Famiglia per bene
di
micros75
genere
dominazione
Eravamo una famiglia all'apparenza perfetta, madre impiegata, due ragazze che eccellevano negli studi il nuovo compagno di mia madre, uomo di successo che dirigeva la più grossa concessionaria della zona.
Eravamo l'invidia del circondario da parte di amici, parenti e conoscenti.
Ma dentro le mura di casa vivevamo in un mondo parallelo, del quale nessuno avrebbe voluto far parte.
Papà, voleva che lo chiamassimo così, era stato educato rigidamente e allo stesso modo credeva che avrebbe dovuto educare le figlie della sua nuova moglie, fino ad allora avevamo vissuto un'esistenza serena.
Ci era permesso uscire, andare alle feste, vestivamo le migliori marche, anche uscire con gli amici ci era permesso, ma mai nessuno delle due ha avuto il coraggio di parlare di cosa veramente accadesse in casa.
Ci era permesso invitare degli amici a casa solo una volta al mese per mantenere le apparenze, e uscire una volta al mese. Agli occhi degli altri Papà sembrava solo un po' rigido, era bravo a mantenere le apparenze, ma oltre le apparenze c'era molto di più.
Mio padre era un padre padrone, dentro casa Vigevano delle rigidissime regole che nessuna di noi, compresa mamma, avevano mai violato.
Appena rientrata dal lavoro mamma doveva dismettere i vestiti da donna moderna e libera e indossare quelli della moglie schiava. Sì proprio i vestiti, le era permesso indossare solo una tunica con sopra un grembiule e doveva sempre avere la crestina sulla testa come quelle delle cameriere delle antiche famiglie nobiliari.
Noi invece dovevamo indossare dei grembiuli bianchi tipo scolarette, e dovevamo legare i capelli con una coda di cavallo. Papà ci costringeva a tenere i capelli lunghissimi.
Lui rientrava a casa tutte le sere alle sette e si aspettava che quando rientrasse tutte e tre fossimo dietro la porta ad aspettarlo in rigoroso silenzio e con la testa china. non ci era permesso guardarlo negli occhi se non era lui a darci il permesso. Se ci avesse sentito parlare da dietro la porta sarebbero stati guai. Chiusa la porta una alla volta dovevamo raccontargli cosa avevamo fatto durante la giornata, parlargli delle persone che avevamo incontrato e di cosa avevamo parlato con loro, avevamo imparato che era meglio non mentire.
Una volta a settimana il sabato mattina controllava il registro elettronico della scuola e io quella settimana avevo preso un sei in matematica ed ero terrorizzata. Per ogni voto sotto il sette era sua abitudine punirci.
Dopo aver controllato il registro di mia sorella, toccò a me, mi avvicinai a lui, non ci era permesso sederci in quelle occasioni, e mi misi nella posizione del controllo cioè con le mani dietro la schiena e i piedi uniti.
Prima di aprire il registro papà sapeva già del brutto voto, glielo avevo detto durante il resoconto di giovedì sera, ed ero già stata punita per quello, ma il fine settimana papà aveva più tempo e diceva che poteva punirci con calma in modo che potessimo imparare a non ripetere certi errori.
Non potevo parlare non potevo giustificarmi, solo lui poteva darci il permesso di parlare e quindi ero lì in attesa di avere la mia punizione.
Decise che quel giorno non avrei mangiato, e che tutte le incombenze domestiche sarebbero toccate a me, in più per tutto il giorno e per la domenica non avrei potuto indossare vestiti.
Fecero colazione, io li servii e poi rassettai tutto in fretta, papà mamma e mia sorella mi aspettavano in soggiorno.
Papà era seduto sulla sua poltrona mi chiese di avvicinarmi e io lo feci, sapevo già come dovevo posizionarmi, accanto a lui con le braccia incrociate dietro, le gambe aperte.
Mio padre invitò mia sorella a scegliere il frustino per punirmi, e sapevo già che sarebbe stato uno di quelli che avrebbe provocato più dolore,altrimenti sarebbe stata punita anche lei.
Mia sorella glielo consegnò e mio padre iniziò a darmi 30 scudisciate, e dopo ognuna io dovevo contarle, se avessi sbagliato avrebbe iniziato d'accapo.
Dopo fui spedita in cucina a preparare il pranzo, per l'occasione della mia punizione aveva invitato mio nonno.
Quando bussarono alla porta fui io ad aprire, mio nonno mi vide nuda e mi chiese cosa avessi combinato, risposi solo dopo aver avuto l'assenso da mio padre.
Nonno allora mi retarguì e mi disse che avrei avuto bisogno di una punizione, che nella loro famiglia non si era mai visto un voto così basso.
Sapevo già che mi avrebbe aspettato una durissima giornata, nonno era anche più severo di mio padre.
Alle 13 si sedettero tutti a tavola, servii il primo, ma per sbaglio macchiai la tovaglia mentre servivo il nonno e allora lui mi disse : " appena finisci di servire torna qua subito".
Finii di servire gli altri, portai il vassoio in cucina e tornai dal nonno, mi misi accanto a lui con le gambe divaricate.
Mentre lui continuava a mangiare prese dal tavolo una carota che avevo servito come crudité e me la infilò tutta nella vagina senza preoccuparsi di potermi fare male, poi mi disse di andare da mia sorella che avrebbe provveduto a infilarmela e sfilarmela fin quando lui non avesse finito di mangiare e senza badare troppo alla mia sofferenza.
Mia sorella estraeva e poi infilava con forza la carota, ebbe un solo attimo di esitazione e mio padre disse che sarebbe stata punita anche lei, che un ordine del nonno non va messo in discussione neanche col pensiero.
Per farmi soffrire nonno lasciò nel piatto una forchettata di pasta facendo finta di non aver finito per più di venti minuti, quello fu il tempo che durò il supplizio della carota.
Dopo l'ultima forchettata mia sorella tolse la carota e fu invitata a mangiarla, mio padre disse che il cibo non va sprecato.
Alla fine del pranzo dopo aver rassettato mi fu concesso di bere, dentro una ciotola che papà usava quando doveva punirci c'era l'acqua con cui avevo pulito i piatti prima di metterli in lavastoviglie, fui costretta a bere e mangiare quello schifo con nonno che mi controllava a vista.
Quando nonno voleva punirmi mi faceva fare il cane mi metteva un guinzaglio e mi infilava nel retto una coda, stavolta fu mia madre a dover scegliere la coda e anche in questo caso ne scelse una che aveva un fallo bello grosso. Lo fece per aiutarmi in modo tale che la coda non uscisse altrimenti avrei subito una punizione con la frusta.
Nonno mi chiamava cagna e io dovevo corrergli dietro, buttava un bastone e io dovevo raccoglierlo. Ma non era un semplice bastone, a loro piaceva che le punizione fossero in qualche modo opera dell'intera famiglia.
Era un pene di ebano doppio, e sarebbe stata la punizione per l'esitazione di mia sorella.
Mio nonno lo buttava io dovevo raccoglierlo con la bocca e poi tenendone una estremità in bocca dovevo infilare il resto nella fica di mia sorella che era stata posizionata sulla sedia con le gambe sui braccioli di fronte al divano dove erano seduti tutti gli altri.
Presi il pene, lo portai prima al nonno che mi diede una carezza come si fa coi cani, e poi mi disse di infilarlo con forza dentro mia sorella.
Fui costretta a farlo con non poche difficoltà, rischiai quasi di non respirare più, e poi dovetti infilarlo e S filarlo con la stessa violenza che lei aveva usato nell'infilarmi la carota dentro la figa.
Nel frattempo mio padre e mio nonno si stavano toccando e si vedeva da sopra i vestiti che gli era venuto duro, allora chiamarono mia madre e le dissero:" donna che aspetti, non vedi che i tuoi padroni stanno scoppiando." E mio padre disse a Mia madre di cominciare da mio nonno in segno di rispetto.
Mentre io continuavo a masturbare mia sorella, mia madre spompinò prima mio nonno che riverso tutto il suo sperma in un bicchiere, e poi mio padre, stavolta mia madre fu costretta ad ingoiare tutto sino all'ultima goccia.
Oramai soddisfatti, mi dissero di smettere, mio nonno prese la ciotola, versó dentro la sua sborra e ordinó a me e mia sorella di ripulirla sino a farla brillare.
Mentre noi leccavamo la ciotola a mio nonno ridivenne duro e decise di scoparsi mia sorella, ma lui era sadico e sapeva che per mantenere la sua erezione aveva bisogno che qualcuno soffrisse. Allora mi ordinò di prendere una strapon e di inculare mia madre.
Mio nonno si inculava mia sorella a sangue sul tavolo, io stavo rompendo il culo a mia madre, e mio padre stava inculando me.
Questa cosa andò avanti per un tempo infinito fin quando nonno riverso tutta la sborra su di me e anche mio padre, a quel punto mia madre mia sorella furono costrette a ripulirmi del loro seme con le loro lingue.
Durante tutto il pomeriggio io essendo in punizione fui costretta a stare nuda accucciata ai piedi del divano mentre mio nonno e papà guardavano la partita, ogni tanto solo per ricordarmi che lui era il padrone indiscusso mi dava una scudisciata e per tutto il tempo mi tenne infilata nella figa una bottiglia di birra vuota che ogni tanto toglieva e infilava nel culo senza troppa premura di non farmi male.
Questo fu un sabato tranquillo, quasi di routine.....
Il prossimo sarebbe venuto a trovarci il mio fratellastro
Eravamo l'invidia del circondario da parte di amici, parenti e conoscenti.
Ma dentro le mura di casa vivevamo in un mondo parallelo, del quale nessuno avrebbe voluto far parte.
Papà, voleva che lo chiamassimo così, era stato educato rigidamente e allo stesso modo credeva che avrebbe dovuto educare le figlie della sua nuova moglie, fino ad allora avevamo vissuto un'esistenza serena.
Ci era permesso uscire, andare alle feste, vestivamo le migliori marche, anche uscire con gli amici ci era permesso, ma mai nessuno delle due ha avuto il coraggio di parlare di cosa veramente accadesse in casa.
Ci era permesso invitare degli amici a casa solo una volta al mese per mantenere le apparenze, e uscire una volta al mese. Agli occhi degli altri Papà sembrava solo un po' rigido, era bravo a mantenere le apparenze, ma oltre le apparenze c'era molto di più.
Mio padre era un padre padrone, dentro casa Vigevano delle rigidissime regole che nessuna di noi, compresa mamma, avevano mai violato.
Appena rientrata dal lavoro mamma doveva dismettere i vestiti da donna moderna e libera e indossare quelli della moglie schiava. Sì proprio i vestiti, le era permesso indossare solo una tunica con sopra un grembiule e doveva sempre avere la crestina sulla testa come quelle delle cameriere delle antiche famiglie nobiliari.
Noi invece dovevamo indossare dei grembiuli bianchi tipo scolarette, e dovevamo legare i capelli con una coda di cavallo. Papà ci costringeva a tenere i capelli lunghissimi.
Lui rientrava a casa tutte le sere alle sette e si aspettava che quando rientrasse tutte e tre fossimo dietro la porta ad aspettarlo in rigoroso silenzio e con la testa china. non ci era permesso guardarlo negli occhi se non era lui a darci il permesso. Se ci avesse sentito parlare da dietro la porta sarebbero stati guai. Chiusa la porta una alla volta dovevamo raccontargli cosa avevamo fatto durante la giornata, parlargli delle persone che avevamo incontrato e di cosa avevamo parlato con loro, avevamo imparato che era meglio non mentire.
Una volta a settimana il sabato mattina controllava il registro elettronico della scuola e io quella settimana avevo preso un sei in matematica ed ero terrorizzata. Per ogni voto sotto il sette era sua abitudine punirci.
Dopo aver controllato il registro di mia sorella, toccò a me, mi avvicinai a lui, non ci era permesso sederci in quelle occasioni, e mi misi nella posizione del controllo cioè con le mani dietro la schiena e i piedi uniti.
Prima di aprire il registro papà sapeva già del brutto voto, glielo avevo detto durante il resoconto di giovedì sera, ed ero già stata punita per quello, ma il fine settimana papà aveva più tempo e diceva che poteva punirci con calma in modo che potessimo imparare a non ripetere certi errori.
Non potevo parlare non potevo giustificarmi, solo lui poteva darci il permesso di parlare e quindi ero lì in attesa di avere la mia punizione.
Decise che quel giorno non avrei mangiato, e che tutte le incombenze domestiche sarebbero toccate a me, in più per tutto il giorno e per la domenica non avrei potuto indossare vestiti.
Fecero colazione, io li servii e poi rassettai tutto in fretta, papà mamma e mia sorella mi aspettavano in soggiorno.
Papà era seduto sulla sua poltrona mi chiese di avvicinarmi e io lo feci, sapevo già come dovevo posizionarmi, accanto a lui con le braccia incrociate dietro, le gambe aperte.
Mio padre invitò mia sorella a scegliere il frustino per punirmi, e sapevo già che sarebbe stato uno di quelli che avrebbe provocato più dolore,altrimenti sarebbe stata punita anche lei.
Mia sorella glielo consegnò e mio padre iniziò a darmi 30 scudisciate, e dopo ognuna io dovevo contarle, se avessi sbagliato avrebbe iniziato d'accapo.
Dopo fui spedita in cucina a preparare il pranzo, per l'occasione della mia punizione aveva invitato mio nonno.
Quando bussarono alla porta fui io ad aprire, mio nonno mi vide nuda e mi chiese cosa avessi combinato, risposi solo dopo aver avuto l'assenso da mio padre.
Nonno allora mi retarguì e mi disse che avrei avuto bisogno di una punizione, che nella loro famiglia non si era mai visto un voto così basso.
Sapevo già che mi avrebbe aspettato una durissima giornata, nonno era anche più severo di mio padre.
Alle 13 si sedettero tutti a tavola, servii il primo, ma per sbaglio macchiai la tovaglia mentre servivo il nonno e allora lui mi disse : " appena finisci di servire torna qua subito".
Finii di servire gli altri, portai il vassoio in cucina e tornai dal nonno, mi misi accanto a lui con le gambe divaricate.
Mentre lui continuava a mangiare prese dal tavolo una carota che avevo servito come crudité e me la infilò tutta nella vagina senza preoccuparsi di potermi fare male, poi mi disse di andare da mia sorella che avrebbe provveduto a infilarmela e sfilarmela fin quando lui non avesse finito di mangiare e senza badare troppo alla mia sofferenza.
Mia sorella estraeva e poi infilava con forza la carota, ebbe un solo attimo di esitazione e mio padre disse che sarebbe stata punita anche lei, che un ordine del nonno non va messo in discussione neanche col pensiero.
Per farmi soffrire nonno lasciò nel piatto una forchettata di pasta facendo finta di non aver finito per più di venti minuti, quello fu il tempo che durò il supplizio della carota.
Dopo l'ultima forchettata mia sorella tolse la carota e fu invitata a mangiarla, mio padre disse che il cibo non va sprecato.
Alla fine del pranzo dopo aver rassettato mi fu concesso di bere, dentro una ciotola che papà usava quando doveva punirci c'era l'acqua con cui avevo pulito i piatti prima di metterli in lavastoviglie, fui costretta a bere e mangiare quello schifo con nonno che mi controllava a vista.
Quando nonno voleva punirmi mi faceva fare il cane mi metteva un guinzaglio e mi infilava nel retto una coda, stavolta fu mia madre a dover scegliere la coda e anche in questo caso ne scelse una che aveva un fallo bello grosso. Lo fece per aiutarmi in modo tale che la coda non uscisse altrimenti avrei subito una punizione con la frusta.
Nonno mi chiamava cagna e io dovevo corrergli dietro, buttava un bastone e io dovevo raccoglierlo. Ma non era un semplice bastone, a loro piaceva che le punizione fossero in qualche modo opera dell'intera famiglia.
Era un pene di ebano doppio, e sarebbe stata la punizione per l'esitazione di mia sorella.
Mio nonno lo buttava io dovevo raccoglierlo con la bocca e poi tenendone una estremità in bocca dovevo infilare il resto nella fica di mia sorella che era stata posizionata sulla sedia con le gambe sui braccioli di fronte al divano dove erano seduti tutti gli altri.
Presi il pene, lo portai prima al nonno che mi diede una carezza come si fa coi cani, e poi mi disse di infilarlo con forza dentro mia sorella.
Fui costretta a farlo con non poche difficoltà, rischiai quasi di non respirare più, e poi dovetti infilarlo e S filarlo con la stessa violenza che lei aveva usato nell'infilarmi la carota dentro la figa.
Nel frattempo mio padre e mio nonno si stavano toccando e si vedeva da sopra i vestiti che gli era venuto duro, allora chiamarono mia madre e le dissero:" donna che aspetti, non vedi che i tuoi padroni stanno scoppiando." E mio padre disse a Mia madre di cominciare da mio nonno in segno di rispetto.
Mentre io continuavo a masturbare mia sorella, mia madre spompinò prima mio nonno che riverso tutto il suo sperma in un bicchiere, e poi mio padre, stavolta mia madre fu costretta ad ingoiare tutto sino all'ultima goccia.
Oramai soddisfatti, mi dissero di smettere, mio nonno prese la ciotola, versó dentro la sua sborra e ordinó a me e mia sorella di ripulirla sino a farla brillare.
Mentre noi leccavamo la ciotola a mio nonno ridivenne duro e decise di scoparsi mia sorella, ma lui era sadico e sapeva che per mantenere la sua erezione aveva bisogno che qualcuno soffrisse. Allora mi ordinò di prendere una strapon e di inculare mia madre.
Mio nonno si inculava mia sorella a sangue sul tavolo, io stavo rompendo il culo a mia madre, e mio padre stava inculando me.
Questa cosa andò avanti per un tempo infinito fin quando nonno riverso tutta la sborra su di me e anche mio padre, a quel punto mia madre mia sorella furono costrette a ripulirmi del loro seme con le loro lingue.
Durante tutto il pomeriggio io essendo in punizione fui costretta a stare nuda accucciata ai piedi del divano mentre mio nonno e papà guardavano la partita, ogni tanto solo per ricordarmi che lui era il padrone indiscusso mi dava una scudisciata e per tutto il tempo mi tenne infilata nella figa una bottiglia di birra vuota che ogni tanto toglieva e infilava nel culo senza troppa premura di non farmi male.
Questo fu un sabato tranquillo, quasi di routine.....
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Commenti dei lettori al racconto erotico