Visita medica di gruppo (1a parte)

di
genere
saffico

Sono Anna, ho 38 anni ed ho sempre sostenuto quanto sia intrigante il mix di emozioni durante le visite mediche. Ne ho avuta ulteriore conferma poco tempo fa, il giorno che decisi di tornare ad iscrivermi in palestra. Sono cambiate un po’ di cose ultimamente: sono tornata single dopo circa 9 anni, ho cambiato il mio lavoro e mi sono trasferita. Tornare in palestra dopo qualche anno mi sembrava un bel modo per riprendere la forma e tenermi occupata dopo le stressanti giornate. Su consiglio di una collega, ho scelto una palestra in centro ed il primo giorno libero mi sono presentata in segreteria per l’iscrizione. La ragazza mi ha spiegato le tariffe e gli orari, aggiungendo che prima di iniziare dovevo presentare il certificato medico del loro Studio Affiliato. Da un po’ non frequentavo una palestra, ma ricordo che ai tempi bastava al massimo un foglio del medico di famiglia che mi rilasciava senza nemmeno visitarmi. L’idea della visita medica mi spaventava perché non sai mai cosa ti fanno e cosa ti trovano. Io non vado quasi mai dai medici e cerco sempre di rimandare anche le visite programmate. Mentre ero assorta in questi pensieri, la segretaria mi stava già porgendo un biglietto con la prenotazione per il giorno seguente, spiegando che sarei rientrata “nel gruppo delle sedici e trenta”. Gruppo? Prenotazione?? Ma cosa..?? Non capivo come potessi aver perso il controllo della situazione. In quell’istante si avvicina una ragazza che fino a quel momento non avevo nemmeno notato e dice: “non potete farla rientrare nel mio gruppo di oggi alle quattordici?”. La segretaria controlla sul quaderno e dice che se io non avessi avuto impegni andava benissimo. Io devo aver blaterato qualcosa circa la mia giornata libera, così questa ragazza mi prende la mia prenotazione di mano e la porge alla segretaria per farla cambiare in: oggi.
-“Sono Anna, piacere” dico io
- “Piacere Micol” mi dice lei con un sorriso. “Almeno adesso c’è qualcuna che conosco a fare la visita con me!”
- “Ma….insomma….conoscerci…..” balbetto io
- “Meglio dell’anno scorso che ero con quelle antipatiche dell’acqua gym” ribatte lei
- “Ah quindi tu sei già esperta della visita…” le dico leggermente sollevata
- “Si si, tranquilla mica ci mangiano!” ci scherza su Micol, mentre altre persone prendono il mio posto dalla segretaria. “Anna, dobbiamo aspettare le due e lo studio è in questo palazzo al terzo piano, ti va di andare qui di fronte a mangiare un panino?”
- “Va…bene….così mi spieghi cosa ci faranno” dico io sempre agitata.
- “Ma niente! E’ una normalissima visita medica! Ci guardano un po’, se possiamo fare palestra, come respiri, le solite cose dai!”
Mentre andavamo verso il bar io ero assorta nei miei pensieri. Avrò messo biancheria decorosa? Mi sarò lavata bene stamattina? No, no..era meglio domani…. Ma poi visita di gruppo nel senso che ci mettono tutte in riga come i galeotti oppure di gruppo ma entri dal medico una alla volta? Medico uomo o donna??
Io ero decisamente agitata, ma sentivo Micol molto tranquilla. Anzi devo dire che sapeva metterti a tuo agio. Sorrideva di continuo. Adesso la guardai meglio. Avrà avuto dieci anni meno di me, indossava jeans un po’ strappati e una felpa bianca. Capelli castani legati con un elastico ed era decisamente più bassa di me. Io porto capelli lisci lunghi scuri, sono alta circa 1.78 e vesto con un tailleur da manager in carriera; insomma, chi ci vedeva non pensava certo che fossimo sorelle! Una volta sedute al bar ha iniziato a raccontarmi di lei: ha 27 anni, è single, lavora part-time in una specie di call center e da pochi mesi vive da sola. Io le ho detto del mio matrimonio fallito e che non ho figli. Micol ha un carattere solare e riusciva a farmi sorridere; piano piano ho pensato che in fondo è positivo avere un’amica al di fuori del lavoro. Certo, le nostre differenze erano tante: lei mi parlava dei sabato sera in discoteca mentre io è già molto se non mi addormento al cinema. Mi diceva che non sa cucinare e mi fece promettere di insegnarle a fare la pasta panna e salmone. Il pranzo passò piacevolmente, ma inevitabilmente il pensiero tornava alla visita medica.
- “Ma ci fanno spogliare?” le ho chiesto di slancio.
- “Beh cosa dici? E’ una visita!! Certo! Non essere timida, su! L’importante è non avere il reggiseno col ferretto, altrimenti lo devi togliere per forza quando ti visitano il cuore”
Mio dio! Controllo e provo un brivido….ho proprio uno di quelli. Controllo l’ora, manca mezzora all’appuntamento. Non avevo tempo di tornare a cambiarmi. L’unica speranza è che sia aperto Tezenis dietro l’angolo e per una volta ho fortuna: entro, compro un completo color panna in microfibra con reggiseno senza ferretto. Micol quasi divertita mi segue prendendomi in giro, io penso solo a dove potermi cambiare. Di corsa torniamo al bar e chiedo di andare in bagno. In una squallida toilette di un bar del centro mi abbasso velocemente la gonna e le collant scure, poi strappo via i vecchi slippini che indosso e li getto nella spazzatura, coprendoli con della carta asciugamani. Ma così non riesco ad infilare quelli nuovi. Così sfilo i collant. Frenetica, indosso la mutandina nuova, rimetto a posto calze, scarpe e infine apro la camicetta e sostituisco il reggiseno. Conservo il mio nella borsa, poi esco dal bagno. Credo di aver battuto un record, e tutto per cosa? Una visita obbligatoria! Micol mi prende per mano e inizia a correre verso il palazzo della palestra; saliamo al terzo piano e ci sediamo in sala d’aspetto. Ci sono altre due ragazze, non arrivano all’età di Micol. Una segretaria ci rimprovera per il ritardo e ci consegna un modulo da compilare. Micol si scusa dicendo che è colpa sua e mi guarda sorridendo. Io penso di essere in un sogno: stamattina sono uscita per iscrivermi in palestra e mi ritrovo sballottata da una ragazzina a correre per strada, a cambiarmi in una toilette, ad attendere di essere visitata chissà come e da chi. Le altre due ragazze compilano il modulo una fianco all’altra, mentre Micol si siede vicino a me e mi aiuta col mio. Vorrei dirle di lasciarmi fare, che non sono una stupida, ma temendo di allontanarla non dico niente e la lascio fare. In qualche strano modo sento che ho bisogno di lei, che mi stia vicino. Compilando il modulo scopriamo i nostri cognomi, poi le date di nascita esatte, l’indirizzo e quali malattie abbiamo fatto. In passato avevo subìto una piccola operazione alle ovaie, ma decisi di non dire nulla. Micol scrisse che in passato aveva avuto la scoliosi. Quando l’assistente raccolse le nostre schede, ho pensato che queste cose vanno bene per ragazze della loro età; “perché devo fare ‘sta visita di gruppo a 36 anni”, pensavo. Ci hanno chiamate tutte e quattro nello studio. Era uno stanzone con tre lettini sparsi, una scrivania, strumenti medici quasi alla rinfusa e un paio di paraventi che coprivano (male) alcune zone. Un medico sulla sessantina, calvo e grasso, stava alla scrivania e non ci ha nemmeno salutate. Una dottoressa della mia età in camice bianco parlava al telefono, accanto alla scrivania. Infine, un’infermiera di mezza età con una ridicola cuffietta bianca in testa ci ha indicato delle panche in fondo alla stanza aggiungendo “spogliatevi là”. Mentre ancora guardavo verso le panche, Micol si stava già togliendo la felpa. Le altre due ragazze, ridacchiando a bassa voce, rimasero in intimo e calzini. Io stavo girata verso il muro e iniziai lo strip, deglutivo a fatica. Sentivo Micol dire alle altre “dovete togliere i calzini, ci devono vedere anche i piedi”, così anche io tolsi i collant, tenendo solo il mio nuovo completo intimo. Il contatto col pavimento fu terribile. Una delle due ragazze, dopo il consiglio di Micol, disse ad alta voce verso l’infermiera che in passato aveva avuto problemi di piedi piatti o qualcosa di simile e venne ripresa perché non lo aveva scritto sulla scheda. Quando tutte e quattro eravamo pronte, in slip e reggiseno, Micol mi sorride e dice “che fisico!”. La ringrazio imbarazzata e cerco di fissare altrove verso le finestre, coperte da pesanti tende scure. A turno siamo salite su una bilancia e l’infermiera segnava peso e altezza. Ero l’unica con lo smalto ai piedi (green marble), non so perché l’ho notato. A quel punto, la dottoressa si è rivolta a Micol e l’ha invitata a seguirla su uno dei lettini. Istintivamente avrei voluto trattenerla! Lei, stavolta senza guardarmi, ha obbedito e l’ho seguita con lo sguardo mentre veniva fatta sdraiare dietro ad un paravento. Sono rimasta con le altre due ragazze, mi sono sentita ancora più vulnerabile. Il medico uomo ha chiamato una delle ragazze e l’ha fatta sedere su una sedia accanto ad un carrellino. Io e l’altra ragazza rimasta abbiamo dovuto camminare avanti e indietro per lo studio mentre l’infermiera ci controllava la postura. Era umiliante, ma almeno così potevo sbirciare cosa facevano a Micol. La dottoressa la stava palpando tutta, lei era sdraiata e fissava il soffitto. Quando l’infermiera ci ha chiesto di fermarci e fare alcuni piegamenti e altri movimenti, mi sono fermata dove potessi vedere la mia amica. Forse l’infermiera mi ha anche ripreso perché ero distratta ma volevo vedere cosa le stavano facendo. Aveva l’apparecchio per la pressione, lo stetoscopio sul petto e la dottoressa che la tastava da capo a piedi. Le ha portato le ginocchia al petto, poi fatta sedere di spalle rispetto a dove stavo io e ha continuato a tastarla ed auscultarla. La ragazza sulla sedia era alle prese col medico che le controllava gola, naso, orecchie. Io eseguivo quanto mi veniva richiesto: dovevo mostrare le piante dei piedi, piegarmi, ma per fortuna l’infermiera si soffermava di più sull’altra ragazza visitata assieme a me, forse era quella con i piedi piatti. Il silenzio venne rotto dai conati della ragazza sulla sedia del dottore; le stava infilando uno stecco fino in gola e la poveretta tossiva e lacrimava. Nessuno disse niente e anche io me ne sono stata zitta. La dottoressa liberò Micol e chiamò me dietro al paravento. Micol mi diede una pacca sul sedere mentre mi passava accanto sorridente e mentre io mi sdraiavo, lei ha iniziato come se nulla fosse a fare gli esercizi di postura davanti all’infermiera, come se sapesse già tutta la procedura. Cercavo di guardarla sfilare in intimo, ma la dottoressa mi ha subito ripresa “testa dritta!!” ed ha iniziato a palparmi la pancia. Non so perché volessi guardarla, ma iniziavo a provare per lei un sentimento di protezione ed attrazione. La dottoressa mi premeva forte da farmi scappare la pipì e non era certo gentile nel portarmi ginocchia al petto o in ogni altro esame. Lo stetoscopio era stato scaldato da Micol per fortuna, col suo raggiante corpo nudo. Pensavo che a lei poverina era toccato gelido. Cercavo di guardarla ogni tanto, la vedevo piegarsi e mostrare le piante dei piedi all’infermiera. Mentre ero ancora sotto le grinfie della dottoressa, Micol sparì verso la sedia del dottore. Io venivo auscultata, mi provava i riflessi, poi ancora stesa perché voleva auscultarmi e palparmi mentre stavo su un fianco. All’improvviso sentii Micol tossire ed emettere gemiti di fastidio. La cosa mi spaventò. Poi mi ha preso un senso di protezione: non volevo che le dessero noia. Sentivo rumore di ferri, Micol quasi vomitare, a voce alta ho detto “Micol tutto bene??”. Rispose solo la dottoressa “lasciala stare, sta facendo un esame bruttino”. Non appena finisce di visitarmi, esco dal paravento e osservo finire la visita a Micol. Adesso è rossa in viso e ha le lacrime agli occhi. Le sorrido e le mando un bacio. Mi avvicino ancora come a dire “prendi me adesso”. Sembra stupido, lo so…ma era ciò che provavo, più di pancia che di testa. Il medico fa sedere me, ed inizia a visitarmi orecchie e naso. Devo piegare la testa, sento inserire un divaricatore. Non riuscivo più a seguire le altre adesso, specie quando inizia la visita alla gola: mi infila un tampone, poi uno stecco. Anche io tossisco e sento colarmi la saliva. Cerco di trattenermi più che posso ma è difficile. Ad un certo punto infila una cannula con la lucetta in testa, la sento scendere fino alla trachea. Anche a me scendono alcune lacrime nere di trucco. Quando finisce tutto mi alzo e vedo una delle ragazze stesa su un altro lettino piena di elettrodi, invece Micol sta facendo step lì accanto. Erano quindici anni che non facevo un elettrocardiogramma e sento Micol che mi parla col fiatone. “Dai che abbiamo quasi finito” mi dice. Le sorrido e osservo il suo cardiogramma, in attesa che l’infermiera chiami me. La dottoressa, finito con l’ultima ragazza, raggiunge il dottore alla scrivania iniziando a parlare come fossero Professori allo scrutinio. Mi dava un brivido di eccitazione vedere Micol fare step in intimo e un brivido ancora più forte mi percosse quando l’infermiera costrinse una delle ragazze a togliere il reggiseno. La osservavo restare in topless e pensavo che per fortuna la mia salvatrice Micol mi aveva avvertito! La ragazza in evidente stato di imbarazzo ha fatto anche lo step a petto nudo, e mentre toccava a me farmi appiccicare tutte quelle ventose, notavo Micol un po’ troppo interessata alla ragazza in topless. Ero gelosa?!? La cosa mi mandò in stato confusionale. Forse non ero più in me, comunque mentre l’infermiera sistemava gli elettrodi io ho tirato su il reggiseno e ho scoperto la mia quarta in tutto il suo splendore, tanto più che da sdraiata rende meglio. Micol si gira di scatto e sgrana gli occhi. La guardo fissa mentre il cardiografo registra i miei battiti, certamente alterati. (Fine prima parte)
scritto il
2015-12-29
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