La compagna delle medie
di
Rastie
genere
trio
Era una calda serata di pieno luglio, una di quelle che però fortunatamente non è rovinata dall’afa ma l’aria è ancora respirabile. Insomma, era proprio una bella serata. Fra l’altro in paese c’era pure una festa organizzata non so da che ente per non so che manifestazione. Probabilmente la motivazione contava poco, era solo una scusa per attirare gente. Nel grande spazio appena fuori paese era infatti stato allestito un palco con un gruppo che suonava e un lungo stand in cui si vendeva birra, drink e panini caldi. Com’era da immaginarsi e come speravano proprio gli organizzatori c’era un sacco di gente, soprattutto giovani. Ero là con la mia compagnia, anche se, bene o male, conoscevo un po’ tutti. In quelle occasioni si incontravano sempre persone che non si vedeva da tempo, poiché frequentavamo ambienti diversi: vecchi amici d’infanzia, compagni delle elementari, ragazzi con cui avevo giocato a calcio.
Avevo abbandonato i miei amici più stretti per andare in bagno (uno di quei bagni che si montano alle sagre di paese) quando incontrai un gruppo di ragazze fra cui c’era anche Chiara, mia compagna di classe per tanti anni alle medie e alle elementari. Non ricordavo nemmeno quanto tempo prima l’avessi vista per l’ultima volta, ma comunque ci salutammo calorosamente e ci fermammo un attimo a chiacchierare. Le sue amiche ci lasciarono presto soli e si avvicinarono allo stand.
«Chiara, ti aspettiamo là» fece Maura, l’ultima ad andarsene.
«Va bene, arrivo tra un attimo» rispose lei, mentre io guardavo la ragazza allontanarsi. Era sempre stata carina, ma ora era veramente bella, anche se i suoi capelli non erano più del suo bel nero naturale, ma avevano molte sfumature rosse non proprio naturali. Il mio sguardo tornò rapidamente su Chiara: castana, non molto alta, con i capelli lisci che le arrivavano quasi alle spalle, era senz’altro più carina. Aveva inoltre un fisico stupendo, con un bel seno pieno e delle cosce tornite che l’abito grigio scuro che indossava rivelavano abbondantemente.
Alle medie era nella hit parade dei sogni erotici di noi maschietti, ma erano restati sogni per tutti perché Chiara faceva coppia fissa fin dai tredici anni con lo stesso ragazzo, pur fra alti e bassi. A quel punto pensi bene di chiederle come andava con il fidanzato. La sua risposta mi stupì molto perché non me lo sarei mai aspettato: «Ci siamo lasciati sei mesi fa, stavolta definitivamente. Proprio non ne voglio più sentir parlare. Negli ultimi mesi mi ha trattato veramente male… Ora sono single…».
Continuammo a parlare per un po’ di quel che facevamo e di cosa c’era successo in tutti quegli anni in cui c’eravamo persi di vista. A un certo punto però non seppi più resistere e dovetti scusarmi con Chiara e dirle che avevo l’urgente necessità di andare in bagno. Lei si offrì gentilmente di accompagnarmi, così chiacchierammo anche nel breve tragitto che portava ai servizi. Dopo essermi liberato la vescica, tornai a chiacchierare con lei. Ci sedemmo in un angolo buio, ben lontani dalla folla che riempiva lo spiazzo.
Il discorso non poteva che andare ai tempi in cui eravamo in classe insieme, a farci tornare alla mente tanti ricordi.
«…e quella volta che siamo andati a Roma, in gita in terza media. Siamo partiti la sera e nevicava!».
Chiara tacque un attimo, i suoi occhi sembravano guardare nel vuoto. «Sì, me la ricordo perfettamente quella sera».
«Brutti ricordi?» chiesi io notando il suo mutamento d’espressione.
Lei sorrise di nuovo, con quel sorriso che le illuminava il volto e la rendeva ancora più bella. «No, bei ricordi, però… sì, fanno male ora. Quel pomeriggio, mentre fuori iniziava a nevicare, è stata la prima volta che ho fatto l’amore, naturalmente con Mauro… Uno dei pomeriggi più belli della mia vita e ora non mi resta nulla se non un ricordo…».
Io rimasi sorpreso: naturalmente immaginavo che avesse perso la verginità con l’ex fidanzato da parecchio tempo, ma non immaginavo che la prima volta fosse stato a tredici anni. Dopo ripensai a Chiara a quell’età, in terza media: era già una donna fatta, il seno era spuntato quasi del tutto e sembrava molto più grande della sua età. Allora sognavo anch’io di scoparmela e poi Mauro aveva due anni in più…
«È così in tutte le cose…» buttai lì non sapendo cos’altro dire.
«Hai ragione, se mi fosse restato qualcosa per ogni scopata che ho fatto…» la buttò sul ridere Chiara per sdrammatizzare un po’, capendo di avermi messo un po’ in imbarazzo.
Io non sapevo se ridere o meno a quello battuta sulla sua leggerezza, perciò accennai appena un sorrisetto.
«La prima volta però non si scorda mai. Tanti dicono che una ragazza la vive male, ha paura del dolore, di restare incinta, non riesce a godere. Io quella volta invece ho goduto come una pazza, non so come mai. Allora lui non era niente di speciale, più tardi è diventato un ottimo amante e abbiamo fatto scopate eccezionali, però quel pomeriggio… Forse perché erano sensazioni nuove, boh…».
«Anche per me la prima volta è stata eccezionale. Non vedevo l’ora di farlo, poi lei aveva già una certa esperienza. Poi mi sono accorto che ogni volta che lo faccio con una ragazza per la prima volta è diverso, più intenso in un certo senso».
«Me ne sono accorta anch’io. Anche se con Mauro sono stata insieme tanto tempo, è capitato che nei periodi in cui eravamo in crisi e ci mollavamo di farmi altri ragazzi… La scoperta di un corpo nuovo è sempre sconvolgente per i ritmi e le sensazioni a cui ci si abitua».
Chiara mi guardò con una luce nuova negli occhi, quasi mi stesse divorando. Era lo sguardo di una donna assetata di sesso, che non lo faceva da troppo tempo e che aveva trovato una preda. Le sue labbra infuocate vennero incontro alle mie, lasciandomi un po’ sorpreso. Mentre la sua lingua iniziava a esplorare la mia bocca, mi ripresi e ricambiai il bacio, stringendola a me. L’abbraccio si fece sempre più stretto al punto che sentivo i suoi seni schiacciati sul mio petto. Chiara allungò una mano verso il basso arrivando a sfiorare il mio inguine, carezzandomi il cazzo che subito reagì prontamente, diventando duro. Lei lo strinse un attimo sul palmo, poi strofinò il suo sesso coperto dal vestito sul mio inguine.
Le mie mani nel frattempo esplorarono la sua schiena alla ricerca del gancio del reggiseno per aprirlo, senza peraltro trovarlo. Le mie labbra si staccarono dalle sue e arrivarono all’orecchio: le mordicchiai il lobo, sussurrandole: «Non riesco a trovare il gancio del reggiseno». Ormai ero sicuro di cosa voleva ed era altrettanto certo che per nulla al mondo si sarebbe tirata indietro.
Lei infatti non si lamentò affatto e ricambiò il bacio all’orecchio dicendomi: «Semplice, non c’è l’ho proprio il reggiseno».
Io sorrisi divertito ed eccitato, mentre lei spingeva in fuori il seno per farmelo sentire contro il torace. Le nostre labbra si unirono nuovamente, mentre le mie mani risalivano lente lungo i suoi fianchi fino a giungere ai seni tondi e alti per cingerli. Erano anni che sognavo di toccarli e ora mi sembrava di stare al settimo cielo. Li strinsi fra le mani: erano incredibilmente sodi e ben formati. L’erezione era sempre più viva fra le mie gambe.
Fui io il primo a staccarmi e a sussurrarle: «Sai, alle medie sognavo di prenderti le tette fra le mani… Non mi sembra vero ora!».
«Magari sognavi anche di mettermelo dentro e di scoparmi per ore…» sorrise lei maliziosa.
«Sì, per la verità sì» ammisi.
«Allora ti meriti una piccola punizione. Anche perché altrimenti i nostri amici si accorgerebbero di una nostra assenza. Già è tanto che siamo via… Ora torneremo con loro fino alla fine della serata e ci ritroveremo in questo punto alle due precise per andare a fare l’amore. Ti va?».
«Così tardi?» chiesi io, sperando in un abbuono dal momento che erano solamente le undici e che ero già in tiro.
«No, niente da fare. Io faccio volentieri l’amore con te, però dopo le due. Prendere o lasciare» sembrava molto determinata, perciò accettai la sua proposta.
Lei mi baciò un attimo sulle labbra per suggellare l’accordo e se ne andò dirigendosi verso il gruppo delle sue amiche. Io me ne tornai fra i miei amici, giustificandomi del ritardo con il fatto che avevo trovato un paio di amici che non incontravo da molto tempo. Restammo poi seduti a un tavolino chiacchierando e ascoltando il complesso che suonava. Nonostante quello che era appena successo riuscii a non sembrare troppo preso dai miei pensieri. Eppure mi rompeva come mi aveva usato Chiara, lasciandomi all’improvviso con un palmo di naso. Però era così una bella ragazza, e che fisico poi! Valeva veramente la pena aspettare ed essere anche un po’ trattati mali pur di scoparsi una come lei.
All’una e mezza il complesso suonò l’ultimo pezzo e poi iniziò a smontare la strumentazione. I miei amici decisero di andare a casa a quel punto, mentre io optai per rimanere là. Ordinai una birra allo stand e mi sedetti a uno dei tanti tavolini liberi. Ormai se n’era andata quasi tutta la gente, ma trovai un amico che non vedevo da un po’ che si sedette al mio tavolino a chiacchierare un po’. Quando si alzò erano le due esatte: stavo per alzarmi e andare all’appuntamento con Chiara quando fu lei ad arrivarmi da dietro dandomi un col pettino sulla spalla. Purtroppo non era sola, ma c’era anche Maura con lei.
«Ci fai un po’ di compagnia?» mi chiese.
«Volentieri!» finsi un po’ d’entusiasmo, mentre desideravo soltanto andarmene con lei.
Facemmo qualche commento sul gruppo che aveva appena suonato, sul genere di musica, sui vari strumenti, qualche confronto con altri gruppi della nostra zona e con altre feste. Passò così un’altra mezz’ora che per me fu una specie di tormento, poi alla fine Chiara aggiunse la ciliegina sulla sua torta: «Non è che daresti un passaggio a Maura. Sai, è a piedi…».
Maura intervenne: «Ma no dai, faccio due passi, non dovevi nemmeno chiederglielo».
Io dovetti stare al gioco e fare un po’ il cavaliere: «Nessun disturbo Maura, figurati. La strada poi è anche poco illuminata, non si sa mai chi si può incontrare a queste ore della notte».
Fra le nostre insistenze Maura finì col cedere e accettare il mio passaggio, dato che avevo la macchina lì vicino. Prima di avviarci, sussurrai a Chiara senza farmi sentire dall’amica: «Questa me la pagherai stanotte!». Lei si limitò a sorridere divertita e a farmi l’occhiolino maliziosa.
Io e Maura ci conoscevamo appena di vista, ma dopo quella mezz’ora passata insieme ci sembra di essere molto più intimi. Quasi subito infatti lei mi chiese: «Ma tu e Chiara avete una storia?».
«No, per niente. Era un bel po’ che non ci vedevamo. Qualche anno addirittura».
«Strano, dai vostri sguardi si sarebbe detto diversamente. Mi sembravate attratti uno dell’altra».
«Magari! Sarebbe proprio un bel colpo una come lei».
Maura rise: «Ti piacerebbe scoparci insieme!».
«A chi non piacerebbe! Tra l’altro alle medie ce la sognavamo tutti. Sarebbe ancor più bello farsela adesso».
«Speravo che aveste una storia. Ultimamente è così chiusa con i ragazzi, dopo essersi mollata con Mauro».
«Mi ha raccontato sì, sembra sia veramente finita stavolta».
«Proprio così. Di solito non era così giù. Si lasciavano per un breve periodo, quando avevano bisogno di un po’ di respiro. E lei immancabilmente si lanciava su nuovi ragazzi, per avventure brevi. Avrebbe bisogno di qualcuno che stesse con lei non solo perché è bella, ma che la amasse veramente. Come tutte noi ragazze».
Eravamo arrivati sotto casa sua. Quelle sue ultime parole mi avevano colpito, però non avevo certo rinunciato all’idea di scoparmi Chiara appena tornato indietro. Maura però sembrava d’accordo con lei per farmi aspettare il più a lungo possibile: «Vieni su a bere qualcosa? Un caffè, un drink, quello che vuoi…».
“Quello che voglio è scoparmi Chiara!” pensai. Tentai di glissare l’offerta: «No grazie, ora vado a casa, sono stanco».
«Ma dai, tanto minuto più o minuto meno. Non disturberai affatto, sono a casa da sola! Giusto per non andare a casa subito, ho voglia di fare altre due chiacchiere. Sai, è una di quelle sere in cui non andresti mai a letto e non trovi nessuno…».
Le sue suppliche alla fine mi convinsero, anche se ero decisissimo a rimanere solo il tempo di un caffè. «Ok, ma solo per bere una tazzina di caffè».
«Dai, saliamo».
Salimmo insieme le tre rampe di scale che portavano all’appartamento in cui Maura viveva con i genitori. Lei aprì la porta blindata e accese le luci. Andammo in cucina, dove lei preparò una piccola moka per due persone e la mise sul fornello. Fin tanto che aspettavamo, ci sedemmo attorno al piccolo tavolo riprendendo a chiacchierare, sempre di argomenti futili. Quando il caffè cominciò a rumoreggiare, lei si alzò, spense il fornello e attese un attimo che fosse pronto. Poi prese due piattini e due tazzine dall’armadietto e le sistemò sul tavolo. Nel farlo, si piegò in avanti e i miei occhi puntarono dritti alla sua scollatura profonda in cui si vedeva per un buon tratto il solco fra i suoi seni. Lei notò il mio sguardo assorto e rimase immobile per un po’. Io non me ne accorsi ma continuai a contemplare la bellezza delle sue forme, finché la sua voce mi ridestò: «Ti piace il mio seno, eh?» sorrise senza dimostrarsi offesa.
Dopo quella figuraccia io bevvi in fretta il caffè, rispondendo il più brevemente possibile alle sue parole. Posai la tazzina vuota sul piattino e dopo nemmeno dieci secondi le dissi: «Scusa Maura, ma proprio ora me ne devo andare».
Lei accennò appena a un sorriso: «Mi piacerebbe fare altre due chiacchiere, ne avrei proprio bisogno, ma comunque non ti trattengo oltre…».
La salutai in fretta e mi buttai quasi di corsa giù per le scale, con l’eccitazione che mi scuoteva dentro. Dopo tante ore di attesa finalmente sarei andato a scopare con Chiara. Accesi la macchina, ma un dubbio mi tormentò: e se lei se ne fosse andata? Se avesse voluto solo farmi uno scherzo? La mia sicurezza che fosse là ad aspettarmi calò drasticamente. Ingranai lentamente la prima e mi avviai. Solo allora diedi un’occhiata all’orologio: erano le tre meno un quarto. Ripensai un attimo a Chiara e a Maura, che tanto calorosamente mi aveva invitato a rimanere. No, non ero tanto sicuro che Chiara fosse là ad aspettarmi. E poi mi stavo accorgendo che Maura era molto più bella, col suo viso allungato e molto piacevole, i suoi bei capelli lisci, il seno forse non così abbondante come quello di Chiara ma che poteva reggerne il paragone.
La strada era deserta: feci così un’inversione di marcia e tornai sotto casa di Maura. Suonai il citofono: non erano passati nemmeno due minuti da quando me n’ero andato. Lei rispose dopo pochi secondi. «Sì?» chiese con voce sorpresa.
«Ciao, sono io. Mi sono dimenticato che dopo il caffè bevo sempre volentieri un po’ di grappa. Me l’offriresti?».
«Certo, sali» rispose lei con una risata per come avevo saputo ripresentarmi.
Maura mi aspettava in cima alle scale con la porta aperta e mi fece entrare. Mi offrì un goccio di grappa, poi ricominciammo a parlare come avevamo fatto in macchina e mentre aspettavamo il caffè. Non facemmo più accenno alla sua scollatura e passammo tutta la notte attorno al tavolo a chiacchierare del più o del meno. Non mi aspettavo certo di scoparmela e infatti fu così. Quando le prime luci dell’alba filtrarono attraverso la finestra, mi chiese: «Ti va di dormire qui?».
Io non avevo nessuno da avvertire perché vivevo da solo. «Va bene» risposi. In quel momento ebbi un guizzo di eccitazione, solo dopo aver risposto. Probabilmente mi stava chiedendo anche di far l’amore. Invece ci stendemmo, vestiti, sul suo ampio letto e ci addormentammo subito, fianco a fianco.
Ci risvegliammo quando il sole era già alto, alle undici e qualche minuto, abbracciati strettamente come due fidanzatini. “E non ci siamo nemmeno baciati!” pensai guardandole il volto, con gli occhi ancora chiusi. “Com’è bella mentre dorme! È ancor più dolce”.
In quel momento, come se col mio pensiero avessi fatto rumore, aprì i suoi occhini marroni, gli sbatté paio di volte guardando nel vuoto, poi mi fissò sorridendomi dolcemente.
«Dormito bene?» mi chiese.
«Abbastanza. Forse era meglio se mi fossi spogliato, ma tenerti fra le braccia m’ha ripagato di tutto».
Si allungò verso di me e mi depositò un lieve bacio sulle labbra. «Che romantico sei la mattina. Molto più della notte».
Io risposi tirandola su di me e baciandola per la prima, vera volta. Appena le nostre labbra si staccarono, non ci fu permesso nessun commento perché il telefono suonò.
«Questi sono i miei» disse Maura prima di sollevare la cornetta.
«Pronto? Ah, ciao Chiara, tutto bene… Com’è andata ieri sera poi? … Ah, sei tornata a casa dopo un po’, non c’era più nessuno in giro… Quando vuoi… Oggi pomeriggio? Ok!… A che ora?… Alle due… Meglio alle tre, ho un impegno prima» e sorrise rivolta a me, carezzandomi una coscia.
«Ci vediamo, allora, ciao!» e mise giù.
«Era Chiara, vuole parlarmi, non ho capito bene cos’ha. Sembrava un po’ incazzata pure».
Stavo per rivelarle la verità, ma poi pensai che non era il massimo dopo il nostro bacio. Così tacqui e la ripresi tra le braccia. Ci baciammo ancora, a lungo, per molti minuti. Le mani servivano solamente a stringerci l’un l’altro, non andavano a toccare i nostri corpi in maniera più eccitante. Dopo esserci saziati di baci, guardammo l’ora sulla radiosveglia sopra il comodino: era già mezzogiorno!
Prima di discutere sul da farsi, optammo per un altro lungo bacio. Stavolta Maura mi salì sopra mentre stavo disteso sulla schiena, le sue mani come sempre erano dietro la mia nuca, mentre io presi a farle scendere sul suo collo, sulla schiena, fino ad arrivare a toccarle le natiche. Lei non protestò affatto, ma si dimostrò anzi ancor più focosa. Le strinsi i glutei piccoli e sodi fra le dita e spinsi in alto, verso il suo sesso, il mio pene che era diventato duro quasi all’improvviso. Quando se ne accorse, si staccò immediatamente: «Evviva!» esclamò. «Temevo fossi impotente!».
Io stavo per prenderla male, ma lei mi guardò con quel suo sorriso irresistibile. «Cosa ne dici: mi metto qualcosa di meglio, mangiamo e poi continuiamo?» e sottolineò l’ultima parola strofinandosi sul mio inguine.
«Le ultime due cose vanno bene, la prima no. Sei stupenda così, non voglio che ti cambi».
Lei si alzò appoggiandosi sui gomiti e mi guardò negli occhi. Il mio sguardo era finito immancabilmente sulla sua scollatura. Capii che lo aveva fatto apposta.
«Prima o dopo mangiato?» mi chiese maliziosa.
«E se ti dicessi ora?» risposi eccitato da quella visuale.
«Ti risponderei…» fece una pausa come stesse per pensarci. «… sbrigati!».
Non me lo feci ripetere due volte, ma le strinsi i seni con le mani. Erano fantastici, forse ancor più belli di quelli di Chiara. Volevo sentirne al più presto direttamente il calore, la pelle. Nonostante ciò volevo godermi quei momenti: mentre Maura rimaneva in quella posizione, le misi le mani all’interno della scollatura e mi insinuai sotto il vestito. Incontrai presto il reggiseno: le strinsi i seni come un attimo prima, questa volta coperti solo dalla biancheria. Alla fine mi infilai anche sotto a questa, ma non li presi in mano: carezzai lentamente i capezzoli già eretti, stimolandoli fino a sentirla gemere davanti a me.
A quel punto ci baciammo nuovamente, appassionatamente sulle labbra. Le mie mani, sfilate da sotto il reggiseno, presero a sollevare la scollatissima maglia nera fino a portarla sulle spalle. A quel punto Maura dovette staccarsi da me e, mettendosi in ginocchio, se la sfilò e la gettò a terra. Restava solo il reggiseno nero a coprire quegli splendidi seni da cui non riuscivo a staccare gli occhi se non per qualche istante in cui la guardavo in volto: aveva gli occhi chiusi e un’espressione tesa per l’eccitazione.
Si portò le mani sulla schiena per slacciarsi rapidamente il reggiseno, ma non se lo sfilò subito.
«Guarda che ho solo una terza. È il reggiseno a tener un po’ su e a fare un bell’effetto… Scusami se resterai deluso».
Io un po’ m’arrabbiai, poi le dissi: «Come faccio a essere deluso se davanti a me ho una dea che si sta spogliando?». Maura aprì gli occhi e mi sorrise contenta. Poi si sfilò lentamente il reggiseno. I suoi seni scesero un po’, ma non molto: era ugualmente molto eccitanti, con quella loro forma a pera e le areole e i capezzoli scuri e turgidi.
Probabilmente sentì il forte sussulto di eccitazione che sconvolse i miei fianchi: era veramente una dea, la dea della bellezza.
Non potei fare a meno di rialzarmi a sedere e trovarmi lei inginocchiata di fronte: abbassai la bocca su quei seni che le mie mani avevano immediatamente ghermito e li baciai a lungo, leccando, stuzzicando e succhiando quei capezzoli. Finché la mia bocca era su uno, la mia mano stringeva fra le dita l’altro pizzicandolo lievemente.
Dopo un po’ di questo gioco, le mani di lei si infilarono sotto la mia maglietta e risalirono al mio petto. Lo toccarono in tutta la sua larghezza e lunghezza fino ad arrivare ai capezzoli piatti per restituirmi un po’ di quel piacere. In breve divennero anche i miei eretti e sensibili, tanto che mugolai un attimo per la sensazione di piacere, lasciandomi sfuggire dalle labbra il suo capezzolo. Lei approfittò del mio attimo di esitazione per spingermi indietro sul materasso fino a farmi distendere di schiena e salirmi poi sopra a gattoni. I suoi seni penzolavano eccitanti verso il basso, non potei fare a meno di prenderli nelle mie mano a coppa che erano così riempite, mentre la sua bocca scendeva sul mio petto, leccandolo in maniera sublime. Le sue labbra imprigionarono presto i miei capezzoli stuzzicandoli senza pietà. Abbandonai i suoi seni, che si appoggiarono sul mio ventre, per carezzarle la bella schiena nuda, massaggiandola fin su sul collo. Lei sembrò gradire tutto ciò e rallentò i suoi movimenti fino a smettere e distendersi sopra di me. Mentre io tenevo le gambe allungate, solo lievemente aperte, lei si era sistemata in modo che le ginocchia toccassero il materasso ai lati dei miei fianchi. Scesi perciò a toccarle lo splendido sedere, che era a porta delle mie mani, mentre le nostre labbra si incontravano ancora in un bacio lungo e appassionato, che sembrava non dover finire mai. Ogni volta che uno dei due rallentava i movimenti delle labbra e della lingua, era l’altro a frugare nella bocca del partner.
“Chissà com’è la sua lingua sul mio cazzo” pensai mentre mi frugava la bocca. A quel pensiero, le schiacciai i fianchi contro di me. Maura intuì che le stavo chiedendo qualcosa di più di un bacio con quel tocco deciso e si alzò. Dovevo ancora scoprire gli angoli più perversi della sua mente, che rifuggiva il rapporto tradizionale: in quel momento infatti mi stupii nel vederla dirigersi fuori della camera, fermandosi sulla porta per lanciarmi un’occhiata maliziosa che era un invito a seguirla. Non avevo idea di cosa avesse in mente, però ero certo che fosse qualcosa di eccitante.
Un po’ impacciato, con un passo traballante a causa delle poche ore di sonno, raggiunsi la cucina dietro di lei, che invece camminava decisa e perfettamente diritta.
«Siediti lì» e con la mano mi indicò un alto sgabello vicino al bancone della cucina. Ubbidii senza parlare e attesi che fosse lei a condurre il gioco.
«Non ti ho nemmeno chiesto se prendi qualcosa per colazione. Preferisci il caffè o il cappuccino?».
«Per dire la verità, preferisco i tuoi seni per colazione» risposi facendole l’occhiolino.
Maura mi prese in parola, avvicinandosi e offrendomi il suo seno dal capezzolo ancora rigido. Io lo leccai avidamente tre o quattro volte, lo presi delicatamente fra i denti e lo succhiai con le labbra. Poi, sempre stringendolo fra le labbra, cominciai a sfiorarlo con piccoli guizzi della lingua. Lei non si staccò, ma mi carezzò i capelli chiedendomi di nuovo: «Però qualcosa lo devi pur prendere…».
Alzai un attimo la testa, deciso a rituffarmi in quella carne meravigliosa: «Vada per il caffè allora».
Non mi lasciò il tempo per riprendere la stimolazione, ma si allontanò di un passo verso i fornelli. Io l’abbrancai da dietro dopo un paio di secondi, mentre s’apprestava a preparare la moka: le circondai il ventre con le braccia e la baciai sulla spalla e sul collo, allungando lo sguardo sui suoi seni di cui non riuscivo a saziarmi. Notai solo allora che erano abbronzati alla perfezione come il resto del corpo: Maura aveva sempre avuto una carnagione un po’ più scura di quella della altre ragazze, anche se non di molto, e in estate la sua pelle si scuriva ulteriormente tanto che poteva benissimo essere scambiata per una ragazza siciliana, non fosse per il leggero accento della sua voce.
Quella scoperta mi diede una piacevole stretta allo stomaco e volli saperne di più: «Sei già stata al mare quest’anno?».
«Sì, ho fatto le prime due settimane di luglio, sono tornata da pochi giorni. Ti piace la mia abbronzatura?» mi chiese girandosi per guardarmi negli occhi un istante. Poi tornò alla moka che chiuse con forza.
«Sì, molto bella, stai veramente bene così abbronzata… soprattutto qui» e alzai la mano destra carezzandole il seno velocemente e abbracciandola di nuovo. Si mosse verso il fornello e io dietro la segui. Mentre lo accendeva le chiesi: «Ma sei sempre stata in topless?».
«Sì, non ti dispiace vero? Hai detto che ti piace la mia abbronzatura uniforme».
Il mio cervello mi portò su una splendida spiaggia con Maura in topless e un minuscolo tanga. Chissà quanti uomini avevano ammirato il suo corpo statuario senza poterlo toccare. Premetti il mio pene in erezione contro le sue natiche.
«No, non mi dispiace. Ma sei andata da sola?».
«Certo che no! C’era anche Chiara e le altre ragazze che hai visto ieri sera».
«Eri l’unica in topless?».
«No, maialone, ma se ti interessa Chiara non ha sfoggiato le sue tette al vento come alcune di noi!» esclamò liberandosi della mia stretta e spingendomi verso lo sgabello. «Ora siediti là e aspetta…». La sua voce aveva assunto all’improvviso un tono scocciato che immediatamente diventò suadente.
Un po’ a malincuore abbandonai la stretta e mi accomodai sullo sgabello. Lei si avvicinò subito: «Vediamo se sei sempre pronto» e allungò una mano fra le mie gambe accarezzandomi sulla patta.
«Ah, sì… Sei proprio bravo» e mi allungò un fuggevole bacio sulle labbra. «Ma ti meriti qualcosa di più di un semplice bacino». Si inginocchiò a terra e allungò la testa fra le mie gambe: era all’altezza giusta. Io le divaricai leggermente, in modo che potesse arrivarci con facilità: Maura si limitò ad appoggiare le braccia sulle mie cosce e ad appoggiarmi le labbra sul cazzo attraverso i pantaloni.
Continuò per molti secondi così, portandomi a supplicarla di fare un passo avanti. Solo allora sbottonò i pantaloni, passò le dita sulla mano destra sull’erezione coperta solo dalle mutande e poi mi fece alzare. I pantaloni scivolarono a terra, mentre lei, sempre inginocchiata davanti a me, fece scendere fino ai piedi le mutande. Non mi permise di liberarmene, ma mi fece sedere di nuovo. Io, per rendere tutto più facile, appoggiai solamente il sedere sul bordo dello sgabello, lasciando l’asta del membro e i testicoli a sua completa disposizione.
La sua mano destra si chiuse delicata a coppa sui testicoli e scivolò subito dopo lungo l’asta in una rapida carezza da capogiro. Finalmente arrivò anche il contatto con la sua bocca: le sue labbra semiaperte esplorarono tutti i miei genitali, partendo dalla base dei testicoli e risalendo in un attento esame che non tralasciò nulla fino ad arrivare a sfiorare il glande. Lo stesso percorso fu subito ripetuto dalla punta della sua lingua e, quando questa arrivò al glande, lo abbandonò subito. Maura si rialzò e andò al fornello per spegnere il fuoco sotto il caffè. Io non mi ero nemmeno accorto che fosse pronto, tanto ero preso dall’eccitazione. Me lo servì già con lo zucchero e posò la tazzina e il piattino sul bancone vicino a me. Io non avevo nessuna voglia di berlo ormai, desideravo soltanto che continuasse. Lei aspettava in piedi di fronte a me, osservandomi: presi allora in mano la tazzina e cominciai a sorseggiarlo. Solo allora si inginocchiò di nuovo e le leccate sulla mia asta si fecero più brevi ma decise. Quando ebbi finito di sorseggiare il caffè e appoggiai la tazzina sul bancone, lei cambiò stimolazione e prese fra le labbra il glande, lasciandolo scorrere fuori e riprendendolo poi in bocca. Continuò così per un po’, senza più intervenire con la lingua. Desideravo sempre più che me lo prendesse completamente in bocca e alla fine mi accontentò. La punta batteva contro la sua gola: pensavo volesse prenderlo ancora più in profondità, ma lo fece uscire per un po’ in modo da avere in bocca solo il glande, che iniziò a stuzzicare sapientemente con la lingua. Credevo di venirle in bocca, ma dopo poche leccate lei si staccò dal mio cazzo e si rialzò. Mi baciò sulle labbra infilando la sua lingua nella mia bocca: aveva un sapore strano, non molto diverso dal solito ma con una sfumatura a me totalmente sconosciuta. Solo quando si staccò capii che era il mio sapore…
Mi fissò dritto negli occhi: aveva un’espressione molto decisa, era lei a condurre i giochi in quel momento. Il mio sguardo doveva essere un po’ intontito, non mi aspettavo certo quelle iniziative da parte sua, ma una normale scopata, piacevole fin quanto si vuole, ma nulla di diverso da ciò che è ritenuto dai più la normalità. Eppure quelle variazioni al copione mi piacevano, avevano un che di perverso. Decisi di assecondarla, ne valeva la pena!
«Mi occorre la pipì» mi disse raddolcendo all’istante l’espressione. Ora sembrava una vulnerabile ragazzina quella che avevo di fronte mezza nuda, con addosso la sola minigonna scura.
Probabilmente avrei avuto bisogno anch’io di andare in bagno, non fosse stato per l’erezione intensa che aveva da appena svegliato.
«Se vuoi ti accompagno» mi offrii.
«Va bene» accettò mentre io rimanevo un po’ stupito. Mi liberai rapidamente dei pantaloni e delle mutande che avevano formato un groviglio ai miei piedi e, a piedi scalzi, la seguii standole al fianco, completamente nudo e col pene eretto.
Arrivati in bagno lei si fermò in piedi davanti al water: io le tolsi la gonna e l’appoggiai sul bordo della basca. Maura rimase con i soli slip neri addosso: la guardai un attimo e il suo sguardo mi invitò a continuare. Abbassai lentamente le mutandine e mi si rivelò davanti al mio viso un bel cespuglietto di setosi peli neri. Gli slip andarono a far compagnia alla minigonna e subito lei si sedette sulla tavoletta. Dopo un paio di secondi l’urina prese a zampillare: io fissai impietrito, non mi era mai capitato di vedere una donna pisciare e c’era qualcosa di eccitante nel vedere un gesto così frequente e altrettanto intimo.
Appena finito lei si pulì per bene con la carta igienica e avanzò poi la posizione sedendosi sul bordo della tavoletta e allargando le gambe.
«Ora potresti fare lo stesso di quello che ti ho fatto io» mi invitò.
Non me lo feci ripetere due volte e mi inginocchiai immediatamente per terra di fronte a lei, chinandomi a leccarle prima i peli, poi le labbra. Pian piano la mia lingua si fece strada fra le pieghe fino a raggiungere il clitoride. Guizzai su di esso un paio di volte, poi presi a darle lunghe leccate sulla fessura senza permettere alla lingua di penetrare come avrebbe invece voluto lei. Solo dopo numerose leccate l’accontentai ed entrai per quanto mi era possibile.
Quando mi ritrassi, l’abbandonai rialzandomi in piedi e feci alzare anche lei.
«Abbassa la tavoletta» le mormorai con voce roca.
Lei ubbidì ed abbassò dietro di lei la tavoletta che andò a coprire il water e si sedette sopra, più indietro che poteva per lasciare un po’ di posto anche a me. Fummo così uno davanti all’altra, con le gambe aperte e i nostri sessi esposti alla vista di entrambi. Il letto era certamente più comodo ma non avrebbe certo permesso di poterci guardare a vicenda così bene.
Le sue mani si richiusero dopo qualche secondo sul mio cazzo e sui testicoli, mentre io iniziai a frugarla con le dita. Ci masturbammo a vicenda per un po’, con concentrazione totale: le mie dita da due diventarono tre ed entrarono fino in profondità, alternandosi alla stimolazione diretta della tumida bacca del clitoride. Lei invece continuava a massaggiarmi i testicoli variando con l’altra mano chiusa a pugno sul mio cazzo le carezze: da lente a veloci, tenendo la mano molto leggera oppure stringendola con forza. Le sue mani erano veramente due strumenti di autentico piacere e furono loro ad aprirmi il suo scrigno: con delicatezza spostò le mie dita e infilò all’interno della vagina le sue, aprendomela completamente. Contemporaneamente, con un abile mossa per quello spazio molto ristretto, spostò le sue gambe appoggiandole sopra le mie cosce, mentre il suo magnifico culo rimaneva appoggiato al bordo della tavoletta verso il muro. A me bastò avvicinarmi un po’ e scivolare lentamente all’interno della sua vagina, madida di succhi che già avevano impiastricciato le mie dita. La penetrazione fu quanto mai dolce, eppure lei non aveva ritratto due dita, una per mano, che continuavano a divaricare le labbra. Solo dopo che ebbi mosso i fianchi un paio di volte le tolse per appoggiarmele sulle spalle e indicare il ritmo. Nel frattempo si era appoggiata con la schiena al muro e l’inclinazione indietro del busto metteva in risalto i suoi seni sui quali non potei fare a meno di allungare le mani. Li strinsi, alternando delle leggere carezze ai capezzoli ormai molto sensibili.
Mentre la fottevo delicatamente come mi indicava, mi venne un dubbio e le chiesi: «Posso venirti dentro?».
«Sì, prendo la pillola, ma non farlo ora. Ho in mente altro per te prima di venire».
Affondai perciò quando potevo dentro di lei e, stando così stretto, mi fermai per un po’. Non sarei durato a lungo, ma quella posizione mi piaceva, ci permetteva di stare molto vicini.
La baciai e lei rispose con passione: era coinvolta almeno quanto me nel nostro amore. Dopo un po’ mi rialzai, col pene ancora eretto e umido dei suoi succhi. Nuovamente fu lei a precedermi e dal grande bagno con tanto di vasca, mi accompagnò nella piccola lavanderia alla fine del corridoio, dove c’era solamente un altro water, un ampio lavandino e una lavatrice. Non capii cosa aveva in mente finché non salì a cavalcioni sulla lavatrice invitandomi a fare altrettanto. A quel punto, con mio sommo stupore, si girò con il busto e avviò la lavatrice. Sorrisi a quella pazza idea, ma accettai ben volentieri. Lei si sistemò su di me come poco prima, con unica differenza che invece di appoggiare il busto al muro, si appoggiò su di me abbracciandomi strettamente mentre penetravo in lei. Non capii quel comportamento da parte sua se non quando il motore, partito lentamente, cominciò a centrifugare a un alto regime di giri. In pochi secondi tutto cominciò a tremare sotto la potente azione del motore della lavatrice, spinto quasi al massimo. Maura appoggiava sulle mie cosce, ma non mi pesava affatto, ero troppo preso da come mi racchiudeva dentro di sé per poter notare qualcos’altro tranne le vibrazioni a cui eravamo sottoposti. Presto cominciò a muovere il bacino, sempre tenendomi strettamente abbracciato tanto che mi aveva appoggiato la testa sul mio collo, mentre le sue braccia mi stringevano il petto, passando sotto le ascelle. Ricambiai anch’io la stretta, passando le mani sulla sua schiena, massaggiandogliela con decisione e muovendo il mio cazzo durissimo dentro di lei.
L’eccitazione cresceva rapidamente in me, anche per lo stimolo nuovo e inconsueto delle forte vibrazioni della lavatrice. Le mie mani agognavano di toccarla in punti più intimi, così scesi a stringerle quello splendido culo che aveva. Sentii che avrei potuto andare avanti ancora per poco e mi rammaricavo di non poterla fare venire là sopra come, probabilmente, aveva desiderato.
Girai un po’ la testa verso di lei e con voce impastata dall’amplesso le sussurrai: «Maura, scusami, non resisto più, sto per venire…».
Rialzò la testa verso di me e, senza che nessuno dei due rallentasse un attimo il ritmo, rispose guardandomi negli occhi, in cui lessi il piacere che anche lei provava: «Anch’io… Credo verrò se mi tocchi là sotto…» e avvicinò la bocca alla mia. Le nostre lingue si incontrarono ancora, sondarono a fondo le nostre bocche.
Volli subito provare a soddisfarla, infilando una mano fra i nostri corpi che si stringevano ancora forsennatamente. Con qualche difficoltà arrivai alla base del mio cazzo: da lì tutto era più facile. Pur continuando a muoverci giunsi a toccarle il soffice triangolo di peli, carezzandone qualche ciuffo. Animata dal tocco, Maura aprì ulteriormente le gambe, invitando a toccarla e pronta ad accogliere nella sua fighetta anche le mie dita.
L’indice sinistro salì sopra il mio pene, contro cui strusciava aumentando anche il mio piacere, fino a penetrare fra le labbra. Riuscii a stuzzicarle il clitoride, ma non ero soddisfatto. Si aggiunse un altro dito che andò a toccarla nel suo punto più sensibile. Senza staccarsi dalla mia bocca mosse i fianchi in circolo. Dopo un paio di secondi sentii un mutamento in lei: la stretta delle sue braccia era diversa, la sua lingua rallentò il frenetico frugare e anche i fianchi cambiarono movimento. Era venuta e dopo che l’orgasmo l’aveva sconvolta, pur ancora in preda degli spasmi, s’impegnò a dare anche a me il massimo del piacere. Non senza fatica mosse il bacino avanti e indietro rapidamente, accogliendo e rilasciando parzialmente il mio cazzo. Bastarono pochissimi secondi di quello stimolo eccezionale, insieme anche all’idea del suo impegno per darmi piacere. Le vibrazioni non fecero altro che rendere il tutto unico: venni dentro di lei perdendo per qualche attimo il contatto con la realtà, in preda a delle sensazioni intensissime. Sentivo solamente le ondate di piacere scorrermi dentro, a intervalli quasi regolari: appena una terminava, subito ce n’era un’altra. Contemporaneamente corrispondevano agli spasmi in cui riversavo il mio seme nella sua vagina accogliente, che ancora tratteneva anche le mie dita.
Fu il contatto con la sua bocca, mai interrotto, a riportarmi rapidamente la realtà. Ora la lavatrice era un po’ molesta, dopo averci regalato sensazioni molto forti e Maura lo capì, girandosi e premendo il pulsante di arresto. Il motore tacque immediatamente, mentre il cestello perdeva lentamente giri fino a fermarsi.
Ci guardammo negli occhi senza parlare, con un’espressione fra il divertito e il serio. Maura sembrava sorridere leggermente, ma i suoi occhi rivelavano una profonda serietà. Il rapporto era stato molto rapido, ma raramente io avevo provato un godimento così profondo e un’eccitazione nel fare l’amore così forte.
Lei mi prese la mano sinistra, tirando fuori le due dita che ancora erano nella sua vagina, le portò alle labbra e le leccò. Io, intanto, gustandomi quella scena, mi ritraevo da lei, ancora con il pene semieretto.
«Hanno un buon aroma. Sanno di me e di te» parlò per prima Maura.
«Non pensavo saresti venuta così rapidamente come me…» feci sincero.
«Anch’io mi sono eccitata molto, è stato tutto nuovo anche per me… Non l’avevo mai fatto così, erano fantasie che avevo da un po’ di tempo» mi confessò.
«Se me l’avessero detto, l’avrei trovata una cosa per maniaci sessuali quella di farlo su una lavatrice che centrifuga. Invece è stato favoloso… Ma tu fai sempre l’amore in maniere così eccentriche?» le chiesi incuriosito.
«No, non sempre. Mi è capitato anche di farlo su un letto, se è questo che vuoi sapere» mi disse sorridendo.
Risi anch’io: «Che simpaticona che sei!».
«Senti, mangiamo qualcosa? È da ieri sera che non mangio niente e il tuo cazzo per colazione m’ha messo ancor più fame invece di saziarmi!».
«Buona idea! Nemmeno i tuoi seni erano così nutrienti…» ricambiai la battuta io. Il mio pene intanto si era afflosciato e cominciavo a sentire forte lo stimolo di urinare. «Che ne dici però di lasciarmi pisciare prima?».
«Okay, però voglio guardarti anch’io come hai fatto tu. Nemmeno io ho mai visto un uomo pisciare, se non da lontano…».
«Va bene» risposi io. Maura si sollevò dalle mie gambe e scese dalla lavatrice, io la seguii un attimo dopo. Alzai la tavoletta del water e pochi istanti dopo l’urina cominciò a produrre il suo caratteristico gocciolio con lo smalto della tazza. Mi ripulii con un po’ di carta igienica, mentre lei continuava a fissarmi interessata.
«Soddisfatta?» le chiesi appena terminato.
«Direi di sì. Ero curiosa anch’io… Cosa mangiamo allora?».
«Per me una pastasciutta va più che bene» risposi mentre mi lavavo le mani, seguito subito dopo da lei. Completamente nudi tornammo in cucina dove il grande orologio a muro segnava l’una meno un quarto.
Maura aprì qualche armadietto e si girò poi verso di me: «Ti vanno bene gli spaghetti al pesto?».
«Perfetto!».
Iniziammo a prepararci il pranzo rapidamente, perché entrambi contavamo di tornare a letto insieme immediatamente dopo. Preparammo la tavola e aspettammo che l’acqua bollisse per buttare gli spaghetti: poi bastava condirli con il pesto già preparato in barattolino. Proprio quando si profilava un momento di pausa, il telefono squillò di nuovo. Maura rispose: «Pronto? Ah, ciao mamma. Qui tutto bene e voi?… Sì, mi sto preparando da mangiare, spaghetti al pesto… Sì, ho fatto la spesa. Tornate nel pomeriggio, vero? A che ora? Ah, va bene…».
La fissavo mentre parlava con la madre: se avessero saputo che era completamente nuda, con la vagina ancora sporca dello sperma del ragazzo che le stava lì a un metro, anche lui completamente nudo!
La conversazione non durò a lungo e presto Maura chiese il mio aiuto per scolare la pasta. Mangiammo rapidamente e avidamente, quasi senza parlare, continuando a lanciarci occhiate furtive.
«Se non la smetti di guardarmi il seno, dovrò mettermi qualcosa!» esclamò lei alla fine sorridendo.
«È troppo bello, perfetto. Hai ancora i capezzoli eretti».
«Per il freddo» disse lei, rendendosi ben conto che la sua bugia non era affatto credibile poiché il termometro era ben oltre i trenta gradi fuori e in casa c’erano pochi gradi in meno.
Io mi limitai a sorridere e cominciai a spreparare mettendo i piatti in lavastoviglie. In un batter d’occhio la tavola tornò a essere vuota e l’orologio segnava appena l’una e dieci.
Stavolta fui io a prendere l’iniziativa, mettendole le mani sui fianchi e facendola sedere sul bancone della cucina. Mi inginocchiai poi a terra e avvicinai la testa fra le sue gambe. Lei, desiderosa del mio tocco, allargò le gambe e la mia lingua cominciò a saettare sulle grandi labbra. Quando mi infilai più in profondità in lei con la lingua, mi resi conto che era bagnata di nuovo. Staccai la testa e le chiesi: «È anche questo fra le tue fantasie? Essere leccata sul bancone della cucina?».
«No, scemo, sei tu che mi ecciti così…».
«Che fantasia vorresti veder realizzata allora?» le chiesi desideroso che trovasse qualche altre idea perversa.
«Da quando avevo sedici anni sogno di farlo in ascensore, meglio ancora se l’ascensore è quello del mio condominio…».
Rimasi un po’ di stucco, però finii con l’accettare.
«Andiamo allora!» esclamò lei alzandosi di scatto dal bancone e dirigendosi verso la porta.
«Ma come, così? E se c’è qualcuno per le scale?».
«Ma dai, chi vuoi che passi a quest’ora? Staremo attenti. Poi bloccheremo l’ascensore, così nessuno potrà disturbarci…».
Non molto convinto, la seguii ugualmente. Maura aprii lentamente la porta di qualche centimetro, stando in ascolto se qualcuno stava facendo le scale. Il silenzio era l’unico elemento presente, perciò s’avventurò fuori con le chiavi in un mano e il mio braccio nell’altra. L’ascensore era libero e lo chiamò col pulsante: c’era il rischio che la porta sullo stesso pianerottolo su aprisse da un momento all’altro. Tirai un sospiro di sollievo quando le porte dell’ascensore si aprirono e noi entrammo. Maura premette il pulsante “2” e attese che le porte si chiudessero e che l’ascensore si muovesse, dopodiché premette il “3”, che era il suo piano e immediatamente dopo “ALT”. «Così basta che prema di nuovo “ALT” per tornare al mio piano in un attimo» mi spiegò dopo quell’operazione.
Appena finì la frase le nostre labbra si incrociarono in un appassionato bacio, divorandosi a lungo. Il mio cazzo rispose subito allo stimolo e diventò duro: la spinsi perciò contro una parete e cercai a tentoni la sua michetta per penetrarla. Maura mi aiutò allargando le gambe quanto poteva e cercando di venirmi incontro. Dopo numerosi tentativi in cui il mio cazzo batteva contro il suo inguine senza trovare uno sfogo, riuscii a entrare in lei. Continuando a baciarsi, iniziammo a muoverci tutti e due. Maura sollevò le sue gambe circondandomi la schiena e stringendomi a lei: questo suo movimento mi diede in brivido di piacere. Proprio allora sentimmo due voci provenire dall’esterno, proprio sul piano di Maura.
«Ecco, quest’ascensore deve essersi bloccato! L’avevo detto all’amministratore di farlo controllare, ma non ha voluto darmi ascolto!».
«Tanto a lui l’ascensore non serve, e noi siamo solo due poveri anziani! Devi andare a protestare seriamente questa volta però!».
«Certo, andiamo subito. Lo farò venire qua e vedremo cosa dirà!».
Io e Maura ci bloccammo, spaventati. Lei abbandonò la presa delle sue gambe e le fece scivolare a terra. Dopo qualche secondi in cui i nostri cuori battevano a mille, fu lei a parlare. Credevo volesse dirmi che non era niente e di riprendere a fare l’amore, invece mi sbagliavo: «Dobbiamo tornare in casa. Quello è veramente capace di portar qui l’amministratore e non lasciarlo andar via finché un tecnico non ha riparato l’ascensore!».
Aspettò un po’, per essere sicura che i due anziani coniugi se ne fossero andati, poi disinserì il pulsante “ALT”. L’ascensore si mosse un attimo e le porte si aprirono. Maura raccolse dal pavimento della stretta cabina le chiavi di casa e si precipitò verso la porta, che aprì rapidamente. Pochissimi secondi dopo essere usciti dall’ascensore eravamo entrambi al sicuro dietro la porta blindata.
«Forse è meglio che lo facciamo sul letto stavolta» mi disse Maura, rassegnata a realizzare altre fantasie dopo il pericolo appena corso. Così mi portò in camera sua, dove avevamo dormito quella notte, o meglio quella mattina, sul suo ampio letto da una piazza e mezza che era ancora sfatto.
Questa volta volevo essere io a prendere l’iniziativa: avevo ormai capito che un rapporto in una posizione “normale” o consueta come quella del missionario l’avrebbe lasciata insoddisfatta, decisi così per qualcosa un po’ meno ordinario. Perciò, senza lasciarle il tempo di fare o dire qualcosa, salii sul letto e mi misi in ginocchio, andando ad appoggiare il sedere sui miei talloni. Maura sorrise e si sedette sul materasso di fronte a me, allungando le sue gambe a lato delle mie. Alzò il bacino verso il mio pene, ancora eretto e lucido dal rapporto interrotto sull’ascensore, tenendosi in equilibro con le mani, che aveva appoggiato dietro di sé. Per aiutarla portai le mani sui fianchi alzandola verso di me, finché riuscì ad sistemarsi sulle mie cosce: allora allargò le gambe e dischiuse la micietta umida. L’avvicinai ulteriormente a me spingendole il culo con le mani fino a penetrarla. A questo punto aveva lei il rapporto sull’amplesso perché io da inginocchiato non potevo che muovere leggermente il cazzo, mentre Maura aveva ampia libertà di movimento con il bacino. Se ne accorse subito e impose un ritmo abbastanza lento che trovò essere di mio gradimento, tanto che accompagnai i suoi movimenti con le mani sulle sue natiche. Abbassai anche la testa su di lei per poterle baciare il seno, pienamente esposto al mio tocco e alla mia vista. Sentii che lo spingeva in avanti, desiderosa di quello stimolo: le presi fra le labbra il capezzolo e lo stuzzicai con decisione, mentre gemeva al mio tocco. Abbandonai allora i suoi glutei e circondai entrambi i seni, dalla stupenda forma allungata. La mia lingua saettò prima su un capezzolo, poi su un altro, alternandosi al tocco delle labbra. Presto lei cominciò a boccheggiare, cercando maggiori quantità di ossigeno, sia per lo sforzo della posizione che per i miei tocchi che la lasciavano senza fiato. Quando prese a gemere il mio pene ebbe un guizzo di eccitazione, tanto che volli prendere una parte più attiva nel rapporto. Lentamente mi alzai sulle ginocchia, tornando a sostenerla in quella posizione per le natiche. In quel modo potevo anch’io prendere una parte attiva, muovendomi in lei. La sua micietta ormai era fradicia di umori e vi affondavo con una facilità incredibile anche perché non era molto stretta. Quando me ne resi conto pensai che doveva avere ricevuto un buon numero di cazzi: forse più tardi gliel’avrei chiesto… Intanto mi godevo quel contatto e quel calore. Gli affondi divennero più profondi in quella posizione, ma anche più veloci per la maggior libertà di cui godevo. Decisi tuttavia di rallentare un po’ fino a trovarmi a ritrarmi quasi completamente e ad affondare fin dove riuscivo con un ritmo lentissimo, cercando di muovermi anche lateralmente. Ero deciso a darle piacere, avrei voluto inserire nella sua vagina anche un dito per stimolarle il clitoride, ma non era possibile. Notai che le sue braccia ormai erano stanche e cedevano sotto il suo peso: infatti a un certo punto si lasciò scivolare con la schiena sul materasso. Non mi restava che chiederle che lo facesse lei: «Maura, toccati il clitoride con le dita» la invitai.
La sua bocca aperta non emise altro suono che quello del suo respiro affannoso, i suoi occhi aperti rivolti verso un punto fisso del soffitto non si mossero di un millimetro, ma la sua mano destra giunse lentamente fra le sue gambe. Le dita affusolate toccarono il mio membro che affondava, accarezzarono i miei testicoli e poi si infilarono nella sua fighetta. Continuavo a scoparla lentamente, attento a darle piacere quando la punta delle sue dita arrivarono al clitoride sensibile. Si toccò e chiuse gli occhi emettendo un breve gemito. Non si fermò ma seguitò con decisione finché un gemito più lungo degli altri mi fece capire che era venuta.
Mi ritrassi e mi inginocchiai davanti alle sue gambe per leccarle la micietta grondante di succhi. La mia lingua passò su tutta la sua vagina e sui peli fradici intorno alla fessura finché provò un altro breve orgasmo. La leccai ancora a fondo e le mie leccate partiva dal suo orifizio posteriore. Notai che apprezzava lo stimolo anche lì, perciò mi fermai un po’ a stuzzicarle il buchino. Provai a infilarle un dito e lei non protestò. Anzi, ero riuscito a entrare abbastanza facilmente, per cui mi venne il dubbio che fosse già allenata al sesso anale. Fu proprio lei a chiedermi se volevo farlo: «Hai voglia di incularmi?» mi disse molto schiettamente.
«Giocavo solamente anche col tuo buchino, volevo vedere se ti piaceva».
«Eccome se mi piace. Faccio sesso anale da quattro anni e abbastanza regolarmente…».
Incredibile! Era lei stessa a chiedermelo e che voleva farlo! Non mi era mai successa una cosa del genere, di solito le ragazze erano così riottose nei confronti del sesso anale e le uniche che mi avevano concesso di penetrarle nel culo avevo dovuto convincerle con molta pazienza. Ora questa splendida ragazza, fra l’altro un anno più vecchia di me, mi si offriva così apertamente…
«Hai del lubrificante?» le risposi.
«Certo, guarda sul cassetto del comodino. Deve esserci un tubetto di vaselina quasi nuovo» disse lei mentre si inginocchiava in fondo al letto, con i piedi rivolti verso la stanza e il ventre verso il cuscino. Si sedette sui talloni e poi si piegò in avanti, appoggiandosi al materasso anche col viso. Passai dietro di lei, che in quella posizione mostrava vagina e culo molto aperti. I miei occhi si deliziarono a quella vista e iniziai a spalmarle la vaselina sul buchetto in maniera molto abbondante. Mentre spalmavo la crema le carezzavo l’ano delicatamente fino a provare a infilarvi un dito: entrai con molta facilità, la cosa mi stupì parecchio. Allora era vero quel che diceva: lo sfintere era decisamente elastico, allenato a quell’attività.
Inserii un altro dito e notai che Maura non si lamentava affatto, anzi, cominciava a emettere i primi mugolii di piacere sotto i lenti movimenti delle mie dita. Stando in piedi dietro di lei, la lubrificai nuovamente, poi passai una buona dose di vaselina anche sul mio cazzo e puntai il glande su quell’orifizio. Avanzai delicatamente finché tutto il glande fu dentro, continuai la mia corsa un po’ più velocemente e, senza incontrare nessun ostacolo, fui completamente in lei. Mi ritrassi di qualche centimetro e riaffondai lentamente, temendo di farle male, ma la sua unica reazione fu un mugolio di piacere. L’afferrai per i fianchi e mi ritrassi ancora di più, tornando a penetrarla a fondo, fin dove potevo arrivare. In breve riuscii a prendere un certo ritmo che lei assecondò muovendo leggermente il culo.
«Sali sul materasso» farfugliò lei eccitata.
Io feci per tirarmi indietro completamente, con l’intenzione di entrare nuovamente in lei, ma Maura mi disse: «No, ti prego, restami dentro, è bellissimo».
Tentai di accontentarla, ma era un’operazione molto difficile riuscire a salire con le ginocchia sul materasso stando pressoché in piedi e senza uscire dal suo corpo. Alla fine ci riuscii: mi stesi in avanti sulla sua schiena e da quella posizioni salii sul materasso con le ginocchia. Lei si rialzò sui gomiti e così, un po’ goffamente, ci muovemmo in avanti di qualche centimetro perché non rischiassi di scivolare giù.
Si era messa praticamente alla pecorina e io la penetravo molto a fondo da quella posizione con immenso piacere. Anche lei sembrava godere almeno quanto me, dai rantolii che emetteva. Le strinsi i seni con le mani e comincia a stuzzicarle i capezzoli. Presto una mia mano s’infilò sotto il suo corpo e trovò la vagina ancora madida di succhi. Le carezzai il pelo, poi passai sulle labbra fino ad arrivare a stuzzicarle il clitoride. Da lì non mi mossi e continuai a lungo, mentre continuavo a muovermi dentro di lei.
«Sto venendo, continua così, stringimi le tette!!» mi urlò quasi. Io ubbidii, stringendole un seno con la mano libera e tormentandole il clitoride con l’altra finché la sentii venire. Rapidamente il suo corpo si rilassò, spinse di mugolare e non riuscì più a sostenersi con i gomiti. Scivolò con il viso in avanti, appoggiandosi al materasso.
Mi ritrassi da dentro di lei e mi distesi al suo fianco sul grande letto, il viso a pochi centimetri dal suo. Quando mi sentì lì vicino, aprì gli occhi e mi guardò, con aria interrogativa, quasi stupita dal fatto di vedermi lì.
«Come mai non hai continuato anche tu fino a venirmi dentro?» mi chiese appena ebbe ripreso fiato.
«Non so, dopo l’orgasmo non sembravi più partecipe, mi sembrava assurdo continuare, era come fare l’amore con un pezzo di carne…».
«Scusami» mi disse abbassando un attimo lo sguardo. «Ho provato un orgasmo molto intenso, non riuscivo a pensare ad altro che al mio piacere…».
«Non ti devi scusare.» dissi io, ma lei subito era pronta a farmi godere col suo corpo: alzò le spalle e mi baciò sulla bocca, poi salì sopra di me. «Come vuoi venire? Preferisci il mio culo, la mia micietta, la bocca, le tette? Dimmi tu!» mi sussurrò mentre i nostri corpi aderivano perfettamente e il mio cazzo eretto si strusciava sul suo pelo pubico. Ero quasi commosso di fronte alla sua disponibilità, dovuta probabilmente al piacere che aveva appena provato, e non sapevo assolutamente cosa scegliere. Qualsiasi parte di lei, tutti i modi con cui c’eravamo toccati erano fantastici. Tacqui per un po’ pensiero, tanto che lei mi sussurrò di nuovo: «Guarda che altrimenti scelgo io» e così dicendo allargò le gambe cercando col bacino la mia erezione. Mi fece capire che me l’avrebbe preso dentro in quella posizione e l’idea mi stuzzicò molto, al punto che le dissi di continuare in quel modo.
Maura sorrise maliziosa e, senza aiutarsi con le mani che carezzavano dappertutto la mia faccia, riuscì a prenderselo fra le gambe. Io spinsi e penetrai un po’ in lei. Mi passò un dito sulle labbra, tutto in torno alla bocca: io l’aprii e presi a succhiarlo con forza mentre le mani andavano al suo fantastico culo. Lo penetrai con un dito e presi a muoverlo con lo stesso ritmo con il quale lei si muoveva sul mio cazzo.
«Sicuro di non volermi venire là?» si assicurò. Io annuii con un cenno della testa.
Appena ritrassi il dito, lei si alzò mettendosi a busto eretto, chiuse gli occhi e buttò indietro la testa. Io ammirai quello spettacolo: i suoi seni tondi, perfetti, con i capezzoli scuri eretti, coperti da una lieve pellicola di sudore. In breve cominciarono a oscillare e a sobbalzare, dal momento che Maura aveva iniziato a saltellare sul mio bacino in un movimento vorticoso. Provavo sensazioni incredibili a quella stimolazione, non pensavo di resistere molto a lungo e di venirle dentro così. Invece lei si piegò in avanti, appoggiando i palmi sulle mie spalle e, stando inginocchiata su di me, poteva muovere il bacino molto rapidamente sul mio cazzo. Strinsi le sue meravigliose tette che penzolavano dal suo busto: mi riempivano le mani, ne sentivo la consistenza. La sua vagina intanto si strofina a velocità folle sul mio cazzo durissimo: non avevo mai provato nulla di simile. In pochi secondi un orgasmo fortissimo si impadronì di me, urlaii due o tre volte mentre fuoco liquido scorreva dal mio corpo al suo in numerosi sussulti di cui persi il conto.
Quando riaprii gli occhi, Maura si abbassò su di me e mi baciò teneramente. Mi sussurrò qualcosa all’orecchio, poi si rilassò distesa sopra di me e, entrambi stravolti, ci addormentammo immediatamente.
Ci svegliò il fastidioso suono del citofono. Maura aprì gli occhi di soprassalto un istante dopo di me, spaventata. Passò un secondo nel quale entrambi ricollegammo tutto, poi esclamò con il terrore che le saliva agli occhi: «Questi sono i miei! Rivestiti, devi uscire prima che arrivino con l’ascensore». E si rialzò di scatto, nonostante il mio pene flaccido fosse ancora dentro di lei. Io mi diressi in cucina dove avevo lasciato i pantaloni e le scarpe, rinunciai a infilarmi le mutande, trovai la maglietta e mentre stavo uscendo di corsa per fuggire per le scale, vidi Maura che metteva giù il citofono e veniva verso di me divertita.
«Tranquillo, è solo Chiara: sono le tre. I miei arrivano più tardi! Mi avevano detto alle sei, credevo di aver dormito molto più a lungo».
Maura era visibilmente sollevata, ma io ero passato di male in peggio. Ormai l’avevo scampata se erano i suoi genitori, ma ora non avevo possibilità di farla franca con Chiara, che senz’altro si sarebbe vendicata per averla fatta aspettare per niente quella notte.
Lei, ancora nuda, andò a prendere un accappatoio e si avvolse in quello, mentre mi invitò ad andare in bagno per ricompormi un po’. Appena chiusi la porta, sentii suonare il campanello.
«Ciao, Chiara, ti aspettavo!».
«Ciao, Maura, come stai? Ti vedo felice».
«Sì, ho una sorpresa per te…».
«Ah, sì?» fece Chiara un po’ incuriosita.
«Si sta sistemando… Ci hai svegliato» fece l’occhiolino Maura.
«Beata te! A me i ragazzi ne fanno di tutti i colori. Volevo proprio raccontarti cosa m’è successo ieri sera…».
A quel punto uscii dal bagno, mi ero pettinato un po’, avevo rinunciato ad indossare le mutande e mi ero rinfrescato, pronto ad affrontare la realtà.
Quando Chiara mi vide, ancora con i segni della giornata di sesso sulla pelle, sbarrò gli occhi incredula. Io mi limitai a sorridere timidamente: fu Maura a salvarmi.
«Te lo ricordi? Sei stata proprio tu a farmi accompagnare a casa da lui ieri sera, io non volevo…».
«Già, proprio tu…» dissi io e Chiara capì cosa intendevo e preferì non raccontare tutto.
«Cosa dicevi di ieri sera?» chiese Maura intanto.
«Niente, un altro disgraziato mi aveva dato l’appuntamento per una notte di passione e poi non s’è fatto vedere…».
Maura improvvisamente si illuminò e si rivolse a entrambi: «Vi andrebbe di fare una cosa a tre? Immagino che tu Chiara abbia da sfogare i tuoi istinti dopo ieri sera… Poi a lui non dispiace certo fare qualcosa con te, non è vero?».
Io mi vedi costretto ad annuire, anche se a quel punto sarei volentieri scomparso. Fissai Chiara e solo allora mi resi conto di quanto sexy era: indossava una canottierina molto scollata, il seno straripava stretto in un reggiseno che alza le forme e la minigonna rivelava quasi tutte le sue belle gambe (quelle di Maura erano tutt’altra cosa però). Guardai la sua espressione, che da enigmatica (non si capiva se era stupita, arrabbiata, delusa, forse tutte e tre le cose) divenne sorridente.
«Per me si può fare: ne ho proprio bisogno» e sorrise pienamente guardandoci.
Intuii che non era la prima volta che condivideva un ragazzo con Maura da alcune occhiate complici che si scambiarono subito dopo. Restai in silenzio, senza saper cosa fare, se prendere l’iniziativa con l’una o con l’altra. Loro sembravano quasi non accorgersene di questo momento di lieve tensione, continuando a scambiarsi occhiate roventi, sempre stando sedute intorno al tavolo della cucina. Io ero alle spalle di Maura, quasi appoggiato allo schienale della schiena: un po’ indeciso le appoggiai le mani sulle spalle e la massaggiai lentamente. Lei alzò la testa, mi guardò con quei suoi occhini marroni e mi sorrise con un pizzico di malizia. Poi abbassò di nuovo lo sguardo su Chiara e le chiese: «Ti andrebbe di farci uno spogliarello. Sai, io sono già nuda e lui non è che abbia molto addosso…».
«Okay!» esclamò Chiara. «Vi farò impazzire! E mi raccomando, non dovete toccarvi finché non lo farò io…».
«Andiamo di là!» Maura ci portò in salotto, l’unica stanza dell’appartamento a parte quella dei suoi genitori in cui non ero ancora entrato. Ci accomodammo nel grande divano mentre Chiara restò in piedi davanti al televisore, sostituendosi a esso per quanto riguarda lo spettacolo. L’unica cosa che mi fu permessa di fare, fu di passare il braccio sulle spalle di Maura, ancora avvolta strettamente nel suo accappatoio che non rivelava altro che i suoi polpacci atletici. La mia mano le carezzava lievemente il collo e sembrava percorsa di piccole scariche elettriche che scuotevano sia me che lei di tanto in tanto.
Chiara iniziò presto a muoversi al ritmo di un’immaginaria musica, passando le mani sulle sue curve in modo che la canottiera e la minigonna aderissero ad esse maggiormente. I suoi occhi mostravano concentrazione e sembrava fissassero qualcosa lontano all’orizzonte.
Si inginocchiò a terra e improvvisamente piegò il busto in avanti, alzando di scatto la testa e guardandoci negli occhi per la prima volta da quando era entrata nella stanza. Sicuramente notò il guizzo di soddisfazione nel mio sguardo poiché la scollatura s’era abbassata in quella posizione e potevo vedere buona parte del suo splendido seno. Quella visione non durò a lungo perché lei si alzò di scattò, si prese i seni fra le mani e li soppesò alcune volte, guardando prima Maura e poi me.
Iniziò poi ad alzarsi la canottiera sul ventre, prima di pochi millimetri, poi sempre di più fino a sfilarsela e buttarla alle sue spalle contro il muro. Il reggiseno aveva le coppe di pizzo bianco attraverso il quale si intravedeva la pelle sottostante e anche il capezzolo roseo. Si avvicinò a noi, lentamente, fino ad arrivare a sedersi sulle mie ginocchia allungando le gambe sulle cosce di Maura. Mi passò un braccio intorno alle spalle per sostenersi e mi carezzò il petto attraverso la maglia. Il mio braccio sinistro s’era automaticamente spostato sulla sua schiena per permetterle di stare a busto eretto senza problemi. La sua mano sinistra passò dietro a prendere la mia e la portò al gancio del reggiseno.
«Sganciamelo!» mi sussurrò all’orecchio, prendendone poi il lobo fra le labbra. Io ubbidii, ma l’operazione si rivelò parecchio difficile e richiese alcuni secondi, nei quali guardai quegli splendidi seni a un passo dai miei occhi. Il solco fra di essi non era che una stretta fessura, nulla a che vedere con quello di Maura, molto più largo anche quando indossava il reggiseno. Quando riuscii a sganciare a Chiara l’indumento, lei si rialzò per poi inginocchiarsi sul divano davanti a me, appoggiando il suo culo sulle mie ginocchia. Mi fissò negli occhi tanto intensamente che potevo sentire l’ardore di quello sguardo infuocato; poi lentamente si abbassò le spalline e si tolse il reggiseno, gettandolo dietro di sé e facendolo finire contro il televisore spento. Ebbi così davanti il suo seno magnifico che appena la sera prima avevo toccato. Nudo era veramente superbo, era alto, perfetto, stava su da solo e non necessitava certo di reggiseno. Il solco era ora un canale un po’ più largo fra le due tette tonde, dai capezzoli eretti e rosei. Notai che, contrariamente a Maura, aveva il segno del costume, anche se l’abbronzatura era molto meno evidente che in Maura, già scura di carnagione. Mi resi conto che doveva aver usato un bikini veramente ridotto, in quanto il segno passava di poco sopra i capezzoli. Stavo per allungare una mano e toccarlo, non potevo certo farne a meno, ma Chiara si rialzò da me e si alzò in piedi sul divano. I suoi piedi si spostarono ai lati delle gambe di Maura, mentre le sue mani andarono a carezzarle i capelli.
«Bene Maura, ora tocca a te, sfilami le mutandine».
Maura ubbidì subito e allungò le mani sulle sue cosce al di sotto della minigonna, senza alzarla in modo che potessi vedere uno spezzone di quello spettacolo. Con abilità riuscì ad abbassare fino alle caviglie le mutandine di pizzo bianco, di cui Chiara si liberò in una mossa. La minigonna celava tuttavia ancora alla mia vista le meraviglie che Chiara nascondeva fra le gambe, ma presto sarebbe stata completamente nuda. Scese infatti dal divano e si girò dandoci le spalle: a quel punto si alzò la minigonna sulla schiena esibendo il suo culo tondo. Solo allora la aprì e l’abbandonò a terra, per girarsi in una piroetta e sedersi sulle gambe di Maura. Subito i miei occhi andarono a catturare l’immagine fra le sue gambe: aveva il pelo pubico di uno stupendo castano chiaro, tagliato un po’ più corto di quello di Maura, ma si capiva che al naturale doveva essere molto più pelosa perché i peli erano abbastanza folti.
Con le dita si schiuse le labbra della fighetta e Maura intuì quali erano le sue intenzioni, allungano la mano e posandovela sopra, per penetrare con un dito dentro di lei.
«Ma sei fradicia!» esclamò immediatamente.
«Sì, per la verità la tua proposta e questa idea dello spogliarello mi hanno eccitato parecchio…» ammise Chiara sinceramente in un sorriso.
Maura intanto aveva tirato indietro il dito umido e lo aveva avvicinato alle mie labbra. Io le leccai gustando la lieve fragranza, lo leccai più del dovuto e infine lo presi fra le labbra succhiandolo. Le due ragazze sorrisero vedendomi fare così. Maura tuttavia mi invitò a continuare, mentre cominciava a frugare fra le pieghe dell’amica con l’altra mano, invitandomi a unirmi a lei. Presto furono di due mani diverse le dita che esploravano la micietta umida di Chiara, alternandosi a toccarle il clitoride fra i suoi sospiri di eccitazione. Le mani di Chiara carezzavano attraverso l’accappatoio il corpo dell’amica, cercando di stringerle i seni, ma il contatto non la soddisfaceva. Credevo fosse venuta così, con le nostre mani che la frugavano, ma all’improvviso ci fermò con uno sforzo di volontà e smisi anche di succhiare il dito a Maura. Si alzò e si sedette sulle mie gambe, alzandomi immediatamente la maglietta fino alle spalle. Allungò le dita sui miei capezzoli piatti, stuzzicandoli piano: quando furono eretti si buttò con la faccia, leccandomeli e prendendoseli fra le labbra.
Il mio braccio destro era ancora attorno alle spalle di Maura mentre con la mano sinistra andavo a toccare i suoi seni, stringendoli prima solamente fra le dita per poi iniziare a stuzzicarle i capezzoli. Maura intanto mi stuzzicavo l’orecchio e il collo con la bocca: il suo braccio sinistro s’era infilato sulla mia schiena e andava lentamente verso il basso, mentre con l’altra mano carezzava dolcemente la schiena a Chiara. Quando quest’ultima smise di leccarmi i capezzoli, mi fece sfilare la maglia. Maura, sempre in accappatoio, si mise a sedere sulle mie ginocchia fra lei e il mio busto, rivolta verso di me e baciandomi con passione. Chiara, appoggiata a lei, prese a baciarla sul collo e sulla nuca, mentre con le mani la spogliava. Prima le slegò la cintura che teneva chiuso l’accappatoio in vita, poi l’aprì sul davanti e lo fece scendere dalle spalle di lei, che si fermò a baciare a lungo. Alla fine lo tolse completamente e lo gettò da parte. Io mi accorsi subito del cambiamento e allungai le mani sui seni di Maura, stringendoli. Incontrai anche le mani di Chiara e ci dividemmo in quel tocco delizioso per un po’, scendendo successivamente fra le gambe della ragazza divenuta oggetto delle nostre attenzioni. Le nostre dita frugarono a lungo la sua fighetta, che prese a inumidirsi via via. Quando io e Maura ci staccammo, lei si alzò liberandosi delle nostre ani che la frugavano dolcemente, mentre Chiara si mise in ginocchio davanti a me, allungando le mani sulla patta dei miei pantaloni che era gonfia della mia erezione. Tastò con i polpastrelli il mio cazzo duro, lentamente aprì i pantaloni e fu sorpresa di trovarmi senza mutande, tuttavia non chiese nulla e prese a slinguazzarmi il glande. Maura intanto, passata dietro all’amica, si era inginocchiata dietro di lei e le aveva inserito un dito nella vagina e uno nel culo, iniziando a masturbarla lentamente. Rapidamente, sotto quella stimolazione, Chiara venne prendendomi contemporaneamente il cazzo in bocca per quanto le fu possibile. Appena ripresasi si staccò da me, mentre Maura dietro di lei si rialzava, e mi fece abbassare i pantaloni: eravamo così tutti e tre completamente nudi.
Come quella mattina fra di noi, fu Maura a proporre: «Andiamo in camera, così staremo più comodi sul mio letto».
Loro due entrarono per prime e si stesero fianco a fianco sul letto a una piazza e mezza completamente sfatto. «Ora devi leccarci a turno, tutte e due» mi disse Chiara aprendo le gambe invitante. Estasiato dall’idea, mi lanciai su di loro cominciando a leccarle una dopo l’altra, senza risparmiarmi. Continuai a lungo, per molti minuti, fino a quando non ce la feci più, esausto: a quel punto furono loro a toccarsi a vicenda per pochi istanti per raggiungere l’orgasmo. Mi stesi anch’io sul letto, in mezzo a loro due, rivolto verso Chiara che iniziò a baciarmi in bocca, mentre Maura mi stuzzicava il collo e la nuca. Strinsi i grossi seni di Chiara, gustandone la consistenza e la forma perfetta. Il mio sesso era appoggiato alla pelle morbida e liscia del suo ventre e ben presto presi a strusciarlo lentamente sul suo corpo. Lei abbassò una mano stringendo l’asta eretta, passò la sua coscia sopra il mio fianco, arrivando a toccare con il polpaccio e il piede anche le gambe di Maura. Sentii le sue dita guidarmi verso la sua vagina e in un attimo ero dentro di lei. Non ci potevo credere: stavo finalmente scopando con Chiara!! Mi mossi molto lentamente, per prolungare il più possibile quei momenti di piacere sfrenato. Il cuore mi batteva in gola all’impazzata, potevo sentire il battito cardiaco pulsarmi nelle vene. La mia pelle era sensibilissima, mi sembrava di rilevare ogni piega e ogni anfratto della sua vagina con il mio pene, le sue dolci carezze sulla schiena mi davano forti vibrazioni, le sue labbra sembravano di fuoco sulle mie. Come non bastasse, anche Maura mi toccava eccitata: sentivo il suo pube ondeggiare sul mio sedere, avvertivo la sua peluria stuzzicarmi la pelle. Stava scopando col mio culo! Ciò mi eccitò maggiormente, tanto che per poco non eiaculai dentro Chiara. Dietro di me, Maura si dava da fare anche con la bocca, senza stancarsi di baciarmi e leccarmi il collo e la spalla, mentre le sue mani erano scese dove i corpi di noi due si congiungevano. Sentivo il contatto delle sue dita con i miei testicoli, il tocco sulla mia asta e sul pube di Chiara. A un certo punto avvertì che qualcosa era entrato con me nella micietta di Chiara: mi fermai quasi e mi ci vollero alcuni secondi per capire che era un dito di Maura. La cosa mi piacque molto e mi strofinai più che potevo sul dito, che tuttavia presto venne ritratto, per continuare a toccarci dall’esterno.
Desideravo mettermi in una posizione migliore per poter scopare Chiara più a fondo, come desideravo da anni, ma le sensazioni erano estremamente piacevoli e non riuscivo a trovare la forza di fermarmi. Solo quando Mauro si alzò da dietro di me con l’intenzione di mettersi dietro Chiara e giocherellare un po’ col suo corpo, trovai la volontà sufficiente per muovermi: ruotai semplicemente il corpo di novanta gradi, salendo sopra Chiara che finì di nuovo distesa sulla schiena. La guardai e vidi che mi sorrideva contenta della mia decisione, mentre apriva le gambe il più possibile alzandole e stringendole intorno alla mia schiena. Da quella posizione potevo finalmente prenderla come volevo: i miei affondi si fecero più lenti, ma il mio cazzo trovavo nuove profondità in lei.
Maura intanto non finiva mai di sorprendermi e di deliziarmi con i suoi giochetti: si era seduta sulle mie gambe, abbassandosi con la schiena fino ad appoggiarmi i seni sulle cosce. Ebbi un colpo al cuore quando sentii la sua lingua sfiorarmi sul culo: la passò con delle lunghe leccate sul mio ano, ripetutamente. Poi si dedicò ai ciglioni e all’asta che entrava e usciva dalla vagina di Chiara: riuscì a leccare i nostri organi sessuali in qualche modo, mentre continuavano a muoversi nell’amplesso. Fu qualcosa di sconvolgente per entrambi, mentre Maura sembrava mantenere la sua tranquillità. Sentii Chiara sospirare in preda al suo orgasmo, chiudendo gli occhi ed emettendo solamente un gemito. Immediatamente dopo Maura mi allargò le natiche con le mani e si dedicò tutta al mio ano, leccandomi ripetutamente. Era una sensazione completamente nuova per me, sconvolgente, ma incredibilmente piacevole tanto che spruzzai con forza il mio seme dentro Chiara, più e più volte.
Appena rifiatato mi ritrassi e Maura fu pronta a rimpiazzarmi, inginocchiandosi in mezzo alle gambe di Chiara e affondando nel suo pelo con la faccia. Leccò la sua fighetta dove abbondavano i suoi ed i miei succhi con sorprendente maestria. Immaginavo che avesse avuto dei rapporti saffici, la confidenza con cui mi aveva diviso con Chiara era per me un esplicito messaggio di loro precedenti avventure, ma non avrei creduto certo di vederle in azione sotto ai miei occhi. Era estremamente eccitante vedere due ragazze belle e ben fatte, darsi piacere tra di loro.
Chiara venne dopo pochi minuti, ancora eccitata dal precedente orgasmo, ed emise un altro gemito soffocato e roco che aveva molto poco di aggraziato, ma molto eccitante. Mi venne voglia di scoparla di nuovo, magari provando a sentire se era abituata a prenderlo anche nel culo, ma il pene sembrava averne avuto a sazietà quel giorno: era ancora piccolo e raggrinzito e non voleva saperne di rizzarsi. Anche Chiara sembrava abbastanza soddisfatta: si aspettava probabilmente di più da quel pomeriggio, ma aveva avuto la sua dose di orgasmi. L’unica ancora attiva era Maura, che sembrava insaziabile, forse anche perché mi ero dedicato più a Chiara che a lei. Era distesa di fronte a me, con la testa appoggiata su un gomito e solo dal suo sguardo si capiva che ancora non ne aveva avuto abbastanza di sesso per quel giorno. Chiara era ancora distesa in mezzo a noi, con le gambe aperte e gli occhi chiusi, respirava a bocca aperta, lentamente ma ancora con un po’ di affanno.
Guardai Maura, prima fra le gambe dove spuntava un po’ del suo lieve pelo nero, poi su, verso il seno su cui spiccavano i capezzoli scuri, ancora eretti, e poi negli occhi infuocati. Mi sorrise, leggendomi in viso la stanchezza dopo quel giorno di attività sessuale. Si avvicinò al seno di Chiara e leccò un capezzolo. Io feci lo stesso, leccando l’altro. Le nostre lingue si incontrarono infine in un altro, l’ennesimo bacio.
Avevo abbandonato i miei amici più stretti per andare in bagno (uno di quei bagni che si montano alle sagre di paese) quando incontrai un gruppo di ragazze fra cui c’era anche Chiara, mia compagna di classe per tanti anni alle medie e alle elementari. Non ricordavo nemmeno quanto tempo prima l’avessi vista per l’ultima volta, ma comunque ci salutammo calorosamente e ci fermammo un attimo a chiacchierare. Le sue amiche ci lasciarono presto soli e si avvicinarono allo stand.
«Chiara, ti aspettiamo là» fece Maura, l’ultima ad andarsene.
«Va bene, arrivo tra un attimo» rispose lei, mentre io guardavo la ragazza allontanarsi. Era sempre stata carina, ma ora era veramente bella, anche se i suoi capelli non erano più del suo bel nero naturale, ma avevano molte sfumature rosse non proprio naturali. Il mio sguardo tornò rapidamente su Chiara: castana, non molto alta, con i capelli lisci che le arrivavano quasi alle spalle, era senz’altro più carina. Aveva inoltre un fisico stupendo, con un bel seno pieno e delle cosce tornite che l’abito grigio scuro che indossava rivelavano abbondantemente.
Alle medie era nella hit parade dei sogni erotici di noi maschietti, ma erano restati sogni per tutti perché Chiara faceva coppia fissa fin dai tredici anni con lo stesso ragazzo, pur fra alti e bassi. A quel punto pensi bene di chiederle come andava con il fidanzato. La sua risposta mi stupì molto perché non me lo sarei mai aspettato: «Ci siamo lasciati sei mesi fa, stavolta definitivamente. Proprio non ne voglio più sentir parlare. Negli ultimi mesi mi ha trattato veramente male… Ora sono single…».
Continuammo a parlare per un po’ di quel che facevamo e di cosa c’era successo in tutti quegli anni in cui c’eravamo persi di vista. A un certo punto però non seppi più resistere e dovetti scusarmi con Chiara e dirle che avevo l’urgente necessità di andare in bagno. Lei si offrì gentilmente di accompagnarmi, così chiacchierammo anche nel breve tragitto che portava ai servizi. Dopo essermi liberato la vescica, tornai a chiacchierare con lei. Ci sedemmo in un angolo buio, ben lontani dalla folla che riempiva lo spiazzo.
Il discorso non poteva che andare ai tempi in cui eravamo in classe insieme, a farci tornare alla mente tanti ricordi.
«…e quella volta che siamo andati a Roma, in gita in terza media. Siamo partiti la sera e nevicava!».
Chiara tacque un attimo, i suoi occhi sembravano guardare nel vuoto. «Sì, me la ricordo perfettamente quella sera».
«Brutti ricordi?» chiesi io notando il suo mutamento d’espressione.
Lei sorrise di nuovo, con quel sorriso che le illuminava il volto e la rendeva ancora più bella. «No, bei ricordi, però… sì, fanno male ora. Quel pomeriggio, mentre fuori iniziava a nevicare, è stata la prima volta che ho fatto l’amore, naturalmente con Mauro… Uno dei pomeriggi più belli della mia vita e ora non mi resta nulla se non un ricordo…».
Io rimasi sorpreso: naturalmente immaginavo che avesse perso la verginità con l’ex fidanzato da parecchio tempo, ma non immaginavo che la prima volta fosse stato a tredici anni. Dopo ripensai a Chiara a quell’età, in terza media: era già una donna fatta, il seno era spuntato quasi del tutto e sembrava molto più grande della sua età. Allora sognavo anch’io di scoparmela e poi Mauro aveva due anni in più…
«È così in tutte le cose…» buttai lì non sapendo cos’altro dire.
«Hai ragione, se mi fosse restato qualcosa per ogni scopata che ho fatto…» la buttò sul ridere Chiara per sdrammatizzare un po’, capendo di avermi messo un po’ in imbarazzo.
Io non sapevo se ridere o meno a quello battuta sulla sua leggerezza, perciò accennai appena un sorrisetto.
«La prima volta però non si scorda mai. Tanti dicono che una ragazza la vive male, ha paura del dolore, di restare incinta, non riesce a godere. Io quella volta invece ho goduto come una pazza, non so come mai. Allora lui non era niente di speciale, più tardi è diventato un ottimo amante e abbiamo fatto scopate eccezionali, però quel pomeriggio… Forse perché erano sensazioni nuove, boh…».
«Anche per me la prima volta è stata eccezionale. Non vedevo l’ora di farlo, poi lei aveva già una certa esperienza. Poi mi sono accorto che ogni volta che lo faccio con una ragazza per la prima volta è diverso, più intenso in un certo senso».
«Me ne sono accorta anch’io. Anche se con Mauro sono stata insieme tanto tempo, è capitato che nei periodi in cui eravamo in crisi e ci mollavamo di farmi altri ragazzi… La scoperta di un corpo nuovo è sempre sconvolgente per i ritmi e le sensazioni a cui ci si abitua».
Chiara mi guardò con una luce nuova negli occhi, quasi mi stesse divorando. Era lo sguardo di una donna assetata di sesso, che non lo faceva da troppo tempo e che aveva trovato una preda. Le sue labbra infuocate vennero incontro alle mie, lasciandomi un po’ sorpreso. Mentre la sua lingua iniziava a esplorare la mia bocca, mi ripresi e ricambiai il bacio, stringendola a me. L’abbraccio si fece sempre più stretto al punto che sentivo i suoi seni schiacciati sul mio petto. Chiara allungò una mano verso il basso arrivando a sfiorare il mio inguine, carezzandomi il cazzo che subito reagì prontamente, diventando duro. Lei lo strinse un attimo sul palmo, poi strofinò il suo sesso coperto dal vestito sul mio inguine.
Le mie mani nel frattempo esplorarono la sua schiena alla ricerca del gancio del reggiseno per aprirlo, senza peraltro trovarlo. Le mie labbra si staccarono dalle sue e arrivarono all’orecchio: le mordicchiai il lobo, sussurrandole: «Non riesco a trovare il gancio del reggiseno». Ormai ero sicuro di cosa voleva ed era altrettanto certo che per nulla al mondo si sarebbe tirata indietro.
Lei infatti non si lamentò affatto e ricambiò il bacio all’orecchio dicendomi: «Semplice, non c’è l’ho proprio il reggiseno».
Io sorrisi divertito ed eccitato, mentre lei spingeva in fuori il seno per farmelo sentire contro il torace. Le nostre labbra si unirono nuovamente, mentre le mie mani risalivano lente lungo i suoi fianchi fino a giungere ai seni tondi e alti per cingerli. Erano anni che sognavo di toccarli e ora mi sembrava di stare al settimo cielo. Li strinsi fra le mani: erano incredibilmente sodi e ben formati. L’erezione era sempre più viva fra le mie gambe.
Fui io il primo a staccarmi e a sussurrarle: «Sai, alle medie sognavo di prenderti le tette fra le mani… Non mi sembra vero ora!».
«Magari sognavi anche di mettermelo dentro e di scoparmi per ore…» sorrise lei maliziosa.
«Sì, per la verità sì» ammisi.
«Allora ti meriti una piccola punizione. Anche perché altrimenti i nostri amici si accorgerebbero di una nostra assenza. Già è tanto che siamo via… Ora torneremo con loro fino alla fine della serata e ci ritroveremo in questo punto alle due precise per andare a fare l’amore. Ti va?».
«Così tardi?» chiesi io, sperando in un abbuono dal momento che erano solamente le undici e che ero già in tiro.
«No, niente da fare. Io faccio volentieri l’amore con te, però dopo le due. Prendere o lasciare» sembrava molto determinata, perciò accettai la sua proposta.
Lei mi baciò un attimo sulle labbra per suggellare l’accordo e se ne andò dirigendosi verso il gruppo delle sue amiche. Io me ne tornai fra i miei amici, giustificandomi del ritardo con il fatto che avevo trovato un paio di amici che non incontravo da molto tempo. Restammo poi seduti a un tavolino chiacchierando e ascoltando il complesso che suonava. Nonostante quello che era appena successo riuscii a non sembrare troppo preso dai miei pensieri. Eppure mi rompeva come mi aveva usato Chiara, lasciandomi all’improvviso con un palmo di naso. Però era così una bella ragazza, e che fisico poi! Valeva veramente la pena aspettare ed essere anche un po’ trattati mali pur di scoparsi una come lei.
All’una e mezza il complesso suonò l’ultimo pezzo e poi iniziò a smontare la strumentazione. I miei amici decisero di andare a casa a quel punto, mentre io optai per rimanere là. Ordinai una birra allo stand e mi sedetti a uno dei tanti tavolini liberi. Ormai se n’era andata quasi tutta la gente, ma trovai un amico che non vedevo da un po’ che si sedette al mio tavolino a chiacchierare un po’. Quando si alzò erano le due esatte: stavo per alzarmi e andare all’appuntamento con Chiara quando fu lei ad arrivarmi da dietro dandomi un col pettino sulla spalla. Purtroppo non era sola, ma c’era anche Maura con lei.
«Ci fai un po’ di compagnia?» mi chiese.
«Volentieri!» finsi un po’ d’entusiasmo, mentre desideravo soltanto andarmene con lei.
Facemmo qualche commento sul gruppo che aveva appena suonato, sul genere di musica, sui vari strumenti, qualche confronto con altri gruppi della nostra zona e con altre feste. Passò così un’altra mezz’ora che per me fu una specie di tormento, poi alla fine Chiara aggiunse la ciliegina sulla sua torta: «Non è che daresti un passaggio a Maura. Sai, è a piedi…».
Maura intervenne: «Ma no dai, faccio due passi, non dovevi nemmeno chiederglielo».
Io dovetti stare al gioco e fare un po’ il cavaliere: «Nessun disturbo Maura, figurati. La strada poi è anche poco illuminata, non si sa mai chi si può incontrare a queste ore della notte».
Fra le nostre insistenze Maura finì col cedere e accettare il mio passaggio, dato che avevo la macchina lì vicino. Prima di avviarci, sussurrai a Chiara senza farmi sentire dall’amica: «Questa me la pagherai stanotte!». Lei si limitò a sorridere divertita e a farmi l’occhiolino maliziosa.
Io e Maura ci conoscevamo appena di vista, ma dopo quella mezz’ora passata insieme ci sembra di essere molto più intimi. Quasi subito infatti lei mi chiese: «Ma tu e Chiara avete una storia?».
«No, per niente. Era un bel po’ che non ci vedevamo. Qualche anno addirittura».
«Strano, dai vostri sguardi si sarebbe detto diversamente. Mi sembravate attratti uno dell’altra».
«Magari! Sarebbe proprio un bel colpo una come lei».
Maura rise: «Ti piacerebbe scoparci insieme!».
«A chi non piacerebbe! Tra l’altro alle medie ce la sognavamo tutti. Sarebbe ancor più bello farsela adesso».
«Speravo che aveste una storia. Ultimamente è così chiusa con i ragazzi, dopo essersi mollata con Mauro».
«Mi ha raccontato sì, sembra sia veramente finita stavolta».
«Proprio così. Di solito non era così giù. Si lasciavano per un breve periodo, quando avevano bisogno di un po’ di respiro. E lei immancabilmente si lanciava su nuovi ragazzi, per avventure brevi. Avrebbe bisogno di qualcuno che stesse con lei non solo perché è bella, ma che la amasse veramente. Come tutte noi ragazze».
Eravamo arrivati sotto casa sua. Quelle sue ultime parole mi avevano colpito, però non avevo certo rinunciato all’idea di scoparmi Chiara appena tornato indietro. Maura però sembrava d’accordo con lei per farmi aspettare il più a lungo possibile: «Vieni su a bere qualcosa? Un caffè, un drink, quello che vuoi…».
“Quello che voglio è scoparmi Chiara!” pensai. Tentai di glissare l’offerta: «No grazie, ora vado a casa, sono stanco».
«Ma dai, tanto minuto più o minuto meno. Non disturberai affatto, sono a casa da sola! Giusto per non andare a casa subito, ho voglia di fare altre due chiacchiere. Sai, è una di quelle sere in cui non andresti mai a letto e non trovi nessuno…».
Le sue suppliche alla fine mi convinsero, anche se ero decisissimo a rimanere solo il tempo di un caffè. «Ok, ma solo per bere una tazzina di caffè».
«Dai, saliamo».
Salimmo insieme le tre rampe di scale che portavano all’appartamento in cui Maura viveva con i genitori. Lei aprì la porta blindata e accese le luci. Andammo in cucina, dove lei preparò una piccola moka per due persone e la mise sul fornello. Fin tanto che aspettavamo, ci sedemmo attorno al piccolo tavolo riprendendo a chiacchierare, sempre di argomenti futili. Quando il caffè cominciò a rumoreggiare, lei si alzò, spense il fornello e attese un attimo che fosse pronto. Poi prese due piattini e due tazzine dall’armadietto e le sistemò sul tavolo. Nel farlo, si piegò in avanti e i miei occhi puntarono dritti alla sua scollatura profonda in cui si vedeva per un buon tratto il solco fra i suoi seni. Lei notò il mio sguardo assorto e rimase immobile per un po’. Io non me ne accorsi ma continuai a contemplare la bellezza delle sue forme, finché la sua voce mi ridestò: «Ti piace il mio seno, eh?» sorrise senza dimostrarsi offesa.
Dopo quella figuraccia io bevvi in fretta il caffè, rispondendo il più brevemente possibile alle sue parole. Posai la tazzina vuota sul piattino e dopo nemmeno dieci secondi le dissi: «Scusa Maura, ma proprio ora me ne devo andare».
Lei accennò appena a un sorriso: «Mi piacerebbe fare altre due chiacchiere, ne avrei proprio bisogno, ma comunque non ti trattengo oltre…».
La salutai in fretta e mi buttai quasi di corsa giù per le scale, con l’eccitazione che mi scuoteva dentro. Dopo tante ore di attesa finalmente sarei andato a scopare con Chiara. Accesi la macchina, ma un dubbio mi tormentò: e se lei se ne fosse andata? Se avesse voluto solo farmi uno scherzo? La mia sicurezza che fosse là ad aspettarmi calò drasticamente. Ingranai lentamente la prima e mi avviai. Solo allora diedi un’occhiata all’orologio: erano le tre meno un quarto. Ripensai un attimo a Chiara e a Maura, che tanto calorosamente mi aveva invitato a rimanere. No, non ero tanto sicuro che Chiara fosse là ad aspettarmi. E poi mi stavo accorgendo che Maura era molto più bella, col suo viso allungato e molto piacevole, i suoi bei capelli lisci, il seno forse non così abbondante come quello di Chiara ma che poteva reggerne il paragone.
La strada era deserta: feci così un’inversione di marcia e tornai sotto casa di Maura. Suonai il citofono: non erano passati nemmeno due minuti da quando me n’ero andato. Lei rispose dopo pochi secondi. «Sì?» chiese con voce sorpresa.
«Ciao, sono io. Mi sono dimenticato che dopo il caffè bevo sempre volentieri un po’ di grappa. Me l’offriresti?».
«Certo, sali» rispose lei con una risata per come avevo saputo ripresentarmi.
Maura mi aspettava in cima alle scale con la porta aperta e mi fece entrare. Mi offrì un goccio di grappa, poi ricominciammo a parlare come avevamo fatto in macchina e mentre aspettavamo il caffè. Non facemmo più accenno alla sua scollatura e passammo tutta la notte attorno al tavolo a chiacchierare del più o del meno. Non mi aspettavo certo di scoparmela e infatti fu così. Quando le prime luci dell’alba filtrarono attraverso la finestra, mi chiese: «Ti va di dormire qui?».
Io non avevo nessuno da avvertire perché vivevo da solo. «Va bene» risposi. In quel momento ebbi un guizzo di eccitazione, solo dopo aver risposto. Probabilmente mi stava chiedendo anche di far l’amore. Invece ci stendemmo, vestiti, sul suo ampio letto e ci addormentammo subito, fianco a fianco.
Ci risvegliammo quando il sole era già alto, alle undici e qualche minuto, abbracciati strettamente come due fidanzatini. “E non ci siamo nemmeno baciati!” pensai guardandole il volto, con gli occhi ancora chiusi. “Com’è bella mentre dorme! È ancor più dolce”.
In quel momento, come se col mio pensiero avessi fatto rumore, aprì i suoi occhini marroni, gli sbatté paio di volte guardando nel vuoto, poi mi fissò sorridendomi dolcemente.
«Dormito bene?» mi chiese.
«Abbastanza. Forse era meglio se mi fossi spogliato, ma tenerti fra le braccia m’ha ripagato di tutto».
Si allungò verso di me e mi depositò un lieve bacio sulle labbra. «Che romantico sei la mattina. Molto più della notte».
Io risposi tirandola su di me e baciandola per la prima, vera volta. Appena le nostre labbra si staccarono, non ci fu permesso nessun commento perché il telefono suonò.
«Questi sono i miei» disse Maura prima di sollevare la cornetta.
«Pronto? Ah, ciao Chiara, tutto bene… Com’è andata ieri sera poi? … Ah, sei tornata a casa dopo un po’, non c’era più nessuno in giro… Quando vuoi… Oggi pomeriggio? Ok!… A che ora?… Alle due… Meglio alle tre, ho un impegno prima» e sorrise rivolta a me, carezzandomi una coscia.
«Ci vediamo, allora, ciao!» e mise giù.
«Era Chiara, vuole parlarmi, non ho capito bene cos’ha. Sembrava un po’ incazzata pure».
Stavo per rivelarle la verità, ma poi pensai che non era il massimo dopo il nostro bacio. Così tacqui e la ripresi tra le braccia. Ci baciammo ancora, a lungo, per molti minuti. Le mani servivano solamente a stringerci l’un l’altro, non andavano a toccare i nostri corpi in maniera più eccitante. Dopo esserci saziati di baci, guardammo l’ora sulla radiosveglia sopra il comodino: era già mezzogiorno!
Prima di discutere sul da farsi, optammo per un altro lungo bacio. Stavolta Maura mi salì sopra mentre stavo disteso sulla schiena, le sue mani come sempre erano dietro la mia nuca, mentre io presi a farle scendere sul suo collo, sulla schiena, fino ad arrivare a toccarle le natiche. Lei non protestò affatto, ma si dimostrò anzi ancor più focosa. Le strinsi i glutei piccoli e sodi fra le dita e spinsi in alto, verso il suo sesso, il mio pene che era diventato duro quasi all’improvviso. Quando se ne accorse, si staccò immediatamente: «Evviva!» esclamò. «Temevo fossi impotente!».
Io stavo per prenderla male, ma lei mi guardò con quel suo sorriso irresistibile. «Cosa ne dici: mi metto qualcosa di meglio, mangiamo e poi continuiamo?» e sottolineò l’ultima parola strofinandosi sul mio inguine.
«Le ultime due cose vanno bene, la prima no. Sei stupenda così, non voglio che ti cambi».
Lei si alzò appoggiandosi sui gomiti e mi guardò negli occhi. Il mio sguardo era finito immancabilmente sulla sua scollatura. Capii che lo aveva fatto apposta.
«Prima o dopo mangiato?» mi chiese maliziosa.
«E se ti dicessi ora?» risposi eccitato da quella visuale.
«Ti risponderei…» fece una pausa come stesse per pensarci. «… sbrigati!».
Non me lo feci ripetere due volte, ma le strinsi i seni con le mani. Erano fantastici, forse ancor più belli di quelli di Chiara. Volevo sentirne al più presto direttamente il calore, la pelle. Nonostante ciò volevo godermi quei momenti: mentre Maura rimaneva in quella posizione, le misi le mani all’interno della scollatura e mi insinuai sotto il vestito. Incontrai presto il reggiseno: le strinsi i seni come un attimo prima, questa volta coperti solo dalla biancheria. Alla fine mi infilai anche sotto a questa, ma non li presi in mano: carezzai lentamente i capezzoli già eretti, stimolandoli fino a sentirla gemere davanti a me.
A quel punto ci baciammo nuovamente, appassionatamente sulle labbra. Le mie mani, sfilate da sotto il reggiseno, presero a sollevare la scollatissima maglia nera fino a portarla sulle spalle. A quel punto Maura dovette staccarsi da me e, mettendosi in ginocchio, se la sfilò e la gettò a terra. Restava solo il reggiseno nero a coprire quegli splendidi seni da cui non riuscivo a staccare gli occhi se non per qualche istante in cui la guardavo in volto: aveva gli occhi chiusi e un’espressione tesa per l’eccitazione.
Si portò le mani sulla schiena per slacciarsi rapidamente il reggiseno, ma non se lo sfilò subito.
«Guarda che ho solo una terza. È il reggiseno a tener un po’ su e a fare un bell’effetto… Scusami se resterai deluso».
Io un po’ m’arrabbiai, poi le dissi: «Come faccio a essere deluso se davanti a me ho una dea che si sta spogliando?». Maura aprì gli occhi e mi sorrise contenta. Poi si sfilò lentamente il reggiseno. I suoi seni scesero un po’, ma non molto: era ugualmente molto eccitanti, con quella loro forma a pera e le areole e i capezzoli scuri e turgidi.
Probabilmente sentì il forte sussulto di eccitazione che sconvolse i miei fianchi: era veramente una dea, la dea della bellezza.
Non potei fare a meno di rialzarmi a sedere e trovarmi lei inginocchiata di fronte: abbassai la bocca su quei seni che le mie mani avevano immediatamente ghermito e li baciai a lungo, leccando, stuzzicando e succhiando quei capezzoli. Finché la mia bocca era su uno, la mia mano stringeva fra le dita l’altro pizzicandolo lievemente.
Dopo un po’ di questo gioco, le mani di lei si infilarono sotto la mia maglietta e risalirono al mio petto. Lo toccarono in tutta la sua larghezza e lunghezza fino ad arrivare ai capezzoli piatti per restituirmi un po’ di quel piacere. In breve divennero anche i miei eretti e sensibili, tanto che mugolai un attimo per la sensazione di piacere, lasciandomi sfuggire dalle labbra il suo capezzolo. Lei approfittò del mio attimo di esitazione per spingermi indietro sul materasso fino a farmi distendere di schiena e salirmi poi sopra a gattoni. I suoi seni penzolavano eccitanti verso il basso, non potei fare a meno di prenderli nelle mie mano a coppa che erano così riempite, mentre la sua bocca scendeva sul mio petto, leccandolo in maniera sublime. Le sue labbra imprigionarono presto i miei capezzoli stuzzicandoli senza pietà. Abbandonai i suoi seni, che si appoggiarono sul mio ventre, per carezzarle la bella schiena nuda, massaggiandola fin su sul collo. Lei sembrò gradire tutto ciò e rallentò i suoi movimenti fino a smettere e distendersi sopra di me. Mentre io tenevo le gambe allungate, solo lievemente aperte, lei si era sistemata in modo che le ginocchia toccassero il materasso ai lati dei miei fianchi. Scesi perciò a toccarle lo splendido sedere, che era a porta delle mie mani, mentre le nostre labbra si incontravano ancora in un bacio lungo e appassionato, che sembrava non dover finire mai. Ogni volta che uno dei due rallentava i movimenti delle labbra e della lingua, era l’altro a frugare nella bocca del partner.
“Chissà com’è la sua lingua sul mio cazzo” pensai mentre mi frugava la bocca. A quel pensiero, le schiacciai i fianchi contro di me. Maura intuì che le stavo chiedendo qualcosa di più di un bacio con quel tocco deciso e si alzò. Dovevo ancora scoprire gli angoli più perversi della sua mente, che rifuggiva il rapporto tradizionale: in quel momento infatti mi stupii nel vederla dirigersi fuori della camera, fermandosi sulla porta per lanciarmi un’occhiata maliziosa che era un invito a seguirla. Non avevo idea di cosa avesse in mente, però ero certo che fosse qualcosa di eccitante.
Un po’ impacciato, con un passo traballante a causa delle poche ore di sonno, raggiunsi la cucina dietro di lei, che invece camminava decisa e perfettamente diritta.
«Siediti lì» e con la mano mi indicò un alto sgabello vicino al bancone della cucina. Ubbidii senza parlare e attesi che fosse lei a condurre il gioco.
«Non ti ho nemmeno chiesto se prendi qualcosa per colazione. Preferisci il caffè o il cappuccino?».
«Per dire la verità, preferisco i tuoi seni per colazione» risposi facendole l’occhiolino.
Maura mi prese in parola, avvicinandosi e offrendomi il suo seno dal capezzolo ancora rigido. Io lo leccai avidamente tre o quattro volte, lo presi delicatamente fra i denti e lo succhiai con le labbra. Poi, sempre stringendolo fra le labbra, cominciai a sfiorarlo con piccoli guizzi della lingua. Lei non si staccò, ma mi carezzò i capelli chiedendomi di nuovo: «Però qualcosa lo devi pur prendere…».
Alzai un attimo la testa, deciso a rituffarmi in quella carne meravigliosa: «Vada per il caffè allora».
Non mi lasciò il tempo per riprendere la stimolazione, ma si allontanò di un passo verso i fornelli. Io l’abbrancai da dietro dopo un paio di secondi, mentre s’apprestava a preparare la moka: le circondai il ventre con le braccia e la baciai sulla spalla e sul collo, allungando lo sguardo sui suoi seni di cui non riuscivo a saziarmi. Notai solo allora che erano abbronzati alla perfezione come il resto del corpo: Maura aveva sempre avuto una carnagione un po’ più scura di quella della altre ragazze, anche se non di molto, e in estate la sua pelle si scuriva ulteriormente tanto che poteva benissimo essere scambiata per una ragazza siciliana, non fosse per il leggero accento della sua voce.
Quella scoperta mi diede una piacevole stretta allo stomaco e volli saperne di più: «Sei già stata al mare quest’anno?».
«Sì, ho fatto le prime due settimane di luglio, sono tornata da pochi giorni. Ti piace la mia abbronzatura?» mi chiese girandosi per guardarmi negli occhi un istante. Poi tornò alla moka che chiuse con forza.
«Sì, molto bella, stai veramente bene così abbronzata… soprattutto qui» e alzai la mano destra carezzandole il seno velocemente e abbracciandola di nuovo. Si mosse verso il fornello e io dietro la segui. Mentre lo accendeva le chiesi: «Ma sei sempre stata in topless?».
«Sì, non ti dispiace vero? Hai detto che ti piace la mia abbronzatura uniforme».
Il mio cervello mi portò su una splendida spiaggia con Maura in topless e un minuscolo tanga. Chissà quanti uomini avevano ammirato il suo corpo statuario senza poterlo toccare. Premetti il mio pene in erezione contro le sue natiche.
«No, non mi dispiace. Ma sei andata da sola?».
«Certo che no! C’era anche Chiara e le altre ragazze che hai visto ieri sera».
«Eri l’unica in topless?».
«No, maialone, ma se ti interessa Chiara non ha sfoggiato le sue tette al vento come alcune di noi!» esclamò liberandosi della mia stretta e spingendomi verso lo sgabello. «Ora siediti là e aspetta…». La sua voce aveva assunto all’improvviso un tono scocciato che immediatamente diventò suadente.
Un po’ a malincuore abbandonai la stretta e mi accomodai sullo sgabello. Lei si avvicinò subito: «Vediamo se sei sempre pronto» e allungò una mano fra le mie gambe accarezzandomi sulla patta.
«Ah, sì… Sei proprio bravo» e mi allungò un fuggevole bacio sulle labbra. «Ma ti meriti qualcosa di più di un semplice bacino». Si inginocchiò a terra e allungò la testa fra le mie gambe: era all’altezza giusta. Io le divaricai leggermente, in modo che potesse arrivarci con facilità: Maura si limitò ad appoggiare le braccia sulle mie cosce e ad appoggiarmi le labbra sul cazzo attraverso i pantaloni.
Continuò per molti secondi così, portandomi a supplicarla di fare un passo avanti. Solo allora sbottonò i pantaloni, passò le dita sulla mano destra sull’erezione coperta solo dalle mutande e poi mi fece alzare. I pantaloni scivolarono a terra, mentre lei, sempre inginocchiata davanti a me, fece scendere fino ai piedi le mutande. Non mi permise di liberarmene, ma mi fece sedere di nuovo. Io, per rendere tutto più facile, appoggiai solamente il sedere sul bordo dello sgabello, lasciando l’asta del membro e i testicoli a sua completa disposizione.
La sua mano destra si chiuse delicata a coppa sui testicoli e scivolò subito dopo lungo l’asta in una rapida carezza da capogiro. Finalmente arrivò anche il contatto con la sua bocca: le sue labbra semiaperte esplorarono tutti i miei genitali, partendo dalla base dei testicoli e risalendo in un attento esame che non tralasciò nulla fino ad arrivare a sfiorare il glande. Lo stesso percorso fu subito ripetuto dalla punta della sua lingua e, quando questa arrivò al glande, lo abbandonò subito. Maura si rialzò e andò al fornello per spegnere il fuoco sotto il caffè. Io non mi ero nemmeno accorto che fosse pronto, tanto ero preso dall’eccitazione. Me lo servì già con lo zucchero e posò la tazzina e il piattino sul bancone vicino a me. Io non avevo nessuna voglia di berlo ormai, desideravo soltanto che continuasse. Lei aspettava in piedi di fronte a me, osservandomi: presi allora in mano la tazzina e cominciai a sorseggiarlo. Solo allora si inginocchiò di nuovo e le leccate sulla mia asta si fecero più brevi ma decise. Quando ebbi finito di sorseggiare il caffè e appoggiai la tazzina sul bancone, lei cambiò stimolazione e prese fra le labbra il glande, lasciandolo scorrere fuori e riprendendolo poi in bocca. Continuò così per un po’, senza più intervenire con la lingua. Desideravo sempre più che me lo prendesse completamente in bocca e alla fine mi accontentò. La punta batteva contro la sua gola: pensavo volesse prenderlo ancora più in profondità, ma lo fece uscire per un po’ in modo da avere in bocca solo il glande, che iniziò a stuzzicare sapientemente con la lingua. Credevo di venirle in bocca, ma dopo poche leccate lei si staccò dal mio cazzo e si rialzò. Mi baciò sulle labbra infilando la sua lingua nella mia bocca: aveva un sapore strano, non molto diverso dal solito ma con una sfumatura a me totalmente sconosciuta. Solo quando si staccò capii che era il mio sapore…
Mi fissò dritto negli occhi: aveva un’espressione molto decisa, era lei a condurre i giochi in quel momento. Il mio sguardo doveva essere un po’ intontito, non mi aspettavo certo quelle iniziative da parte sua, ma una normale scopata, piacevole fin quanto si vuole, ma nulla di diverso da ciò che è ritenuto dai più la normalità. Eppure quelle variazioni al copione mi piacevano, avevano un che di perverso. Decisi di assecondarla, ne valeva la pena!
«Mi occorre la pipì» mi disse raddolcendo all’istante l’espressione. Ora sembrava una vulnerabile ragazzina quella che avevo di fronte mezza nuda, con addosso la sola minigonna scura.
Probabilmente avrei avuto bisogno anch’io di andare in bagno, non fosse stato per l’erezione intensa che aveva da appena svegliato.
«Se vuoi ti accompagno» mi offrii.
«Va bene» accettò mentre io rimanevo un po’ stupito. Mi liberai rapidamente dei pantaloni e delle mutande che avevano formato un groviglio ai miei piedi e, a piedi scalzi, la seguii standole al fianco, completamente nudo e col pene eretto.
Arrivati in bagno lei si fermò in piedi davanti al water: io le tolsi la gonna e l’appoggiai sul bordo della basca. Maura rimase con i soli slip neri addosso: la guardai un attimo e il suo sguardo mi invitò a continuare. Abbassai lentamente le mutandine e mi si rivelò davanti al mio viso un bel cespuglietto di setosi peli neri. Gli slip andarono a far compagnia alla minigonna e subito lei si sedette sulla tavoletta. Dopo un paio di secondi l’urina prese a zampillare: io fissai impietrito, non mi era mai capitato di vedere una donna pisciare e c’era qualcosa di eccitante nel vedere un gesto così frequente e altrettanto intimo.
Appena finito lei si pulì per bene con la carta igienica e avanzò poi la posizione sedendosi sul bordo della tavoletta e allargando le gambe.
«Ora potresti fare lo stesso di quello che ti ho fatto io» mi invitò.
Non me lo feci ripetere due volte e mi inginocchiai immediatamente per terra di fronte a lei, chinandomi a leccarle prima i peli, poi le labbra. Pian piano la mia lingua si fece strada fra le pieghe fino a raggiungere il clitoride. Guizzai su di esso un paio di volte, poi presi a darle lunghe leccate sulla fessura senza permettere alla lingua di penetrare come avrebbe invece voluto lei. Solo dopo numerose leccate l’accontentai ed entrai per quanto mi era possibile.
Quando mi ritrassi, l’abbandonai rialzandomi in piedi e feci alzare anche lei.
«Abbassa la tavoletta» le mormorai con voce roca.
Lei ubbidì ed abbassò dietro di lei la tavoletta che andò a coprire il water e si sedette sopra, più indietro che poteva per lasciare un po’ di posto anche a me. Fummo così uno davanti all’altra, con le gambe aperte e i nostri sessi esposti alla vista di entrambi. Il letto era certamente più comodo ma non avrebbe certo permesso di poterci guardare a vicenda così bene.
Le sue mani si richiusero dopo qualche secondo sul mio cazzo e sui testicoli, mentre io iniziai a frugarla con le dita. Ci masturbammo a vicenda per un po’, con concentrazione totale: le mie dita da due diventarono tre ed entrarono fino in profondità, alternandosi alla stimolazione diretta della tumida bacca del clitoride. Lei invece continuava a massaggiarmi i testicoli variando con l’altra mano chiusa a pugno sul mio cazzo le carezze: da lente a veloci, tenendo la mano molto leggera oppure stringendola con forza. Le sue mani erano veramente due strumenti di autentico piacere e furono loro ad aprirmi il suo scrigno: con delicatezza spostò le mie dita e infilò all’interno della vagina le sue, aprendomela completamente. Contemporaneamente, con un abile mossa per quello spazio molto ristretto, spostò le sue gambe appoggiandole sopra le mie cosce, mentre il suo magnifico culo rimaneva appoggiato al bordo della tavoletta verso il muro. A me bastò avvicinarmi un po’ e scivolare lentamente all’interno della sua vagina, madida di succhi che già avevano impiastricciato le mie dita. La penetrazione fu quanto mai dolce, eppure lei non aveva ritratto due dita, una per mano, che continuavano a divaricare le labbra. Solo dopo che ebbi mosso i fianchi un paio di volte le tolse per appoggiarmele sulle spalle e indicare il ritmo. Nel frattempo si era appoggiata con la schiena al muro e l’inclinazione indietro del busto metteva in risalto i suoi seni sui quali non potei fare a meno di allungare le mani. Li strinsi, alternando delle leggere carezze ai capezzoli ormai molto sensibili.
Mentre la fottevo delicatamente come mi indicava, mi venne un dubbio e le chiesi: «Posso venirti dentro?».
«Sì, prendo la pillola, ma non farlo ora. Ho in mente altro per te prima di venire».
Affondai perciò quando potevo dentro di lei e, stando così stretto, mi fermai per un po’. Non sarei durato a lungo, ma quella posizione mi piaceva, ci permetteva di stare molto vicini.
La baciai e lei rispose con passione: era coinvolta almeno quanto me nel nostro amore. Dopo un po’ mi rialzai, col pene ancora eretto e umido dei suoi succhi. Nuovamente fu lei a precedermi e dal grande bagno con tanto di vasca, mi accompagnò nella piccola lavanderia alla fine del corridoio, dove c’era solamente un altro water, un ampio lavandino e una lavatrice. Non capii cosa aveva in mente finché non salì a cavalcioni sulla lavatrice invitandomi a fare altrettanto. A quel punto, con mio sommo stupore, si girò con il busto e avviò la lavatrice. Sorrisi a quella pazza idea, ma accettai ben volentieri. Lei si sistemò su di me come poco prima, con unica differenza che invece di appoggiare il busto al muro, si appoggiò su di me abbracciandomi strettamente mentre penetravo in lei. Non capii quel comportamento da parte sua se non quando il motore, partito lentamente, cominciò a centrifugare a un alto regime di giri. In pochi secondi tutto cominciò a tremare sotto la potente azione del motore della lavatrice, spinto quasi al massimo. Maura appoggiava sulle mie cosce, ma non mi pesava affatto, ero troppo preso da come mi racchiudeva dentro di sé per poter notare qualcos’altro tranne le vibrazioni a cui eravamo sottoposti. Presto cominciò a muovere il bacino, sempre tenendomi strettamente abbracciato tanto che mi aveva appoggiato la testa sul mio collo, mentre le sue braccia mi stringevano il petto, passando sotto le ascelle. Ricambiai anch’io la stretta, passando le mani sulla sua schiena, massaggiandogliela con decisione e muovendo il mio cazzo durissimo dentro di lei.
L’eccitazione cresceva rapidamente in me, anche per lo stimolo nuovo e inconsueto delle forte vibrazioni della lavatrice. Le mie mani agognavano di toccarla in punti più intimi, così scesi a stringerle quello splendido culo che aveva. Sentii che avrei potuto andare avanti ancora per poco e mi rammaricavo di non poterla fare venire là sopra come, probabilmente, aveva desiderato.
Girai un po’ la testa verso di lei e con voce impastata dall’amplesso le sussurrai: «Maura, scusami, non resisto più, sto per venire…».
Rialzò la testa verso di me e, senza che nessuno dei due rallentasse un attimo il ritmo, rispose guardandomi negli occhi, in cui lessi il piacere che anche lei provava: «Anch’io… Credo verrò se mi tocchi là sotto…» e avvicinò la bocca alla mia. Le nostre lingue si incontrarono ancora, sondarono a fondo le nostre bocche.
Volli subito provare a soddisfarla, infilando una mano fra i nostri corpi che si stringevano ancora forsennatamente. Con qualche difficoltà arrivai alla base del mio cazzo: da lì tutto era più facile. Pur continuando a muoverci giunsi a toccarle il soffice triangolo di peli, carezzandone qualche ciuffo. Animata dal tocco, Maura aprì ulteriormente le gambe, invitando a toccarla e pronta ad accogliere nella sua fighetta anche le mie dita.
L’indice sinistro salì sopra il mio pene, contro cui strusciava aumentando anche il mio piacere, fino a penetrare fra le labbra. Riuscii a stuzzicarle il clitoride, ma non ero soddisfatto. Si aggiunse un altro dito che andò a toccarla nel suo punto più sensibile. Senza staccarsi dalla mia bocca mosse i fianchi in circolo. Dopo un paio di secondi sentii un mutamento in lei: la stretta delle sue braccia era diversa, la sua lingua rallentò il frenetico frugare e anche i fianchi cambiarono movimento. Era venuta e dopo che l’orgasmo l’aveva sconvolta, pur ancora in preda degli spasmi, s’impegnò a dare anche a me il massimo del piacere. Non senza fatica mosse il bacino avanti e indietro rapidamente, accogliendo e rilasciando parzialmente il mio cazzo. Bastarono pochissimi secondi di quello stimolo eccezionale, insieme anche all’idea del suo impegno per darmi piacere. Le vibrazioni non fecero altro che rendere il tutto unico: venni dentro di lei perdendo per qualche attimo il contatto con la realtà, in preda a delle sensazioni intensissime. Sentivo solamente le ondate di piacere scorrermi dentro, a intervalli quasi regolari: appena una terminava, subito ce n’era un’altra. Contemporaneamente corrispondevano agli spasmi in cui riversavo il mio seme nella sua vagina accogliente, che ancora tratteneva anche le mie dita.
Fu il contatto con la sua bocca, mai interrotto, a riportarmi rapidamente la realtà. Ora la lavatrice era un po’ molesta, dopo averci regalato sensazioni molto forti e Maura lo capì, girandosi e premendo il pulsante di arresto. Il motore tacque immediatamente, mentre il cestello perdeva lentamente giri fino a fermarsi.
Ci guardammo negli occhi senza parlare, con un’espressione fra il divertito e il serio. Maura sembrava sorridere leggermente, ma i suoi occhi rivelavano una profonda serietà. Il rapporto era stato molto rapido, ma raramente io avevo provato un godimento così profondo e un’eccitazione nel fare l’amore così forte.
Lei mi prese la mano sinistra, tirando fuori le due dita che ancora erano nella sua vagina, le portò alle labbra e le leccò. Io, intanto, gustandomi quella scena, mi ritraevo da lei, ancora con il pene semieretto.
«Hanno un buon aroma. Sanno di me e di te» parlò per prima Maura.
«Non pensavo saresti venuta così rapidamente come me…» feci sincero.
«Anch’io mi sono eccitata molto, è stato tutto nuovo anche per me… Non l’avevo mai fatto così, erano fantasie che avevo da un po’ di tempo» mi confessò.
«Se me l’avessero detto, l’avrei trovata una cosa per maniaci sessuali quella di farlo su una lavatrice che centrifuga. Invece è stato favoloso… Ma tu fai sempre l’amore in maniere così eccentriche?» le chiesi incuriosito.
«No, non sempre. Mi è capitato anche di farlo su un letto, se è questo che vuoi sapere» mi disse sorridendo.
Risi anch’io: «Che simpaticona che sei!».
«Senti, mangiamo qualcosa? È da ieri sera che non mangio niente e il tuo cazzo per colazione m’ha messo ancor più fame invece di saziarmi!».
«Buona idea! Nemmeno i tuoi seni erano così nutrienti…» ricambiai la battuta io. Il mio pene intanto si era afflosciato e cominciavo a sentire forte lo stimolo di urinare. «Che ne dici però di lasciarmi pisciare prima?».
«Okay, però voglio guardarti anch’io come hai fatto tu. Nemmeno io ho mai visto un uomo pisciare, se non da lontano…».
«Va bene» risposi io. Maura si sollevò dalle mie gambe e scese dalla lavatrice, io la seguii un attimo dopo. Alzai la tavoletta del water e pochi istanti dopo l’urina cominciò a produrre il suo caratteristico gocciolio con lo smalto della tazza. Mi ripulii con un po’ di carta igienica, mentre lei continuava a fissarmi interessata.
«Soddisfatta?» le chiesi appena terminato.
«Direi di sì. Ero curiosa anch’io… Cosa mangiamo allora?».
«Per me una pastasciutta va più che bene» risposi mentre mi lavavo le mani, seguito subito dopo da lei. Completamente nudi tornammo in cucina dove il grande orologio a muro segnava l’una meno un quarto.
Maura aprì qualche armadietto e si girò poi verso di me: «Ti vanno bene gli spaghetti al pesto?».
«Perfetto!».
Iniziammo a prepararci il pranzo rapidamente, perché entrambi contavamo di tornare a letto insieme immediatamente dopo. Preparammo la tavola e aspettammo che l’acqua bollisse per buttare gli spaghetti: poi bastava condirli con il pesto già preparato in barattolino. Proprio quando si profilava un momento di pausa, il telefono squillò di nuovo. Maura rispose: «Pronto? Ah, ciao mamma. Qui tutto bene e voi?… Sì, mi sto preparando da mangiare, spaghetti al pesto… Sì, ho fatto la spesa. Tornate nel pomeriggio, vero? A che ora? Ah, va bene…».
La fissavo mentre parlava con la madre: se avessero saputo che era completamente nuda, con la vagina ancora sporca dello sperma del ragazzo che le stava lì a un metro, anche lui completamente nudo!
La conversazione non durò a lungo e presto Maura chiese il mio aiuto per scolare la pasta. Mangiammo rapidamente e avidamente, quasi senza parlare, continuando a lanciarci occhiate furtive.
«Se non la smetti di guardarmi il seno, dovrò mettermi qualcosa!» esclamò lei alla fine sorridendo.
«È troppo bello, perfetto. Hai ancora i capezzoli eretti».
«Per il freddo» disse lei, rendendosi ben conto che la sua bugia non era affatto credibile poiché il termometro era ben oltre i trenta gradi fuori e in casa c’erano pochi gradi in meno.
Io mi limitai a sorridere e cominciai a spreparare mettendo i piatti in lavastoviglie. In un batter d’occhio la tavola tornò a essere vuota e l’orologio segnava appena l’una e dieci.
Stavolta fui io a prendere l’iniziativa, mettendole le mani sui fianchi e facendola sedere sul bancone della cucina. Mi inginocchiai poi a terra e avvicinai la testa fra le sue gambe. Lei, desiderosa del mio tocco, allargò le gambe e la mia lingua cominciò a saettare sulle grandi labbra. Quando mi infilai più in profondità in lei con la lingua, mi resi conto che era bagnata di nuovo. Staccai la testa e le chiesi: «È anche questo fra le tue fantasie? Essere leccata sul bancone della cucina?».
«No, scemo, sei tu che mi ecciti così…».
«Che fantasia vorresti veder realizzata allora?» le chiesi desideroso che trovasse qualche altre idea perversa.
«Da quando avevo sedici anni sogno di farlo in ascensore, meglio ancora se l’ascensore è quello del mio condominio…».
Rimasi un po’ di stucco, però finii con l’accettare.
«Andiamo allora!» esclamò lei alzandosi di scatto dal bancone e dirigendosi verso la porta.
«Ma come, così? E se c’è qualcuno per le scale?».
«Ma dai, chi vuoi che passi a quest’ora? Staremo attenti. Poi bloccheremo l’ascensore, così nessuno potrà disturbarci…».
Non molto convinto, la seguii ugualmente. Maura aprii lentamente la porta di qualche centimetro, stando in ascolto se qualcuno stava facendo le scale. Il silenzio era l’unico elemento presente, perciò s’avventurò fuori con le chiavi in un mano e il mio braccio nell’altra. L’ascensore era libero e lo chiamò col pulsante: c’era il rischio che la porta sullo stesso pianerottolo su aprisse da un momento all’altro. Tirai un sospiro di sollievo quando le porte dell’ascensore si aprirono e noi entrammo. Maura premette il pulsante “2” e attese che le porte si chiudessero e che l’ascensore si muovesse, dopodiché premette il “3”, che era il suo piano e immediatamente dopo “ALT”. «Così basta che prema di nuovo “ALT” per tornare al mio piano in un attimo» mi spiegò dopo quell’operazione.
Appena finì la frase le nostre labbra si incrociarono in un appassionato bacio, divorandosi a lungo. Il mio cazzo rispose subito allo stimolo e diventò duro: la spinsi perciò contro una parete e cercai a tentoni la sua michetta per penetrarla. Maura mi aiutò allargando le gambe quanto poteva e cercando di venirmi incontro. Dopo numerosi tentativi in cui il mio cazzo batteva contro il suo inguine senza trovare uno sfogo, riuscii a entrare in lei. Continuando a baciarsi, iniziammo a muoverci tutti e due. Maura sollevò le sue gambe circondandomi la schiena e stringendomi a lei: questo suo movimento mi diede in brivido di piacere. Proprio allora sentimmo due voci provenire dall’esterno, proprio sul piano di Maura.
«Ecco, quest’ascensore deve essersi bloccato! L’avevo detto all’amministratore di farlo controllare, ma non ha voluto darmi ascolto!».
«Tanto a lui l’ascensore non serve, e noi siamo solo due poveri anziani! Devi andare a protestare seriamente questa volta però!».
«Certo, andiamo subito. Lo farò venire qua e vedremo cosa dirà!».
Io e Maura ci bloccammo, spaventati. Lei abbandonò la presa delle sue gambe e le fece scivolare a terra. Dopo qualche secondi in cui i nostri cuori battevano a mille, fu lei a parlare. Credevo volesse dirmi che non era niente e di riprendere a fare l’amore, invece mi sbagliavo: «Dobbiamo tornare in casa. Quello è veramente capace di portar qui l’amministratore e non lasciarlo andar via finché un tecnico non ha riparato l’ascensore!».
Aspettò un po’, per essere sicura che i due anziani coniugi se ne fossero andati, poi disinserì il pulsante “ALT”. L’ascensore si mosse un attimo e le porte si aprirono. Maura raccolse dal pavimento della stretta cabina le chiavi di casa e si precipitò verso la porta, che aprì rapidamente. Pochissimi secondi dopo essere usciti dall’ascensore eravamo entrambi al sicuro dietro la porta blindata.
«Forse è meglio che lo facciamo sul letto stavolta» mi disse Maura, rassegnata a realizzare altre fantasie dopo il pericolo appena corso. Così mi portò in camera sua, dove avevamo dormito quella notte, o meglio quella mattina, sul suo ampio letto da una piazza e mezza che era ancora sfatto.
Questa volta volevo essere io a prendere l’iniziativa: avevo ormai capito che un rapporto in una posizione “normale” o consueta come quella del missionario l’avrebbe lasciata insoddisfatta, decisi così per qualcosa un po’ meno ordinario. Perciò, senza lasciarle il tempo di fare o dire qualcosa, salii sul letto e mi misi in ginocchio, andando ad appoggiare il sedere sui miei talloni. Maura sorrise e si sedette sul materasso di fronte a me, allungando le sue gambe a lato delle mie. Alzò il bacino verso il mio pene, ancora eretto e lucido dal rapporto interrotto sull’ascensore, tenendosi in equilibro con le mani, che aveva appoggiato dietro di sé. Per aiutarla portai le mani sui fianchi alzandola verso di me, finché riuscì ad sistemarsi sulle mie cosce: allora allargò le gambe e dischiuse la micietta umida. L’avvicinai ulteriormente a me spingendole il culo con le mani fino a penetrarla. A questo punto aveva lei il rapporto sull’amplesso perché io da inginocchiato non potevo che muovere leggermente il cazzo, mentre Maura aveva ampia libertà di movimento con il bacino. Se ne accorse subito e impose un ritmo abbastanza lento che trovò essere di mio gradimento, tanto che accompagnai i suoi movimenti con le mani sulle sue natiche. Abbassai anche la testa su di lei per poterle baciare il seno, pienamente esposto al mio tocco e alla mia vista. Sentii che lo spingeva in avanti, desiderosa di quello stimolo: le presi fra le labbra il capezzolo e lo stuzzicai con decisione, mentre gemeva al mio tocco. Abbandonai allora i suoi glutei e circondai entrambi i seni, dalla stupenda forma allungata. La mia lingua saettò prima su un capezzolo, poi su un altro, alternandosi al tocco delle labbra. Presto lei cominciò a boccheggiare, cercando maggiori quantità di ossigeno, sia per lo sforzo della posizione che per i miei tocchi che la lasciavano senza fiato. Quando prese a gemere il mio pene ebbe un guizzo di eccitazione, tanto che volli prendere una parte più attiva nel rapporto. Lentamente mi alzai sulle ginocchia, tornando a sostenerla in quella posizione per le natiche. In quel modo potevo anch’io prendere una parte attiva, muovendomi in lei. La sua micietta ormai era fradicia di umori e vi affondavo con una facilità incredibile anche perché non era molto stretta. Quando me ne resi conto pensai che doveva avere ricevuto un buon numero di cazzi: forse più tardi gliel’avrei chiesto… Intanto mi godevo quel contatto e quel calore. Gli affondi divennero più profondi in quella posizione, ma anche più veloci per la maggior libertà di cui godevo. Decisi tuttavia di rallentare un po’ fino a trovarmi a ritrarmi quasi completamente e ad affondare fin dove riuscivo con un ritmo lentissimo, cercando di muovermi anche lateralmente. Ero deciso a darle piacere, avrei voluto inserire nella sua vagina anche un dito per stimolarle il clitoride, ma non era possibile. Notai che le sue braccia ormai erano stanche e cedevano sotto il suo peso: infatti a un certo punto si lasciò scivolare con la schiena sul materasso. Non mi restava che chiederle che lo facesse lei: «Maura, toccati il clitoride con le dita» la invitai.
La sua bocca aperta non emise altro suono che quello del suo respiro affannoso, i suoi occhi aperti rivolti verso un punto fisso del soffitto non si mossero di un millimetro, ma la sua mano destra giunse lentamente fra le sue gambe. Le dita affusolate toccarono il mio membro che affondava, accarezzarono i miei testicoli e poi si infilarono nella sua fighetta. Continuavo a scoparla lentamente, attento a darle piacere quando la punta delle sue dita arrivarono al clitoride sensibile. Si toccò e chiuse gli occhi emettendo un breve gemito. Non si fermò ma seguitò con decisione finché un gemito più lungo degli altri mi fece capire che era venuta.
Mi ritrassi e mi inginocchiai davanti alle sue gambe per leccarle la micietta grondante di succhi. La mia lingua passò su tutta la sua vagina e sui peli fradici intorno alla fessura finché provò un altro breve orgasmo. La leccai ancora a fondo e le mie leccate partiva dal suo orifizio posteriore. Notai che apprezzava lo stimolo anche lì, perciò mi fermai un po’ a stuzzicarle il buchino. Provai a infilarle un dito e lei non protestò. Anzi, ero riuscito a entrare abbastanza facilmente, per cui mi venne il dubbio che fosse già allenata al sesso anale. Fu proprio lei a chiedermi se volevo farlo: «Hai voglia di incularmi?» mi disse molto schiettamente.
«Giocavo solamente anche col tuo buchino, volevo vedere se ti piaceva».
«Eccome se mi piace. Faccio sesso anale da quattro anni e abbastanza regolarmente…».
Incredibile! Era lei stessa a chiedermelo e che voleva farlo! Non mi era mai successa una cosa del genere, di solito le ragazze erano così riottose nei confronti del sesso anale e le uniche che mi avevano concesso di penetrarle nel culo avevo dovuto convincerle con molta pazienza. Ora questa splendida ragazza, fra l’altro un anno più vecchia di me, mi si offriva così apertamente…
«Hai del lubrificante?» le risposi.
«Certo, guarda sul cassetto del comodino. Deve esserci un tubetto di vaselina quasi nuovo» disse lei mentre si inginocchiava in fondo al letto, con i piedi rivolti verso la stanza e il ventre verso il cuscino. Si sedette sui talloni e poi si piegò in avanti, appoggiandosi al materasso anche col viso. Passai dietro di lei, che in quella posizione mostrava vagina e culo molto aperti. I miei occhi si deliziarono a quella vista e iniziai a spalmarle la vaselina sul buchetto in maniera molto abbondante. Mentre spalmavo la crema le carezzavo l’ano delicatamente fino a provare a infilarvi un dito: entrai con molta facilità, la cosa mi stupì parecchio. Allora era vero quel che diceva: lo sfintere era decisamente elastico, allenato a quell’attività.
Inserii un altro dito e notai che Maura non si lamentava affatto, anzi, cominciava a emettere i primi mugolii di piacere sotto i lenti movimenti delle mie dita. Stando in piedi dietro di lei, la lubrificai nuovamente, poi passai una buona dose di vaselina anche sul mio cazzo e puntai il glande su quell’orifizio. Avanzai delicatamente finché tutto il glande fu dentro, continuai la mia corsa un po’ più velocemente e, senza incontrare nessun ostacolo, fui completamente in lei. Mi ritrassi di qualche centimetro e riaffondai lentamente, temendo di farle male, ma la sua unica reazione fu un mugolio di piacere. L’afferrai per i fianchi e mi ritrassi ancora di più, tornando a penetrarla a fondo, fin dove potevo arrivare. In breve riuscii a prendere un certo ritmo che lei assecondò muovendo leggermente il culo.
«Sali sul materasso» farfugliò lei eccitata.
Io feci per tirarmi indietro completamente, con l’intenzione di entrare nuovamente in lei, ma Maura mi disse: «No, ti prego, restami dentro, è bellissimo».
Tentai di accontentarla, ma era un’operazione molto difficile riuscire a salire con le ginocchia sul materasso stando pressoché in piedi e senza uscire dal suo corpo. Alla fine ci riuscii: mi stesi in avanti sulla sua schiena e da quella posizioni salii sul materasso con le ginocchia. Lei si rialzò sui gomiti e così, un po’ goffamente, ci muovemmo in avanti di qualche centimetro perché non rischiassi di scivolare giù.
Si era messa praticamente alla pecorina e io la penetravo molto a fondo da quella posizione con immenso piacere. Anche lei sembrava godere almeno quanto me, dai rantolii che emetteva. Le strinsi i seni con le mani e comincia a stuzzicarle i capezzoli. Presto una mia mano s’infilò sotto il suo corpo e trovò la vagina ancora madida di succhi. Le carezzai il pelo, poi passai sulle labbra fino ad arrivare a stuzzicarle il clitoride. Da lì non mi mossi e continuai a lungo, mentre continuavo a muovermi dentro di lei.
«Sto venendo, continua così, stringimi le tette!!» mi urlò quasi. Io ubbidii, stringendole un seno con la mano libera e tormentandole il clitoride con l’altra finché la sentii venire. Rapidamente il suo corpo si rilassò, spinse di mugolare e non riuscì più a sostenersi con i gomiti. Scivolò con il viso in avanti, appoggiandosi al materasso.
Mi ritrassi da dentro di lei e mi distesi al suo fianco sul grande letto, il viso a pochi centimetri dal suo. Quando mi sentì lì vicino, aprì gli occhi e mi guardò, con aria interrogativa, quasi stupita dal fatto di vedermi lì.
«Come mai non hai continuato anche tu fino a venirmi dentro?» mi chiese appena ebbe ripreso fiato.
«Non so, dopo l’orgasmo non sembravi più partecipe, mi sembrava assurdo continuare, era come fare l’amore con un pezzo di carne…».
«Scusami» mi disse abbassando un attimo lo sguardo. «Ho provato un orgasmo molto intenso, non riuscivo a pensare ad altro che al mio piacere…».
«Non ti devi scusare.» dissi io, ma lei subito era pronta a farmi godere col suo corpo: alzò le spalle e mi baciò sulla bocca, poi salì sopra di me. «Come vuoi venire? Preferisci il mio culo, la mia micietta, la bocca, le tette? Dimmi tu!» mi sussurrò mentre i nostri corpi aderivano perfettamente e il mio cazzo eretto si strusciava sul suo pelo pubico. Ero quasi commosso di fronte alla sua disponibilità, dovuta probabilmente al piacere che aveva appena provato, e non sapevo assolutamente cosa scegliere. Qualsiasi parte di lei, tutti i modi con cui c’eravamo toccati erano fantastici. Tacqui per un po’ pensiero, tanto che lei mi sussurrò di nuovo: «Guarda che altrimenti scelgo io» e così dicendo allargò le gambe cercando col bacino la mia erezione. Mi fece capire che me l’avrebbe preso dentro in quella posizione e l’idea mi stuzzicò molto, al punto che le dissi di continuare in quel modo.
Maura sorrise maliziosa e, senza aiutarsi con le mani che carezzavano dappertutto la mia faccia, riuscì a prenderselo fra le gambe. Io spinsi e penetrai un po’ in lei. Mi passò un dito sulle labbra, tutto in torno alla bocca: io l’aprii e presi a succhiarlo con forza mentre le mani andavano al suo fantastico culo. Lo penetrai con un dito e presi a muoverlo con lo stesso ritmo con il quale lei si muoveva sul mio cazzo.
«Sicuro di non volermi venire là?» si assicurò. Io annuii con un cenno della testa.
Appena ritrassi il dito, lei si alzò mettendosi a busto eretto, chiuse gli occhi e buttò indietro la testa. Io ammirai quello spettacolo: i suoi seni tondi, perfetti, con i capezzoli scuri eretti, coperti da una lieve pellicola di sudore. In breve cominciarono a oscillare e a sobbalzare, dal momento che Maura aveva iniziato a saltellare sul mio bacino in un movimento vorticoso. Provavo sensazioni incredibili a quella stimolazione, non pensavo di resistere molto a lungo e di venirle dentro così. Invece lei si piegò in avanti, appoggiando i palmi sulle mie spalle e, stando inginocchiata su di me, poteva muovere il bacino molto rapidamente sul mio cazzo. Strinsi le sue meravigliose tette che penzolavano dal suo busto: mi riempivano le mani, ne sentivo la consistenza. La sua vagina intanto si strofina a velocità folle sul mio cazzo durissimo: non avevo mai provato nulla di simile. In pochi secondi un orgasmo fortissimo si impadronì di me, urlaii due o tre volte mentre fuoco liquido scorreva dal mio corpo al suo in numerosi sussulti di cui persi il conto.
Quando riaprii gli occhi, Maura si abbassò su di me e mi baciò teneramente. Mi sussurrò qualcosa all’orecchio, poi si rilassò distesa sopra di me e, entrambi stravolti, ci addormentammo immediatamente.
Ci svegliò il fastidioso suono del citofono. Maura aprì gli occhi di soprassalto un istante dopo di me, spaventata. Passò un secondo nel quale entrambi ricollegammo tutto, poi esclamò con il terrore che le saliva agli occhi: «Questi sono i miei! Rivestiti, devi uscire prima che arrivino con l’ascensore». E si rialzò di scatto, nonostante il mio pene flaccido fosse ancora dentro di lei. Io mi diressi in cucina dove avevo lasciato i pantaloni e le scarpe, rinunciai a infilarmi le mutande, trovai la maglietta e mentre stavo uscendo di corsa per fuggire per le scale, vidi Maura che metteva giù il citofono e veniva verso di me divertita.
«Tranquillo, è solo Chiara: sono le tre. I miei arrivano più tardi! Mi avevano detto alle sei, credevo di aver dormito molto più a lungo».
Maura era visibilmente sollevata, ma io ero passato di male in peggio. Ormai l’avevo scampata se erano i suoi genitori, ma ora non avevo possibilità di farla franca con Chiara, che senz’altro si sarebbe vendicata per averla fatta aspettare per niente quella notte.
Lei, ancora nuda, andò a prendere un accappatoio e si avvolse in quello, mentre mi invitò ad andare in bagno per ricompormi un po’. Appena chiusi la porta, sentii suonare il campanello.
«Ciao, Chiara, ti aspettavo!».
«Ciao, Maura, come stai? Ti vedo felice».
«Sì, ho una sorpresa per te…».
«Ah, sì?» fece Chiara un po’ incuriosita.
«Si sta sistemando… Ci hai svegliato» fece l’occhiolino Maura.
«Beata te! A me i ragazzi ne fanno di tutti i colori. Volevo proprio raccontarti cosa m’è successo ieri sera…».
A quel punto uscii dal bagno, mi ero pettinato un po’, avevo rinunciato ad indossare le mutande e mi ero rinfrescato, pronto ad affrontare la realtà.
Quando Chiara mi vide, ancora con i segni della giornata di sesso sulla pelle, sbarrò gli occhi incredula. Io mi limitai a sorridere timidamente: fu Maura a salvarmi.
«Te lo ricordi? Sei stata proprio tu a farmi accompagnare a casa da lui ieri sera, io non volevo…».
«Già, proprio tu…» dissi io e Chiara capì cosa intendevo e preferì non raccontare tutto.
«Cosa dicevi di ieri sera?» chiese Maura intanto.
«Niente, un altro disgraziato mi aveva dato l’appuntamento per una notte di passione e poi non s’è fatto vedere…».
Maura improvvisamente si illuminò e si rivolse a entrambi: «Vi andrebbe di fare una cosa a tre? Immagino che tu Chiara abbia da sfogare i tuoi istinti dopo ieri sera… Poi a lui non dispiace certo fare qualcosa con te, non è vero?».
Io mi vedi costretto ad annuire, anche se a quel punto sarei volentieri scomparso. Fissai Chiara e solo allora mi resi conto di quanto sexy era: indossava una canottierina molto scollata, il seno straripava stretto in un reggiseno che alza le forme e la minigonna rivelava quasi tutte le sue belle gambe (quelle di Maura erano tutt’altra cosa però). Guardai la sua espressione, che da enigmatica (non si capiva se era stupita, arrabbiata, delusa, forse tutte e tre le cose) divenne sorridente.
«Per me si può fare: ne ho proprio bisogno» e sorrise pienamente guardandoci.
Intuii che non era la prima volta che condivideva un ragazzo con Maura da alcune occhiate complici che si scambiarono subito dopo. Restai in silenzio, senza saper cosa fare, se prendere l’iniziativa con l’una o con l’altra. Loro sembravano quasi non accorgersene di questo momento di lieve tensione, continuando a scambiarsi occhiate roventi, sempre stando sedute intorno al tavolo della cucina. Io ero alle spalle di Maura, quasi appoggiato allo schienale della schiena: un po’ indeciso le appoggiai le mani sulle spalle e la massaggiai lentamente. Lei alzò la testa, mi guardò con quei suoi occhini marroni e mi sorrise con un pizzico di malizia. Poi abbassò di nuovo lo sguardo su Chiara e le chiese: «Ti andrebbe di farci uno spogliarello. Sai, io sono già nuda e lui non è che abbia molto addosso…».
«Okay!» esclamò Chiara. «Vi farò impazzire! E mi raccomando, non dovete toccarvi finché non lo farò io…».
«Andiamo di là!» Maura ci portò in salotto, l’unica stanza dell’appartamento a parte quella dei suoi genitori in cui non ero ancora entrato. Ci accomodammo nel grande divano mentre Chiara restò in piedi davanti al televisore, sostituendosi a esso per quanto riguarda lo spettacolo. L’unica cosa che mi fu permessa di fare, fu di passare il braccio sulle spalle di Maura, ancora avvolta strettamente nel suo accappatoio che non rivelava altro che i suoi polpacci atletici. La mia mano le carezzava lievemente il collo e sembrava percorsa di piccole scariche elettriche che scuotevano sia me che lei di tanto in tanto.
Chiara iniziò presto a muoversi al ritmo di un’immaginaria musica, passando le mani sulle sue curve in modo che la canottiera e la minigonna aderissero ad esse maggiormente. I suoi occhi mostravano concentrazione e sembrava fissassero qualcosa lontano all’orizzonte.
Si inginocchiò a terra e improvvisamente piegò il busto in avanti, alzando di scatto la testa e guardandoci negli occhi per la prima volta da quando era entrata nella stanza. Sicuramente notò il guizzo di soddisfazione nel mio sguardo poiché la scollatura s’era abbassata in quella posizione e potevo vedere buona parte del suo splendido seno. Quella visione non durò a lungo perché lei si alzò di scattò, si prese i seni fra le mani e li soppesò alcune volte, guardando prima Maura e poi me.
Iniziò poi ad alzarsi la canottiera sul ventre, prima di pochi millimetri, poi sempre di più fino a sfilarsela e buttarla alle sue spalle contro il muro. Il reggiseno aveva le coppe di pizzo bianco attraverso il quale si intravedeva la pelle sottostante e anche il capezzolo roseo. Si avvicinò a noi, lentamente, fino ad arrivare a sedersi sulle mie ginocchia allungando le gambe sulle cosce di Maura. Mi passò un braccio intorno alle spalle per sostenersi e mi carezzò il petto attraverso la maglia. Il mio braccio sinistro s’era automaticamente spostato sulla sua schiena per permetterle di stare a busto eretto senza problemi. La sua mano sinistra passò dietro a prendere la mia e la portò al gancio del reggiseno.
«Sganciamelo!» mi sussurrò all’orecchio, prendendone poi il lobo fra le labbra. Io ubbidii, ma l’operazione si rivelò parecchio difficile e richiese alcuni secondi, nei quali guardai quegli splendidi seni a un passo dai miei occhi. Il solco fra di essi non era che una stretta fessura, nulla a che vedere con quello di Maura, molto più largo anche quando indossava il reggiseno. Quando riuscii a sganciare a Chiara l’indumento, lei si rialzò per poi inginocchiarsi sul divano davanti a me, appoggiando il suo culo sulle mie ginocchia. Mi fissò negli occhi tanto intensamente che potevo sentire l’ardore di quello sguardo infuocato; poi lentamente si abbassò le spalline e si tolse il reggiseno, gettandolo dietro di sé e facendolo finire contro il televisore spento. Ebbi così davanti il suo seno magnifico che appena la sera prima avevo toccato. Nudo era veramente superbo, era alto, perfetto, stava su da solo e non necessitava certo di reggiseno. Il solco era ora un canale un po’ più largo fra le due tette tonde, dai capezzoli eretti e rosei. Notai che, contrariamente a Maura, aveva il segno del costume, anche se l’abbronzatura era molto meno evidente che in Maura, già scura di carnagione. Mi resi conto che doveva aver usato un bikini veramente ridotto, in quanto il segno passava di poco sopra i capezzoli. Stavo per allungare una mano e toccarlo, non potevo certo farne a meno, ma Chiara si rialzò da me e si alzò in piedi sul divano. I suoi piedi si spostarono ai lati delle gambe di Maura, mentre le sue mani andarono a carezzarle i capelli.
«Bene Maura, ora tocca a te, sfilami le mutandine».
Maura ubbidì subito e allungò le mani sulle sue cosce al di sotto della minigonna, senza alzarla in modo che potessi vedere uno spezzone di quello spettacolo. Con abilità riuscì ad abbassare fino alle caviglie le mutandine di pizzo bianco, di cui Chiara si liberò in una mossa. La minigonna celava tuttavia ancora alla mia vista le meraviglie che Chiara nascondeva fra le gambe, ma presto sarebbe stata completamente nuda. Scese infatti dal divano e si girò dandoci le spalle: a quel punto si alzò la minigonna sulla schiena esibendo il suo culo tondo. Solo allora la aprì e l’abbandonò a terra, per girarsi in una piroetta e sedersi sulle gambe di Maura. Subito i miei occhi andarono a catturare l’immagine fra le sue gambe: aveva il pelo pubico di uno stupendo castano chiaro, tagliato un po’ più corto di quello di Maura, ma si capiva che al naturale doveva essere molto più pelosa perché i peli erano abbastanza folti.
Con le dita si schiuse le labbra della fighetta e Maura intuì quali erano le sue intenzioni, allungano la mano e posandovela sopra, per penetrare con un dito dentro di lei.
«Ma sei fradicia!» esclamò immediatamente.
«Sì, per la verità la tua proposta e questa idea dello spogliarello mi hanno eccitato parecchio…» ammise Chiara sinceramente in un sorriso.
Maura intanto aveva tirato indietro il dito umido e lo aveva avvicinato alle mie labbra. Io le leccai gustando la lieve fragranza, lo leccai più del dovuto e infine lo presi fra le labbra succhiandolo. Le due ragazze sorrisero vedendomi fare così. Maura tuttavia mi invitò a continuare, mentre cominciava a frugare fra le pieghe dell’amica con l’altra mano, invitandomi a unirmi a lei. Presto furono di due mani diverse le dita che esploravano la micietta umida di Chiara, alternandosi a toccarle il clitoride fra i suoi sospiri di eccitazione. Le mani di Chiara carezzavano attraverso l’accappatoio il corpo dell’amica, cercando di stringerle i seni, ma il contatto non la soddisfaceva. Credevo fosse venuta così, con le nostre mani che la frugavano, ma all’improvviso ci fermò con uno sforzo di volontà e smisi anche di succhiare il dito a Maura. Si alzò e si sedette sulle mie gambe, alzandomi immediatamente la maglietta fino alle spalle. Allungò le dita sui miei capezzoli piatti, stuzzicandoli piano: quando furono eretti si buttò con la faccia, leccandomeli e prendendoseli fra le labbra.
Il mio braccio destro era ancora attorno alle spalle di Maura mentre con la mano sinistra andavo a toccare i suoi seni, stringendoli prima solamente fra le dita per poi iniziare a stuzzicarle i capezzoli. Maura intanto mi stuzzicavo l’orecchio e il collo con la bocca: il suo braccio sinistro s’era infilato sulla mia schiena e andava lentamente verso il basso, mentre con l’altra mano carezzava dolcemente la schiena a Chiara. Quando quest’ultima smise di leccarmi i capezzoli, mi fece sfilare la maglia. Maura, sempre in accappatoio, si mise a sedere sulle mie ginocchia fra lei e il mio busto, rivolta verso di me e baciandomi con passione. Chiara, appoggiata a lei, prese a baciarla sul collo e sulla nuca, mentre con le mani la spogliava. Prima le slegò la cintura che teneva chiuso l’accappatoio in vita, poi l’aprì sul davanti e lo fece scendere dalle spalle di lei, che si fermò a baciare a lungo. Alla fine lo tolse completamente e lo gettò da parte. Io mi accorsi subito del cambiamento e allungai le mani sui seni di Maura, stringendoli. Incontrai anche le mani di Chiara e ci dividemmo in quel tocco delizioso per un po’, scendendo successivamente fra le gambe della ragazza divenuta oggetto delle nostre attenzioni. Le nostre dita frugarono a lungo la sua fighetta, che prese a inumidirsi via via. Quando io e Maura ci staccammo, lei si alzò liberandosi delle nostre ani che la frugavano dolcemente, mentre Chiara si mise in ginocchio davanti a me, allungando le mani sulla patta dei miei pantaloni che era gonfia della mia erezione. Tastò con i polpastrelli il mio cazzo duro, lentamente aprì i pantaloni e fu sorpresa di trovarmi senza mutande, tuttavia non chiese nulla e prese a slinguazzarmi il glande. Maura intanto, passata dietro all’amica, si era inginocchiata dietro di lei e le aveva inserito un dito nella vagina e uno nel culo, iniziando a masturbarla lentamente. Rapidamente, sotto quella stimolazione, Chiara venne prendendomi contemporaneamente il cazzo in bocca per quanto le fu possibile. Appena ripresasi si staccò da me, mentre Maura dietro di lei si rialzava, e mi fece abbassare i pantaloni: eravamo così tutti e tre completamente nudi.
Come quella mattina fra di noi, fu Maura a proporre: «Andiamo in camera, così staremo più comodi sul mio letto».
Loro due entrarono per prime e si stesero fianco a fianco sul letto a una piazza e mezza completamente sfatto. «Ora devi leccarci a turno, tutte e due» mi disse Chiara aprendo le gambe invitante. Estasiato dall’idea, mi lanciai su di loro cominciando a leccarle una dopo l’altra, senza risparmiarmi. Continuai a lungo, per molti minuti, fino a quando non ce la feci più, esausto: a quel punto furono loro a toccarsi a vicenda per pochi istanti per raggiungere l’orgasmo. Mi stesi anch’io sul letto, in mezzo a loro due, rivolto verso Chiara che iniziò a baciarmi in bocca, mentre Maura mi stuzzicava il collo e la nuca. Strinsi i grossi seni di Chiara, gustandone la consistenza e la forma perfetta. Il mio sesso era appoggiato alla pelle morbida e liscia del suo ventre e ben presto presi a strusciarlo lentamente sul suo corpo. Lei abbassò una mano stringendo l’asta eretta, passò la sua coscia sopra il mio fianco, arrivando a toccare con il polpaccio e il piede anche le gambe di Maura. Sentii le sue dita guidarmi verso la sua vagina e in un attimo ero dentro di lei. Non ci potevo credere: stavo finalmente scopando con Chiara!! Mi mossi molto lentamente, per prolungare il più possibile quei momenti di piacere sfrenato. Il cuore mi batteva in gola all’impazzata, potevo sentire il battito cardiaco pulsarmi nelle vene. La mia pelle era sensibilissima, mi sembrava di rilevare ogni piega e ogni anfratto della sua vagina con il mio pene, le sue dolci carezze sulla schiena mi davano forti vibrazioni, le sue labbra sembravano di fuoco sulle mie. Come non bastasse, anche Maura mi toccava eccitata: sentivo il suo pube ondeggiare sul mio sedere, avvertivo la sua peluria stuzzicarmi la pelle. Stava scopando col mio culo! Ciò mi eccitò maggiormente, tanto che per poco non eiaculai dentro Chiara. Dietro di me, Maura si dava da fare anche con la bocca, senza stancarsi di baciarmi e leccarmi il collo e la spalla, mentre le sue mani erano scese dove i corpi di noi due si congiungevano. Sentivo il contatto delle sue dita con i miei testicoli, il tocco sulla mia asta e sul pube di Chiara. A un certo punto avvertì che qualcosa era entrato con me nella micietta di Chiara: mi fermai quasi e mi ci vollero alcuni secondi per capire che era un dito di Maura. La cosa mi piacque molto e mi strofinai più che potevo sul dito, che tuttavia presto venne ritratto, per continuare a toccarci dall’esterno.
Desideravo mettermi in una posizione migliore per poter scopare Chiara più a fondo, come desideravo da anni, ma le sensazioni erano estremamente piacevoli e non riuscivo a trovare la forza di fermarmi. Solo quando Mauro si alzò da dietro di me con l’intenzione di mettersi dietro Chiara e giocherellare un po’ col suo corpo, trovai la volontà sufficiente per muovermi: ruotai semplicemente il corpo di novanta gradi, salendo sopra Chiara che finì di nuovo distesa sulla schiena. La guardai e vidi che mi sorrideva contenta della mia decisione, mentre apriva le gambe il più possibile alzandole e stringendole intorno alla mia schiena. Da quella posizione potevo finalmente prenderla come volevo: i miei affondi si fecero più lenti, ma il mio cazzo trovavo nuove profondità in lei.
Maura intanto non finiva mai di sorprendermi e di deliziarmi con i suoi giochetti: si era seduta sulle mie gambe, abbassandosi con la schiena fino ad appoggiarmi i seni sulle cosce. Ebbi un colpo al cuore quando sentii la sua lingua sfiorarmi sul culo: la passò con delle lunghe leccate sul mio ano, ripetutamente. Poi si dedicò ai ciglioni e all’asta che entrava e usciva dalla vagina di Chiara: riuscì a leccare i nostri organi sessuali in qualche modo, mentre continuavano a muoversi nell’amplesso. Fu qualcosa di sconvolgente per entrambi, mentre Maura sembrava mantenere la sua tranquillità. Sentii Chiara sospirare in preda al suo orgasmo, chiudendo gli occhi ed emettendo solamente un gemito. Immediatamente dopo Maura mi allargò le natiche con le mani e si dedicò tutta al mio ano, leccandomi ripetutamente. Era una sensazione completamente nuova per me, sconvolgente, ma incredibilmente piacevole tanto che spruzzai con forza il mio seme dentro Chiara, più e più volte.
Appena rifiatato mi ritrassi e Maura fu pronta a rimpiazzarmi, inginocchiandosi in mezzo alle gambe di Chiara e affondando nel suo pelo con la faccia. Leccò la sua fighetta dove abbondavano i suoi ed i miei succhi con sorprendente maestria. Immaginavo che avesse avuto dei rapporti saffici, la confidenza con cui mi aveva diviso con Chiara era per me un esplicito messaggio di loro precedenti avventure, ma non avrei creduto certo di vederle in azione sotto ai miei occhi. Era estremamente eccitante vedere due ragazze belle e ben fatte, darsi piacere tra di loro.
Chiara venne dopo pochi minuti, ancora eccitata dal precedente orgasmo, ed emise un altro gemito soffocato e roco che aveva molto poco di aggraziato, ma molto eccitante. Mi venne voglia di scoparla di nuovo, magari provando a sentire se era abituata a prenderlo anche nel culo, ma il pene sembrava averne avuto a sazietà quel giorno: era ancora piccolo e raggrinzito e non voleva saperne di rizzarsi. Anche Chiara sembrava abbastanza soddisfatta: si aspettava probabilmente di più da quel pomeriggio, ma aveva avuto la sua dose di orgasmi. L’unica ancora attiva era Maura, che sembrava insaziabile, forse anche perché mi ero dedicato più a Chiara che a lei. Era distesa di fronte a me, con la testa appoggiata su un gomito e solo dal suo sguardo si capiva che ancora non ne aveva avuto abbastanza di sesso per quel giorno. Chiara era ancora distesa in mezzo a noi, con le gambe aperte e gli occhi chiusi, respirava a bocca aperta, lentamente ma ancora con un po’ di affanno.
Guardai Maura, prima fra le gambe dove spuntava un po’ del suo lieve pelo nero, poi su, verso il seno su cui spiccavano i capezzoli scuri, ancora eretti, e poi negli occhi infuocati. Mi sorrise, leggendomi in viso la stanchezza dopo quel giorno di attività sessuale. Si avvicinò al seno di Chiara e leccò un capezzolo. Io feci lo stesso, leccando l’altro. Le nostre lingue si incontrarono infine in un altro, l’ennesimo bacio.
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