Porno all'Havana
di
massimo campo
genere
incesti
Lo spettacolo è illegale, lo dico subito.
Sembra strano possa esserci qualcosa d’illegale grande come questa sala, eppure la pornografia a Cuba è vietata. E questa è pornografia di quella vera, perversa e sconcia al punto giusto.
La cosa già fa ridere di per sé.
Nel luogo più sensuale del mondo produrre spettacoli porno è un reato. Anche se i porno, da queste parti, sono dentro ogni casa, dentro ogni casa dove c’è una femmina.
I regimi, di qualsiasi tipo, sono sempre stati ipocriti da un punto di vista sessuale e questo non fa eccezione.
Lo spettacolo è illegale dicevo, ma questo aggiunge solo un po’ di brivido alla situazione. Specialmente i turisti non rischiano nulla, magari una multa ma niente di cui essere davvero preoccupati. La voce che circola è che ne valga davvero la pena.
«Lo spettacolo al quartiere Colón è imperdibile. Insomma, se sei all’Avana per divertirti ci devi andare a tutti i costi. Molti turisti ci vanno anche tre o quattro volte e ne raccontano sempre di nuove».
Entro pagando un biglietto da 10 CUC.
Sembra un vecchio cinema, un teatro cinese forse, almeno un qualcosa del genere. Ci sono delle poltrone di velluto rosso, delle strane luci gialle alle pareti. Fa un caldo terribile e i pochi ventilatori non servono a nulla. C’è odore di muffa.
Sul palco vedo un sipario che ha vissuto giorni migliori, pieno di polvere e toppe di stoffa camuffate male.
Chiamo un ragazzo che vende rum commerciale in piccoli contenitori di tetrapak. Ne compro un paio, me l’infilo in tasca.
Poi lo richiamo, ne prendo ancora uno che apro subito e comincio a bere. Le luci alle pareti si spengono con uno sfrigolio sinistro e parte la musica. Si accende un faro e questo viene puntato direttamente sul palco, la luce è fissa ma lo illumina quasi tutto.
Entrano tre ragazze, le guardo meglio e vedo che sono gemelle. Identiche, perfettamente uguali. Mulatte niente male, vestite poco e con gli stessi indumenti. Hanno un bel viso, ma quello che attira di più in queste situazioni sono le tette e il culo. Anche i capelli hanno lo stesso taglio, il medesimo colore.
Sembra un gioco di specchi, sembra la stessa ragazza riflessa, per quanto si somigliano, ma si muovono sul palco in maniera automa. È difficile seguirle tutte con lo stesso sguardo e allora mi concentro su quella che è già mezza nuda.
La gente in sala sorride, sembra voler alleggerire la tensione. La situazione è davvero eccitante. Le ragazze sono porche al punto giusto e la fanno crescere a vista d’occhio.
Le tre iniziano a lesbicare come troie, cala un silenzio profondo. C’è un divano sul palco e quelle stanno là a leccarsi la passera. S’infilano la lingua in bocca e si toccano il culo a vicenda.
Iniziano a dire cose sconce, e qualcuno della prima fila tira fuori il cazzo e comincia a masturbarsi.
«Noi scopiamo così da quando eravamo bambine. Se la mamma ci lasciava sole in casa stavamo tutto il giorno a infilarci dei cazzi di gomma».
I turisti, che di solito sono quelli che fanno più confusione, adesso sono in un silenzio quasi religioso.
Si sforzano di capire le parole delle ragazze. Ma c’è sempre qualcuno disposto a tradurre.
«Non c’è niente di meglio che succhiare il cazzo di papà, vero ragazze?» chiede quella che gestisce la situazione, mentre le altre sorelle annuiscono e sorridono, senza smettere di darci dentro come troie però.
È così, si danno da fare come matte e giurerei che provino degli orgasmi veri. Con tutta quella roba che si sono infilate davanti e di dietro sarebbe strano il contrario.
«Poi, un giorno, la mamma ci ha scoperto. All’inizio si è arrabbiata tantissimo, ci ha anche picchiate sul culetto. Ma poi noi siamo cresciute e lei non è più riuscita a darci ordini. Anzi quando ne avevamo voglia ci scopavamo anche lei. Alla mamma piace tanto sentire un dito nel culo, ma noi siamo tre e tre ne mettevamo».
E giù a lesbicare come indiavolate, mentre gli uomini alle prese col proprio cazzo sono sempre di più.
Un po’ mi viene da ridere, oddio ho un cazzo di marmo strizzato nei pantaloni, ma la situazione ha anche qualcosa di leggermente grottesco.
«Adesso facciamo un bel gioco. Chi offre di più può salire sul palco e scoparci. Noi facciamo tutto e beviamo tutto».
Gli uomini in sala cominciano a guardarsi in viso, c’è chi ride e chi infila lo sguardo nel portafoglio. Inizia il primo a dire una cifra, poi altri lo seguono.
Un americano del cazzo, un tipo sudato e panciuto che non aveva chiuso la bocca un momento, sale sul palco tra le grida delle ragazze. Centocinquanta CUC pagati in anticipo gli daranno il diritto di schizzare il proprio sperma sulle labbra delle tre gemelle caraibiche.
Il tipo sembra divertirsi e il pubblico anche, malgrado in due o tre uomini regni evidente la delusione per l’occasione perduta.
Il numero finisce e le ragazze scendono dal palco. Alcuni uomini si alzano per parlare col negro di guardia ai camerini degli artisti.
Credo stia per iniziare una nuova asta.
«Le ragazze alla fine dello spettacolo puoi portarle a cena e dopo magari anche a casa. Ma certo per scoparle il regalo deve essere più consistente» spiega il negro con un buffo tono professionale.
Il tipo mi dice che tutti gli artisti che vedo sul palco sono contattabili, che lui può portare qualsiasi tipo di biglietto nei camerini. Naturalmente, intende, con un pensiero per la cortesia.
Ci sono altri show dopo le gemelle, dei transessuali, altre donne, ma certo che il piatto forte sono quelle tre tipe senza pudore. Vedo ancora qualcosa, poi esco per tornarmene a casa.
Fuori c’è un vento fresco che viene dal mare.
Sembra strano possa esserci qualcosa d’illegale grande come questa sala, eppure la pornografia a Cuba è vietata. E questa è pornografia di quella vera, perversa e sconcia al punto giusto.
La cosa già fa ridere di per sé.
Nel luogo più sensuale del mondo produrre spettacoli porno è un reato. Anche se i porno, da queste parti, sono dentro ogni casa, dentro ogni casa dove c’è una femmina.
I regimi, di qualsiasi tipo, sono sempre stati ipocriti da un punto di vista sessuale e questo non fa eccezione.
Lo spettacolo è illegale dicevo, ma questo aggiunge solo un po’ di brivido alla situazione. Specialmente i turisti non rischiano nulla, magari una multa ma niente di cui essere davvero preoccupati. La voce che circola è che ne valga davvero la pena.
«Lo spettacolo al quartiere Colón è imperdibile. Insomma, se sei all’Avana per divertirti ci devi andare a tutti i costi. Molti turisti ci vanno anche tre o quattro volte e ne raccontano sempre di nuove».
Entro pagando un biglietto da 10 CUC.
Sembra un vecchio cinema, un teatro cinese forse, almeno un qualcosa del genere. Ci sono delle poltrone di velluto rosso, delle strane luci gialle alle pareti. Fa un caldo terribile e i pochi ventilatori non servono a nulla. C’è odore di muffa.
Sul palco vedo un sipario che ha vissuto giorni migliori, pieno di polvere e toppe di stoffa camuffate male.
Chiamo un ragazzo che vende rum commerciale in piccoli contenitori di tetrapak. Ne compro un paio, me l’infilo in tasca.
Poi lo richiamo, ne prendo ancora uno che apro subito e comincio a bere. Le luci alle pareti si spengono con uno sfrigolio sinistro e parte la musica. Si accende un faro e questo viene puntato direttamente sul palco, la luce è fissa ma lo illumina quasi tutto.
Entrano tre ragazze, le guardo meglio e vedo che sono gemelle. Identiche, perfettamente uguali. Mulatte niente male, vestite poco e con gli stessi indumenti. Hanno un bel viso, ma quello che attira di più in queste situazioni sono le tette e il culo. Anche i capelli hanno lo stesso taglio, il medesimo colore.
Sembra un gioco di specchi, sembra la stessa ragazza riflessa, per quanto si somigliano, ma si muovono sul palco in maniera automa. È difficile seguirle tutte con lo stesso sguardo e allora mi concentro su quella che è già mezza nuda.
La gente in sala sorride, sembra voler alleggerire la tensione. La situazione è davvero eccitante. Le ragazze sono porche al punto giusto e la fanno crescere a vista d’occhio.
Le tre iniziano a lesbicare come troie, cala un silenzio profondo. C’è un divano sul palco e quelle stanno là a leccarsi la passera. S’infilano la lingua in bocca e si toccano il culo a vicenda.
Iniziano a dire cose sconce, e qualcuno della prima fila tira fuori il cazzo e comincia a masturbarsi.
«Noi scopiamo così da quando eravamo bambine. Se la mamma ci lasciava sole in casa stavamo tutto il giorno a infilarci dei cazzi di gomma».
I turisti, che di solito sono quelli che fanno più confusione, adesso sono in un silenzio quasi religioso.
Si sforzano di capire le parole delle ragazze. Ma c’è sempre qualcuno disposto a tradurre.
«Non c’è niente di meglio che succhiare il cazzo di papà, vero ragazze?» chiede quella che gestisce la situazione, mentre le altre sorelle annuiscono e sorridono, senza smettere di darci dentro come troie però.
È così, si danno da fare come matte e giurerei che provino degli orgasmi veri. Con tutta quella roba che si sono infilate davanti e di dietro sarebbe strano il contrario.
«Poi, un giorno, la mamma ci ha scoperto. All’inizio si è arrabbiata tantissimo, ci ha anche picchiate sul culetto. Ma poi noi siamo cresciute e lei non è più riuscita a darci ordini. Anzi quando ne avevamo voglia ci scopavamo anche lei. Alla mamma piace tanto sentire un dito nel culo, ma noi siamo tre e tre ne mettevamo».
E giù a lesbicare come indiavolate, mentre gli uomini alle prese col proprio cazzo sono sempre di più.
Un po’ mi viene da ridere, oddio ho un cazzo di marmo strizzato nei pantaloni, ma la situazione ha anche qualcosa di leggermente grottesco.
«Adesso facciamo un bel gioco. Chi offre di più può salire sul palco e scoparci. Noi facciamo tutto e beviamo tutto».
Gli uomini in sala cominciano a guardarsi in viso, c’è chi ride e chi infila lo sguardo nel portafoglio. Inizia il primo a dire una cifra, poi altri lo seguono.
Un americano del cazzo, un tipo sudato e panciuto che non aveva chiuso la bocca un momento, sale sul palco tra le grida delle ragazze. Centocinquanta CUC pagati in anticipo gli daranno il diritto di schizzare il proprio sperma sulle labbra delle tre gemelle caraibiche.
Il tipo sembra divertirsi e il pubblico anche, malgrado in due o tre uomini regni evidente la delusione per l’occasione perduta.
Il numero finisce e le ragazze scendono dal palco. Alcuni uomini si alzano per parlare col negro di guardia ai camerini degli artisti.
Credo stia per iniziare una nuova asta.
«Le ragazze alla fine dello spettacolo puoi portarle a cena e dopo magari anche a casa. Ma certo per scoparle il regalo deve essere più consistente» spiega il negro con un buffo tono professionale.
Il tipo mi dice che tutti gli artisti che vedo sul palco sono contattabili, che lui può portare qualsiasi tipo di biglietto nei camerini. Naturalmente, intende, con un pensiero per la cortesia.
Ci sono altri show dopo le gemelle, dei transessuali, altre donne, ma certo che il piatto forte sono quelle tre tipe senza pudore. Vedo ancora qualcosa, poi esco per tornarmene a casa.
Fuori c’è un vento fresco che viene dal mare.
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