi, credo di averti odiato con tutta l'anima. Mi sono sentito... tradito. Mi sono molto esposto con te... nelle mie vulnerabilità, nelle mie debolezze... e tu ne hai approfittato per massacrarmi solo perché una sera avevi la luna storta. Dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme... dopo tutto quello che mi sono fatto fare... Cazzo! Non è facile per un uomo, sai?"
"Credi che per una donna lo sia di più?" disse pensierosa, quasi sottovoce.
"Comunque ho pensato che fosse stupido non trovare il modo per vederci un attimo, per parlarne, per chiarire..."
"E... per darmi l'occasione di farmi perdonare?" disse con un tono vagamente provocante. Era bellissima e ci avrebbe messo molto poco a sedurmi. Ma sedurmi per poi fare cosa? Questo era il dubbio che mi spingeva a restare sulle mie.
"Ma no, non ce n'è bisogno... Mi sembra che tu abbia capito di aver sbagliato... Io stesso credo di aver esagerato nelle mie reazioni... Una serata storta può capitare..."
"Allora posso ritenermi perdonata?" mi chiese, con un sorriso birichino.
"Ma certo..."
"E... ti scoccerebbe molto darmi il bacio del perdono?"
Si alzò in piedi. La cinta dell'accappatoio cedette e i due lembi si aprirono, regalandomi un meraviglioso scorcio del suo seno, del pancino e del pube. Come potevo sognarmi di rifiutarle il bacio del perdono? Le andai incontro, l'abbracciai e ci baciammo con passione ed intensità crescente.
"Mi sei mancato tantissimo..." mi sussurrò all'orecchio. "Ti prego... resta qui con me stasera..."
"E che intenzioni avresti, se io restassi? Riprendere le nostre cose solite? No, Valentina... Non sono nello spirito giusto per..."
"Nemmeno io. Ma voglio comunque stare con te. Ho voglia del tuo corpo nudo vicino al mio, da toccare, da stringere... Solo questo... non puoi dirmi di no..."
Un minuto dopo eravamo nudi sul suo letto. Aveva cominciato, come al solito, a palparmi dappertutto. Ma stavolta decisi di non restare passivo. Cominciai a leccarle il collo e i lobi degli orecchi. Pian piano si convinse a lasciarsi andare, a godersi le mie effusioni, a restare per una volta passiva. Mi dedicai con cura al suo seno, baciando, leccando e mordicchiando, deliziandomi dei suoi sospiri. Poi feci scorrere la bocca e la lingua sul suo ventre, fino a raggiungere il pube. Continuai a leccare nella sua intimità, forzando la vagina con la punta della lingua e provocando il flusso sempre più abbondante dei suoi umori. Lei stava abbandonandosi completamente a me, come mai l'avevo vista, e questo mi eccitava moltissimo. Era il momento giusto.
Le fui sopra e alzai le sue ginocchia, piegandole dolcemente ad aprirsi. Lei mi guardò con gli occhi pieni di uno stranissimo misto di eccitazione, paura, speranza, amore. E mi implorò: "Ti prego... fai piano... molto piano..."
In quel momento ebbi una specie di folgorazione. Tutti i tasselli andarono a posto come per magia, e sentii dentro di me una fiammata d'amore e di tenerezza per quella donna.
Fui delicatissimo. Le parlai a bassa voce dicendole all'orecchio cose dolci e porche per mantenerla tranquilla ed eccitata. Intanto applicavo una leggera pressione sulla sua vagina, lasciando che la cappella si facesse strada pianissimo tra i suoi tessuti stretti, millimetro dopo millimetro.
"Lo senti?... Sto entrando dentro di te... Non ti fa male, no... Anzi, ti piace... Ti piace molto farti scopare... Il mio cazzo è dentro di te... Ti piace il mio cazzo, vero?... Ti piace il cazzo... sì... perché sei una porcellina... una dolce porcellina... e ti piace farti scopare... A me piace scoparti, sai... perché mi piaci... sei una gran fica... e credo proprio che ti scoperò molto... fino a non poterne più... scoparti è stupendo..."
Andavo avanti su questo tono, e la cosa funzionava. Lei era sempre più eccitata e rispondeva con dei suggestivi mugolii a tutte le porcate che le dicevo. La fichetta restava abbastanza stretta intorno al mio cazzo, ma mi ci potevo muovere con buona disinvoltura. Provai dolcemente ad aumentare il ritmo, e lei sembrò gradire. Il suo piacere cresceva e si avvicinava velocemente al culmine. Non la tirai troppo per le lunghe, ma il suo orgasmo fu comunque esplosivo.
"Sììììì.... Vengo... E' bellissimo.... Ti amo... Ti amo... Ooooohhhh..."
Lasciai che le ondate di piacere si placassero. Poi sentii le pareti vaginali richiudersi a riccio intorno al mio cazzo.
"Ora devi toglierlo, amore... altrimenti torna a farmi male..."
Delicatamente ubbidii.
* * * * *
"Avevo appena tredici anni, anche se sembravo più grande. Ero già molto carina, non mi sfuggivano gli sguardi degli uomini adulti, ma ero anche molto ingenua. Non è il caso di perdere tempo coi dettagli: un bidello delle scuole medie mi seguì al bagno e mi violentò procurandomi un dolore atroce. Non trovai neanche il coraggio di denunciarlo. Ero una bambina, non avevo nemmeno capito bene quello che era successo. Pensavo che comunque la scuola stava finendo, sarei andata al liceo, e non lo avrei visto più, come se la cosa potesse cancellarsi dalla memoria e dalla realtà.
Invece mi illudevo. Quando qualche anno dopo provai ad avere un rapporto col mio primo fidanzato, non ci riuscii. L'idea di qualcosa che mi penetrasse lì sotto risvegliava in me il ricordo di quella esperienza orribile e dolorosa, e istintivamente mi chiudevo. Tutti i muscoli intorno si contraevano spasmodicamente, il buco si serrava, e non c'era niente da fare. Lui fu paziente. Aspettò. Provammo ancora, altre volte, ma andava sempre peggio. Alla fine ci lasciammo, per altre ragioni apparentemente, ma era chiaro che la mia incapacità ad avere un amplesso pesava come un macigno sul nostro rapporto.
Col secondo con cui ci provai andò anche peggio. Senza curarsi delle mie urla di dolore riuscì a forzare brutalmente la strada per pochi centimetri. Tanto gli bastò per sfregare un po' la punta fino a venire, in una decina di secondi. Fu un'esperienza schifosa quasi quanto quella col bidello.
Disperata, decisi di metterci una croce sopra. Se il sesso non mi dava altro che dolori e frustrazioni, tanto valeva farne a meno. Facile a dirsi, meno a farsi. Sono sempre stata una bella ragazza, e non potevo evitare di ricevere il corteggiamento di tanti ragazzi, compresi alcuni che mi piacevano molto. Era un incubo dover continuare a negarsi. E poi gli uomini mi piacciono, mi sono sempre piaciuti. Forse ancora di più per la disperazione che mi dava sapere che non avrei mai potuto godermeli come si deve. Adoravo guardare uomini nudi, dovunque ne trovassi, come se avessi una specie di ossessione per il corpo maschile. Era quasi inevitabile che alla fine mi capitasse di guardare qualche film hard sul genere gay. Scoprii allora che mi eccitava da impazzire vedere dei bei fusti venire inculati, e fantasticavo di poter essere io a farlo. Davanti a certe scene mi masturbavo selvaggiamente. Forse, inconsciamente, pensavo che fosse un modo più vicino alle mie possibilità per godermi un uomo. La scoperta dell'esistenza degli strap-on arrivò subito dopo. Cominciai come una pazza a comprare per corrispondenza cazzi da indossare, e anche a documentarmi in ogni modo su quel tipo di pratica. Ero entusiasta di sapere che c'erano davvero coppie che lo facessero, uomini che se lo lasciassero fare... Mi sembrava come una luce in fondo al tunnel..."
"...E quando è stata la prima volta che lo hai fatto?"
"Davvero non l'hai ancora capito? Il primo sei stato tu..."
"Vuoi scherzare? Mi hai dato l'impressione di essere... piuttosto esperta..."
"Quella era la parte che dovevo sostenere. Non avrebbe mai funzionato se tu avessi saputo che anche io ero alle prime armi. Pensaci..."
Aveva ragione.
"Ero abbastanza sicura di sapermela cavare. Credo di aver studiato, letto, visto, tutto quello che esiste al mondo sull'argomento... Devo ammettere però che è stato uno sforzo bestiale sembrare tranquilla e disinvolta la prima volta che sei venuto da me. Merito anche tuo, che sei stato perfetto e mi hai reso tutto semplice. In realtà ero eccitatissima ed emozionatissima all'idea di potermi finalmente godere un bel maschio tutto per me. Sì, sei stato tu il primo e l'unico a farmi provare l'ebbrezza di inculare un uomo. E dopo stasera sei stato il primo e l'unico a farmi provare il piacere di fare l'amore con un uomo. Con nessun altro al mondo sarei riuscita. Con te sì, perché ormai ti conosco e so per esperienza diretta che capisci cosa significa stare... stare dall'altra parte. Per colpa mia sai anche cosa si prova quando un cazzo ti violenta senza passione, trattandoti da oggetto, procurandoti sofferenza e dolore. Tu capisci cosa vuol dire. Per questo con te... con te non ho paura..."
Si gettò tra le mie braccia. La strinsi protettivo.
"Sai cosa significa tutto questo? Che sono ai tuoi piedi, mio signore. Sei l'unico uomo che ha saputo farmi godere, e in due modi diametralmente opposti. L'unico uomo al mondo con cui riesco ad immaginarmi a letto. Hai sempre detto che ti piaccio... Ebbene, spero per te che sia vero, perché non ho la minima intenzione di mollarti..."
"Certo che mi piaci! Mi piaci da impazzire e lo sai..."
"Forse per un po' di tempo dovrai avere la pazienza di essere dolce e delicato quando mi penetri... certi problemi non si superano in un attimo... ma a parte questo" aggiunse maliziosa, "non ti dovrebbe infastidire troppo l'idea che una così voglia passare il resto della propria vita a farti godere..." e con un gesto indicò il suo corpo stupendo che giaceva accanto al mio. L'idea non mi infastidiva, tutt'altro. Anzi, questi discorsi mi stavano facendo decisamente arrapare, anche perché pochi minuti prima avevo dovuto interrompere la scopata senza poter venire e cominciavo a sentire l'esigenza di uno sfogo. Avevo il cazzo duro da farmi male.
"Beh, se sono queste le tue intenzioni... che ne diresti di cominciare subito?" risposi, e scimmiottando il suo stesso gesto di un attimo prima, le mostrai il cazzo nel pieno splendore.
Lei sorrise e lo prese in mano. "Hai un gran bel cazzo, sai? L'ho colpevolmente trascurato in questi mesi passati. Ma ho intenzione di recuperare. Sono sicura che il tuo cazzo ed io ci frequenteremo parecchio in futuro, con immensa reciproca soddisfazione... Solo che..." e fece un'espressione un po' imbronciata.
"Cosa c'è che non va?"
"Non so se me la sento di scopare di nuovo. Voglio essere prudente con la mia fichetta... meglio non esagerare ora che ho appena ripreso ad usarla..."
"Sono d'accordo con te"
"Che ne diresti se ti faccio godere con la bocca? Mi sembra un buon modo per cominciare ad approfondire l'amicizia con il tuo cazzo..."
Approvai senza esitazione.
"Non ho molta esperienza, ma vedrai che imparerò. Voglio essere la più brava del mondo, e solo per te..."
Mi adagiai sul cuscino a godermi i primi volenterosi ricami di lingua. La situazione si era messa stupendamente, e ne ero entusiasta. Sembrava un sogno. Lei era bellissima. Ero pazzo di lei e ora era mia, davvero mia, più di quanto potessi mai sperare. E, come se non bastasse, mi stava facendo un sontuoso pompino. Ma all'improvviso si fermò.
"Ehi, Giorgio..."
"Che c'è?"
Mi scoccò il suo sguardo da rapace. "Tanto per essere chiari... Tutto questi discorsi non significano affatto che mi sia passata la voglia di mettertelo in culo..." e con un gesto deciso mi penetrò con due dita, da sotto le palle.
La guardai esterrefatto per un attimo. Poi scoppiammo a ridere insieme.
di
scritto il
2015-03-18
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