Bull - 1 - Si prendono il mio culo e tutto il resto

di
genere
pulp

(Ho messo il racconto nei “pulp” perché è il prequel di “Una brutta serata”, nasce nel punto dove parlo dei bulli.)
Bull è in strada, sul suo scooter, proprio davanti a casa mia, sta lì… c'è un motivo.
Ora ci arriviamo.
Dovete capire che qualche amico mi inchiappetta di nascosto (ma, vedrete, non abbastanza), fra questi anche compagni di studio, nulla di sentimentale, credo di essere per loro solo uno sfogo ma a me va bene anche così, basta che mi usano, mi fanno godere e mi fottono il culo come fossi una ragazza, di quelle belle, che non riescono a rimorchiare.
Uno è più assiduo degli altri: Cal. Lui invece è bruttino, ma ha un bell’accessorio, buon scopatore, mi sbatte da quando ci siamo conosciuti, un po’ di tempo fa. Del resto, abbiamo fatto insieme tutto il classico percorso, dalle seghe al culo, passando per la bocca. E’ passato molto tempo da quando sono stato sverginato, non me lo ricordo nemmeno più, lui è arrivato poco dopo.
Il fatto è che noi frequentiamo un istituto tecnico maschile di periferia dove molti, se non tutti, si ritengono dei duri. Nessuna studentessa, la più vicina è a chilometri di distanza.
Mio padre, dopo che, secondo lui, avrei avuto delle brutte esperienze nella scuole precedenti, dove ero stata trattato ed avevo tenuto dei comportamenti da scolara, mi ha voluto mandare in questa scuola, a suo dire, perché lì sarei diventato un “uomo”, avrei dovuto tirare fuori le palle. Ovviamente quando mi iscrive non sa cosa faccio o mi faccio fare dagli “uomini”, ma dentro di lui intuisce qualcosa, forse vuole negare l’evidenza. Tra l’altro, assieme a mia madre, l’estate precedente al mio ingresso in questa scuola, mi ha beccato mentre, in mutande, sculettavo per casa indossando i sandalini tacco dieci che gli aveva regalato. Apriti cielo, mi ha rinchiuso in casa per un mese ed io, per ripicca, mi infilavo nel culo i manici delle spazzole per capelli ed altri oggetti simili.
Cal mi ha seguito in questa scuola, dicendo che un posto vale l’altro, ma forse attratto da altre cose… se ti piacciono i culi, un bel culo caldo è un culo caldo, ancora meglio se un po’ sottomesso, disponibile, dolce e morbido come quello di una femmina.
Resta il fatto che non è proprio il mio ambiente, anche se, in definitiva, imparerò a difendermi, almeno in minima parte.
Non sono affatto un “maschio” e mai lo sarò, non lo posso essere e non lo voglio essere.
Io dai maschi mi faccio sbattere, possedere e sottomettere, ripeto, come fossi una ragazza, di quelle molto, ma molto, disponibili.
Magari fossi una ragazza (sono fatto come una ragazza, infatti poi, come avete visto, mi capiterà spesso di vestirmi come un ragazza, quando vivrò da solo e soprattutto mi scoperanno dei signori ai quali questo piacerà molto).
Torniamo a Bull, lui è il più duro di tutti.
Premetto che è grande e grosso, è stato bocciato più volte e detta legge, nessuno gli dice nulla, hanno paura di lui pure i professori. E’ comunque arrivato all’ultimo anno, si mormora in giro che lo promuoveranno ad ogni costo, proprio per toglierselo dalle palle.
Bull non è grosso perché è grasso, è grosso perché è alto, un fascio di muscoli, la rapidità di un cobra, la malignità di una iena. Negli sport potrebbe eccellere ma non gliene frega nulla.
Ed è bello, perversamente.
Veramente un tipo da prendere con le molle, taciturno ma micidiale, soprattutto se prende qualcuno di mira, è capace di distruggerlo.
E’ un catalizzatore, attira in maggioranza quelli che amano essere comandati, vigliacchi da soli ma potenti se in compagnia. Con questi forma una vera e propria banda.
In definitiva, loro dominano incontrastati.
Bull ha due soldati principali, due tipi fedeli, Fred ed il Tonto, questo veramente letale, nella sua ottusità. Intendiamoci, non che sia ritardato o qualcosa del genere, anzi. Semplicemente fa le cose più terribili senza pensare alle conseguenze. Gli altri sono per lo più compagni occasionali delle loro nefandezze.
Tutti devono sottostare alle loro pretese, pagare pegno, altrimenti le prendono.
Io cerco sempre di evitare Bull ed i suoi accoliti, anche perché, nonostante faccia di tutto per nascondere i miei gusti, visto come sono considerati in questo posto quelli come me, non c’è nulla da fare, sono troppo carino, una principessina e loro rompono il culo alle principessine, in tutti i sensi.
Sono un germoglio appena sbocciato, un fiore da cogliere, che loro potrebbero calpestare.
Nonostante questo, inizialmente le cose non erano andate poi così male, ero riuscito a mimetizzarmi, a nascondermi nel gruppo, anche se non posso vivere senza cazzo e mi faccio scopare in cambio dei compiti, ho cercato di selezionare quelli che lo fanno e sono riuscito a non dare nell’occhio.
Può essere anche che Bull mi ha considerato così insignificante da ritenere di non dover perdere tempo con me.
Poi tutto è cambiato.
Sono al terzo anno, è fine novembre o giù di lì, due giorni alla settimana le lezioni terminano prima ed io faccio un pezzo di strada a piedi.
Quel giorno esco ancora prima, c’è un’assemblea degli studenti della quale non mi importa nulla. Non mi conviene aspettare l’autobus alla fermata della scuola, come le altre volte con un chilometro di scarpinata arrivo ad un’altra linea ed in una mezzoretta sono a casa.
Durante il tragitto devo attraversare una zona artigianale piuttosto fatiscente, semi abbandonata, non c’è quasi più nessuno ma di giorno non è pericolosa. E’ una giornata fredda ma mi è sempre piaciuto camminare, a prescindere dal clima, almeno fino ad oggi.
Bull è seduto sopra un panchina, proprio sulla strada dove devo passare io, stranamente è solo, ma di questo non mi fido, gli altri sono sicuramente lì vicino, da qualche parte a combinare qualche casino.
Capisco che aspetta me perché non ha alcun senso stare seduti lì, inoltre mi punta gli occhi addosso fin da lontano, non posso deviare se ne accorgerebbe e mi seguirebbe per poi magari riempirmi di botte, capacissimo di farlo, semplicemente per divertirsi.
Ma penso che non sono le botte che lui ha in mente per me, ovviamente se faccio come vuole lui, troppo facile picchiarmi.
“Ehi frocetto, dove vai tutto solo nel bosco, sembri Cappuccetto Rosso!”.
Mi apostrofa così, quando sono a pochi metri da lui, poi. “Mi è giunta voce che sei un culo! Sai mi stanno sulle palle i froci, generalmente li riempio di calci, sui loro culi sfondati”.
Prosegue: “Quel coglione di Cal mi ha rivelato che quando studiate insieme te lo mette nel culo, che ti sborra in pancia e che non è l’unico. Lo sospettavo, basta guardarti. Ha provato a negare, non me lo voleva dire… neppure dopo due schiaffi… ho dovuto minacciare di chiuderlo nel cesso della palestra con Tonto ed ha sbragato… ora vi sputtano, lo dico a tutti”.
Io sono fulminato, ammutolito, fregato, disperato. Proprio Cal. Non avrà potuto fare diversamente.
Un conto sono le chiacchiere, un altro la certezza, le parole di chi mi scopa quasi quotidianamente.
Le conseguenze sarebbero terribili e se lo viene a sapere mio padre chissà come finisco, mi strappa le palle, mi cuce il buco del culo poi trasferisce tutta la famiglia in Bielorussia e mi rinchiude il un collegio siberiano dove potranno vedermi solo i lupi.
“Io… io…”, non riesco a profferire una parola, poi: “Non è vero… io…”, stringe le palpebre, come per avvertirmi che sto sbagliando “ Cioè… si… è un po’ vero… tutto vero… non mi sputtanare… picchiami ma non lo dire a nessuno…”, riesco a blaterare qualcosa, una piagnucolosa supplica.
Ho un vortice dentro la testa, di paura e di vergogna.
“Non vedo perché non devo dirlo a nessuno, potrebbe essere divertente vedere come ti tratteranno tutti, molto più che darle ad una femminuccia come te!”.
“Se vuoi lo faccio anche con te… faccio tutto quello che vuoi!”.
Ancora da come mi guarda temo di aver detto una cazzata, lui scopa le ragazze, gli sbavano dietro.
Invece: “Umh… non mi piacciono i froci ma potrebbe essere un’idea, ma chiedimelo ancora, dimmi cosa vuoi che ti faccia, dimmelo”.
“Puoi farmi tutto quello che vuoi, tutto, sono tuo, ma ti prego, non mettermi nella merda”.
Ho pronunciato queste parole con fatica, sto praticamente strisciando, questa cosa lo manda in estasi.
“Devi essere più preciso, dimmi preciso cosa sei e chiedimi cosa ti devo fare”.
“Non lo so… se vuoi me lo metti nel culo o in bocca o tutte e due… mi metto nudo… quello che ti pare… qualsiasi cosa… sono una femmina… un frocio di merda… un culo rotto…”. Ripeto, totalmente sottomesso.
“Umh… mi sa che io non ti tocco proprio… però, aspetta… ti darò agli altri che ti faranno tutto quello che vogliono ed io starò a guardare… loro sapranno cosa fare…. Giocheranno con il tuo culo, vedrai…”.
“Nooo… ti prego, solo tu, fallo solo tu… ogni cosa, tutto, ma solo tu… la faccenda si allargherà troppo, si saprà…”.
Non faccio in tempo a terminare la frase che lui: “Ma se lo sanno già tutti! Comunque hai detto che sei mio ed io ho deciso che lo farai con loro. Non diranno nulla, comando io… E poi gliel’ho promesso, c’erano anche loro con Cal, vedi, la cosa li eccita, Tonto ce l’ha come un cavallo, ti divertirai… gli piace la figa ma si diverte moltissimo a spaccare il culo e qualcos’altro a quelli come te…”, pronuncia queste ultime parole con un sorriso crudele sulle labbra.
Ho paura di Bull ma ho anche più paura di Fred e Tonto, perché sono due animali, mi faranno male, godono a fare male alle persone. Figuriamoci se ci sarà tutto il gruppo, mi massacrano.
Sto ancora supplicando che arrivano, fortunatamente (si fa per dire!) solo Tonto e Fred.
“Ma guarda chi abbiamo qui… la checchina!”, strilla Fred.
Come non detto, da come urla penso che fra un’ora lo saprà tutta la città.
“Forza” ordina Bull “andiamo allo Stella. Lì culetto d’oro sarà tutto vostro, ma comportatevi bene (bieco sorriso), sarò lì a guardarvi”.
Lo Stella è un vecchio albergo abbandonato da anni. Sul portone e le finestre a pianoterra sono inchiodate delle assi. Entriamo da una porticina laterale, la serratura è stata fatta saltare da tempo.
Li seguo come un automa.
Fred: “Ehi Bull, non è che troviamo qualche barba a dormire”.
“Fa niente, gli facciamo inculare la checchina e poi lo meniamo”. Tutti e tre ridono sguaiatamente.
Invece non c’è nessuno.
Saliamo al primo piano. Loro conoscono quel posto, ci dirigiamo spediti alla terza camera a destra, appena entrati Tonto mi da una spinta, finisco lungo disteso sul pavimento.
“Spogliati, ma fai alla svelta, altrimenti ci penso io ma poi ti brucio i vestiti, vai a casa nudo”, mi dice Fred, incattivito.
Mi sfilo il giubbotto, poi tutto il resto, più velocemente che posso, sono capacissimi di bruciare tutto davvero. In un baleno sono nudo come un verme, dalla paura non avverto neppure il freddo.
Vesto sempre in maniera piuttosto informe, roba ampia, che nasconde le mie forme non proprio normali per un ragazzo, sono sorpresi: “Ehi! Guardate che fisichino che ha, per forza è frocio… merda, non ha quasi peli, la troia si depila, e che bel culetto, liscio liscio!” sbraita Tonto.
Io, con un filo di voce, gli dico che non mi depilo, che sono così di natura (beh.. solo il pube, appena appena mi aggiusto il triangolino).
Fred: “Accidenti, se non lo vedevo non ci credevo, nudo è meglio della mia ragazza… lei è più chiatta…”.
Mi fanno sfilare davanti a loro, visto che sembro una ragazza mi devo comportare di conseguenza.
Ci provo, ormai faccio tutto quello che vogliono, spero che così non mi picchiano, loro ridono ancora come matti.
La stanza è in discrete condizioni, c’è un bel letto matrimoniale ancora con il materasso sopra.
L’hanno sistemata per le loro zozzure.
Fred si cala i pantaloni e si sdraia su letto, picchietta su materasso, io mi siedo accanto a lui. Si comincia.
“Non ti devi sedere” dice Tonto “inginocchiati, succhiaglielo”.
MI metto in ginocchio fra le gambe allargate di Fred, poi mi abbasso, apro la bocca e faccio entrare il cazzo, lui mi appoggia una mano sulla testa e giù, fino in gola!
E’ sporco e puzza di piscio, non sono abituato, i miei amici sono puliti, ma resisto.
Un cazzo nell’esofago ed il culo per aria, a disposizione, pronto per qualsiasi cosa vogliano farci.
Proprio una bel casino!
Ancora non sono consapevole che questa diventerà una posizione abituale, frequente, forse proprio da questo momento.
Non sono ancora una grande pompinara (poi, come sapete, diventerò bravissima), tossisco e Fred mi tira per i capelli, facendomi fare su e giù con la testa.
Mentre sto cercando di non soffocare c’è Tonto che inizia giocare con il mio culo, mi penetra con un dito, io istintivamente mi tiro in avanti. Due sonori sculaccioni rimettono a posto le cose. Compiaciuto dallo schiocco che si sente quando le sue mani mi colpiscono me ne lascia andare un altro paio, divertito. Due sberloni terrificanti.
Cerco di lamentarmi ma ho la bocca piena.
Dopo avermi colpito ancora, lo stesso Tonto sparisce per qualche istante, lo si sente rovistare in giro.
Quando torna ha in mano un flacone di deodorante, dei quelli spray, le scritte sono un po’ sbiadite ma il resto è intatto. Capisco subito cosa vuole fare, vorrei strillare, tirarmi via, ma Fred mi afferra sotto le ascelle e mi tiene lì.
Tonto prova ad infilarmi quel coso nel culo, ma fa male, è ruvido, i bordi sono sporgenti, non entra.
Inizio a piangere.
Allora Fred: “Dai, Tonto, falla finita, sfondagli il culo con il tuo cazzone, alla signorina, è anche più grosso di quell’affare…”.
Vedo volare da una parte il flacone, mi rilasso ed avverto dietro di me la “presenza” del membro di Tonto.
Mi forza l’apertura, il dolore c’è, ma è diverso dal flacone, effettivamente è grosso ma scivola dentro.
Mi sfugge un gemito, un misto di dolore e decisamente mio malgrado, di piacere.
Mai stato così pieno, sono bagnato come una scrofa in calore.
“Ti piace eh! Zoccoletta, ti spacco in due! Però, per essere una puttana ce l’hai bello stretto, si vede che i culattoni che ti scopano ce l’hanno piccolo come te!”. Sibila Tonto, che mi afferra per i fianchi, poi mi stringe la carne delle chiappe morbide e mi sbatte a bestia, proprio come volesse spaccarmi.
Ad ogni botta è uno sconquasso e mi ronzano le orecchie ma godo come un porco. Non ho mai goduto così, non sono mai stato usato in questo modo, in maniera così forte, i miei precedenti sono con tipi alquanto delicati, ora sono un buco e basta.
E’ bellissimo.
Per non darlo vedere succhio come un pazzo Fred, che mi viene in gola. Rischio ancora di soffocare, per evitarlo ingoio tutto, fino all’ultima goccia.
“Cazzo, ha bevuto tutto!”.
Tonto continua a sbavarmi addosso, Fred si è spostato ed io sono finito lungo disteso. Ora ce l’ho sdraiato addosso, grufolante. Sono impalato, bloccato sul letto col duro bastone nelle interiora.
Mi scroscia dentro tutto il suo liquido.
“Tieni, beccati sta pera di sborra, troia!” mi grida nell’orecchio mentre viene sussultando.
Resto lì, respiro a fatica, penso che mi dispiace che ha finito, stavo venendo anch’io, non glielo dirò mai.
“ Ok, dai, andiamocene”, sono le prime parole che pronuncia Bull da quando siamo lì, non ha fatto ne detto nulla, “ fatelo rivestire poi ognuno per la sua strada. E vedete di non dirlo a nessuno, pensate se si sapesse in giro che inculate i froci…” .
In quel momento sono grato a Bull (GRATO A BULL ?!?), gliel’ha messa in un modo che non possono fare altro che stare zitti.
Allora i due minacciano me, se lo dico a qualcuno mi ammazzano. Non ci penso nemmeno.
Bull mi strizza l’occhio, c’è qualcosa di diabolico in lui: “Ci vediamo bella…”.
Quasi la cosa mi lusinga, chissà se potremmo vederci da soli.
Anche Bull, vista la situazione, mi si poteva fare, col senno di poi non mi sarebbe dispiaciuto.
Quando esco dall’albergo sono già spariti.
Il giorno dopo a scuola incontro Cal, ha un segno sullo zigomo, nulla di importante. Prima che io apra bocca mi informa che è sbattuto sull’anta dell’armadietto.
La prendo per buona, altrimenti dovrei gridargli che non doveva dire nulla, non doveva confermare, poi dovrei raccontargli tutto, meglio di no.
Non incontro ne Bull, ne gli altri.
Al termine della lezioni mi accordo con Cal, andremo a studiare a casa sua, con un altro della combriccola.
Studiamo un po’, poi gli viene voglia ed iniziano ad accostarsi, io sono ancora abbastanza scombussolato e dolorante, ma siccome non mi sono mai tirato indietro, non posso fare altro che acconsentire, poi mi va.
Siamo nella camera di Cal, glieli succhio tanto per farglieli venire duri, poi mi metto, come sempre, alla pecorina, appoggiato al letto.
Sulle natiche ho dei lividi e dei graffi, ricordo delle sonore sculacciate e delle unghie di Tonto.
Cal trasalisce, ha capito tutto!
Io dico, semplicemente, che non so come me li sono fatti, probabilmente è quando sono scivolato mentre salivo sull’autobus.
Mi penetrano più volte, a turno, una cosa normale, niente a che fare con la centrifuga del giorno prima.
Cal lo fa per ultimo, allunga una mano e mi masturba, mentre si muove dentro di me. Veniamo praticamente insieme, facciamo quasi sempre così.
Quando sono sul portone mi afferra per un braccio: “Ti hanno preso?”
“Che vuoi dire? No, nessuno mi ha preso” e vado via.
Fred e Tonto mi cercano ancora, non spessissimo, quando si annoiano, oppure sono carichi perché hanno appena fatto qualcosa di male, hanno le mani sporche di sangue ed hanno voglia di qualcosa di diverso. Giochetti a tre che non possono chiedere alle ragazze. Vado sempre, senza protestare, sarebbe inutile. Oramai sono una cosa loro. So quello che vogliono e lo voglio anch’io, basta evitare altri casini, mi inculano a sangue e mi ricoprono di sborra e di parolacce. Non c’è altro, così va bene, non mi sputtanano e non mi picchia nessuno. C’è anche il fatto che, ad essere sincero, godo, non c’è niente da fare, questa è la mia natura.
Hanno fatto di me una tale maiala che mi capita di attraversare di proposito la loro strada.
Tonto, ogni volta mi vuole infilare dentro degli oggetti. Qualcosa è riuscito a fare, mio malgrado, per ora ci siamo limitati a cose che si portano a scuola, qualche pennarello, di quelli indelebili un po’ più grandi. Lo tengo a bada, perché gli vengono delle idee veramente malsane, insiste per roba assurdamente grossa, da rovinarmi il culo.
Devo confessare che ora ce n’è anche un terzo, un amico di palestra di Fred, non viene a scuola con noi, ma lo ha portato ed ora si diverte anche lui. Uno più o uno meno… con l’autorizzazione di Bull.
Lui non mi si è più avvicinato.
Ora è lì davanti a me, lo osservo dalla finestra e vedo che è impaziente, non è abituato ad attendere.
Non posso fare altro che vederlo, lo so bene, altrimenti non avrò più pace.
In realtà la cosa mi intriga, ma la mia paura è che non so minimamente cosa pretenderà da me.
Gli altri non ci sono, anche perché non si sarebbero nascosti, non ce n’è più bisogno, quando non ci vediamo a scuola suonano al citofono ed io esco.
Sono, come ogni pomeriggio, solo in casa, i miei sono sempre al lavoro, posso fare quello che voglio.
Apro la porta, perché Bull mi piace un casino, è un fottuto bastardo. Ma è proprio quello che mi attira. Inesorabilmente.
Invece di uscire lo invito ad entrare, è sorpreso ma accetta.
“Ehi, troietta, cos’hai in mente?”.
scritto il
2015-10-22
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