Aracdia 3 La Prima Volta
di
Logan
genere
saffico
Arcadia 3… la Prima Volta.
C’è tanta sensuale sfrontatezza, nella bellezza di una diciottenne!
Samanta indossava una gonna lunga di cotone, a colori sgargianti, aperta lateralmente fino alla vita, una camicia bianca, abbondantemente sbottonata, e ai piedi calzava Superga bianche. Quando camminava, le piaceva mostrare maliziosamente la nudità delle sue gambe e rendersi disponibile agli sguardi, diretti ai suoi abbondanti seni.
Assieme alla sua amica Arcadia, arrivata dagli States da qualche settimana, era seduta sulla spalletta della terrazza di Forte Belvedere.
Nei giorni passati avevano trascorso un’esagerazione di tempo a visitare tutto quello che c’era da visitare in quella stupenda città. Samanta, era un pozzo di conoscenza, praticamente un genio e non faceva altro che riversare tutto quello che sapeva su Firenze, all’interno del vaso senza fondo della curiosità di Arcadia. Samanta, a soli 18 anni aveva tre lauree, e all’università ci andava ancora… ma non per studiare… aveva auna cattedra alla facoltà di psicologia. La sua specializzazione era la Sessuologia.
«Ti si vede il seno, Samanta…» Le sussurrò Arcadia, mentre stavano ammirando la città.
«Tutto o solo un po’…» Ironizzò l’amica, ammiccandola maliziosamente.
«Daii, scema! Non è che si vedono i capezzoli, ma insomma, un bel po’ sì…» La rimbrottò Arcadia, facendo il gesto di chiuderle la camicia.
«No, dai… per favore… lascia che si veda qualcosa» Protestò a bassa voce Samanta, intercettando la mano di Arcadia, e stringendola nella sua. «A me piace…Dovresti provare anche tu!» Aggiunse poi, baciandole le dita.
«Ma che fai?» Chiese indispettita Arcadia, ritirando la mano con uno scatto.
«Arcadia, sei una delle donne più belle del mondo… fatti ammirare un po’. Ti assicuro che è inebriante catalizzare gli sguardi»
«Sono una fotomodella Samanta! Passo il 70% del mio tempo a catalizzare sguardi…»
«Non è la stessa cosa… tu lo fai su di un set, in una passerella, e inoltre il protagonista è ciò che indossi, non tu!»
Arcadia indossava un paio di Jeans di Dolce e Gabbana, “artisticamente” strappati; una camicia a scacchi fuori dai pantaloni e calzava decolté aperti a tacco alto, con due cinturini, alle dita e alle caviglie, ornati di pietre colorate. I pantaloni le evidenziavano il sedere alto e tondo, simile a quello di una ragazza di colore, la camicia invece nascondeva la sorprendete bellezza che vi si celava all’interno.
«Adesso che fai?» Protestò Arcadia, vedendo che l’amica, stava sistemandosi la gonna, in modo che le gambe fossero visibili per una bella porzione, anche se non completamente esposte.
Alcuni passanti, lasciavano andare occhiate nella direzione delle due stupende ragazze, e l’esibizionismo di Samanta, iniziava a raccogliere consensi. Era infatti possibile intravedere, uomini, ragazzi, e qualche donna, lasciarsi tentare da quella visione.
«Daiii, ti stanno guardando tutti! Io mi allontano…» Continuò Arcadia, nel suo tentativo di redarguirla.
«No, fermati! Rimani qui! Voglio che stai accanto a me e che provi quello che provo io. Se sei davvero mia amica, voglio che giochi con me!» Samanta iniziò ad imporsi, utilizzando un po’ di psicologia. Sapeva come “incastrare” l’amica. Era l’ora la smettesse di fare tanto la finta pudica.
«Cazzo dici Samanta, dai!» Protesto Arcadia, ma con meno convinzione.
«Ascolta, adesso voglio che apri quel cazzo di camicetta, hai due tette da sogno, voglio vedertele, fallo per me!» Le disse Samanta, allungando la mano verso i bottoni della camicia. Arcadia provò a opporsi, senza troppa forza, alla fine, Samanta riuscì a sbottonarla, quel tanto che bastava, perché i seni nudi di Arcadia, potessero essere scorti, se lei si piegava in avanti.
«Adesso, voglio che scendi dalla spalletta e ti sporgi in avanti, mostra il culo a chi ti sta dietro e le tette a chi ti passa accanto» Le ordinò Samanta, con un filo di autoritarismo. Per aiutarla a convincersi ad eseguire la sua richiesta, scese lei per prima dalla spalletta, mettendosi proprio nella posizione che le aveva suggerito.
«Sei del tutto di fuori…» Le disse Arcadia, mentre però eseguiva quanto le aveva chiesto Samanta. «Non sapevo che eri un esibizionista…» Concluse Arcadia, che si era unità all’amica, nella posa.
«Senti l’aria sul seno? Ti accorgi che è visibile?» Le chiese Samanta.
«Sì… lo sento… e che cosa dovrei provare?» La punzecchio di rimando Arcadia.
«Smettila di opporti. Devi cercare di trovare il piacere in questa cosa, devi provare ad esplorare una nuova sensazione, prova a fare qualcosa di cui ti vergogni, apri un altro bottone, lascia che si vedano i capezzoli…»
«Samanta, t… ti p… prego, basta…» La pregò Arcadia, in un lamento incerto e leggermente tremulo.
«Dai, fallo… senti com’è bello farsi guardare. Fatti penetrare dagli sguardi di sconosciuti, prova a pensarli che ti accarezzano con gli occhi. Guarda i loro occhi colmi di stupore e desiderio, ignora quelli che disapprovano…»
Arcadia iniziò a cercare di immedesimarsi in quei pensieri, e iniziò a provare una sensazione di piacevole imbarazzo, un specie di nodo alla gola e fremito alle gambe. Non era spiacevole.
«Girati lentamente alla tua destra, c’è una donna sulla cinquantina che continua a girarsi verso di te…» La incitò Samanta.
Arcadia, con la coda dell’occhio vide la donna, una bionda magra affascinante, in uno splendido tailleur grigio, decolté neri tacco dieci, camicia anch’essa abbondantemente aperta. La bionda, era con un tipo, leggevano una cartina, e di tanto in tanto scoccava lussureggianti sguardi indirizzati verso Arcadia.
«Ti piace che ti guardi?» Le chiese in un orecchio Samanta.
«È una strana sensazione, ma non è spiacevole…devo ammetterlo» Rispose, prudente, Arcadia chiudendo gli occhi e buttando giù la testa.
«Fatti esplorare, lascia che lei ti entri dentro, leccati il labbro superiore, e mostrati in modo ancor più evidente… lascia che l’eccitazione ti conquisti…» Samanta le si era fatta addosso, si toccavano la spalla, e le mise una mano sopra alla sua.
Arcadia, si infilò una mano dentro la camicia, si toccò il capezzolo destro, leccandosi il labbro superiore, mentre guardava la bionda cinquantenne. Per l’emozione, la donna fece cadere la cartina che, assieme a quello che forse era il suo uomo, o forse no, stava consultando. Intanto anche altri la notarono, alcuni si allontanarono un po’ sconcertati.
«Adesso basta… ho paura che qualcuno mi faccia del male…» Disse Arcadia, notando troppi sguardi.
«Va bene, ma ti abbottono io, tirati su e girati verso di me»
Arcadia si girò verso l’amica, e questa, le riabbottonò la camicia, sfiorando con le dita la pelle del torace.
«Sei stata brava, adesso andiamo a casa, e prenderci un bel the!»
Arrivate nel monolocale di Samanta, Arcadia si buttò a sedere sul letto e si tolse le scarpe.
«Camminare con i tacchi è una tortura…» Disse mentre si massaggiava un piede.
«Fai come me… indossa scarpe comode» Le rispose Samanta, che stava aprendo la dispensa per prendere le bustine di the.
«Non mi piacciono le scarpe comode…»
Samanta aveva messo a bollire l’acqua. Andò verso Arcadia.
Dammi qua! Le ordinò, prendendole il piede in mano e iniziando a farle un massaggio molto forte, quasi doloroso, sotto la pianta e sulle dita.
«Mmmh, che bello! Sei molto brava! Dove hai imparato?»
«Ho fatto un corso di riflessologia plantare…Hai dei piedi stupendi Arcadia! Te li mangerei!» Le disse Samanta, con un tono molto lussurioso.
«Ohi! Ma che hai oggi? Prima l’esibizionismo, ora l’attacco lesbo…» Si lamentò Arcadia, ma con una vena di ironia nel tono.
«Non lo sai? Sono una porca! Ah, ah, ah! Dai prendiamoci il the, dovrebbe essere pronto!»
Si spostarono nel lato del monolocale, dove c’era il tavolo da pranzo. E si misero a sedere una a pochi centimetri dall’altra.
Sorseggiarono la calda bevanda.
«Vuoi dei biscotti da inzuppare?» Le chiese Samanta.
«Mh… perché no… al diavolo la linea per oggi, poi. Avremo fatto dieci chilometri a piedi…»
Samanta prese una scatola di Biscotti di Prato, quelli con le mandorle dentro.
«Questi, di solito sono buoni col vinsanto, ma anche col the non sono male…»
Ne inzuppò uno e poi, gocciolante, lo porse ad Arcadia, la quale lo stava per prendere con le dita.
«No… prendilo in bocca, così, dalla mia mano…» Le ordinò Samanta.
Arcadia la guardò per un attimo, incerta sul da farsi, poi lo prese in bocca come le aveva chiesto l’amica. Samanta ripeté la cosa.
«Cosa provavi prima, quando la bionda ti guardava?»
Arcadia era confusa, non capiva le intenzioni di Samanta, ma una cosa era certa… era intrigata.
«Non so’, era strano… in pochi secondi, era come se fossimo divenute complici… era nata una specie di intesa» Rispose pensosa Arcadia.
Samanta prese un altro biscotto, non lo inzuppò, lo porse davanti alle labbra dell’amica, la quale le schiuse.
«Non morderlo, leccalo come se fosse un gelato…per favore» Le sussurrò Samanta, toccandole una mano.
Arcadia era a disagio, non voleva dispiacere l’amica, ma le sembrava che quel gioco stesse prendendo una piega troppo strana.
«Fallo dai! Leccalo come un gelato!»
Arcadia, tenendo puntati gli occhi su Samanta, come volesse controllare cosa facesse, prese in bocca il biscotto senza staccarglielo dalle dita e iniziò a leccarlo. Samanta le iniziò ad accarezzare i capelli…
«Adesso, schiudi leggermente le labbra e chiudi gli occhi…»
Lo fece…
Sentì il biscotto entrarle in bocca e poi lentamente uscirne, poi entrare e poi uscirne. Lo sentiva sempre più bagnato. Aprì gli occhi e vide che Samanta, se lo passava sulla lingua.
«Ma…cosa… fai?» Le chiese scioccata, Arcadia.
«Sssssh, chiudi gli occhi…»
Lo fece…
Adesso mangialo, sopra c’è la mia saliva… assaporala.
Lo fece…
L’assaporò. Il gioco la stava turbando, il cuore le aveva iniziato a battere forte.
«Samanta, ma… ma… sei lesbica?» Le chiese in un sussurro.
«Neanche per idea… il cazzo mi piace da morire, anche più di quanto piaccia a te!»
Quella parola… “cazzo”, detto in quella circostanza, fu come una specie di intrusione, non le piacque… in qualche modo, preferiva il clima instauratosi e il “cazzo” ci stonava.
«Ma… allora, cosa stai facendo?»
«Dimmi che non ti piace…» La provocò Samanta.
Arcadia rimase zitta.
«Chiudi gli occhi…» Le disse Samanta.
Lo fece…
Arcadia senti qualcosa di appuntito e umido, passarle su una guancia. Samanta la stava leccando. Stava per protestare, ma l’amica le tappò la bocca con la mano.
«Ssssh, zitta e lasciami fare!»
La lingua di Samanta, si intrufolò nell’orecchio, poi, da una punta, si trasformò in un pennello dirigendosi sul collo.
Arcadia iniziò ad essere scossa da un leggero tremore. Quella situazione se pur imbarazzante e alla quale non voleva sottostare, aveva, però, qualcosa di tremendamente intrigante. Lasciò che Samanta continuasse, avrebbe sempre potuto fermarla in ogni momento.
L’amica le iniziò a sbottonare la camicia, Arcadia si impose di rimanere ferma, il cuore ora le stava esplodendo nel petto, e aveva preso a respirare con un po’ di affanno. Samanta le aveva scoperto i seni, iniziandole leccarle i capezzoli con la punta della lingua, passando dall’uno all’altro.
«Cazzo Sa… Samanta, s… stai esage…rando... mmmh, non è… non è giusto quello che stai facendo… mmmh, smettila dai… mmmh»
«Zitta, lasciati andare, sento che ti piace, vieni dai…»
Samanta la presa con una certa forza e la costrinse a dirigersi verso il letto.
«No Samanta… no, non lo fare, ti supplico, non farlo!»
Ancora in piedi, di lato al letto, Samanta in tutta risposata le iniziò a sganciare i bottoni dei Jeans, mentre dalla camicia iniziò a strusciare il seno contro quello nudo di Arcadia.
Arcadia, in preda ad una specie di paralisi, lasciò che l’amica le sbottonasse i Jeans, mentre le dita, via, via che scendevano al bottone successivo, si sfregavano vicino alla sua intimità.
«Arcadia, voglio che mi dici che ti piace, sussurra che ti piace»
L’amica era in bilico, stava per lasciarsi andare, se parlava valicava il confine. Rimase zitta.
Samanta iniziò a tirarle giù i pantaloni, le si inginocchiò davanti e glieli portò ai piedi. Mentre glieli sfilava, le rigava le gambe con fili di saliva, leccandola.
Arcadia, rimasta con solo il tanga blu, stava per cedere. Samanta portò il naso davanti alla vagina dell’amica. La odorò inebriandosi di quel aroma. La leccò sul monte di venere facendole scendere un rivolo di saliva, che insolente, bagnò le grandi labbra, inzuppando il tanga.
Arcadia emise un lungo sospiro…
Lentamente, Samanta, tirando giù la micro mutandina dai lati, gliela fece scivolare fino in fondo ai piedi, mentre di nuovo fece colare della saliva dentro la vagina, che ora era del tutto esposta, coperta da nulla. Lo schiumino del liquido, si appoggiò delicatamente sulle labbra.
Arcadia emise un secondo lungo sospiro…
«Dillo Arcadia, dillo…» La intimò Samanta.
«Sììì, mi piace, mi piace…» Sussurrò, decidendo di valicare il limite che si era imposta.
Samanta si alzò, e le tolse la camicia.
«Adesso Spogliami tu!» Le ordinò.
Arcadia aprì gli occhi, e fu dentro a quelli di Samanta, la complicità era scoccata! Decise di usare tutto quello che sapeva e anche di più, per dar piacere all’amica. Se doveva fare quella cosa, la doveva fare al massimo.
Le sbottonò la camicia e mentre gliela sfilava dalle braccia, iniziò e leccarla in mezzo al seno, si mise in ginocchio facendole uscire la braccia dalle maniche e allo stesso momento le infilò la lingua nell’ombelico. Poi risalì, lentamente, passando la lingua nello stesso percorso che aveva compiuto scendendo. Riscese, mettendo le mani sotto la lunga gonna, accarezzandole le gambe mentre vi appoggiava contro la testa. Appena sentì l’elastico dello slip, lo afferrò con le dita e iniziò a tirare verso il basso. Samanta sposto i piedi mentre si toglieva le scarpe, per permettere allo slip di sfilarsi. Con le unghie, Arcadia, delicatamente iniziò a graffiarle le cosce, e Samanta iniziò a mugolare di piacere.
«Adesso dillo tu a me, che ti piace…» Le ordinò con una certa rigidità, Arcadia.
«Siii, mi piace, mi piace…»
Arcadia non le tolse la gonna, le piaceva quel vedo non vedo; si alzò e le passò un dito tra le grandi labbra, che trovò incredibilmente fradice. Raccolse tutto quello che poteva e ruppe ogni indugio. Colmo degli umori di Samanta, glielo infilò in bocca.
«Succhialo, leccati… assaporati…»
Samanta non si fece pregare e inizio a succhiare e poi leccare, ingoiando tutto quello che vi era sopra. Poi continuò a leccarlo, come se fosse un pene. A quel punto, le due amiche si guardarono negli occhi.
«Tira fuori la lingua» Sussurrò Arcadia, che aveva deciso di prendere il controllo di quel gioco lesbo.
Samanta fece come le aveva detto. Arcadia vi depositò sopra un po’ di saliva…
«Bevila…»
«Mmmh… siii, dammene ancora» Fece Samanta dopo aver ingoiato quello che Arcadia le aveva dato.
«No! Adesso fallo tu a me!»
E tirò fuori la lingua. Samanta le riverso abbondante saliva e Arcadia, le si avvicinò per infilargliela in bocca. Iniziarono un bacio saffico, voluttuoso e umido, la saliva usciva dai lati delle loro labbra, scendendo lungo il collo, arrivando tra i seni. A quel punto, rompendo il ritmo, Arcadia le strappo via la gonna, e con forza le mise un dito dentro la fica, spingendola verso il letto. Aveva perso del tutto il senso di quello che faceva. Sapeva solo che se aveva intrapreso quella strada, la voleva percorrere al massimo, come era suo fare, in tutto!
Samanta si lasciò penetrare emettendo un lamento di piacere.
Quando furono entrambe sul letto, senza esitazione, Arcadia si mise la testa di Samanta tra le ginocchia e si abbassò su di lei.
«Adesso succhiami!» Le ordinò con tono imperativo e voluttuoso al tempo stesso. Samanta non si lasciò pregare, la tirò a sé immergendosi nella sua vagina ornata da un rigo di peluria. Iniziò a leccarla tra le labbra e al tempo stesso, la trastullava con il pollice dalla parte opposta rispetto al clitoride. Con l’altro pollice, invece, premeva sull’ano, delicatamente. Arcadia, dal canto suo, la stava inondando di saliva, che scendeva fino verso il buco tra i glutei.
Poi, ad un tratto, Arcadia si girò, per trovarsi viso a viso con l’amica. Le infilò la lingua in bocca, scambiandosi i rispettivi sapori vaginali. Si leccavano avidamente, e le mani corsero giù, vogliose di intrufolarsi in loro.
«Ti voglio scopare…» Disse Arcadia, portando una gamba sotto quella di Samanta, iniziando a strusciare la fica contro quella dell’amica, che ormai era una bambola nelle sue mani. I rispettivi clitoridi, gonfi e duri, si strusciavano vicendevolmente, dalle vagine uscivano copiosi i loro umori, che andavano a depositarsi sulle lenzuola del letto, continuarono a darsi piacere, strusciandosi sempre con maggiore impeto, ansimando e sussultando. Le loro carni si univano, e si strusciavano, bagnate, fradice. Le grandi labbra si baciavano avidamente, mentre colavano sempre di più, fino a quando, da lontano, e all’unisono, sentirono che l’orgasmo era vicino.
«Ti prego in culo, mettimi il pollice nel culo e sfondami la fica, con le dita…» La incitò Samanta.
Veloci si separarono, Arcadia mise a pecorina l’amica e le fece scendere la saliva nel buco tra i glutei, poi, infilò l’indice dentro, lo tolse, separò con le mani i glutei e notò che l’ano era ampio.
«Ti piace prenderlo nel culo…» Le disse Arcadia infilandole, poi, la lingua dentro.
«Siii, mi piace il cazzo nel culo. Siiii, dai adesso inculami tu, amica mia, inculami con le tue dita, fammi sentire una troia!»
Arcadia le infilò prima uno, poi due e infine tre dita dentro, e iniziò a fotterla con forza, mentre con le dita dell’altra mano le carezzava la fica, per poi penetrarla anche da quel lato. Tre dita nel culo e tre nella fica.
«Ti stanno scopando in due, scommetto che vorresti anche un cazzo nella bocca, adesso, vero?»
«Mmmmh, siiii, lo voglio, siiii, e voglio bere lo sperma… lo voglio leccare, siii dai fottimi, fottimi! Siiiiiiiii, siiiiii, siiiiiiiiiiiiiii»
Stava venendo con una forza inaudita, allora Arcadia, riuscì a mettersi sotto e raccogliere i suoi umori in bocca. Era eccitatissima, i singulti di Samanta e quelle parole oscene che si scambiavano, avevano contributo all’avanzare anche del suo orgasmo. Samanta, era venuta e respirava a pieni polmoni, Arcadia le si mise davanti alla faccia, le aprì la bocca riversandole il contenuto direttamente dentro, poi si attaccarono in un bacio fatto li leccate e ancora saliva. Samanta giocava con le dita tra le grandi labbra di Arcadia, che aveva iniziato ad ansimare sempre di più, allorché l’amica le mise la testa tra le gambe, la fece piegare leggermente di lato, la penetrò col pollice nella fica titillandole il clitoride con la lingua, con sempre maggior rapidità, il pollice affondava sempre più…
«Fammi sentire un dito nel culo, voglio provare anche io…» Le sussurrò Arcadia, vincendo un altro tabù. Samanta non si fece pregare, si leccò l’indice e lo appoggiò sul buco di Arcadia la quale si allargò per accoglierlo. Poi lentamente e inesorabilmente glielo spinse dentro, Arcadia serrò i muscoli per sentirlo appieno e poi lo percepì che usciva e che rientrava. Il piacere che le dava, assieme alle dita nella fica, era intensissimo e quasi immediatamente, scoppiò in uno degli orgasmi più intensi che avesse mai provato, mentre godeva, serrava i muscoli delle natiche e della vulva, mentre Samanta continuava a penetrarla con forza.
«Godi Arky, godiiii, godiii, con due cazzi, uno nel culo e uno nella fica… adesso ti sborrano in gola, e tu ingoierai tutto»
«Siiii, siiiii, voglio la sborra in bocca, siiiii»
Samanta, imitando l’amica, raccolse tutto quello che poteva dalla fica di Arcadia e mentre lei era ancora in preda ai sussulti, sfilò il dito dal culo e usò quella mano come cucchiaio, nel quale riversò gli umori che aveva raccolto. Arcadia aprì la bocca, e l’amica le rovesciò dentro tutto quello che conteneva.
«Ecco la sbroda dei tuoi cazzi, leccale e ingoiala»
Arcadia leccava avidamente la mano, la prese e iniziò a spompinare ogni singolo dito. Fino a che, esausta e sfinita, ricadde indietro nel letto, mentre, Samanta ancora continuava a leccarle avidamente la fica, diminuendo di intensità graduatamene. Poi si baciarono appassionatamente, finendo col farsi le coccole e poi, per addormentarsi.
Spero che questo terzo episodio ti sia piaciuto, come è piaciuto a me scriverlo.
Sono graditi commenti.
C’è tanta sensuale sfrontatezza, nella bellezza di una diciottenne!
Samanta indossava una gonna lunga di cotone, a colori sgargianti, aperta lateralmente fino alla vita, una camicia bianca, abbondantemente sbottonata, e ai piedi calzava Superga bianche. Quando camminava, le piaceva mostrare maliziosamente la nudità delle sue gambe e rendersi disponibile agli sguardi, diretti ai suoi abbondanti seni.
Assieme alla sua amica Arcadia, arrivata dagli States da qualche settimana, era seduta sulla spalletta della terrazza di Forte Belvedere.
Nei giorni passati avevano trascorso un’esagerazione di tempo a visitare tutto quello che c’era da visitare in quella stupenda città. Samanta, era un pozzo di conoscenza, praticamente un genio e non faceva altro che riversare tutto quello che sapeva su Firenze, all’interno del vaso senza fondo della curiosità di Arcadia. Samanta, a soli 18 anni aveva tre lauree, e all’università ci andava ancora… ma non per studiare… aveva auna cattedra alla facoltà di psicologia. La sua specializzazione era la Sessuologia.
«Ti si vede il seno, Samanta…» Le sussurrò Arcadia, mentre stavano ammirando la città.
«Tutto o solo un po’…» Ironizzò l’amica, ammiccandola maliziosamente.
«Daii, scema! Non è che si vedono i capezzoli, ma insomma, un bel po’ sì…» La rimbrottò Arcadia, facendo il gesto di chiuderle la camicia.
«No, dai… per favore… lascia che si veda qualcosa» Protestò a bassa voce Samanta, intercettando la mano di Arcadia, e stringendola nella sua. «A me piace…Dovresti provare anche tu!» Aggiunse poi, baciandole le dita.
«Ma che fai?» Chiese indispettita Arcadia, ritirando la mano con uno scatto.
«Arcadia, sei una delle donne più belle del mondo… fatti ammirare un po’. Ti assicuro che è inebriante catalizzare gli sguardi»
«Sono una fotomodella Samanta! Passo il 70% del mio tempo a catalizzare sguardi…»
«Non è la stessa cosa… tu lo fai su di un set, in una passerella, e inoltre il protagonista è ciò che indossi, non tu!»
Arcadia indossava un paio di Jeans di Dolce e Gabbana, “artisticamente” strappati; una camicia a scacchi fuori dai pantaloni e calzava decolté aperti a tacco alto, con due cinturini, alle dita e alle caviglie, ornati di pietre colorate. I pantaloni le evidenziavano il sedere alto e tondo, simile a quello di una ragazza di colore, la camicia invece nascondeva la sorprendete bellezza che vi si celava all’interno.
«Adesso che fai?» Protestò Arcadia, vedendo che l’amica, stava sistemandosi la gonna, in modo che le gambe fossero visibili per una bella porzione, anche se non completamente esposte.
Alcuni passanti, lasciavano andare occhiate nella direzione delle due stupende ragazze, e l’esibizionismo di Samanta, iniziava a raccogliere consensi. Era infatti possibile intravedere, uomini, ragazzi, e qualche donna, lasciarsi tentare da quella visione.
«Daiii, ti stanno guardando tutti! Io mi allontano…» Continuò Arcadia, nel suo tentativo di redarguirla.
«No, fermati! Rimani qui! Voglio che stai accanto a me e che provi quello che provo io. Se sei davvero mia amica, voglio che giochi con me!» Samanta iniziò ad imporsi, utilizzando un po’ di psicologia. Sapeva come “incastrare” l’amica. Era l’ora la smettesse di fare tanto la finta pudica.
«Cazzo dici Samanta, dai!» Protesto Arcadia, ma con meno convinzione.
«Ascolta, adesso voglio che apri quel cazzo di camicetta, hai due tette da sogno, voglio vedertele, fallo per me!» Le disse Samanta, allungando la mano verso i bottoni della camicia. Arcadia provò a opporsi, senza troppa forza, alla fine, Samanta riuscì a sbottonarla, quel tanto che bastava, perché i seni nudi di Arcadia, potessero essere scorti, se lei si piegava in avanti.
«Adesso, voglio che scendi dalla spalletta e ti sporgi in avanti, mostra il culo a chi ti sta dietro e le tette a chi ti passa accanto» Le ordinò Samanta, con un filo di autoritarismo. Per aiutarla a convincersi ad eseguire la sua richiesta, scese lei per prima dalla spalletta, mettendosi proprio nella posizione che le aveva suggerito.
«Sei del tutto di fuori…» Le disse Arcadia, mentre però eseguiva quanto le aveva chiesto Samanta. «Non sapevo che eri un esibizionista…» Concluse Arcadia, che si era unità all’amica, nella posa.
«Senti l’aria sul seno? Ti accorgi che è visibile?» Le chiese Samanta.
«Sì… lo sento… e che cosa dovrei provare?» La punzecchio di rimando Arcadia.
«Smettila di opporti. Devi cercare di trovare il piacere in questa cosa, devi provare ad esplorare una nuova sensazione, prova a fare qualcosa di cui ti vergogni, apri un altro bottone, lascia che si vedano i capezzoli…»
«Samanta, t… ti p… prego, basta…» La pregò Arcadia, in un lamento incerto e leggermente tremulo.
«Dai, fallo… senti com’è bello farsi guardare. Fatti penetrare dagli sguardi di sconosciuti, prova a pensarli che ti accarezzano con gli occhi. Guarda i loro occhi colmi di stupore e desiderio, ignora quelli che disapprovano…»
Arcadia iniziò a cercare di immedesimarsi in quei pensieri, e iniziò a provare una sensazione di piacevole imbarazzo, un specie di nodo alla gola e fremito alle gambe. Non era spiacevole.
«Girati lentamente alla tua destra, c’è una donna sulla cinquantina che continua a girarsi verso di te…» La incitò Samanta.
Arcadia, con la coda dell’occhio vide la donna, una bionda magra affascinante, in uno splendido tailleur grigio, decolté neri tacco dieci, camicia anch’essa abbondantemente aperta. La bionda, era con un tipo, leggevano una cartina, e di tanto in tanto scoccava lussureggianti sguardi indirizzati verso Arcadia.
«Ti piace che ti guardi?» Le chiese in un orecchio Samanta.
«È una strana sensazione, ma non è spiacevole…devo ammetterlo» Rispose, prudente, Arcadia chiudendo gli occhi e buttando giù la testa.
«Fatti esplorare, lascia che lei ti entri dentro, leccati il labbro superiore, e mostrati in modo ancor più evidente… lascia che l’eccitazione ti conquisti…» Samanta le si era fatta addosso, si toccavano la spalla, e le mise una mano sopra alla sua.
Arcadia, si infilò una mano dentro la camicia, si toccò il capezzolo destro, leccandosi il labbro superiore, mentre guardava la bionda cinquantenne. Per l’emozione, la donna fece cadere la cartina che, assieme a quello che forse era il suo uomo, o forse no, stava consultando. Intanto anche altri la notarono, alcuni si allontanarono un po’ sconcertati.
«Adesso basta… ho paura che qualcuno mi faccia del male…» Disse Arcadia, notando troppi sguardi.
«Va bene, ma ti abbottono io, tirati su e girati verso di me»
Arcadia si girò verso l’amica, e questa, le riabbottonò la camicia, sfiorando con le dita la pelle del torace.
«Sei stata brava, adesso andiamo a casa, e prenderci un bel the!»
Arrivate nel monolocale di Samanta, Arcadia si buttò a sedere sul letto e si tolse le scarpe.
«Camminare con i tacchi è una tortura…» Disse mentre si massaggiava un piede.
«Fai come me… indossa scarpe comode» Le rispose Samanta, che stava aprendo la dispensa per prendere le bustine di the.
«Non mi piacciono le scarpe comode…»
Samanta aveva messo a bollire l’acqua. Andò verso Arcadia.
Dammi qua! Le ordinò, prendendole il piede in mano e iniziando a farle un massaggio molto forte, quasi doloroso, sotto la pianta e sulle dita.
«Mmmh, che bello! Sei molto brava! Dove hai imparato?»
«Ho fatto un corso di riflessologia plantare…Hai dei piedi stupendi Arcadia! Te li mangerei!» Le disse Samanta, con un tono molto lussurioso.
«Ohi! Ma che hai oggi? Prima l’esibizionismo, ora l’attacco lesbo…» Si lamentò Arcadia, ma con una vena di ironia nel tono.
«Non lo sai? Sono una porca! Ah, ah, ah! Dai prendiamoci il the, dovrebbe essere pronto!»
Si spostarono nel lato del monolocale, dove c’era il tavolo da pranzo. E si misero a sedere una a pochi centimetri dall’altra.
Sorseggiarono la calda bevanda.
«Vuoi dei biscotti da inzuppare?» Le chiese Samanta.
«Mh… perché no… al diavolo la linea per oggi, poi. Avremo fatto dieci chilometri a piedi…»
Samanta prese una scatola di Biscotti di Prato, quelli con le mandorle dentro.
«Questi, di solito sono buoni col vinsanto, ma anche col the non sono male…»
Ne inzuppò uno e poi, gocciolante, lo porse ad Arcadia, la quale lo stava per prendere con le dita.
«No… prendilo in bocca, così, dalla mia mano…» Le ordinò Samanta.
Arcadia la guardò per un attimo, incerta sul da farsi, poi lo prese in bocca come le aveva chiesto l’amica. Samanta ripeté la cosa.
«Cosa provavi prima, quando la bionda ti guardava?»
Arcadia era confusa, non capiva le intenzioni di Samanta, ma una cosa era certa… era intrigata.
«Non so’, era strano… in pochi secondi, era come se fossimo divenute complici… era nata una specie di intesa» Rispose pensosa Arcadia.
Samanta prese un altro biscotto, non lo inzuppò, lo porse davanti alle labbra dell’amica, la quale le schiuse.
«Non morderlo, leccalo come se fosse un gelato…per favore» Le sussurrò Samanta, toccandole una mano.
Arcadia era a disagio, non voleva dispiacere l’amica, ma le sembrava che quel gioco stesse prendendo una piega troppo strana.
«Fallo dai! Leccalo come un gelato!»
Arcadia, tenendo puntati gli occhi su Samanta, come volesse controllare cosa facesse, prese in bocca il biscotto senza staccarglielo dalle dita e iniziò a leccarlo. Samanta le iniziò ad accarezzare i capelli…
«Adesso, schiudi leggermente le labbra e chiudi gli occhi…»
Lo fece…
Sentì il biscotto entrarle in bocca e poi lentamente uscirne, poi entrare e poi uscirne. Lo sentiva sempre più bagnato. Aprì gli occhi e vide che Samanta, se lo passava sulla lingua.
«Ma…cosa… fai?» Le chiese scioccata, Arcadia.
«Sssssh, chiudi gli occhi…»
Lo fece…
Adesso mangialo, sopra c’è la mia saliva… assaporala.
Lo fece…
L’assaporò. Il gioco la stava turbando, il cuore le aveva iniziato a battere forte.
«Samanta, ma… ma… sei lesbica?» Le chiese in un sussurro.
«Neanche per idea… il cazzo mi piace da morire, anche più di quanto piaccia a te!»
Quella parola… “cazzo”, detto in quella circostanza, fu come una specie di intrusione, non le piacque… in qualche modo, preferiva il clima instauratosi e il “cazzo” ci stonava.
«Ma… allora, cosa stai facendo?»
«Dimmi che non ti piace…» La provocò Samanta.
Arcadia rimase zitta.
«Chiudi gli occhi…» Le disse Samanta.
Lo fece…
Arcadia senti qualcosa di appuntito e umido, passarle su una guancia. Samanta la stava leccando. Stava per protestare, ma l’amica le tappò la bocca con la mano.
«Ssssh, zitta e lasciami fare!»
La lingua di Samanta, si intrufolò nell’orecchio, poi, da una punta, si trasformò in un pennello dirigendosi sul collo.
Arcadia iniziò ad essere scossa da un leggero tremore. Quella situazione se pur imbarazzante e alla quale non voleva sottostare, aveva, però, qualcosa di tremendamente intrigante. Lasciò che Samanta continuasse, avrebbe sempre potuto fermarla in ogni momento.
L’amica le iniziò a sbottonare la camicia, Arcadia si impose di rimanere ferma, il cuore ora le stava esplodendo nel petto, e aveva preso a respirare con un po’ di affanno. Samanta le aveva scoperto i seni, iniziandole leccarle i capezzoli con la punta della lingua, passando dall’uno all’altro.
«Cazzo Sa… Samanta, s… stai esage…rando... mmmh, non è… non è giusto quello che stai facendo… mmmh, smettila dai… mmmh»
«Zitta, lasciati andare, sento che ti piace, vieni dai…»
Samanta la presa con una certa forza e la costrinse a dirigersi verso il letto.
«No Samanta… no, non lo fare, ti supplico, non farlo!»
Ancora in piedi, di lato al letto, Samanta in tutta risposata le iniziò a sganciare i bottoni dei Jeans, mentre dalla camicia iniziò a strusciare il seno contro quello nudo di Arcadia.
Arcadia, in preda ad una specie di paralisi, lasciò che l’amica le sbottonasse i Jeans, mentre le dita, via, via che scendevano al bottone successivo, si sfregavano vicino alla sua intimità.
«Arcadia, voglio che mi dici che ti piace, sussurra che ti piace»
L’amica era in bilico, stava per lasciarsi andare, se parlava valicava il confine. Rimase zitta.
Samanta iniziò a tirarle giù i pantaloni, le si inginocchiò davanti e glieli portò ai piedi. Mentre glieli sfilava, le rigava le gambe con fili di saliva, leccandola.
Arcadia, rimasta con solo il tanga blu, stava per cedere. Samanta portò il naso davanti alla vagina dell’amica. La odorò inebriandosi di quel aroma. La leccò sul monte di venere facendole scendere un rivolo di saliva, che insolente, bagnò le grandi labbra, inzuppando il tanga.
Arcadia emise un lungo sospiro…
Lentamente, Samanta, tirando giù la micro mutandina dai lati, gliela fece scivolare fino in fondo ai piedi, mentre di nuovo fece colare della saliva dentro la vagina, che ora era del tutto esposta, coperta da nulla. Lo schiumino del liquido, si appoggiò delicatamente sulle labbra.
Arcadia emise un secondo lungo sospiro…
«Dillo Arcadia, dillo…» La intimò Samanta.
«Sììì, mi piace, mi piace…» Sussurrò, decidendo di valicare il limite che si era imposta.
Samanta si alzò, e le tolse la camicia.
«Adesso Spogliami tu!» Le ordinò.
Arcadia aprì gli occhi, e fu dentro a quelli di Samanta, la complicità era scoccata! Decise di usare tutto quello che sapeva e anche di più, per dar piacere all’amica. Se doveva fare quella cosa, la doveva fare al massimo.
Le sbottonò la camicia e mentre gliela sfilava dalle braccia, iniziò e leccarla in mezzo al seno, si mise in ginocchio facendole uscire la braccia dalle maniche e allo stesso momento le infilò la lingua nell’ombelico. Poi risalì, lentamente, passando la lingua nello stesso percorso che aveva compiuto scendendo. Riscese, mettendo le mani sotto la lunga gonna, accarezzandole le gambe mentre vi appoggiava contro la testa. Appena sentì l’elastico dello slip, lo afferrò con le dita e iniziò a tirare verso il basso. Samanta sposto i piedi mentre si toglieva le scarpe, per permettere allo slip di sfilarsi. Con le unghie, Arcadia, delicatamente iniziò a graffiarle le cosce, e Samanta iniziò a mugolare di piacere.
«Adesso dillo tu a me, che ti piace…» Le ordinò con una certa rigidità, Arcadia.
«Siii, mi piace, mi piace…»
Arcadia non le tolse la gonna, le piaceva quel vedo non vedo; si alzò e le passò un dito tra le grandi labbra, che trovò incredibilmente fradice. Raccolse tutto quello che poteva e ruppe ogni indugio. Colmo degli umori di Samanta, glielo infilò in bocca.
«Succhialo, leccati… assaporati…»
Samanta non si fece pregare e inizio a succhiare e poi leccare, ingoiando tutto quello che vi era sopra. Poi continuò a leccarlo, come se fosse un pene. A quel punto, le due amiche si guardarono negli occhi.
«Tira fuori la lingua» Sussurrò Arcadia, che aveva deciso di prendere il controllo di quel gioco lesbo.
Samanta fece come le aveva detto. Arcadia vi depositò sopra un po’ di saliva…
«Bevila…»
«Mmmh… siii, dammene ancora» Fece Samanta dopo aver ingoiato quello che Arcadia le aveva dato.
«No! Adesso fallo tu a me!»
E tirò fuori la lingua. Samanta le riverso abbondante saliva e Arcadia, le si avvicinò per infilargliela in bocca. Iniziarono un bacio saffico, voluttuoso e umido, la saliva usciva dai lati delle loro labbra, scendendo lungo il collo, arrivando tra i seni. A quel punto, rompendo il ritmo, Arcadia le strappo via la gonna, e con forza le mise un dito dentro la fica, spingendola verso il letto. Aveva perso del tutto il senso di quello che faceva. Sapeva solo che se aveva intrapreso quella strada, la voleva percorrere al massimo, come era suo fare, in tutto!
Samanta si lasciò penetrare emettendo un lamento di piacere.
Quando furono entrambe sul letto, senza esitazione, Arcadia si mise la testa di Samanta tra le ginocchia e si abbassò su di lei.
«Adesso succhiami!» Le ordinò con tono imperativo e voluttuoso al tempo stesso. Samanta non si lasciò pregare, la tirò a sé immergendosi nella sua vagina ornata da un rigo di peluria. Iniziò a leccarla tra le labbra e al tempo stesso, la trastullava con il pollice dalla parte opposta rispetto al clitoride. Con l’altro pollice, invece, premeva sull’ano, delicatamente. Arcadia, dal canto suo, la stava inondando di saliva, che scendeva fino verso il buco tra i glutei.
Poi, ad un tratto, Arcadia si girò, per trovarsi viso a viso con l’amica. Le infilò la lingua in bocca, scambiandosi i rispettivi sapori vaginali. Si leccavano avidamente, e le mani corsero giù, vogliose di intrufolarsi in loro.
«Ti voglio scopare…» Disse Arcadia, portando una gamba sotto quella di Samanta, iniziando a strusciare la fica contro quella dell’amica, che ormai era una bambola nelle sue mani. I rispettivi clitoridi, gonfi e duri, si strusciavano vicendevolmente, dalle vagine uscivano copiosi i loro umori, che andavano a depositarsi sulle lenzuola del letto, continuarono a darsi piacere, strusciandosi sempre con maggiore impeto, ansimando e sussultando. Le loro carni si univano, e si strusciavano, bagnate, fradice. Le grandi labbra si baciavano avidamente, mentre colavano sempre di più, fino a quando, da lontano, e all’unisono, sentirono che l’orgasmo era vicino.
«Ti prego in culo, mettimi il pollice nel culo e sfondami la fica, con le dita…» La incitò Samanta.
Veloci si separarono, Arcadia mise a pecorina l’amica e le fece scendere la saliva nel buco tra i glutei, poi, infilò l’indice dentro, lo tolse, separò con le mani i glutei e notò che l’ano era ampio.
«Ti piace prenderlo nel culo…» Le disse Arcadia infilandole, poi, la lingua dentro.
«Siii, mi piace il cazzo nel culo. Siiii, dai adesso inculami tu, amica mia, inculami con le tue dita, fammi sentire una troia!»
Arcadia le infilò prima uno, poi due e infine tre dita dentro, e iniziò a fotterla con forza, mentre con le dita dell’altra mano le carezzava la fica, per poi penetrarla anche da quel lato. Tre dita nel culo e tre nella fica.
«Ti stanno scopando in due, scommetto che vorresti anche un cazzo nella bocca, adesso, vero?»
«Mmmmh, siiii, lo voglio, siiii, e voglio bere lo sperma… lo voglio leccare, siii dai fottimi, fottimi! Siiiiiiiii, siiiiii, siiiiiiiiiiiiiii»
Stava venendo con una forza inaudita, allora Arcadia, riuscì a mettersi sotto e raccogliere i suoi umori in bocca. Era eccitatissima, i singulti di Samanta e quelle parole oscene che si scambiavano, avevano contributo all’avanzare anche del suo orgasmo. Samanta, era venuta e respirava a pieni polmoni, Arcadia le si mise davanti alla faccia, le aprì la bocca riversandole il contenuto direttamente dentro, poi si attaccarono in un bacio fatto li leccate e ancora saliva. Samanta giocava con le dita tra le grandi labbra di Arcadia, che aveva iniziato ad ansimare sempre di più, allorché l’amica le mise la testa tra le gambe, la fece piegare leggermente di lato, la penetrò col pollice nella fica titillandole il clitoride con la lingua, con sempre maggior rapidità, il pollice affondava sempre più…
«Fammi sentire un dito nel culo, voglio provare anche io…» Le sussurrò Arcadia, vincendo un altro tabù. Samanta non si fece pregare, si leccò l’indice e lo appoggiò sul buco di Arcadia la quale si allargò per accoglierlo. Poi lentamente e inesorabilmente glielo spinse dentro, Arcadia serrò i muscoli per sentirlo appieno e poi lo percepì che usciva e che rientrava. Il piacere che le dava, assieme alle dita nella fica, era intensissimo e quasi immediatamente, scoppiò in uno degli orgasmi più intensi che avesse mai provato, mentre godeva, serrava i muscoli delle natiche e della vulva, mentre Samanta continuava a penetrarla con forza.
«Godi Arky, godiiii, godiii, con due cazzi, uno nel culo e uno nella fica… adesso ti sborrano in gola, e tu ingoierai tutto»
«Siiii, siiiii, voglio la sborra in bocca, siiiii»
Samanta, imitando l’amica, raccolse tutto quello che poteva dalla fica di Arcadia e mentre lei era ancora in preda ai sussulti, sfilò il dito dal culo e usò quella mano come cucchiaio, nel quale riversò gli umori che aveva raccolto. Arcadia aprì la bocca, e l’amica le rovesciò dentro tutto quello che conteneva.
«Ecco la sbroda dei tuoi cazzi, leccale e ingoiala»
Arcadia leccava avidamente la mano, la prese e iniziò a spompinare ogni singolo dito. Fino a che, esausta e sfinita, ricadde indietro nel letto, mentre, Samanta ancora continuava a leccarle avidamente la fica, diminuendo di intensità graduatamene. Poi si baciarono appassionatamente, finendo col farsi le coccole e poi, per addormentarsi.
Spero che questo terzo episodio ti sia piaciuto, come è piaciuto a me scriverlo.
Sono graditi commenti.
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