Oltre le aparenze Dinale
di
Ironwriter2025
genere
tradimenti
La porta si chiuse alle spalle di Luca con un clic sordo. Il respiro ancora affannato dalla corsa, le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte e gli occhi leggermente arrossati dal vento fresco del mattino. Si tolse gli auricolari e si avviò verso la cucina, mentre l’odore del caffè appena fatto lo raggiungeva in un abbraccio familiare e caldo.
Martina era lì, appoggiata al piano della cucina, con una tazza fumante tra le mani. Lo stava aspettando.
Indossava un paio di leggings di pelle neri, aderenti come una seconda pelle, che le disegnavano perfettamente le gambe e i fianchi. Il top in raso color crema lasciava scoperta una striscia sottile di pelle all’altezza del ventre, morbida e invitante, e si aggrappava con delicatezza alle curve del seno, disegnandole senza mostrarle apertamente. I capelli, ancora un po’ spettinati dal sonno, le cadevano sulle spalle con una naturalezza disarmante. Il trucco era appena accennato, solo un tocco di lucidalabbra e una leggera ombra sugli occhi, ma il suo sguardo aveva la stessa intensità della sera prima: calmo, profondo, sicuro.
«Buongiorno, corridore,» disse con un sorriso lento, «sei tornato in tempo per il caffè. E per me.»
Luca si fermò un istante sulla soglia, lasciando che quella visione gli si incidesse negli occhi. Il contrasto tra il suo corpo ancora caldo dalla corsa e la sensualità rilassata di Martina lo colpì nel profondo.
«Mi sa che il vero allenamento comincia adesso,» mormorò con un sorriso stanco ma acceso.
Lei si avvicinò con passo lento, posò la tazza sul tavolo e gli passò accanto sfiorandogli il petto con il dorso della mano, lasciando una sottile scia di profumo delicato, appena speziato. Poi si fermò dietro di lui e gli sfilò con delicatezza la maglietta sudata, lasciandola cadere sul pavimento.
«Sei caldo…» sussurrò, poggiandogli le mani sulle scapole. «…e un po’ bagnato.»
Le sue dita cominciarono a scendere lungo la schiena, leggere, quasi a esplorare ogni centimetro, ogni tensione muscolare.
«Fammi preparare la colazione,» disse con voce suadente, «poi vediamo se riesco a rimetterti in forma. O magari a stancarti ancora un po'.»
Luca si lasciò sfuggire un sospiro profondo, quasi liberatorio, mentre l’acqua calda della doccia gli scorreva addosso. Ogni goccia sembrava sciogliere la fatica della corsa e allo stesso tempo riattivare le immagini della sera precedente. La voce di Martina, il suo corpo, i suoi occhi… e quella bottiglia. Gli tornò tutto in mente con un’intensità quasi palpabile. Gli scivolò una mano tra i capelli, poi sul viso, cercando di lavare via i pensieri, ma quelli restavano incisi come tatuaggi sotto pelle.
Pochi minuti dopo, indossata una semplice maglietta grigia e pantaloni comodi, raggiunse Martina in cucina. Lei era già seduta, le gambe elegantemente accavallate, il caffè ancora caldo tra le mani e un sorriso sottile sulle labbra, come se avesse già intuito la prima domanda che le avrebbe fatto.
Luca si versò una tazza, si sedette accanto a lei e la osservò per qualche secondo in silenzio. Martina si girò verso di lui, inclinando appena la testa, curiosa. Il sole filtrava dalle tende e le disegnava sul volto un profilo dorato.
«Posso chiederti una cosa?» cominciò lui, con tono calmo ma carico di sottintesi.
«Sempre,» rispose lei, posando la tazza con un leggero tintinnio.
Luca le prese una mano tra le sue, i pollici che accarezzavano lentamente le nocche. I suoi occhi erano fissi nei suoi.
«Che effetto ti ha fatto, ieri sera? Intendo… davvero. Essere così, come ti ho vista. Come ti ho presa. Quello che hai fatto. Lo volevi davvero? Ti è piaciuto?»
Martina non abbassò lo sguardo, anzi. Sorrise appena, quasi divertita dalla domanda, ma con un tocco di tenerezza negli occhi. Si avvicinò con il busto, accorciando la distanza tra i loro volti.
«Luca…» cominciò piano, «non ti sei accorto di come tremavo? Di come mi muovevo contro di te? Di quanto forte venivo?»
Fece una breve pausa, poi aggiunse:
«Non era solo piacere fisico. Era abbandono. Era desiderio di farmi tua. Di farmi tua anche nelle fantasie più estreme, più spinte. Mi sono sentita… viva. E mi hai fatto sentire bellissima. Potente. Ma anche tua. Solo tua.»
Si fermò un attimo, accarezzandogli il mento con le dita, poi sorrise di nuovo, stavolta in modo più provocante.
«Certo, non è stato solo un gioco. Quella bottiglia… quel modo in cui mi hai guardata… Luca, tu non sai quanto mi eccita sapere che riesco a tirare fuori quel lato da te. E voglio farlo ancora. Ma solo se anche tu lo vuoi davvero.»
Poi si fece più seria, tornando con lo sguardo nei suoi occhi.
«Dimmi tu: ti è piaciuto davvero quello che hai visto? Quello che hai fatto? O ti sei spinto troppo oltre?»
Martina si avvicinò lentamente, inclinando la testa con grazia. Le sue labbra sfiorarono quelle di Luca in un bacio che sapeva di mattina e di intimità, ma anche di qualcosa di più profondo, più consapevole. Non era un bacio urgente, né vorace: era un sigillo delicato, una carezza sulle labbra, come a dire "ci sono, sono con te".
Luca chiuse gli occhi per un attimo, godendosi quel contatto, quella leggerezza carica di tutto ciò che si erano detti – e fatti – la notte prima. Poi, lentamente, si staccò da lei, mantenendo le mani sulle sue cosce, sfiorandole con i pollici.
«No,» disse a bassa voce, guardandola dritta negli occhi. «Non mi sono sentito di essermi spinto troppo oltre. Anzi… è stato intenso, nostro, vero. Eravamo solo noi due, Martina. Nessun altro, nessuna maschera.»
Lei lo ascoltava senza dire nulla, lo sguardo serio, attento, ma con un guizzo che danzava appena sotto la superficie. Un guizzo che Luca ormai sapeva riconoscere: il segno che nella sua mente, qualcosa stava già prendendo forma.
«Ora...» proseguì lui, passandole una mano tra i capelli, «…la vera domanda è: quello che è successo ieri ti basta? Ti appaga davvero? O dentro di te stai già immaginando qualcos’altro?»
La pausa che seguì fu carica di silenzio e di elettricità.
«Voglio capire se per te quei giochi… quei giocattoli… ti soddisfano davvero,» disse piano, «oppure se il pensiero di un altro uomo è ancora lì, a bussare piano. Se ti stuzzica. Se ti manca.»
Martina restò in silenzio per un istante, poi prese un sorso di caffè, quasi a voler assaporare bene la domanda prima di rispondere. Quando posò la tazza, le sue dita rimasero chiuse attorno al manico come se ci trovasse un ancoraggio.
«Mi ha appagato, sì,» cominciò con voce bassa ma sicura. «Perché eri tu. Perché eri tu che guidavi. E io adoro farmi portare dove vuoi, sorprenderti, accenderti. Quella bottiglia… quel modo in cui mi hai presa… non è solo erotismo, Luca. È il segno che tra noi tutto può succedere. Che possiamo andare ovunque. E questo mi fa impazzire.»
Fece una pausa, poi alzò lo sguardo verso di lui, con quella luce limpida e misteriosa che solo lei sapeva avere.
«Ma…» e il tono cambiò, più velato, più intimo, «…non posso negare che ci sia ancora una parte di me che si chiede cosa succederebbe se ci fosse qualcun altro. Un uomo vero, in carne e ossa. Non un sostituto di vetro o plastica. Uno che mi guarda, che mi tocca. Uno che tu scegli per me. Uno che sai come mi deve prendere… perché me lo dici tu.»
Martina si alzò dalla sedia lentamente, camminò intorno al tavolo, si sedette sulle ginocchia di Luca, il top in raso che sfiorava la sua pelle calda di doccia.
«Ma non ho bisogno di lui,» sussurrò all’orecchio. «Ho solo bisogno di sapere se tu, amore mio, hai voglia di vedermi così. Di guidarmi anche in questo. Perché se tu lo vuoi… io ci sono.»
Poi si staccò appena, accarezzandogli il viso con dolcezza.
«E se invece preferisci restare in due… mi basterà. Perché nessuno al mondo sa farmi sentire come mi fai sentire tu.»
Luca rimase in silenzio per qualche istante, il cuore che batteva un po’ più forte, incerto se parlare o se lasciar perdere. Ma poi la guardò. I suoi occhi, il suo corpo, la sua sicurezza. La donna che aveva scelto, la donna che ogni giorno gli insegnava qualcosa in più sul desiderio e sull’amore.
Prese un respiro profondo, cercando le parole giuste.
«Martina…» cominciò, con una voce ferma ma attraversata da una nota d'incertezza, «e se… se tornassimo lì? A quel posto. Quello dove ci guardavano. Ma stavolta… ci spingessimo oltre.»
Lei abbassò appena lo sguardo, come se già sapesse cosa stesse per sentire.
«Se… ci fosse uno sconosciuto. Uno che non conosciamo, che non saprà mai nulla di noi, ma che potrà solo… partecipare. Toccare. Prenderti. Davanti a me.»
Martina non disse nulla.
Il silenzio cadde nella cucina come una lama d’aria fredda. Le sue dita lasciarono lentamente la tazza, e senza una parola si alzò, elegante e decisa. Non c'era rabbia nei suoi gesti, né fretta. Solo una calma strana, inquietante. Si voltò, e lasciò Luca da solo, seduto, con ancora il calore delle sue gambe sulle ginocchia.
Luca restò immobile. Il caffè si era fatto amaro nella bocca. Guardò il tavolo, la tazza, la sedia vuota. Il cuore si chiuse in un pugno.
Forse ho osato troppo.
Forse l’ho spinta dove non voleva andare.
Forse ho rovinato tutto.
Chiuse gli occhi per un momento, cercando di frenare il nodo alla gola, il senso di colpa che stava salendo.
Poi, un rumore di passi leggeri alle sue spalle.
Si voltò.
Martina era lì, in piedi nell’arco della porta, con una coda alta che lasciava scoperto il suo viso deciso e sensuale. Il trucco era cambiato: non più quello sfumato e leggero del risveglio, ma uno sguardo intenso, segnato da una linea netta di eyeliner e un rossetto profondo che faceva brillare le labbra. Indossava ancora i leggins di pelle e il top in raso, ma adesso sembrava diversa. Più composta. Più... pronta.
Lo guardò dritto negli occhi.
«Quando andiamo?» chiese, con voce bassa ma ferma, un sorriso appena accennato sulle labbra.
Luca restò immobile per un secondo, poi si alzò lentamente, come se il mondo avesse appena ripreso a girare.
Martina si avvicinò a lui, portò una mano al petto di Luca, lisciando il tessuto della camicia come per rassicurarlo.
«Non osare mai pensare di aver chiesto troppo,» sussurrò, avvicinandosi al suo viso. «Hai solo acceso un desiderio che già stava lì, a covare. E adesso… voglio che tu sia quello che mi ci porta.»
Martina salì le scale con passo lento e sicuro, lasciando dietro di sé un silenzio carico d’attesa. Luca rimase in cucina, lo sguardo perso nel vuoto e un sorriso che tradiva una miscela di sollievo e desiderio. Il suo cuore batteva più veloce, non per il dubbio, ma per l’eccitazione di ciò che si stava preparando.
Poco dopo, il rumore leggero dei tacchi sui gradini annunciò il ritorno di Martina. Quando riapparve sulla soglia, era l’immagine vivente della seduzione consapevole.
Il body nero lucido le aderiva perfettamente, sottolineando ogni curva con precisione chirurgica. Le spalle scoperte e il taglio profondo sul seno lasciavano intuire quanto volesse essere guardata. Le autoreggenti in pizzo nero, agganciate saldamente, accompagnavano le sue gambe lunghe e toniche con eleganza lasciva. Ai piedi, un paio di décolleté neri verniciati, alti e affilati, completavano quell’insieme ipnotico.
Martina si fermò di fronte a Luca, un’espressione decisa sul volto e le labbra dipinte con un rosso profondo, sensuali ma mai volgari. I capelli, raccolti in una coda alta e tirata, lasciavano scoperto il collo, la linea perfetta della mascella, l’aria di una donna che sapeva esattamente il potere che stava esercitando.
«Allora?» chiese con un sorriso inclinato, tenendo le mani sui fianchi, la voce calma e profonda. «Mi hai detto alle diciannove, giusto? Dovrei cambiare qualcosa… o va bene così per farti perdere la testa?»
Luca si alzò, le si avvicinò lentamente, come se stesse avvicinandosi a una visione. Le posò una mano sulla vita stretta sentendo il tessuto morbido e liscio fasciare la vita di Martina e, guardandola negli occhi, mormorò: «Tu sei già troppo. E stanotte, lo sarai ancora di più.»
Luca le aprì la portiera e attese che si sedesse in macchina. La visione della sua donna vestita in quel modo oscenamente eccitante per eccitare dei guardoni lo aveva già eccitato, ma la naturale eleganza con cui si era seduta dul sedile accavallando le gambe velate dalle autoreggenti gli diede l'immagine di lei usata dal bull, un colpo all stomaco lo piegò in due.
Luca la guardò e sentì qualcosa serrargli lo stomaco.
Non era solo eccitazione. Non era solo desiderio.
Fu un colpo secco, come se quell’immagine gli avesse riaperto dentro qualcosa che aveva cercato di dimenticare. O forse solo di mettere a fuoco. L’idea di rivederla così, pronta per essere esposta di nuovo… e forse presa… forse usata da un altro… lo colpì con una tale forza da togliergli il respiro.
Si accasciò lentamente, accovacciandosi appena fuori dalla portiera, una mano a reggere il peso sul bordo dell’auto, l’altra a stringere il ginocchio. Il petto gli si sollevava piano, ma irregolarmente. Non per lo sforzo fisico. Per l’onda che lo aveva travolto.
Martina lo guardò per un istante senza muoversi. Aveva capito. Quel silenzio improvviso, quel piegarsi… non era solo un gesto.
«Luca…» disse infine con voce bassa, non più sensuale, ma morbida, attenta.
Lui sollevò appena lo sguardo verso di lei. Nei suoi occhi c’era tutto: il ricordo della sera in cui l’aveva vista con il bull, il misto di dolore e eccitazione, la paura di rivedere quella scena… e di desiderarla ancora.
«Non so se ce la faccio…» mormorò, più a se stesso che a lei. «Rivederti così, sapere cosa potrebbe succedere… è come se una parte di me si ribellasse. Ma l’altra…»
Fece una pausa, il fiato ancora corto.
«L’altra parte di me non vuole nient’altro che vederti là. Ancora.»
Martina allungò la mano verso di lui e gli accarezzò piano i capelli, senza parlare. Il suo tocco era fermo, caldo. Poi, lentamente, il sorriso tornò sul suo volto — ma non era un sorriso provocante.
Era quello della donna che conosce l’uomo davanti a sé fino in fondo.
Martina lo fissò per un lungo istante. Poi, senza dire una parola, scese dall’auto. I tacchi ticchettarono delicatamente sull’asfalto del vialetto mentre si avvicinava a Luca, ancora accovacciato, ancora con quello sguardo perso a metà tra il desiderio e il timore.
Si chinò davanti a lui e gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarla.
«Vieni con me» disse piano, con un tono che non lasciava spazio a esitazioni, ma che era intriso di una dolce fermezza. Non una richiesta. Non un ordine. Una carezza travestita da invito.
Luca la guardò, gli occhi ancora velati da quell’emozione grezza e confusa. Ma si lasciò sollevare. Le mani di lei lo guidarono con una naturalezza che era tutta intimità, tutta complicità. Martina lo prese per mano, lo accompagnò silenziosa verso casa, e lui non oppose resistenza.
Risalirono i gradini piano, come se ogni passo fosse un ritorno a qualcosa di più profondo del semplice andarsene da un vialetto.
Appena dentro, Martina chiuse la porta alle loro spalle e lo abbracciò. Forte. Il suo corpo, avvolto in quel body provocante, non cercava di eccitare adesso. Cercava solo di proteggere. Di contenere la tempesta che aveva letto nei suoi occhi.
«Non dobbiamo fare nulla che non siamo pronti a vivere davvero…» sussurrò contro il suo petto. «Non devi proteggere la mia perversione a costo della tua serenità. Non è questo che voglio. Mai.»
Luca non parlò. Ma la strinse a sé, forte. Come a dire: Grazie. Perché sai leggermi meglio di quanto io sappia leggermi da solo.
Martina lo guidò con dolcezza verso il divano, senza dire nulla. I suoi passi leggeri, il fruscio appena accennato del body contro la pelle, tutto sembrava muoversi in un tempo diverso, più lento, più profondo.
Lo fece sedere, poi si allontanò solo per qualche istante. Quando tornò, portava con sé due bicchieri bassi e un’elegante bottiglia di whiskey torbato, invecchiato sedici anni. Il colore ambrato brillava appena sotto la luce soffusa del soggiorno.
Versò il liquido con cura, come fosse un gesto rituale, e gli porse il bicchiere senza una parola.
Luca lo prese tra le dita, lo osservò per un attimo. L’aroma intenso e affumicato gli riempì le narici, come una carezza lenta. Ne sorseggiò un piccolo sorso, lasciando che il calore gli scivolasse dentro, allentando una tensione che non aveva ancora del tutto riconosciuto.
Martina gli si sedette accanto, accostando le gambe alle sue, ma non in modo provocante. Solo vicina. Voleva esserci.
Poi lo abbracciò piano, appoggiando il capo sulla sua spalla. Le sue labbra si posarono sul collo di Luca con una delicatezza struggente, come se stesse cercando di guarirlo da dentro. Nessuna velleità, nessun gioco. Solo amore. Solo loro due.
«Qualunque sia il passo che faremo,» mormorò piano, «lo faremo insieme. Anche se ci fermiamo qui, io sono felice. Tu mi basti.»
Il silenzio che seguì non era vuoto. Era denso di significati, di emozioni sospese. Di mani che si sfioravano senza afferrarsi, come a dire: ci siamo. Non abbiamo bisogno di altro. Ma se ci sarà altro, sarà perché lo vogliamo davvero entrambi.
Luca la guardò negli occhi. Le pupille leggermente dilatate, il viso rilassato, eppure segnato da una decisione limpida. Bevve un altro piccolo sorso di whiskey e, posando lentamente il bicchiere sul tavolino, le sussurrò con una voce piena di desiderio e gratitudine:
«Ti voglio, Martina… ora.»
Martina non rispose subito. Lo guardò con un sorriso dolce, poi si alzò in silenzio, lasciando che le dita gli scorressero leggere sul petto mentre si allontanava verso la camera da letto. Il suono dei tacchi sul parquet fu come un battito cardiaco rallentato, ogni passo un invito muto, una promessa.
Dopo qualche minuto, tornò.
Aveva cambiato solo un dettaglio: portava con sé una piccola cassa Bluetooth e, nascosto dietro la schiena, un dildo — ma questo lo lasciò momentaneamente in disparte, sul mobile basso accanto al divano. Accese la musica: un ritmo sensuale, caldo, avvolgente. Una melodia carica di tensione erotica, ma anche di gioco e malizia.
Si posizionò al centro del soggiorno, davanti a Luca. Il suo body nero lucido aderiva al corpo come un invito costante, mentre le autoreggenti disegnavano linee verticali che accentuavano ogni curva delle sue gambe. Iniziò a muoversi lentamente, in un ondeggiare controllato dei fianchi, lo sguardo fisso su di lui. Non era solo un ballo erotico. Era per lui. Solo per lui.
Si avvicinò, lentamente, come una danzatrice esperta, e appoggiò un piede tra le gambe di Luca, senza toccarlo. Poi si voltò, gli mostrò la schiena, e cominciò a muovere il bacino a ritmo con la musica, piegandosi in avanti quanto bastava a lasciargli intravedere le curve più proibite.
Martina si trasformava sotto i suoi occhi: da compagna amorevole a dea della seduzione, incarnazione di ogni sua fantasia. E lo faceva con eleganza, senza mai perdere quel rispetto profondo che li univa. Ogni suo gesto diceva: lo faccio per me, ma soprattutto per te.
Quando la musica rallentò, si girò di nuovo verso di lui. Il respiro era appena più affannato, gli occhi brillavano. Prese il dildo dal mobile e lo lasciò scivolare piano sul tavolino, accanto al whiskey.
«Ti va di guardare ancora, o vuoi toccare?» chiese con un tono così seducente e diretto che fece venire i brividi a Luca.
Martina si inginocchiò lentamente davanti al tavolino, come se stesse compiendo un rito. Le mani si posarono sul dildo, lo accarezzò con le dita come se stesse valutandone la forma, il peso, la promessa. Poi sollevò lo sguardo verso Luca, seduto sul divano, ancora col fiato corto, ancora pieno del desiderio che lei aveva acceso.
«Non serve un altro uomo per farmi godere» sussurrò, lasciando che il tono della voce scivolasse tra il serio e il provocante. «Non stanotte… stanotte voglio solo vederti impazzire mentre mi guardi.»
Si sdraiò sul tappeto, le gambe piegate con grazia da ballerina, le ginocchia aperte quanto bastava a mostrare ciò che il body lucido conteneva, lasciando immaginare tutto. Con lentezza, fece scorrere una mano sulla coscia, poi sull’inguine, fino a infilarsi sotto il tessuto. Un sospiro leggero le sfuggì dalle labbra mentre si accarezzava, senza mai distogliere lo sguardo da lui.
Con l’altra mano, prese il dildo e lo portò piano tra le gambe, lo fece scivolare tra le pieghe del body, accarezzando l’esterno con una lentezza esasperante. Poi, con un piccolo gesto, spostò l’apertura del tessuto, aprendosi alla vista di Luca, mostrandogli l’intimo umido e lucente di desiderio.
«Guarda come mi fai sentire…» mormorò, mentre la punta del dildo si avvicinava piano al suo centro.
Lo spinse dentro di sé un poco alla volta, emettendo un gemito sommesso, più simile a un respiro trattenuto che a un suono sfacciato. Il ritmo era lento, studiato. Si muoveva da sola, si penetrava con grazia e decisione, mentre i fianchi ondeggiavano in cerca di quel punto perfetto. Il viso arrossato, gli occhi semichiusi, ma sempre rivolti a lui.
Luca la osservava in silenzio, stordito dalla bellezza di quella scena. Vedeva la sua donna vivere un piacere pieno, elegante, senza bisogno di altro che il proprio corpo e il suo desiderio. Sentiva crescere in lui qualcosa di viscerale, un misto di adorazione e brama, un nodo stretto tra amore e perversione.
Martina gemette più forte, stavolta, e il corpo si tese in un arco perfetto. Il dildo si muoveva più deciso, la mano più veloce. Il piacere la attraversava, visibile, vivido, esplosivo dentro di lei. Poi si fermò. Restò un istante sospesa, come in bilico sul ciglio del piacere, e lo guardò.
«Vieni tu adesso?» chiese, con un sorriso sfinito e appagato.
Luca era a dir poco allibito, eccitato e sconvolto dallo spettacolo che sua moglie aveva appena inscenato. Nella sua testa scattò una molla, si accese un interruttore che di fianco alla macchina pochi minuti fa si era spento, raccolse Martina da terra e la baciò appassionatamente, la strinse a se, facendole sentire il turgore della sua eccitazione sul ventre, la girò e sempre abbracciandola fece aderire la sua virilità al solco del suo sedere, "amore mio sei davvero una splendida troia, mi hai acceso tutti gli interruttori della libido, è troppo tardi per andare a farci guardare?", martina si girò verso di lui, tutta la sensualità sparita dal suo sguardo, "sei sicuro Luca?", lui non esitò un solo attimo, "si", la prese per mano e quasi correndo la portò nuovamente alla macchina dove la fece accomodare, Martina lo guardò in viso e lo vide sorridente, con gli occhi languidi di perversione, capì che il momento era giunto.
Durante il viaggio Luca parlò pochissimo, si capiva che non voleva che il momento magico svanisse tra di loro. Fortunatamente il luogo non era lontano da casa loro e in una ventina di minuti posteggiarono esattamente nello stesso posto della scorsa volta. Appena giunti sul posto Luca fece arretrare entrambi i sedili e sdraiò Martina, non si preoccupò minimamente se fuori ci fossero spettatori o meno, saltò il cambio e fu sopra a Martina, lei aprì le gambe per fargli più posto e sentì che l'eccitazione non era ancora scesa, cominciò a baciare la bocca di Luca infilandogli la lingua in bocca e lottando con la sua, Luca sembrava colto da un raptus, le sue mani erano ovunque sulle sue gambe, sul suo seno, sul suo collo sulla sua vagina ancora allagata di piacere, lo sentì armeggiare con i pantaloni e poi issarsi sopra il suo petto, "stringilo con le tette troia, ti voglio scopare il seno oggi" Martina ancora un pò scombussolata da tanta aggressività non potè che obbedire e lentamente anche in lei ricominciò a salire l'eccitazione. L'immagine del cazzo turgido del suo uomo che appariva e scompariva tra i suoi seni inguainati dal suo body più sexy la stavano elettrizzando, lo guardò diritto negli occhi, "Luca sbattimi sul cofano e scopami come sai fare solo tu!", Luca pare non avere neanche sentito Martina, in questo momento per lui era solo un corpo su cui sfogarsi, lei lo fece rallentare lo fece sedere al posto di guida, e cme fece la prima volta, in ginocchio sul suo sedile cominciò a succhiarlo, alternando la bocca con passaggi sui suoi capezzoli, Luca sembro riprendersi dalla trance, cominciò a guardarsi intorno e realizzò che lo spettacolo non era passato inosservato.
All'interno della macchina si trasferirono sul sedile posteriore, luca si sdraiò e martina gli salì sopra infilandosi il suo membro duro e plusante dentro, "dio martina sei stupenda, non esiste al mondo una donna con una carica erotica come la tua!", lei lo cavalcava stando ferma sul suo ventre e usando i muscoli vaginali per dargli piacere, "si ma adesso voglio l'altro dietro", "quale vuoi che sia Martina?", "non mi interessa, non voglio neanche sapere che faccia abbia!", luca sblocco lo sportello e immediatamente un maschio apparve con un bel cazzo duro in mano"metti il goldone e inculala" L'uomo non se lo fece ripetere e con non poche difficoltà fu dentro a Martina, il secondo maschio le donò un orgasmo immediat, ma il movimento alternato dei due abbinato a due mani sconosciute che la toccavano e la palpavano porto martina al parossismo, neanche si accorse quando dall'altro lato della macchina l sportello venne aperto e un terzo maschio le scaricò tutto il suo piacere sul viso.
Martina portò a compimento la doppia penetrazione facendo venire entrambi i maschi dentro di lei, al loro orgasmo venne nuovamente e si abbattè su di Luca priva di forze. L'uomo senza dire una parola si alzò e spari. Finito lo spettacolo Luca e Martina si trovarono soli sdraiati sul sedile posteriore dell'auto, entrambi soddisfatti, ma Martina carezzo Luca e gli disse "non mi piace scopare con gli sconosciuti, godo di più con te e la bottiglia che così!", Luca la baciò sulle labbra, Ti amo Martina, Ti amo Luca.
La storia di Luca e Martina finisce qui, quando scrivi un racconto, alle volte sono i protagonisti a condurti all'epilogo, senza possibilità di obiezioni. Martina ha voluto provare delle divagazioni dal tema di mera coppia, ma ha scoperto che solo l'uomo che le è accanto nel cammino della vita può davvero darle le emozioni e le sensazioni che cerca ogni giorno. Luca ha voluto e dovuto seguire la sua Dea per rendersi conto che le sue perversioni erano le stesse, ma ha acquisito la consapevolezza che solo insieme avrebbero fatto la differenza. La vita li porterà nuovamente a sperimentare e osare, ma a questo punto possiamo farli volare solitari, senza sbirciare sulle loro perversioni, che sono solo loro, intime e profonde e non riconducibili a mere parole scritte da questo cantastorie.
Grazie a tutti per aver letto queste mie righe guidate da Martina e Luca, perchè Martina, come sempre nella vita, ci ha guidato nella perversione di una donna innamorata del suo uomo e del sesso goduto senza limiti.
Ironwriter2025
Martina era lì, appoggiata al piano della cucina, con una tazza fumante tra le mani. Lo stava aspettando.
Indossava un paio di leggings di pelle neri, aderenti come una seconda pelle, che le disegnavano perfettamente le gambe e i fianchi. Il top in raso color crema lasciava scoperta una striscia sottile di pelle all’altezza del ventre, morbida e invitante, e si aggrappava con delicatezza alle curve del seno, disegnandole senza mostrarle apertamente. I capelli, ancora un po’ spettinati dal sonno, le cadevano sulle spalle con una naturalezza disarmante. Il trucco era appena accennato, solo un tocco di lucidalabbra e una leggera ombra sugli occhi, ma il suo sguardo aveva la stessa intensità della sera prima: calmo, profondo, sicuro.
«Buongiorno, corridore,» disse con un sorriso lento, «sei tornato in tempo per il caffè. E per me.»
Luca si fermò un istante sulla soglia, lasciando che quella visione gli si incidesse negli occhi. Il contrasto tra il suo corpo ancora caldo dalla corsa e la sensualità rilassata di Martina lo colpì nel profondo.
«Mi sa che il vero allenamento comincia adesso,» mormorò con un sorriso stanco ma acceso.
Lei si avvicinò con passo lento, posò la tazza sul tavolo e gli passò accanto sfiorandogli il petto con il dorso della mano, lasciando una sottile scia di profumo delicato, appena speziato. Poi si fermò dietro di lui e gli sfilò con delicatezza la maglietta sudata, lasciandola cadere sul pavimento.
«Sei caldo…» sussurrò, poggiandogli le mani sulle scapole. «…e un po’ bagnato.»
Le sue dita cominciarono a scendere lungo la schiena, leggere, quasi a esplorare ogni centimetro, ogni tensione muscolare.
«Fammi preparare la colazione,» disse con voce suadente, «poi vediamo se riesco a rimetterti in forma. O magari a stancarti ancora un po'.»
Luca si lasciò sfuggire un sospiro profondo, quasi liberatorio, mentre l’acqua calda della doccia gli scorreva addosso. Ogni goccia sembrava sciogliere la fatica della corsa e allo stesso tempo riattivare le immagini della sera precedente. La voce di Martina, il suo corpo, i suoi occhi… e quella bottiglia. Gli tornò tutto in mente con un’intensità quasi palpabile. Gli scivolò una mano tra i capelli, poi sul viso, cercando di lavare via i pensieri, ma quelli restavano incisi come tatuaggi sotto pelle.
Pochi minuti dopo, indossata una semplice maglietta grigia e pantaloni comodi, raggiunse Martina in cucina. Lei era già seduta, le gambe elegantemente accavallate, il caffè ancora caldo tra le mani e un sorriso sottile sulle labbra, come se avesse già intuito la prima domanda che le avrebbe fatto.
Luca si versò una tazza, si sedette accanto a lei e la osservò per qualche secondo in silenzio. Martina si girò verso di lui, inclinando appena la testa, curiosa. Il sole filtrava dalle tende e le disegnava sul volto un profilo dorato.
«Posso chiederti una cosa?» cominciò lui, con tono calmo ma carico di sottintesi.
«Sempre,» rispose lei, posando la tazza con un leggero tintinnio.
Luca le prese una mano tra le sue, i pollici che accarezzavano lentamente le nocche. I suoi occhi erano fissi nei suoi.
«Che effetto ti ha fatto, ieri sera? Intendo… davvero. Essere così, come ti ho vista. Come ti ho presa. Quello che hai fatto. Lo volevi davvero? Ti è piaciuto?»
Martina non abbassò lo sguardo, anzi. Sorrise appena, quasi divertita dalla domanda, ma con un tocco di tenerezza negli occhi. Si avvicinò con il busto, accorciando la distanza tra i loro volti.
«Luca…» cominciò piano, «non ti sei accorto di come tremavo? Di come mi muovevo contro di te? Di quanto forte venivo?»
Fece una breve pausa, poi aggiunse:
«Non era solo piacere fisico. Era abbandono. Era desiderio di farmi tua. Di farmi tua anche nelle fantasie più estreme, più spinte. Mi sono sentita… viva. E mi hai fatto sentire bellissima. Potente. Ma anche tua. Solo tua.»
Si fermò un attimo, accarezzandogli il mento con le dita, poi sorrise di nuovo, stavolta in modo più provocante.
«Certo, non è stato solo un gioco. Quella bottiglia… quel modo in cui mi hai guardata… Luca, tu non sai quanto mi eccita sapere che riesco a tirare fuori quel lato da te. E voglio farlo ancora. Ma solo se anche tu lo vuoi davvero.»
Poi si fece più seria, tornando con lo sguardo nei suoi occhi.
«Dimmi tu: ti è piaciuto davvero quello che hai visto? Quello che hai fatto? O ti sei spinto troppo oltre?»
Martina si avvicinò lentamente, inclinando la testa con grazia. Le sue labbra sfiorarono quelle di Luca in un bacio che sapeva di mattina e di intimità, ma anche di qualcosa di più profondo, più consapevole. Non era un bacio urgente, né vorace: era un sigillo delicato, una carezza sulle labbra, come a dire "ci sono, sono con te".
Luca chiuse gli occhi per un attimo, godendosi quel contatto, quella leggerezza carica di tutto ciò che si erano detti – e fatti – la notte prima. Poi, lentamente, si staccò da lei, mantenendo le mani sulle sue cosce, sfiorandole con i pollici.
«No,» disse a bassa voce, guardandola dritta negli occhi. «Non mi sono sentito di essermi spinto troppo oltre. Anzi… è stato intenso, nostro, vero. Eravamo solo noi due, Martina. Nessun altro, nessuna maschera.»
Lei lo ascoltava senza dire nulla, lo sguardo serio, attento, ma con un guizzo che danzava appena sotto la superficie. Un guizzo che Luca ormai sapeva riconoscere: il segno che nella sua mente, qualcosa stava già prendendo forma.
«Ora...» proseguì lui, passandole una mano tra i capelli, «…la vera domanda è: quello che è successo ieri ti basta? Ti appaga davvero? O dentro di te stai già immaginando qualcos’altro?»
La pausa che seguì fu carica di silenzio e di elettricità.
«Voglio capire se per te quei giochi… quei giocattoli… ti soddisfano davvero,» disse piano, «oppure se il pensiero di un altro uomo è ancora lì, a bussare piano. Se ti stuzzica. Se ti manca.»
Martina restò in silenzio per un istante, poi prese un sorso di caffè, quasi a voler assaporare bene la domanda prima di rispondere. Quando posò la tazza, le sue dita rimasero chiuse attorno al manico come se ci trovasse un ancoraggio.
«Mi ha appagato, sì,» cominciò con voce bassa ma sicura. «Perché eri tu. Perché eri tu che guidavi. E io adoro farmi portare dove vuoi, sorprenderti, accenderti. Quella bottiglia… quel modo in cui mi hai presa… non è solo erotismo, Luca. È il segno che tra noi tutto può succedere. Che possiamo andare ovunque. E questo mi fa impazzire.»
Fece una pausa, poi alzò lo sguardo verso di lui, con quella luce limpida e misteriosa che solo lei sapeva avere.
«Ma…» e il tono cambiò, più velato, più intimo, «…non posso negare che ci sia ancora una parte di me che si chiede cosa succederebbe se ci fosse qualcun altro. Un uomo vero, in carne e ossa. Non un sostituto di vetro o plastica. Uno che mi guarda, che mi tocca. Uno che tu scegli per me. Uno che sai come mi deve prendere… perché me lo dici tu.»
Martina si alzò dalla sedia lentamente, camminò intorno al tavolo, si sedette sulle ginocchia di Luca, il top in raso che sfiorava la sua pelle calda di doccia.
«Ma non ho bisogno di lui,» sussurrò all’orecchio. «Ho solo bisogno di sapere se tu, amore mio, hai voglia di vedermi così. Di guidarmi anche in questo. Perché se tu lo vuoi… io ci sono.»
Poi si staccò appena, accarezzandogli il viso con dolcezza.
«E se invece preferisci restare in due… mi basterà. Perché nessuno al mondo sa farmi sentire come mi fai sentire tu.»
Luca rimase in silenzio per qualche istante, il cuore che batteva un po’ più forte, incerto se parlare o se lasciar perdere. Ma poi la guardò. I suoi occhi, il suo corpo, la sua sicurezza. La donna che aveva scelto, la donna che ogni giorno gli insegnava qualcosa in più sul desiderio e sull’amore.
Prese un respiro profondo, cercando le parole giuste.
«Martina…» cominciò, con una voce ferma ma attraversata da una nota d'incertezza, «e se… se tornassimo lì? A quel posto. Quello dove ci guardavano. Ma stavolta… ci spingessimo oltre.»
Lei abbassò appena lo sguardo, come se già sapesse cosa stesse per sentire.
«Se… ci fosse uno sconosciuto. Uno che non conosciamo, che non saprà mai nulla di noi, ma che potrà solo… partecipare. Toccare. Prenderti. Davanti a me.»
Martina non disse nulla.
Il silenzio cadde nella cucina come una lama d’aria fredda. Le sue dita lasciarono lentamente la tazza, e senza una parola si alzò, elegante e decisa. Non c'era rabbia nei suoi gesti, né fretta. Solo una calma strana, inquietante. Si voltò, e lasciò Luca da solo, seduto, con ancora il calore delle sue gambe sulle ginocchia.
Luca restò immobile. Il caffè si era fatto amaro nella bocca. Guardò il tavolo, la tazza, la sedia vuota. Il cuore si chiuse in un pugno.
Forse ho osato troppo.
Forse l’ho spinta dove non voleva andare.
Forse ho rovinato tutto.
Chiuse gli occhi per un momento, cercando di frenare il nodo alla gola, il senso di colpa che stava salendo.
Poi, un rumore di passi leggeri alle sue spalle.
Si voltò.
Martina era lì, in piedi nell’arco della porta, con una coda alta che lasciava scoperto il suo viso deciso e sensuale. Il trucco era cambiato: non più quello sfumato e leggero del risveglio, ma uno sguardo intenso, segnato da una linea netta di eyeliner e un rossetto profondo che faceva brillare le labbra. Indossava ancora i leggins di pelle e il top in raso, ma adesso sembrava diversa. Più composta. Più... pronta.
Lo guardò dritto negli occhi.
«Quando andiamo?» chiese, con voce bassa ma ferma, un sorriso appena accennato sulle labbra.
Luca restò immobile per un secondo, poi si alzò lentamente, come se il mondo avesse appena ripreso a girare.
Martina si avvicinò a lui, portò una mano al petto di Luca, lisciando il tessuto della camicia come per rassicurarlo.
«Non osare mai pensare di aver chiesto troppo,» sussurrò, avvicinandosi al suo viso. «Hai solo acceso un desiderio che già stava lì, a covare. E adesso… voglio che tu sia quello che mi ci porta.»
Martina salì le scale con passo lento e sicuro, lasciando dietro di sé un silenzio carico d’attesa. Luca rimase in cucina, lo sguardo perso nel vuoto e un sorriso che tradiva una miscela di sollievo e desiderio. Il suo cuore batteva più veloce, non per il dubbio, ma per l’eccitazione di ciò che si stava preparando.
Poco dopo, il rumore leggero dei tacchi sui gradini annunciò il ritorno di Martina. Quando riapparve sulla soglia, era l’immagine vivente della seduzione consapevole.
Il body nero lucido le aderiva perfettamente, sottolineando ogni curva con precisione chirurgica. Le spalle scoperte e il taglio profondo sul seno lasciavano intuire quanto volesse essere guardata. Le autoreggenti in pizzo nero, agganciate saldamente, accompagnavano le sue gambe lunghe e toniche con eleganza lasciva. Ai piedi, un paio di décolleté neri verniciati, alti e affilati, completavano quell’insieme ipnotico.
Martina si fermò di fronte a Luca, un’espressione decisa sul volto e le labbra dipinte con un rosso profondo, sensuali ma mai volgari. I capelli, raccolti in una coda alta e tirata, lasciavano scoperto il collo, la linea perfetta della mascella, l’aria di una donna che sapeva esattamente il potere che stava esercitando.
«Allora?» chiese con un sorriso inclinato, tenendo le mani sui fianchi, la voce calma e profonda. «Mi hai detto alle diciannove, giusto? Dovrei cambiare qualcosa… o va bene così per farti perdere la testa?»
Luca si alzò, le si avvicinò lentamente, come se stesse avvicinandosi a una visione. Le posò una mano sulla vita stretta sentendo il tessuto morbido e liscio fasciare la vita di Martina e, guardandola negli occhi, mormorò: «Tu sei già troppo. E stanotte, lo sarai ancora di più.»
Luca le aprì la portiera e attese che si sedesse in macchina. La visione della sua donna vestita in quel modo oscenamente eccitante per eccitare dei guardoni lo aveva già eccitato, ma la naturale eleganza con cui si era seduta dul sedile accavallando le gambe velate dalle autoreggenti gli diede l'immagine di lei usata dal bull, un colpo all stomaco lo piegò in due.
Luca la guardò e sentì qualcosa serrargli lo stomaco.
Non era solo eccitazione. Non era solo desiderio.
Fu un colpo secco, come se quell’immagine gli avesse riaperto dentro qualcosa che aveva cercato di dimenticare. O forse solo di mettere a fuoco. L’idea di rivederla così, pronta per essere esposta di nuovo… e forse presa… forse usata da un altro… lo colpì con una tale forza da togliergli il respiro.
Si accasciò lentamente, accovacciandosi appena fuori dalla portiera, una mano a reggere il peso sul bordo dell’auto, l’altra a stringere il ginocchio. Il petto gli si sollevava piano, ma irregolarmente. Non per lo sforzo fisico. Per l’onda che lo aveva travolto.
Martina lo guardò per un istante senza muoversi. Aveva capito. Quel silenzio improvviso, quel piegarsi… non era solo un gesto.
«Luca…» disse infine con voce bassa, non più sensuale, ma morbida, attenta.
Lui sollevò appena lo sguardo verso di lei. Nei suoi occhi c’era tutto: il ricordo della sera in cui l’aveva vista con il bull, il misto di dolore e eccitazione, la paura di rivedere quella scena… e di desiderarla ancora.
«Non so se ce la faccio…» mormorò, più a se stesso che a lei. «Rivederti così, sapere cosa potrebbe succedere… è come se una parte di me si ribellasse. Ma l’altra…»
Fece una pausa, il fiato ancora corto.
«L’altra parte di me non vuole nient’altro che vederti là. Ancora.»
Martina allungò la mano verso di lui e gli accarezzò piano i capelli, senza parlare. Il suo tocco era fermo, caldo. Poi, lentamente, il sorriso tornò sul suo volto — ma non era un sorriso provocante.
Era quello della donna che conosce l’uomo davanti a sé fino in fondo.
Martina lo fissò per un lungo istante. Poi, senza dire una parola, scese dall’auto. I tacchi ticchettarono delicatamente sull’asfalto del vialetto mentre si avvicinava a Luca, ancora accovacciato, ancora con quello sguardo perso a metà tra il desiderio e il timore.
Si chinò davanti a lui e gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarla.
«Vieni con me» disse piano, con un tono che non lasciava spazio a esitazioni, ma che era intriso di una dolce fermezza. Non una richiesta. Non un ordine. Una carezza travestita da invito.
Luca la guardò, gli occhi ancora velati da quell’emozione grezza e confusa. Ma si lasciò sollevare. Le mani di lei lo guidarono con una naturalezza che era tutta intimità, tutta complicità. Martina lo prese per mano, lo accompagnò silenziosa verso casa, e lui non oppose resistenza.
Risalirono i gradini piano, come se ogni passo fosse un ritorno a qualcosa di più profondo del semplice andarsene da un vialetto.
Appena dentro, Martina chiuse la porta alle loro spalle e lo abbracciò. Forte. Il suo corpo, avvolto in quel body provocante, non cercava di eccitare adesso. Cercava solo di proteggere. Di contenere la tempesta che aveva letto nei suoi occhi.
«Non dobbiamo fare nulla che non siamo pronti a vivere davvero…» sussurrò contro il suo petto. «Non devi proteggere la mia perversione a costo della tua serenità. Non è questo che voglio. Mai.»
Luca non parlò. Ma la strinse a sé, forte. Come a dire: Grazie. Perché sai leggermi meglio di quanto io sappia leggermi da solo.
Martina lo guidò con dolcezza verso il divano, senza dire nulla. I suoi passi leggeri, il fruscio appena accennato del body contro la pelle, tutto sembrava muoversi in un tempo diverso, più lento, più profondo.
Lo fece sedere, poi si allontanò solo per qualche istante. Quando tornò, portava con sé due bicchieri bassi e un’elegante bottiglia di whiskey torbato, invecchiato sedici anni. Il colore ambrato brillava appena sotto la luce soffusa del soggiorno.
Versò il liquido con cura, come fosse un gesto rituale, e gli porse il bicchiere senza una parola.
Luca lo prese tra le dita, lo osservò per un attimo. L’aroma intenso e affumicato gli riempì le narici, come una carezza lenta. Ne sorseggiò un piccolo sorso, lasciando che il calore gli scivolasse dentro, allentando una tensione che non aveva ancora del tutto riconosciuto.
Martina gli si sedette accanto, accostando le gambe alle sue, ma non in modo provocante. Solo vicina. Voleva esserci.
Poi lo abbracciò piano, appoggiando il capo sulla sua spalla. Le sue labbra si posarono sul collo di Luca con una delicatezza struggente, come se stesse cercando di guarirlo da dentro. Nessuna velleità, nessun gioco. Solo amore. Solo loro due.
«Qualunque sia il passo che faremo,» mormorò piano, «lo faremo insieme. Anche se ci fermiamo qui, io sono felice. Tu mi basti.»
Il silenzio che seguì non era vuoto. Era denso di significati, di emozioni sospese. Di mani che si sfioravano senza afferrarsi, come a dire: ci siamo. Non abbiamo bisogno di altro. Ma se ci sarà altro, sarà perché lo vogliamo davvero entrambi.
Luca la guardò negli occhi. Le pupille leggermente dilatate, il viso rilassato, eppure segnato da una decisione limpida. Bevve un altro piccolo sorso di whiskey e, posando lentamente il bicchiere sul tavolino, le sussurrò con una voce piena di desiderio e gratitudine:
«Ti voglio, Martina… ora.»
Martina non rispose subito. Lo guardò con un sorriso dolce, poi si alzò in silenzio, lasciando che le dita gli scorressero leggere sul petto mentre si allontanava verso la camera da letto. Il suono dei tacchi sul parquet fu come un battito cardiaco rallentato, ogni passo un invito muto, una promessa.
Dopo qualche minuto, tornò.
Aveva cambiato solo un dettaglio: portava con sé una piccola cassa Bluetooth e, nascosto dietro la schiena, un dildo — ma questo lo lasciò momentaneamente in disparte, sul mobile basso accanto al divano. Accese la musica: un ritmo sensuale, caldo, avvolgente. Una melodia carica di tensione erotica, ma anche di gioco e malizia.
Si posizionò al centro del soggiorno, davanti a Luca. Il suo body nero lucido aderiva al corpo come un invito costante, mentre le autoreggenti disegnavano linee verticali che accentuavano ogni curva delle sue gambe. Iniziò a muoversi lentamente, in un ondeggiare controllato dei fianchi, lo sguardo fisso su di lui. Non era solo un ballo erotico. Era per lui. Solo per lui.
Si avvicinò, lentamente, come una danzatrice esperta, e appoggiò un piede tra le gambe di Luca, senza toccarlo. Poi si voltò, gli mostrò la schiena, e cominciò a muovere il bacino a ritmo con la musica, piegandosi in avanti quanto bastava a lasciargli intravedere le curve più proibite.
Martina si trasformava sotto i suoi occhi: da compagna amorevole a dea della seduzione, incarnazione di ogni sua fantasia. E lo faceva con eleganza, senza mai perdere quel rispetto profondo che li univa. Ogni suo gesto diceva: lo faccio per me, ma soprattutto per te.
Quando la musica rallentò, si girò di nuovo verso di lui. Il respiro era appena più affannato, gli occhi brillavano. Prese il dildo dal mobile e lo lasciò scivolare piano sul tavolino, accanto al whiskey.
«Ti va di guardare ancora, o vuoi toccare?» chiese con un tono così seducente e diretto che fece venire i brividi a Luca.
Martina si inginocchiò lentamente davanti al tavolino, come se stesse compiendo un rito. Le mani si posarono sul dildo, lo accarezzò con le dita come se stesse valutandone la forma, il peso, la promessa. Poi sollevò lo sguardo verso Luca, seduto sul divano, ancora col fiato corto, ancora pieno del desiderio che lei aveva acceso.
«Non serve un altro uomo per farmi godere» sussurrò, lasciando che il tono della voce scivolasse tra il serio e il provocante. «Non stanotte… stanotte voglio solo vederti impazzire mentre mi guardi.»
Si sdraiò sul tappeto, le gambe piegate con grazia da ballerina, le ginocchia aperte quanto bastava a mostrare ciò che il body lucido conteneva, lasciando immaginare tutto. Con lentezza, fece scorrere una mano sulla coscia, poi sull’inguine, fino a infilarsi sotto il tessuto. Un sospiro leggero le sfuggì dalle labbra mentre si accarezzava, senza mai distogliere lo sguardo da lui.
Con l’altra mano, prese il dildo e lo portò piano tra le gambe, lo fece scivolare tra le pieghe del body, accarezzando l’esterno con una lentezza esasperante. Poi, con un piccolo gesto, spostò l’apertura del tessuto, aprendosi alla vista di Luca, mostrandogli l’intimo umido e lucente di desiderio.
«Guarda come mi fai sentire…» mormorò, mentre la punta del dildo si avvicinava piano al suo centro.
Lo spinse dentro di sé un poco alla volta, emettendo un gemito sommesso, più simile a un respiro trattenuto che a un suono sfacciato. Il ritmo era lento, studiato. Si muoveva da sola, si penetrava con grazia e decisione, mentre i fianchi ondeggiavano in cerca di quel punto perfetto. Il viso arrossato, gli occhi semichiusi, ma sempre rivolti a lui.
Luca la osservava in silenzio, stordito dalla bellezza di quella scena. Vedeva la sua donna vivere un piacere pieno, elegante, senza bisogno di altro che il proprio corpo e il suo desiderio. Sentiva crescere in lui qualcosa di viscerale, un misto di adorazione e brama, un nodo stretto tra amore e perversione.
Martina gemette più forte, stavolta, e il corpo si tese in un arco perfetto. Il dildo si muoveva più deciso, la mano più veloce. Il piacere la attraversava, visibile, vivido, esplosivo dentro di lei. Poi si fermò. Restò un istante sospesa, come in bilico sul ciglio del piacere, e lo guardò.
«Vieni tu adesso?» chiese, con un sorriso sfinito e appagato.
Luca era a dir poco allibito, eccitato e sconvolto dallo spettacolo che sua moglie aveva appena inscenato. Nella sua testa scattò una molla, si accese un interruttore che di fianco alla macchina pochi minuti fa si era spento, raccolse Martina da terra e la baciò appassionatamente, la strinse a se, facendole sentire il turgore della sua eccitazione sul ventre, la girò e sempre abbracciandola fece aderire la sua virilità al solco del suo sedere, "amore mio sei davvero una splendida troia, mi hai acceso tutti gli interruttori della libido, è troppo tardi per andare a farci guardare?", martina si girò verso di lui, tutta la sensualità sparita dal suo sguardo, "sei sicuro Luca?", lui non esitò un solo attimo, "si", la prese per mano e quasi correndo la portò nuovamente alla macchina dove la fece accomodare, Martina lo guardò in viso e lo vide sorridente, con gli occhi languidi di perversione, capì che il momento era giunto.
Durante il viaggio Luca parlò pochissimo, si capiva che non voleva che il momento magico svanisse tra di loro. Fortunatamente il luogo non era lontano da casa loro e in una ventina di minuti posteggiarono esattamente nello stesso posto della scorsa volta. Appena giunti sul posto Luca fece arretrare entrambi i sedili e sdraiò Martina, non si preoccupò minimamente se fuori ci fossero spettatori o meno, saltò il cambio e fu sopra a Martina, lei aprì le gambe per fargli più posto e sentì che l'eccitazione non era ancora scesa, cominciò a baciare la bocca di Luca infilandogli la lingua in bocca e lottando con la sua, Luca sembrava colto da un raptus, le sue mani erano ovunque sulle sue gambe, sul suo seno, sul suo collo sulla sua vagina ancora allagata di piacere, lo sentì armeggiare con i pantaloni e poi issarsi sopra il suo petto, "stringilo con le tette troia, ti voglio scopare il seno oggi" Martina ancora un pò scombussolata da tanta aggressività non potè che obbedire e lentamente anche in lei ricominciò a salire l'eccitazione. L'immagine del cazzo turgido del suo uomo che appariva e scompariva tra i suoi seni inguainati dal suo body più sexy la stavano elettrizzando, lo guardò diritto negli occhi, "Luca sbattimi sul cofano e scopami come sai fare solo tu!", Luca pare non avere neanche sentito Martina, in questo momento per lui era solo un corpo su cui sfogarsi, lei lo fece rallentare lo fece sedere al posto di guida, e cme fece la prima volta, in ginocchio sul suo sedile cominciò a succhiarlo, alternando la bocca con passaggi sui suoi capezzoli, Luca sembro riprendersi dalla trance, cominciò a guardarsi intorno e realizzò che lo spettacolo non era passato inosservato.
All'interno della macchina si trasferirono sul sedile posteriore, luca si sdraiò e martina gli salì sopra infilandosi il suo membro duro e plusante dentro, "dio martina sei stupenda, non esiste al mondo una donna con una carica erotica come la tua!", lei lo cavalcava stando ferma sul suo ventre e usando i muscoli vaginali per dargli piacere, "si ma adesso voglio l'altro dietro", "quale vuoi che sia Martina?", "non mi interessa, non voglio neanche sapere che faccia abbia!", luca sblocco lo sportello e immediatamente un maschio apparve con un bel cazzo duro in mano"metti il goldone e inculala" L'uomo non se lo fece ripetere e con non poche difficoltà fu dentro a Martina, il secondo maschio le donò un orgasmo immediat, ma il movimento alternato dei due abbinato a due mani sconosciute che la toccavano e la palpavano porto martina al parossismo, neanche si accorse quando dall'altro lato della macchina l sportello venne aperto e un terzo maschio le scaricò tutto il suo piacere sul viso.
Martina portò a compimento la doppia penetrazione facendo venire entrambi i maschi dentro di lei, al loro orgasmo venne nuovamente e si abbattè su di Luca priva di forze. L'uomo senza dire una parola si alzò e spari. Finito lo spettacolo Luca e Martina si trovarono soli sdraiati sul sedile posteriore dell'auto, entrambi soddisfatti, ma Martina carezzo Luca e gli disse "non mi piace scopare con gli sconosciuti, godo di più con te e la bottiglia che così!", Luca la baciò sulle labbra, Ti amo Martina, Ti amo Luca.
La storia di Luca e Martina finisce qui, quando scrivi un racconto, alle volte sono i protagonisti a condurti all'epilogo, senza possibilità di obiezioni. Martina ha voluto provare delle divagazioni dal tema di mera coppia, ma ha scoperto che solo l'uomo che le è accanto nel cammino della vita può davvero darle le emozioni e le sensazioni che cerca ogni giorno. Luca ha voluto e dovuto seguire la sua Dea per rendersi conto che le sue perversioni erano le stesse, ma ha acquisito la consapevolezza che solo insieme avrebbero fatto la differenza. La vita li porterà nuovamente a sperimentare e osare, ma a questo punto possiamo farli volare solitari, senza sbirciare sulle loro perversioni, che sono solo loro, intime e profonde e non riconducibili a mere parole scritte da questo cantastorie.
Grazie a tutti per aver letto queste mie righe guidate da Martina e Luca, perchè Martina, come sempre nella vita, ci ha guidato nella perversione di una donna innamorata del suo uomo e del sesso goduto senza limiti.
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