Il mio fratellastro 7
di
Drusilla
genere
incesti
Il mondo universitario aveva aperto nuovi scenari davanti ai miei occhi, mi sentivo iperstimolata da questo nuovo mondo. Conobbi Davide, un mio compagno di corso. Capivo che voleva “approfondire” la sua relazione con me, e anche lui mi piaceva. Era diverso da mio fratello, un po’ meno alto di lui, biondissimo, occhi chiari. Scelsi un pomeriggio in cui pensavo mio fratello non fosse in casa, quindi dato che nostro padre e mia madre lavorano fino a tardi saremmo stati soli. Gli chiesi se gli andava di ripassare alcune cose da me e lui ovviamente accettò. Non aprimmo neppure i libri, appena Davide si rese conto che eravamo soli in casa mi attirò a se dandomi un lungo e dolce bacio. La sua lingua nella mia bocca mi mandava in estasi, non opposi resistenza quando sentii le sue mani entrare sotto il maglioncino e sganciare il reggiseno. Lo portai in camera e lì mi spogliò completamente, togliendosi a sua volta il maglione lasciando scoperti i suoi addominali scolpiti. Le mie mani scorrevano sul suo petto mentre un’espressione febbrile mi risplendeva negli occhi. Davide mi leccava il collo, palpava con maestria le mie tette. Prese a succhiarmi i capezzoli, mordicchiandoli e leccandoli facendo roteare la lingua sulla punta rosa. Dal canto mio portai le mani sulla sua erezione, sentivo il suo cazzo pronto all’azione, cominciai un po’ a segarlo mentre aveva ancora i pantaloni addosso. Ad un certo punto Davide scese con la lingua sulla mia pancia, e poi sempre più giù. Tuffò la testa sulla mia fighetta tutta bagnata, allargò le labbra con le dita, mentre per la prima volta stavo per ricevere una leccata. Partì stimolando il clitoride con la sua lingua esperta, cominciò a succhiarlo mentre due dita sparivano dentro di me, che grondavo sulla sua mano. Ero in paradiso, provando un’eccitazione più forte che mai, mentre Davide passava alla mia fessurina ed entrava con la lingua, lappando dentro e fuori con energia. Fu in quel momento che lo vidi, mio fratello era rientrato, spiava dalla porta socchiusa. Feci quello che non avrei dovuto fare, lo guardai fisso negli occhi, con espressione di goduria dipinta sul viso, mentre Davide leccava senza sosta e aveva preso ad infilarmi anche tre dita dentro, masturbandomi freneticamente. L’orgasmo mi colse così, mentre spingevo la faccia di Davide contro la mia fichetta e fissavo gli occhi roventi di mio fartello; sapevo avrebbe voluto vendetta. Lo vidi andar via ed entrare nella sua stanza, chiudendo la porta, senza però sbatterla. Davide si accorse del rumore e mi guardò spaventato, gli dissi che era solo mio fratello che era rientrato, ma che era meglio se adesso ci bloccavamo. Lo accompagnai alla porta di casa con addosso solo una vestaglia, e mi avviai verso la mia stanza tremando, ma anche la cosa più brutta che avevo immaginato fu nulla in confronto alla sua reazione. Appena entrai nel corridoio mio fratello mi venne incontro schiaffeggiandomi il viso con violenza. Lo guardai sconvolta, mentre lui urlava –Troia ora te li porti anche a casa? Sotto il mio stesso tetto? E ti fai leccare la fica da questi coglioncelli? Ti è piaciuto urlare come una vacca venendo mentre mi fissavi? Speravi che sarei stato geloso? O che magari mi sarei unito a quel cretino nella leccata che tanto ti stava facendo godere puttana?- Mi prese per un braccio per avvicinarmi a lui mentre un calcio mi colpiva sul culo. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che fosse così violento, urlai di lasciarmi stare, che mi stava facendo davvero male. Lui non sentì ragioni, mi ordinò di togliermi la vestaglia, e quando gli diedi del porco mi schiaffeggiò ancora, la testa mi sbattè contro il muro. Mi strappò la vestaglia di dosso, con un altro calcio finii per terra. Lui mi fece mettere in ginocchio e cominciò a colpirmi il culo con forza, schiaffo dopo schiaffo, mentre mi urlava le cose più crudeli che potessi sentire, mi dava della cagna, vacca, mi diceva che mi avrebbe fatto fare marchette ai suoi amici e lui si sarebbe preso i soldi. Che volevo essere una puttana a tutti i costi e lui mi avrebbe accontentata. Dopo un tempo interminabile nel quale piangevo a dirotto supplicandolo di smettere mi voltò e schiaffeggiò ancora il mio viso in lacrime. Si abbassò i pantaloni e mi disse di succhiarglielo. Mi rifiutai, piangendo, chiamandolo porco, dicendo che questa volta avrei detto tutto a nostro padre. Lui rise della mia minaccia, sapeva non lo avrei fatto, perché altrimenti lui avrebbe raccontato tutto il resto, e sarebbe stato peggio per me. Mi afferrò la testa spingendomi ancora il suo cazzo in bocca. Mi dava istruzioni su cosa volesse, lecca meglio il filetto, prendilo più in fondo, succhia la cappella, muovi l’asta con la tua mano da zoccola. Staccò la mia faccia dal suo cazzo solo per affondare un altro schiaffo sulla mia guancia, e mi disse –Leccami le palle, troia schifosa- Lo guardai attonita, ma allo schiaffo successivo mi rassegnai. Cominciai a leccargli diligentemente le palle e lo scroto, mentre lui si segava ansimando. Allargò le gambe e spinse la mia faccia più sotto, dicendomi di leccargli il culo e così feci, continuando a piangere. Mi prese ancora la testa per i capelli mentre finiva di segarsi e mi schizzava in faccia tutto il suo orgasmo e la sua rabbia. Quando ebbe finito mi colpì ancora con un calcio sul fianco, e mi disse di pulire tutto il suo uccello. Lo feci, ancora scossa dal pianto, mentre lui rideva. Quando ebbi finiti mio fratello mi fece alzare e mi disse di andarmi a lavare, perché puzzavo di troia. Quel giorno non lo dimenticherò.
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