Svaniti al soffio di una candela
di
Marco Marchi
genere
sentimentali
Sono qui. Fermo. Immobile. La mia spalla è appoggiata allo stipite della porta e il mio corpo ha solo un asciugamano intorno alla vita. Ti guardo. Ti osservo tramite quel flebile lume, che le candele, oramai strenue di quelle loro fiamme che hanno pian piano sciolto la pudica cera dei nostri corpi, sono le uniche testimoni di un amore mai visibile. La fioca luce calda accarezza figure e ombre. Tu sei lì, con un telo avvolto tra i capelli, i quali sgocciolano, sgocciolano in modo continuo e i rivoli d’acqua blandiscono il tuo corpo quasi a lusingarlo; incominciando dal collo così tornito e sottile, per poi passare lentamente alla tua sinuosa schiena, fino a nascondersi nel solco dei tuoi glutei e congiungerle con i tuoi umori ancora avidi di fluire. Adoro guardarti. Adoro descriverti nella mia mente mentre osservo i tuoi gesti, così ordinari, così pieni di fascino. Sai che colgo ogni espressione, ogni movimento, perché sia armonia con tutto ciò che mi circonda. Appoggi un piede sopra il letto e inizi ad arrotolare le tue autoreggenti, nere e nitide sulla tua pelle diafana, sai quanto io ne sia attratto, e con docile lentezza vi infili prima il piede per poi tirarle su, con movimenti semicircolari, quasi meccanici, ma pur sempre seducenti. Passi all’altra gamba e mi guardi, appoggiando entrambi gli avanbracci sulla coscia. Lasci che un leggero sorriso tinga il tuo viso. Non capisci cosa trovi io di attraente nel vederti rivestire il tuo corpo e con un’ espressione tra comprensione e ironia continui nei tuoi gesti. Lo specchio dietro di te, ti ammira e ti riflette. La stanza è colorata solo dalle sfumature arancio che le fiamme sono in grado di mostrarci. Sono convinto che si tratta di una realtà fin troppo evanescente per poter pensare che ciò possa essere il nostro quotidiano. E’ ancora notte e tu vuoi andare via, sai che qui non puoi rimanere. Sciogli i tuoi capelli da quell’intreccio e lasci che questi ti cadino a coprire i seni come un sipario che si chiude a conclusione di uno spettacolo. Io sono lì, uno spettatore. Uno spettatore di questa tua esibizione. Ogni cosa intorno a noi sembra guardare te, in modo tacito, silenzioso, per assecondare i rumori di una notte muta e quieta, senza che tu te ne renda conto. Mi avvicino a te, alla tua schiena, sfilo l’asciugamano, e ti stringo tra le mie braccia, accarezzando il tuo sedere aggraziato con il mio membro. Inizio a baciare il collo fino a scendere nelle spalle, lecco ogni goccia d'acqua rimasta e man mano mi abbasso facendo pressione sulla tua schiena perché tu possa piegarti. Fletti le ginocchia sul letto e fai in modo che il tuo corpo sia disteso ad eccezione del fondoschiena. Ora sei così, abbandonata alle mie fantasie, inerme e indifesa alla mia lingua che schiude la tua fica ancora dolce e peccaminosa. Ha goduto prima, lo farà pure adesso. Bacio e succhio ogni tuo liquido, così denso, corposo, dolce. Muovo la testa e strofino la faccia tra le tue gambe. Voglio ingoiare ogni parte di te, voglio macchiarmi di tutto ciò che di perverso condivido con il tuo corpo. Devi essere mia. Ti serro le cosce e succhio, succhio e blandisco il tuo frutto della mia saliva. Godi. Ansimi. Distendi i tuoi arti e li rendi molli. Tutto ciò è il preludio al tuo orgasmo. Infilo le mie dita e premo. Premo forte e lecco. Lecco fino a quando non sento una forte pressione. Al mio sfilare, un’ impetuoso sgorgare mi riempie la bocca ancora avvinghiata alle tue labbra. La rendi colma del tuo godimento, così prospero, così fastoso, così sontuoso. Sento gocciolare la mia bocca. Sono pieno di te. Sono padrone del tuo piacere, mi invade, mi inebria, mi rende vorace e bramoso. Ti accasci, intorpidita e rimani immobile con occhi chiusi e stanchi. Nuda, con solo un paio di autoreggenti. Ti copro. Soffio sulle fiammelle, a stento ancora accese, e dissolvo i nostri corpi nel buio, così come il nostro amore si dissolverà alla luce del giorno.
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