Angelica Ama Se Stessa - 3

di
genere
sentimentali

Angelica alzò la spalla per evitare di perdere. Non aveva alcuna intenzione di perdere, anche se il fisico di lui era un fascio di muscoli rivestito da una cute tirata e secca, che le piaceva graffiare. Gli stava lasciando più segni di una gatta in calore. E morsi sul collo, non per succhiargli il sangue ma per il sapore della sua pelle: dolce come neppure un brigadeiro della Confeitaria Colombo e al tempo stesso salata come la carne allo spiedo della churrascaria di Botafogo. Angelica non voleva perdere e sollevò giusto all'ultimo la schiena dal tappeto. Aveva gli occhi della preda e del predatore, la sua sottomissione era un'arma di seduzione di massa che sparava al contrario. Più i due lati interni delle sopracciglia si alzavano aggrottandole la fronte, più ella apriva la bocca e stringeva i fianchi scolpiti dell'altro per chiedere il colpo di grazia. Pietà, uccidimi! O qualcosa del genere. Libera per un attimo di muoversi per la stanza Angelica gettò in terra le borse e i vestiti che si trovavano sopra un cubone antiscivolo con un movimento semicircolare del braccio, teso a mò di tergicristallo. Dopodiché si piegò in avanti sfidando l'avversario e nel farlo sollevò una coltre bianca di polvere di magnesia che le ricadde addosso. Sembrava un letto di neve candida e illibata sul quale rimanevano impressi i segni delle mani, degli appoggi di lui e delle altre aderenze. Il corpo a corpo fu all'ultimo sangue, con i capillari che scoppiavano sotto la pressione delle spinte, colorando il sudore di rosso. Angelica non voleva perdere anche se ormai si sentiva persa. Ma negli anni aveva imparato a dare tutta se stessa, senza alla fine lasciare mai nulla. Qualche giorno prima della finale, durante una passeggiata con lui sul bagnasciuga di Ipanema, disegnò sulla sabbia un cuore che durò il tempo di un bacio, interrotto dai fischi di scherno di un gruppo di surfisti. L'Atlantico cancellò tutto, inondando i loro piedi fino alle caviglie e provando a rapirli più di quanto non lo fossero già l'uno nell'altra. Il sole per un istante la accecò. Un bagliore altrettanto forte proveniva adesso dal pavimento della palestra. Tra le cose che aveva scaraventato in terra c'era anche la medaglia del lottatore. Provò dunque ad allungare un braccio per afferrarla ma in quello stesso momento senti lui arrendersi al piacere, mentre lei lo aveva fatto da tempo. Angelica non voleva perdere e così raccolse quel disco di metallo con il laccetto colorato. Quando il campione, al culmine dell'autostima e della gloria, si rivolse a lei come Zeus con Nike e la girò per reclamare il trofeo del suo bacio arrendevole lei gli mise la medaglia tra le labbra e per congratularsi, invece della mano, gli strinse il pene ormai in disarmo. Poi se ne andò senza voltarsi, lasciandolo su un podio di mutande.
scritto il
2016-09-29
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