La prima volta hardcore

di
genere
gay

Era una calda sera d’estate di un paio di anni fa e vi voglio raccontare di come conobbi Francesco. Eravamo entrambi invitati ad una festa in casa di un nostro amico comune. Francesco è un ragazzo altro circa 180 cm, mingherlino sebbene con due belle fossette che evidenziano gli addominali, biondiccio tendente al castano. A mio avviso un bel ragazzo. Lo avevo adocchiato già durante la festa, ma non mi ero fatto avanti. Ero ancora in quella fase transitoria in cui scopavo con ragazze ma ogni tanto avevo la pulsione di essere scopato da ragazzi, una voglia che ho scoperto comune a moltissimi uomini. Anzi, dirò che avevo un certo feticismo per i cazzi: passavo le ore a cercare video di prestanti ragazzi con dotazioni mirabolanti; sbavavo davanti a pacchi in mostra di ragazzi in palestra, ma le mie esperienze rimanevano poche ed io ero insoddisfatto e arrapato come non mai. Lui fu la mia cura definitiva.
Sta di fatto che la festa finì. Il nostro amico si ritirò per i secondi festeggiamenti con la ragazza, mentre con mia sorpresa scoprii che avrei condiviso la camera con Francesco. Non ci credevo. Una volta in camera calò un leggero imbarazzo nel momento in cui ci spogliammo. Io, da bravo arrapato, non potei non guardare il suo pacco, che constatai grosso, veramente grosso. Già fantasticavo. Lui vide il mio sguardo languido, ma non disse niente inizialmente. Entrammo nel letto matrimoniale e con una mossa lesta e mi appoggiò il pacco sul mio culo; sentivo quel cazzo di cui non mi capacitavo delle dimensioni in mezzo al mio culo, era ancora barzotto ma palpativa di piacere. Mi sussurrò nell’orecchio: “Ho visto come hai fissato il mio pacco e come mi guardavi durante la festa, cagna. Ti prometto che domani farai fatica anche solo ad alzarti”. Ero come in trance, tramortito dall’eccitazione: finalmente avrei avuto a che fare con un cazzone. Continuò lui: “nonostante abbia una voglia matta, voglio farti guadagnare il mio cazzo. Stupiscimi”. La mia mente perversa, completamente succube di quella voce decisa, profonda e guidato dal desiderio di avere quel cazzo mi fece prendere la decisione di leccargli i piedi; glieli leccai con passione, dito per dito; lui sogghignava, con quel sorrisetto che mi faceva impazzire. Andai avanti per un buon quarto d’ora, finché mi disse di chiudere gli occhi: dopo qualche secondo mi ritrovai il suo ano, depilato e pulito in faccia; mi ordinò di leccarlo e tra una leccata e un’altra me lo premeva per bene in faccia, sicché per qualche secondo non respiravo. Ma non protestavo, sentivo le sue palle su di me, erano grosse, piene. Ero completamente eccitato. E finalmente, dopo un tempo interminabile e già inumidito dai suoi umori anali, mi fece vedere il suo cazzo, eretto in tutta la sua grossezza: era una nerchia di 22 cm, larga, venosa, palpitante di piacere e fremente di aprire il mio culo. Glielo leggevo negli occhi che avrebbe mantenuto quanto mi aveva detto prima. La mattina dopo non avrei camminato.
Ma inaspettatamente non mi disse di aprire le gambe o altro; sempre fissandomi, si avvicinò alla mia faccia e iniziò a picchiettarmi la verga sulla faccia; piano dapprima, con intensità sempre maggiore dopo. L’ebbrezza di sentirsi preso a pisellate da un cazzo così grosso è stupenda. Ti senti posseduto, ti senti suo, come lui rimarcava: “Guardati troia, da quanto ti ho appoggiato il cazzo sul culo non fai che fremere di voglia, sei talmente eccitato che manco parli”. Era vero, non parlavo, la mia eccitazione me lo impediva e io ero in balia della sua volontà; in fondo era questo che volevo, essere sottomesso al suo cazzo, alla sua volontà. Se accetti subito di essere il beta e riconosci il ruolo dell’alfa godi di più, senza ombra di dubbio.
Finita la tempesta di cazzo sulla mia faccia, mi spinse di forza verso il letto; io a pancia in su divaricai le gambe con un gesto fluido e accattivante. Francesco sorrideva e nel medesimo tempo di inumidiva le dita. Dita che poco dopo finirono nel mio ano, ancora stretto. Mi preparava alla tempesta di dopo. Con l’altra mano mi dava schiaffetti in volto, rimarcando quanto fossi troia e quanto fossi il suo “svuota coglioni”. E infine arrivò il momento: la sua cappella, grossa e rosea premette sul mio sfintere già in parte rilassato. Fu meno difficile di quanto pensavo prendere tutti i 22 cm di Francesco; ma non per questo meno doloroso. Avevo preso sino ad allora pochi cazzi e di dimensioni modeste; dopo qualche tempo lo avevo tutto dentro di me: lo sentivo, duro e caldo, un palo conficcato nel mio culo. Piano piano iniziò a pompare, era bravo, un buon ritmo, leggero voleva che godessi e così fu: al dolore si sostituì il piacere, al piacere il godimento. Era questa la fase a cui Francesco voleva arrivare: il mio godimento non mi faceva sentire il ritmo dei suoi colpi aumentare, di più e sempre con maggiore forza. Anzi, io godevo ancora di più e finalmente parlai: “Sfondami Francesco, sfondami cazzo!”. Sorrise con fare quasi malefico, il suo sudore mi colava addosso, e mi baciò appassionatamente. Alla fine del bacio mi girò con forza e me lo trovai sopra, io supino e lui sopra di me, una posizione che me lo faceva sentire per bene il suo cazzo. Ma alla fine arrivammo alla posizione a cui entrambi anelavamo: la pecorina. Fui io a mettermi a novanta, preso come ero nella mia parte di sottomesso. Iniziò a trapanarmi letteralmente, il suo cazzo entrava e usciva con forza inaudita; 22 cm che ti entrano così si sentono eccome, il piacere era immenso, ma sentivo anche dolore. Ma non volevo mollare, sapevo che stava per venire perché il numero di colpi si stava facendo intenso. Il mio culo era già in fiamme per le sculacciate che non mi risparmiava. “Cazzo, ora ti vengo dentro, stronzo”. Venne dentro di me, copiosamente, 6 schizzate che mi inondarono l’ano di sperma caldo e fluido. Stramazzammo sul letto, esausti, senza fiato e ci addormentammo così, nudi e distrutti. Il giorno dopo, come potrete immaginare, facevo fatica a camminare.
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scritto il
2017-07-18
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