La rivincita del Carabiniere
di
gaslio
genere
gay
Ispirato a mio cugino.
Le sue mani massaggiavano il suo corpo muscoloso che si nascondeva dietro la schiuma, ma ai miei occhi non sfuggiva nulla e senza che lui se ne accorgesse, lo stavo osservando con malizia e desiderio, desiderio di poter toccare quella carne così ben fatta da anni di lavoro in palestra e lezioni di karate.
Non riuscivo a togliermi dalla testa quest’immagine: quella di mio cugino intento a farsi la doccia negli spogliatoi della palestra dove frequentavamo assieme le lezioni di karate.
Siamo sempre stati buoni compagni di avventure: essendo coetanei, abbiamo frequentato la stessa classe sia alle elementari che alle medie, ma alle superiori ognuno ha preso la sua strada senza però smettere di frequentarci, condividendo la stessa famiglia e la stessa compagnia di amici.
I suoi pettorali pompati con i capezzoli turgidi per i brividi di fresco a contatto con l’acqua, le sue spalle grandi, percorse da massicci fasci muscolari che terminavano in un culo enorme, bello peloso così come peloso era tutto il suo corpo. A soli 19 anni mio cugino era già un piccolo uomo che io mangiavo letteralmente con gli occhi ogni volta che lo vedevo nudo… ah, quante seghe gli ho dedicato e quante bugie gli ho dovuto raccontare per nascondere la mia sessualità. Non molte a dir la verità: mio cugino è sempre stato un bamboccione, un ragazzone che non si è mai chiesto il perché delle cose, che agisce in modo istintivo e un po’ rozzo… il classico maschio paesano.
Nessuno in famiglia si meravigliò quando annunciò di voler entrare nel corpo dei Carabinieri: quella divisa era fatta appositamente per lui!
Fantastico ancora su quei ricordi in doccia mentre il treno mi porta dritto in un paesino sulle alpi dove ci sarebbe stato mio cugino ad aspettarmi alla stazione per portarmi in caserma.
Sono trascorsi tre anni da quando abbiamo finito le superiori, e dopo anni di test e corsi vari, mio cugino è riuscito ad ottenere la divisa mentre io ero al mio primo anno di specialistica all’università. Dato che stavo avanzando abbastanza bene, decisi di regalarmi un fine settimana di vacanza per andare a trovarlo in quel luogo sperduto sulle alpi.
Sorriso da ebete, colletto della camicia sporco di caffè, due peli non rasati sulle guance, camminata da maschio rozzo… sì, era proprio mio cugino e… fanculo alla perfezione, a me attizzava così com’era, con quel suo fare e quell’imbecillità che lo rendevano unico. Che dire poi dei suoi occhi? Verdi come lo smeraldo, e uno sguardo da fesso che li racchiudeva.
«Cugino!» gridò forte stringendomi coi suoi muscoli che non riuscivano a contenersi nella divisa… cazzo quant’era bono in quell’uniforme.
«Sempre più bestia tu, eh?» era il mio modo per dirgli che lo desideravo, ma ovviamente più volevo asserire ciò che provavo per lui e più facevo di tutto per giudicarlo in malo modo. Purtroppo è così che bisogna comportarsi per nascondere ciò che si prova di fronte al proibito.
Ci avviammo in caserma e una volta lì, squadrai ogni carabiniere dalla testa ai piedi, ma nessuno era così arrapante come mio cugino e dagli stessi colleghi notavo anche cordialità e rispetto nei suoi confronti.
Dato che il suo compagno di stanza era in licenza dalla famiglia, avrei occupato io quel secondo letto, non lontano dal suo.
˗ Che fortuna! ˗ pensai ˗ Così potrò ammirarlo mentre dorme e magari anche toccarlo, facendo attenzione a non svegliarlo.˗
«Ho finito il turno e mi cambio per uscire» mi disse «tu sistema le tue cose e non toccare nulla altrimenti chi lo sente il maresciallo quando torna?».
Stava accadendo davvero… mio cugino aveva sbottonato la giacca della divisa, snodato la cravatta e aperto la camicia; fu la volta di slacciare la cinta, abbassare i pantaloni e starsene con calzini neri ai piedi, slip e canottiera bianchi.
WOW!
Che visione!
Era lì, a portata di mano, a pochi passi da me, il frutto del mio continuo desiderio sessuale che mai nessun palestrato conosciuto in chat mi aveva saziato. Con mio cugino sarebbe stato diverso: in lui nutrivo profonda stima e affetto e naturalmente proprio quel sentimento mi avrebbe fatto godere ancora di più.
I suoi muscoli erano aumentati di volume, le spalle erano più alte e i peli sormontavano tutta quell’armatura.
Mi ricomposi nel pensiero e nel comportamento senza fargli capire nulla, ma limitandomi solo a dire: «Sempre più muscoli e meno cervello, eh?».
«Cosa?»
Non feci in tempo a ripetere ciò che avevo detto perché mio cugino si era già fiondato su di me mettendomi al tappeto con una mossa da katà.
«La forza vince sempre sulla mente, caro cugino».
«Allora non eri attento alle lezioni di karate… c-u-g-i-n-o» scandì bene per schernirlo ancora di più.
Lo rovesciai di lato e comincia a picchiarlo in modo leggero sul petto che tanto avrei voluto massaggiare, ma come detto prima, ero costretto a fare l’esatto contrario di quello che avrei davvero voluto fare.
Lui reagì di scatto sollevando il bacino e mi fece perdere l’equilibrio fino a farmi cadere di nuovo a terra, per poi darmi un bel pugno nello stomaco.
Che cazzo stava facendo? Voleva il gioco duro? Perfetto!
Con la rabbia negli occhi risposi dandogli un altro pugno a mia volta che lui scansò, ma non fu tanto abile a evitare anche la manata fatta con l’altro braccio che mi fece avere la meglio su di lui.
«Tutti questi anni a prendermi sempre in giro».
«Cosa stai dicendo?» Gli chiesi esterrefatto.
Volò una gomitata sulle mie labbra che urtarono i denti e cominciarono a sanguinare. Turno mio: ginocchiata nelle palle che lo tramortì facendolo accasciare.
«Il cugino più stupido» replicò guardandomi con sguardo di sfida tenendo un occhio semichiuso per il dolore «ecco come mi hai sempre chiamato in famiglia».
Solo in quel momento capì che avevo davvero esagerato con il mio fare da superbo, dipingendolo come un inetto. Lui approfittò di questo mio pensiero fuori campo per colpirmi in faccia, allorché ricambiai il gesto.
Iniziò una sequenza di calci e pugni che culminò in una vera lotta dettata dalla sua frustrazione e voglia di rivalsa su di me e dalla mia incapacità di dimostrargli che in realtà per lui avevo sempre avuto stima e riguardo.
Sangue, sputi, percosse… lividi evidenti.
Non ero muscoloso come lui, ma ero abbastanza robusto da poterlo contrastare e farmi allo stesso tempo valere, ma nessuno dei due stava avendo la meglio sull’altro.
La situazione degenerò quando mio cugino mi strappò di dosso la maglietta e io a mia volta la sua canottiera, poi i miei jeans, e ancora i suoi slip… eravamo delle bestie, bestie che si stavano liberando in tutto il loro stato naturale e istintivo sottolineato dalle nostre due verghe che ormai svolazzavano all’aria e colpivano i nostri corpi nudi e doloranti essendo entrambe dure come la roccia.
Era troppo per me: mi stesi a terra e lui colse la palla al balzo per sormontarmi infierendomi l’ennesimo trauma con la sua massa.
Tra affanni, colpi di tosse e sudore che colava dalla sua fronte sul mio viso… i nostri occhi si incrociarono per un tempo indefinito e d’un tratto le nostre labbra si toccarono e convolarono in un bacio appassionato dal sapore virile di sangue e sudore: la sua lingua penetrava la mia bocca così come la mia la frenava ma era allo stesso tempo vogliosa che lui continuasse quel che stava facendo.
I nostri corpi vibrarono intensamente e cominciarono a intrecciarsi: potei sentire i suoi muscoli contrarsi sui miei e i suoi peli strisciare prepotentemente sulla pelle.
Nessuno dei due osava parlare, nessuno dei due si stava davvero rendendo conto di quello che stava succedendo.
Lo afferrai e lo ruotai ritrovandomi sul suo bacino, con quella bella verga che puntava il mio culo. Ed eccolo lì, mio cugino, il mio desiderio più nascosto che era diventato realtà, anche se non nel modo in cui mi sarei aspettato. Leccai i suoi capezzoli, glieli ciucciai avidamente mentre con le mani gli palpavo i pettorali gonfi e duri; strisciai la lingua sugli addominali ricoperti da peli fetidi di sudore e mi diressi sul suo cazzo che aspettava solo la mia bocca.
Che buon sapore… che sapore “familiare” e maschile… mi inebriò così tanto la mente che accentuai la pompa da costringerlo a tirarmi i capelli per farmi rallentare.
«No!» urlò forte.
Smisi e lo guardai pensando di averli fatto male ma a quanto pare stava per schizzare e prima di farlo voleva montarmi se non proprio venirmi dentro al culo: mi mise a pecora sul letto con violenza e dopo essersi sputato sulle dita, mi penetrò con queste per lubrificare la via che in men che non si dica fu invasa dalla sua nerchia militare.
Ringhiò.
Mi strattonò i fianchi: penetrava le sue dita nella mia carne più di quanto lo stesse facendo il cazzo in culo.
Ringhiò ancora, e ancora e poi di più non appena cominciai a gemere anch’io di piacere: quel cazzo con metà del mio stesso sangue mi stava regalando la scopata più bella della mia vita e me la sarei goduta tutta sino alla fine.
Ansimava pesantemente, spingeva sempre più a fondo, mi palpava i pettorali e poi mi tirava i capelli.
«Ricchione!» mi urlò «Sei un ricchione di merda!» lo sentì mentre piangeva disperato.
Non potevo biasimarlo: finalmente si era preso la sua vendetta su di me e penso che anch’io mi sarei comportato allo stesso modo così come l’ho fatto anche con altri maschi.
Dall’intensità delle bottarelle e dal suo ultimo ringhio portato allo stremo capì che era venuto, avvertendo anche da un improvviso accaloramento all’interno del mio culo.
Si accasciò ansimante su di me e dato che non fui in grado di sorreggerlo, finimmo stesi sul letto… l’uno a guardare l’altro senza che il suo cazzo uscisse dal mio corpo.
Continuò a guardarmi e poi fece qualcosa che non mi sarei mai aspettato potesse fare: mi sorrise e mi baciò.
Si addormentò…
Io rimasi lì ad ammirarlo e a farmi un esame di coscienza, imparando la lezione: da quel giorno l’avrei sicuramente trattato meglio! Oppure no, vista la punizione… -sogghignai-
fine
Le sue mani massaggiavano il suo corpo muscoloso che si nascondeva dietro la schiuma, ma ai miei occhi non sfuggiva nulla e senza che lui se ne accorgesse, lo stavo osservando con malizia e desiderio, desiderio di poter toccare quella carne così ben fatta da anni di lavoro in palestra e lezioni di karate.
Non riuscivo a togliermi dalla testa quest’immagine: quella di mio cugino intento a farsi la doccia negli spogliatoi della palestra dove frequentavamo assieme le lezioni di karate.
Siamo sempre stati buoni compagni di avventure: essendo coetanei, abbiamo frequentato la stessa classe sia alle elementari che alle medie, ma alle superiori ognuno ha preso la sua strada senza però smettere di frequentarci, condividendo la stessa famiglia e la stessa compagnia di amici.
I suoi pettorali pompati con i capezzoli turgidi per i brividi di fresco a contatto con l’acqua, le sue spalle grandi, percorse da massicci fasci muscolari che terminavano in un culo enorme, bello peloso così come peloso era tutto il suo corpo. A soli 19 anni mio cugino era già un piccolo uomo che io mangiavo letteralmente con gli occhi ogni volta che lo vedevo nudo… ah, quante seghe gli ho dedicato e quante bugie gli ho dovuto raccontare per nascondere la mia sessualità. Non molte a dir la verità: mio cugino è sempre stato un bamboccione, un ragazzone che non si è mai chiesto il perché delle cose, che agisce in modo istintivo e un po’ rozzo… il classico maschio paesano.
Nessuno in famiglia si meravigliò quando annunciò di voler entrare nel corpo dei Carabinieri: quella divisa era fatta appositamente per lui!
Fantastico ancora su quei ricordi in doccia mentre il treno mi porta dritto in un paesino sulle alpi dove ci sarebbe stato mio cugino ad aspettarmi alla stazione per portarmi in caserma.
Sono trascorsi tre anni da quando abbiamo finito le superiori, e dopo anni di test e corsi vari, mio cugino è riuscito ad ottenere la divisa mentre io ero al mio primo anno di specialistica all’università. Dato che stavo avanzando abbastanza bene, decisi di regalarmi un fine settimana di vacanza per andare a trovarlo in quel luogo sperduto sulle alpi.
Sorriso da ebete, colletto della camicia sporco di caffè, due peli non rasati sulle guance, camminata da maschio rozzo… sì, era proprio mio cugino e… fanculo alla perfezione, a me attizzava così com’era, con quel suo fare e quell’imbecillità che lo rendevano unico. Che dire poi dei suoi occhi? Verdi come lo smeraldo, e uno sguardo da fesso che li racchiudeva.
«Cugino!» gridò forte stringendomi coi suoi muscoli che non riuscivano a contenersi nella divisa… cazzo quant’era bono in quell’uniforme.
«Sempre più bestia tu, eh?» era il mio modo per dirgli che lo desideravo, ma ovviamente più volevo asserire ciò che provavo per lui e più facevo di tutto per giudicarlo in malo modo. Purtroppo è così che bisogna comportarsi per nascondere ciò che si prova di fronte al proibito.
Ci avviammo in caserma e una volta lì, squadrai ogni carabiniere dalla testa ai piedi, ma nessuno era così arrapante come mio cugino e dagli stessi colleghi notavo anche cordialità e rispetto nei suoi confronti.
Dato che il suo compagno di stanza era in licenza dalla famiglia, avrei occupato io quel secondo letto, non lontano dal suo.
˗ Che fortuna! ˗ pensai ˗ Così potrò ammirarlo mentre dorme e magari anche toccarlo, facendo attenzione a non svegliarlo.˗
«Ho finito il turno e mi cambio per uscire» mi disse «tu sistema le tue cose e non toccare nulla altrimenti chi lo sente il maresciallo quando torna?».
Stava accadendo davvero… mio cugino aveva sbottonato la giacca della divisa, snodato la cravatta e aperto la camicia; fu la volta di slacciare la cinta, abbassare i pantaloni e starsene con calzini neri ai piedi, slip e canottiera bianchi.
WOW!
Che visione!
Era lì, a portata di mano, a pochi passi da me, il frutto del mio continuo desiderio sessuale che mai nessun palestrato conosciuto in chat mi aveva saziato. Con mio cugino sarebbe stato diverso: in lui nutrivo profonda stima e affetto e naturalmente proprio quel sentimento mi avrebbe fatto godere ancora di più.
I suoi muscoli erano aumentati di volume, le spalle erano più alte e i peli sormontavano tutta quell’armatura.
Mi ricomposi nel pensiero e nel comportamento senza fargli capire nulla, ma limitandomi solo a dire: «Sempre più muscoli e meno cervello, eh?».
«Cosa?»
Non feci in tempo a ripetere ciò che avevo detto perché mio cugino si era già fiondato su di me mettendomi al tappeto con una mossa da katà.
«La forza vince sempre sulla mente, caro cugino».
«Allora non eri attento alle lezioni di karate… c-u-g-i-n-o» scandì bene per schernirlo ancora di più.
Lo rovesciai di lato e comincia a picchiarlo in modo leggero sul petto che tanto avrei voluto massaggiare, ma come detto prima, ero costretto a fare l’esatto contrario di quello che avrei davvero voluto fare.
Lui reagì di scatto sollevando il bacino e mi fece perdere l’equilibrio fino a farmi cadere di nuovo a terra, per poi darmi un bel pugno nello stomaco.
Che cazzo stava facendo? Voleva il gioco duro? Perfetto!
Con la rabbia negli occhi risposi dandogli un altro pugno a mia volta che lui scansò, ma non fu tanto abile a evitare anche la manata fatta con l’altro braccio che mi fece avere la meglio su di lui.
«Tutti questi anni a prendermi sempre in giro».
«Cosa stai dicendo?» Gli chiesi esterrefatto.
Volò una gomitata sulle mie labbra che urtarono i denti e cominciarono a sanguinare. Turno mio: ginocchiata nelle palle che lo tramortì facendolo accasciare.
«Il cugino più stupido» replicò guardandomi con sguardo di sfida tenendo un occhio semichiuso per il dolore «ecco come mi hai sempre chiamato in famiglia».
Solo in quel momento capì che avevo davvero esagerato con il mio fare da superbo, dipingendolo come un inetto. Lui approfittò di questo mio pensiero fuori campo per colpirmi in faccia, allorché ricambiai il gesto.
Iniziò una sequenza di calci e pugni che culminò in una vera lotta dettata dalla sua frustrazione e voglia di rivalsa su di me e dalla mia incapacità di dimostrargli che in realtà per lui avevo sempre avuto stima e riguardo.
Sangue, sputi, percosse… lividi evidenti.
Non ero muscoloso come lui, ma ero abbastanza robusto da poterlo contrastare e farmi allo stesso tempo valere, ma nessuno dei due stava avendo la meglio sull’altro.
La situazione degenerò quando mio cugino mi strappò di dosso la maglietta e io a mia volta la sua canottiera, poi i miei jeans, e ancora i suoi slip… eravamo delle bestie, bestie che si stavano liberando in tutto il loro stato naturale e istintivo sottolineato dalle nostre due verghe che ormai svolazzavano all’aria e colpivano i nostri corpi nudi e doloranti essendo entrambe dure come la roccia.
Era troppo per me: mi stesi a terra e lui colse la palla al balzo per sormontarmi infierendomi l’ennesimo trauma con la sua massa.
Tra affanni, colpi di tosse e sudore che colava dalla sua fronte sul mio viso… i nostri occhi si incrociarono per un tempo indefinito e d’un tratto le nostre labbra si toccarono e convolarono in un bacio appassionato dal sapore virile di sangue e sudore: la sua lingua penetrava la mia bocca così come la mia la frenava ma era allo stesso tempo vogliosa che lui continuasse quel che stava facendo.
I nostri corpi vibrarono intensamente e cominciarono a intrecciarsi: potei sentire i suoi muscoli contrarsi sui miei e i suoi peli strisciare prepotentemente sulla pelle.
Nessuno dei due osava parlare, nessuno dei due si stava davvero rendendo conto di quello che stava succedendo.
Lo afferrai e lo ruotai ritrovandomi sul suo bacino, con quella bella verga che puntava il mio culo. Ed eccolo lì, mio cugino, il mio desiderio più nascosto che era diventato realtà, anche se non nel modo in cui mi sarei aspettato. Leccai i suoi capezzoli, glieli ciucciai avidamente mentre con le mani gli palpavo i pettorali gonfi e duri; strisciai la lingua sugli addominali ricoperti da peli fetidi di sudore e mi diressi sul suo cazzo che aspettava solo la mia bocca.
Che buon sapore… che sapore “familiare” e maschile… mi inebriò così tanto la mente che accentuai la pompa da costringerlo a tirarmi i capelli per farmi rallentare.
«No!» urlò forte.
Smisi e lo guardai pensando di averli fatto male ma a quanto pare stava per schizzare e prima di farlo voleva montarmi se non proprio venirmi dentro al culo: mi mise a pecora sul letto con violenza e dopo essersi sputato sulle dita, mi penetrò con queste per lubrificare la via che in men che non si dica fu invasa dalla sua nerchia militare.
Ringhiò.
Mi strattonò i fianchi: penetrava le sue dita nella mia carne più di quanto lo stesse facendo il cazzo in culo.
Ringhiò ancora, e ancora e poi di più non appena cominciai a gemere anch’io di piacere: quel cazzo con metà del mio stesso sangue mi stava regalando la scopata più bella della mia vita e me la sarei goduta tutta sino alla fine.
Ansimava pesantemente, spingeva sempre più a fondo, mi palpava i pettorali e poi mi tirava i capelli.
«Ricchione!» mi urlò «Sei un ricchione di merda!» lo sentì mentre piangeva disperato.
Non potevo biasimarlo: finalmente si era preso la sua vendetta su di me e penso che anch’io mi sarei comportato allo stesso modo così come l’ho fatto anche con altri maschi.
Dall’intensità delle bottarelle e dal suo ultimo ringhio portato allo stremo capì che era venuto, avvertendo anche da un improvviso accaloramento all’interno del mio culo.
Si accasciò ansimante su di me e dato che non fui in grado di sorreggerlo, finimmo stesi sul letto… l’uno a guardare l’altro senza che il suo cazzo uscisse dal mio corpo.
Continuò a guardarmi e poi fece qualcosa che non mi sarei mai aspettato potesse fare: mi sorrise e mi baciò.
Si addormentò…
Io rimasi lì ad ammirarlo e a farmi un esame di coscienza, imparando la lezione: da quel giorno l’avrei sicuramente trattato meglio! Oppure no, vista la punizione… -sogghignai-
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