La Carnefice
di
Mefisto
genere
pulp
Lei lo guardò
Seduto sulla sedia, nudo. Le mani legate dietro lo schienale. Guardò il suo cazzo molle, lo fissava con disprezzo, inutile pezzo di carne. Iniziò a spogliarsi, lenta, con noncuranza. Via la maglia, i suoi seni grossi, liberi, sodi. Poi tolse la gonna, piegandosi leggermente in avanti. Quando si risollevò incrociò i suoi occhi che la fissavano, spaventati, incerti. Il suo sguardo cadde di nuovo sul suo cazzo, ora non più molle. Sorrise beffarda: Eros e Thanatos, 2 forze contrapposte che non si annullano a vicenda ma si esaltano. Lui mugolava, avrebbe voluto urlare ma il bavaglio stretto intorno alla bocca gli impediva di articolare suoni.
Si avvicinò e gli prese il cazzo in mano, gli diede 2 colpi per farlo rizzare bene e bastarono, come al solito: come sono prevedibili i maschi, pensò.
Si sedette a cavalcioni su di lui, infilandoselo tutto dentro, ed iniziò una leggera danza. Lui agitava la testa, cercando di fuggire almeno col cervello, ma la fica calda di lei lo imprigionava, come le corde imprigionavano i suoi arti.I suoi pensieri offuscati: il terrore, il piacere, il calore che fluiva dentro di lui.
Lei sorrideva ora, di un sorriso estatico: Il cazzo, solo il cazzo le dava piacere. Non la lingua, non le mani, non le parole…solo il cazzo. Tutto quello che voleva da lui, come dagli altri, era il cazzo. Accelerò il ritmo, danzando leggera su quel palo di carne. Aveva scelto davvero bene: sì! Lui era uno di quelli giusti! Nonostante il panico il suo palo restava duro: si trattava solo di non farlo venire…di prendersi il proprio orgasmo senza farlo venire. E lei sapeva come fare. Alternando il su e giù a lenti movimenti circolari…strofinandosi con le dita il clitoride. Sentiva il piacere crescere, montare, arrivarle al cervello. Ed esplose, silenzioso…dentro di lei. Nemmeno un mugolio, solo un sospiro più marcato. Si alzò sfilandoselo velocemente. Ora le faceva schifo, ancora duro, arrogante, lucido della sua fica. Non meritava che il suo cazzo fosse bagnato di lei.
Passò dietro di lui, che aguzzò l’udito…non poteva vederla. Ma non sentì nulla. Sentì solo il freddo della lama che gli recideva veloce la carotide, boccheggiò un attimo e poi il buio.
Lei lo guardò fredda ed impassibile. Guardò la casa, anonima, la casa di un maschio qualsiasi, che l’aveva abbordata in un bar qualsiasi, e se l’era portata lì pensando di aver accalappiato una preda qualsiasi.
Quanto si era sbagliato! Un ghigno affiorò sulle sue labbra veloce ed altrettanto rapido sparì. Si rivestì e si apprestò ad uscire da quella casa.
Era ora di tornare dal suo devoto marito e dai suoi amati figli.
Seduto sulla sedia, nudo. Le mani legate dietro lo schienale. Guardò il suo cazzo molle, lo fissava con disprezzo, inutile pezzo di carne. Iniziò a spogliarsi, lenta, con noncuranza. Via la maglia, i suoi seni grossi, liberi, sodi. Poi tolse la gonna, piegandosi leggermente in avanti. Quando si risollevò incrociò i suoi occhi che la fissavano, spaventati, incerti. Il suo sguardo cadde di nuovo sul suo cazzo, ora non più molle. Sorrise beffarda: Eros e Thanatos, 2 forze contrapposte che non si annullano a vicenda ma si esaltano. Lui mugolava, avrebbe voluto urlare ma il bavaglio stretto intorno alla bocca gli impediva di articolare suoni.
Si avvicinò e gli prese il cazzo in mano, gli diede 2 colpi per farlo rizzare bene e bastarono, come al solito: come sono prevedibili i maschi, pensò.
Si sedette a cavalcioni su di lui, infilandoselo tutto dentro, ed iniziò una leggera danza. Lui agitava la testa, cercando di fuggire almeno col cervello, ma la fica calda di lei lo imprigionava, come le corde imprigionavano i suoi arti.I suoi pensieri offuscati: il terrore, il piacere, il calore che fluiva dentro di lui.
Lei sorrideva ora, di un sorriso estatico: Il cazzo, solo il cazzo le dava piacere. Non la lingua, non le mani, non le parole…solo il cazzo. Tutto quello che voleva da lui, come dagli altri, era il cazzo. Accelerò il ritmo, danzando leggera su quel palo di carne. Aveva scelto davvero bene: sì! Lui era uno di quelli giusti! Nonostante il panico il suo palo restava duro: si trattava solo di non farlo venire…di prendersi il proprio orgasmo senza farlo venire. E lei sapeva come fare. Alternando il su e giù a lenti movimenti circolari…strofinandosi con le dita il clitoride. Sentiva il piacere crescere, montare, arrivarle al cervello. Ed esplose, silenzioso…dentro di lei. Nemmeno un mugolio, solo un sospiro più marcato. Si alzò sfilandoselo velocemente. Ora le faceva schifo, ancora duro, arrogante, lucido della sua fica. Non meritava che il suo cazzo fosse bagnato di lei.
Passò dietro di lui, che aguzzò l’udito…non poteva vederla. Ma non sentì nulla. Sentì solo il freddo della lama che gli recideva veloce la carotide, boccheggiò un attimo e poi il buio.
Lei lo guardò fredda ed impassibile. Guardò la casa, anonima, la casa di un maschio qualsiasi, che l’aveva abbordata in un bar qualsiasi, e se l’era portata lì pensando di aver accalappiato una preda qualsiasi.
Quanto si era sbagliato! Un ghigno affiorò sulle sue labbra veloce ed altrettanto rapido sparì. Si rivestì e si apprestò ad uscire da quella casa.
Era ora di tornare dal suo devoto marito e dai suoi amati figli.
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