Oltre le apparenze 5^

di
genere
tradimenti

La luce del mattino filtrava pigra tra le tende, accarezzando con delicatezza la stanza ancora immersa nel silenzio. Luca si stiracchiò lentamente, ancora intriso di quel torpore dolce che solo una notte passata stretto al corpo di Martina sapeva lasciargli addosso. Si alzò dal letto con passo lento, spinto dal profumo di caffè che già aleggiava nell’aria.

La trovò in cucina, seduta al tavolo, immersa in quella scena che per lui aveva sempre avuto un fascino irresistibile: Martina, con addosso soltanto la camicia sgualcita della sera prima, le gambe nude incrociate, lo sguardo ancora un po’ assonnato e quel sorriso appena accennato che sapeva di complicità.

«Buongiorno, amore…» mormorò lei, posando la tazza sul tavolo mentre lui le si avvicinava, sfiorandole appena le labbra in un bacio lento, profondo, di quelli che sanno dire molto più delle parole.

Luca rimase a osservarla per un istante, incantato da quella sensualità spontanea, da quel modo tutto suo di essere seducente anche senza volerlo. E fu in quel momento che decise di restituirle il piacere che lei, la sera prima, gli aveva regalato con tanto abbandono.

Senza dire nulla, si chinò davanti a lei, si inginocchiò sotto al tavolo, le mani che risalivano lentamente lungo le sue cosce, sollevando appena l’orlo della camicia che maliziosamente nascondeva — e rivelava — il suo corpo nudo.

Martina si lasciò andare, reclinando leggermente la testa all’indietro, le labbra socchiuse in un sospiro silenzioso, mentre le dita di Luca si facevano strada con dolcezza, aprendole piano le gambe. L’umidità calda della sua bocca la raggiunse, lenta e decisa, e con essa quella familiarità che sapeva di amore, desiderio e possesso.

Luca si dedicò a lei con la stessa intensità con cui, solo poche ore prima, l’aveva stretta a sé nel buio della loro camera. Ogni gesto, ogni carezza, ogni movimento della lingua era un messaggio muto, una dichiarazione senza bisogno di parole: "Tu sei mia."

Martina socchiuse gli occhi, accarezzando piano i capelli di Luca, abbandonandosi a quel piacere che cresceva lento e sicuro, mentre fuori dalla finestra il mondo scivolava via, lasciandoli immersi nella loro intimità più dolce e indecente.

Luca, con ancora negli occhi la languida espressione di Martina, si rialzò piano da sotto al tavolo, sfiorandole una guancia con la mano prima di baciarla teneramente. Lei gli restituì il bacio con un sorriso sereno, ancora leggermente arrossata per l’intensità del piacere appena ricevuto.

Senza rompere quell’atmosfera leggera, Luca si versò il caffè nella tazza e sedette di fronte a lei, accavallando una gamba, rilassato e attento. La osservò per qualche secondo, mentre lei giocherellava con il cucchiaino nella sua tazza ormai quasi vuota.

«Allora…» iniziò lui con tono pacato, ma profondo, «voglio sapere cosa ne pensi davvero, Martina. Di ieri sera. Di quello che abbiamo fatto. Ti è piaciuto?»

Martina sollevò gli occhi, incontrando i suoi con quella luce vivace che Luca ormai conosceva fin troppo bene. Un sorriso lento, complice, le curvò le labbra mentre sistemava piano la camicia, che ancora portava addosso come unica e maliziosa copertura.

«Mi è piaciuto da impazzire,» rispose con sincerità disarmante, «non credevo di sentirmi così viva, così… desiderata, esposta e completamente tua. Vedere quegli uomini guardarmi, sapendo che eri lì, che eri tu a guidarmi, che eri tu a decidere… mi ha fatta sentire incredibilmente eccitata. Sinceramente mi è piaciuto molto di più che essere usata dal nero, ho goduto in maniera diversa è vero, ma non meno intensamente»

Fece una pausa, accarezzandosi piano il polso, quasi a rievocare quelle sensazioni, poi lo guardò di nuovo con uno sguardo più serio ma carico di dolcezza.

«Mi ha acceso qualcosa dentro, Luca. Non credevo di avere queste fantasie, ma ora so che con te posso viverle, senza paura e senza vergogna. Voglio continuare a sperimentare con te, a scoprire cosa ci fa impazzire davvero, cosa ci unisce di più, anche se può sembrare estremo.»

Luca la ascoltò in silenzio, soddisfatto, con quel guizzo negli occhi che solo un uomo che sente di avere pieno controllo può avere. Poi, poggiando la tazza sul tavolo, le prese la mano.

Giorni dopo Martina aveva appena finito di sistemarsi quando, rientrando in camera, notò quella piccola scatola adagiata sul letto con cura. Era elegante e discreta, ma ciò che attirò la sua attenzione fu quel biglietto, scritto con la grafia decisa e ordinata di Luca:

"Indossalo. Abito lungo, aderente in cotone, tanga, autoreggenti. Nient’altro."

Un sorriso complice le incurvò le labbra. Nella scatola c'era un ovetto di plastica con un filo attaccato per antenna l'accarezzò con le dita, poi lo fece scivolare dentro di sé con lentezza, assaporando l’effetto immediato di quella presenza. Sapeva che la giornata sarebbe stata tutto tranne che ordinaria. Seguendo le istruzioni, infilò il tanga leggerissimo, autoreggenti di pizzo nero e, sopra, quel vestito in cotone morbido e aderente come una seconda pelle. L’assenza del reggiseno lasciava poco spazio all’immaginazione: i capezzoli, già eccitati dalla situazione, si tendevano evidenti sotto la stoffa leggera, accarezzati ad ogni passo dal tessuto.

Luca l’aspettava già in auto, motore acceso, sguardo fisso su di lei appena scese le scale. Non disse nulla, ma il telecomando tra le sue dita parlava per lui. Non appena Martina si accomodò sul sedile, un lieve fremito la attraversò, il piccolo dispositivo vibrava con discrezione, ma il piacere la colpì dritta, facendole trattenere il fiato.

Arrivati al centro commerciale, la folla sembrava inconsapevole del gioco nascosto tra i due. Luca, con quel suo sorriso sottile e sornione, dosava sapientemente l’intensità delle vibrazioni mentre la guardava muoversi tra le vetrine. Ad ogni passo, il vestito aderente disegnava le sue forme con precisione, e i capezzoli tesi sotto la stoffa catturavano involontariamente l’attenzione di sguardi curiosi e maliziosi.

Mentre cercava di scegliere qualche abito su uno stand, Martina fu sfiorata da una mano sconosciuta, una carezza fugace e apparentemente accidentale sulla curva morbida dei fianchi. Luca, poco distante, osservava ogni gesto, aumentando appena la potenza dell’ovetto per ricordarle chi stava dirigendo il gioco. Più si muoveva tra gli scaffali, più si accorgeva di essere oggetto di sguardi famelici: uomini che rallentavano il passo, occhi che si soffermavano troppo a lungo su quei dettagli evidenti — il vestito che svelava più di quanto nascondesse, e quella sottile inquietudine che traspariva nel suo sguardo acceso.

Quando la tensione raggiunse l’apice, Luca la prese per mano e la guidò verso la zona dei bagni, isolata e tranquilla. Entrarono insieme senza scambiarsi una parola. Appena la porta si chiuse alle loro spalle, lui le si avvicinò, lasciando che la sua mano scorresse lungo il fianco di lei, fino a posarsi sul ventre.

«Toglilo adesso.» sussurrò all’orecchio, la voce bassa, carica di possesso.

Martina obbedì con lentezza, porgendogli l’ovetto come fosse un trofeo. Luca lo riprese con calma, ammirandola con orgoglio. Poi, con tono deciso, le indicò il pavimento.

«Inginocchiati.»

Lei scivolò giù senza esitazioni, sapendo perfettamente che il gioco era appena cominciato. Le mura fredde del bagno amplificavano il battito accelerato nel petto di entrambi, mentre fuori, nel mondo reale, tutto scorreva ignaro di quella piccola scena proibita.

Luca si sbottonò la cerniera ed estrasse il suo cazzo già duro e pronto, "lo vuoi troia?", Martina mugolò un assenso e lo accolse nella sua bocca, succhiandolo forte, Luca le prese le braccia e le tenne alte sopra la testa in modo che non potesse toccarlo nè scansarlo, mentre cominciò a scoparle la bocca a fondo, Martina reggeva i colpi godendo della sottomissione a cui, adesso, il marito la stava assoggettando, pensò che qualche volta doveva concedergli di essere lui il dominatore della coppia. Ora Luca la alzò dal pavmento e le tolse il vestito, lasciandola in perizoma ed autoreggenti, la girò con il viso verso il muro e la spinse con il suo peso facendole sentire il freddo delle piastrelle sui seni nudi. "Ti voglio inculare troia è troppo tempo che non mi prendo il tuo bel culo", Martina sulle prime remissiva, allargò le gambe "accomodati porco", a Luca il sangue andò al cervello, quello piccolo, di sotto, e grazie alla lubrificazione della bocca di Martina entrò facilmente nel suo ano, non lo fece violentemente, ma fù rude a sufficienza da strappare dei gemiti a Martina, la quale sporse in fuori il suo splendido sedere per aumentare la profondità della penetrazione, l'eccitazione del pomeriggio non consentì a Luca di durare troppo a lungo, ma fu sufficiente per entrambi per essere travolti da un intensissimo orgasmo.
Finito il rapporto Luca baciò profondamente la sua donna, "sei la mia splendida troia, nessuna donna è come te e tu sei solo mia", Martina sorrise e rispose a Luca "o forse sei tu ad essere solo mio tesoro......." Luca rimase basito da questa frase, ma la gioia e il piacere provato lo facero desistere dall'analisi approfondita della situazione. Luca aiutò Martina a rivestirsi e tornarono a casa.

Questo è il mio primo racconto, ho preferito concentrarmi sulla parte cerebrale/emozionale che non sulla componente meramente sessuale, mi piace il gioco, l'intrigo e la complicità più che il mero atto fisico. Spero vi possa piacere. Per pareri idee e suggerimenti potete scrivere a mogliemonella2024@gmail.com
scritto il
2025-04-23
2 7 8
visite
7
voti
valutazione
7.4
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Oltre le apparenze 4^

racconto sucessivo

Oltre le apparenze 6^
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.