Il passato mi condiziona
di
miriana
genere
dominazione
Sai, “ . ? ”, anche se la mia nota libertà sessuale non mi pone limiti di sorta, la prudenza mi consiglia di fare la massima attenzione verso le persone che vorrebbero contattarmi tramite questo sito. Lo farò, certo, ma secondo una mia intima e meticolosa scelta …, dopo aver valutato alcune caratteristiche, di chi ambisce … ” Ogni volta che ripasso il mio passato, non mi sento particolarmente soddisfatta, ma non certo per le mie pie irriverenze sessuali come: incesti, ammucchiate, scambi di coppie e altro …, soltanto perché, in tutte le mie baldorie rocambolesche, a parte l’amore verso mio padre, non ho mai unito il sesso al sentimento vero. Per questo motivo, racconto cos’è accaduto con il mio primissimo Boy, unicamente per avere uno spassionato parere. Dopo che mio fratello mi aveva stuprata, temendo di essere rimasta incinta, cercai celermente di farmi un fidanzato, al quale, mi sono concessa con tale facilità da lasciarlo interdetto, e anche presuntuoso, facendolo sentire come se fosse il più bel maçò del circondario. Tant’è vero che aveva sparso la voce con gli amici dicendo loro che io non avevo saputo resistergli. Anzi, visto che loro avevano messo in dubbio la sua confidenza, per dimostrare che non mentiva, era venuto a prendermi verso sera, con l’auto di suo padre ed eravamo andati a sostare in una strada senza uscita, accanto al vialetto pedonale del parco comunale, dove senza attesa mi aveva tolto le mutandine e mi aveva presa con un ardore tale da farmi girare la testa. E non fu tutto poiché mi impose, dopo avere acceso la luce di cortesia, di prenderglielo in bocca e di succhiarglielo senza toccarlo con le mani. Mentre ero intenta a questa mansione lo sentii lamentarsi di quanto caldo c’era nell’abitacolo, e che avrebbe abbassato i finestrini per respirare meglio. Una scusa che abboccai assieme al suo uccello, che avevo quasi fino in gola. “ Guardate quant’è troia questa ragazza, amici …! Scommetto che lo succhierà anche a noi ”. La voce proveniva dal lato destro dell’auto dove quattro ragazzi, tutti con il loro membro sfoderato, si stavano segando velocemente. “ Ti conviene accettare, Miriana, altrimenti finisce che questi ci fanno anche del male … ” mi supplicò, Sarino, intimidito dal tono di voce di quello che sembrava il capo del branco. Dopo tutto quello che stava accadendo nel circondario, spaventata decisi di sottostare allo stupro che questi mi avrebbero fatto. D’altronde, erano meno gravi delle sevizie sessuali che quelle fisiche. “ Tu, bamboccio, esci dalla macchina e stai a guardare come si soddisfano le donne … ” gli aveva ordinato il solito capoccia, un ragazzone grande e molto ben forgiato, con due occhi azzurro cielo, e due labbra delle quali mi sarei appropriata con gioia se avesse desiderato concedermele, prima di usare la mia bocca come se fosse un buco del mio corpo da riempire. Come ormai mi aspettavo, sceso il mio fidanzato, salirono loro e in meno di un secondo mi denudarono completamente, strappandomi tutti gli abiti che avevo indosso, poi, presero a trapanarmi in ogni dove facendomi urlare di piacere, che io dissimulavo con espressioni ed urla di dolore. Non appena uno dei membri si era liquefatto nella mia gola e abbandonato la mia faringe, avevo attratto a me le labbra di Tullio e le avevo baciate con ardore, tanto intensamente da non riuscire poi a trattenere il seme lasciato in essa dal membro precedente, il cui liquido scivolò nel mio stomaco dandomi una sensazione sensazionale, unitamente alla nuova linfa che mi trasmetteva la bocca di quell’adone che si fondeva in me sia col pene che con la lingua. Quando gli altri erano ormai tutti spossati, aveva continuato a usare il mio corpo con una lena indomabile. Mi aveva presa di dietro, davanti, sopra e alla spagnola, senza mai godere, anzi, dopo che i suoi accoliti erano usciti dalla macchina, aveva chiuso tutto, persino le portiere e aveva continuato ad amarmi, ma con dolcezza, carezzandomi, baciandomi sino a farmi mancare il respiro, oltre a farmi scendere le lacrime, di piacere, ma anche di gioia. Una gioia improvvisa, che escluse tutti dalla mia mente lasciando soltanto lui, al quale mi dedicai con amore. “ Ora lasciami fare baby. Voglio farti venire come mai sei venuto prima, con un’altra donna ” gli sussurrai, mordicchiandogli il lobo dell’orecchio, prima di congiungere le mani sul suo membro, inginocchiata come se stessi pregando, segandolo, mentre ad ogni sali e scendi, mi piegavo sul suo uccello prendendolo in bocca come se fosse un’ostia. Un metodo che ebbe solo l’effetto di indurirlo ulteriormente, senza fargli raggiungere l’apice del piacere. “ Se vuoi fare godere un uomo che resiste, devi prenderglielo in bocca fino a raggiungere i testicoli … ” mi aveva consigliata Marco, il mio incestuoso fratellino. Fino ad allora ne avevo già succhiati alcuni, e anche in modo profondo, senza mai esagerare però, visto che dopo un certo limite mi veniva da vomitare. Con Tullio però, dovevo superarmi e lasciarlo scendere dentro me fino a soffocare, e se fosse stato necessario, farlo venire a tutti i costi. I primi attimi, furono terribili. In certi momenti, dovevo fermarmi per poi ricominciare e prenderne un mm. in più, rispettando anche la circonferenza del suo glande, appena più piccolo di un uovo sodo. Ci misi parecchio a ingoiarlo tutto, disturbata dalla sua folta peluria che s’inseriva fra le mie labbra, ma alla fine fui premiata da una valanga di sperma bollente che scivolò lungo tutta la mia colonna digerente, esaltando al parossismo la mia eccitazione ed il conseguente stratosferico orgasmo. Per un qualche attimo, Tullio rimase in silenzio e con gli occhi chiusi, poi, carezzandomi il viso: “ Ora, mandiamo via i ragazzi, raggiungiamo la mia auto, che è parcheggiata dall’altro lato del parco, andiamo a casa mia e continuiamo a fare più comodamente l’amore, se ti va … ” mi propose, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “ Secondo te, io dovrei seguire uno dei miei stupratori e lasciare il mio fidanzato come se nulla fosse accaduto? ” obbiettai, senza nemmeno un briciolo di convincimento. “ Cos’è che ti disturba di più, essere stata stuprata da noi o lasciare quella specie di fidanzato? ” mi domandò, sarcastico. “ Entrambe le cose …! ” dichiarai all’istante, anche se dentro di me sapevo di mentire. “ Beh, allora, rammaricati soltanto per lo stupro, visto che quella specie di mezzo uomo che tu ti ostini a chiamare fidanzato, ha combinato l’inghippo solo per vantarsi con tutti noi … ” mi aveva confessato, con una naturalezza sconcertante. Dopo quella rivelazione, raccattai tutti i vestiti stracciati, mi coprii alla meglio, scesi dalla macchina, raggiunsi Sarino, che nel mentre dialogava tranquillo con gli altri tre ragazzi, l’insultai con tutti gli epiteti più volgari che conoscevo e me ne andai a piedi verso la parte del parco dove Tullio mi aveva detto di aver parcheggiato la sua auto. “ La posso accompagnare, bella signora …? ” La voce, ed il braccio che mi aveva circondato la vita, erano le stesse che avevo sentito in macchina: volitiva di tonalità ed energica come stretta. “Lasciami stare! ” avevo risposto, sperando in me che non lo facesse . “ A quest’ora della notte, una donna sola, nel parco, potrebbe venire stuprata ! ” sussurrò, scrutandosi intorno, guardingo. “ Mi prendi per il sedere, Tullio? ” l’affrontai piantandomi a gambe larghe e con aria di sfida. “ Si, cioè, no …, o meglio: l’ho fatto, ma lo rifarei con piacere, se mi darai ancora l’occasione per amarti in quella posizione ” rispose, mandandomi in estasi. Non so ancora oggi perché, ma quel ragazzo, aveva la facoltà di mandarmi in cima all’Everest soltanto con la voce, e oltre l’universo se posava le sue labbra sulle mie. Il suo appartamento, all’ultimo piano di un medio caseggiato, era composto da quattro enormi stanze, suddivise in cucina, salone, e due camere da letto, una per eventuali ospiti, oltre i due bagni, ovviamente. Inoltre, una scala interna portava in soffitta, enorme, dove Tullio conservava una decina di biciclette da corsa, strumenti utili allo sport che faceva buonanima di suo padre, un corridore piuttosto noto, seppi in seguito. Senza dire una sola parola, mi prese in braccio, mi condusse nella stanza degli ospiti depositandomi poi sul copriletto e mi coprì con tutto il suo corpo, mentre mi baciava con una bramosia alla quale non mi sarei sottratta per nulla al mondo. Oltre l’amore congenito ed incestuoso che da sempre mi legava a mio padre, non l’avevo mai provato per un altro uomo, fino a quel momento. Forse, era solo infatuazione o sindrome di Stoccolma, ma per lui, da quell’ attimo in poi mi sarei gettata nel fuoco, se me lo avesse chiesto. Per non dire poi quello che io avrei fatto quando iniziò a leccarmi il corpo, soffermandosi sul tratto che va della vagina al centro dei glutei, intorno al buchino dell’ano, poi penetrato a tratti dalla sua lingua, umida, tremula. Si era appropriato del mio corpo e della mia volontà senza darmi respiro, e nemmeno il tempo per detergermi da tutti i residui di piacere che il branco aveva depositato dentro e fuori di me. “ Profumi di sesso … ! ” mi aveva detto “ e a me vai bene così, non preoccuparti ”. Ero così eccitata da non riuscire a ricambiare le sue attenzioni. Urlavo di piacere e godevo di continuo, arpeggiata dalla sua lingua, dalle dita e poi dal suo stupendo arnese, arzillo come se fosse stato una biscia arrapata. Il momento d’estasi più intenso, fu quando, dopo avermi titillato a lungo il clitoride con la lingua, si unì a me col membro temperato dai preliminari, penetrandomi lentamente ma profondamente, sino a riempire completamente lo spazio che, dalle grandi labbra, giunge fino all’utero, con l’ausilio dei suoi testicoli che sferzavano violentemente i miei glutei . La notte, finì alle sette del mattino dopo, praticamente quando entrambi sprofondammo in un sonno, a dir poco, comatoso. Il risveglio, verso sera, fu particolarmente delizioso. Tullio, aveva accostato alle mie narici una brioches appena sfornata e un latte caldo profumato dal miele, che io ingurgitai affamata, rischiando di scottarmi la lingua. “ Più tardi, se ti va, andiamo fuori a cena, Miriana ” mi propose, mentre s’ infilava sotto le lenzuola e mi carezzava il corpo con le mani, ma soprattutto col pene, che sfregava sulle mie natiche nel chiarissimo intento di avvalersi di quella richiesta fatta quando eravamo ancora nel parco dello stupro. Dopo avermi eccitata per lungo tempo mi aveva infilato un cuscino sotto la pancia, arcuando il mio sedere all’altezza del suo membro e, con molto impeto, mi aveva penetrata fino in fondo creandomi un briciolo di dolore iniziale ma seguito dal più intenso e sublime piacere che io avessi mai provato in quella posizione. “ Prenderti da dietro, tesoro, mi fa sentire padrone del tuo corpo, come se tu fossi mia schiava. E’ una sensazione che mi esalta, che mi stimola in tale modo da farmi desiderare davvero che tu diventi mia, a tutti gli effetti ”. --- “ Lo sono stata, fino a questo momento, non credi? ” risposi, fingendo di non capire l’essenza del suo discorso. “ Certo, solo fisicamente però. Io mi riferisco alla tua volontà, oltre che al tuo corpo ” proseguì, senza smettere di cavalcarmi come se fossi stata una giumenta. Dopo avermi messo entrambi gli indici agli angoli della bocca, a mo di briglie, e sollevato il viso, ad ogni affondo del suo membro, le dita, simili al morso dei cavalli, mi strattonavano forte le labbra come per indicarmi la direzione da prendere con il capo. “ Mi manca solo il paraocchi, per essere uguale ad una puledra ” pensai, eccitandomi per quella sottomissione iniziale, di cui, già godevo. Come se mi avesse letto nel pensiero, Tullio tolse una fodera da un cuscino e me l’infilò in testa, poi presi gli estremi laterali li legò fra di loro per poi usare il nodo per strattonarmi il capo come fossi una cavalla da rodeo. Non posso dire se quella fu la ragione che mi stimolò l’orgasmo più lungo che io abbia mai avuto prima di quella sera, ma solo che, da quel momento, mi sentii completamente di sua proprietà. Verso le ventuno: “ Ora, è meglio che ti vesti, se vogliamo arrivare puntuali al ristorante dove ho prenotato ” mi suggerì Tullio, mentre uscivo dalla doccia, lui già vestito di tutto punto, con un completo grigio scuro, camicia bianca e persino una bella cravatta intonata all’abito. “ E che cosa mi metto se mi avete strappato tutti i vestiti di dosso, ieri …? ” rimbrottai. “ Nell’armadio quattro stagioni che c’è nell’altra stanza, troverai tutto l’occorrente. Tutte vesti di mia moglie, che aveva più o meno la tua taglia. Troverai anche abiti nuovi di zecca, che non ha nemmeno avuto il tempo d’indossare …! ” disse, mostrandosi profondamente triste. Evitai di fargli domande inutili per non rammentargli momenti spiacevoli e mi diressi nell’altra stanza dove trovai, ben sistemati, nell’armadio, un’infinità di abiti, di tutte le fogge, maglie, camicette ed anche molte scarpe, 37 di numero, precisamente il mio. Optai per un vestito lungo nero, da sera, con uno spacco vertiginoso che lasciava intravvedere buona parte della coscia poco sotto all’anca destra, ed ovviamente, il bordo bianco della calza autoreggente. Ciò che non avevo trovato, incredibilmente, erano reggiseno e slip.“ Ovvio, mia moglie non li usava …! ” rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo. “ Metti questa ” mi disse mostrandomi una cintura di castità con tanto di piccolo lucchetto pendente sul davanti. Per un attimo rimasi ferma, frastornata per la richiesta, a dire poco, strana; ma subito dopo obbedii, sentendomi subito a mio agio con quell’aggeggio primordiale, e per di più, chiuso da lui che poi si era messo la chiave nel taschino dell’abito. Una cintura di castità fatta di pelle dura, che mi costringeva a trattenere le gambe leggermente aperte per non che lo strusciare di quella materia mi arrossasse l’interno cosce, e che mi lasciava completamente libero soltanto il solco dei glutei. Prima di uscire di casa poi mi aveva alzato il vestito e infilato nell’ano un butt plug vibrante soltanto quando lui avrebbe azionato il telecomando, cosa che fece in macchina mentre ci recavamo al ristorante, dandomi modo di apprezzare quale piacere può dare una specie di dildo elettrico, posizionato, all’interno del sedere. Piacere soprattutto dovuto alla consapevolezza che a telecomandare l’aggeggio, non sei tu, ma un maschio, tuo padrone. Per quasi tutta la cena, Tullio mi aveva lasciata tranquilla. Aveva acceso il butt plug proprio nel momento in cui si era avvicinato il direttore di sala per chiederci se la cena era stata di nostro gradimento. Il mio si, involontariamente, uscì fuori dalla mia bocca come se fosse stato un lamento sessuale. Lo sguardo che mi lanciò questi, non lasciava dubbi sul giudizio che si era fatto di me. Un’arancia, in quel frangente, era sicuramente meno rossa del mio viso. “ Devo andare in bagno, Tullio ” gli confidai, piano. “ Tu vai avanti che poi ti raggiungo ” mi disse, calmo. Infatti, un attimo dopo, mi raggiunse nel bagno delle signore, si piegò per sollevarmi il vestito, aprì il lucchetto, mi abbassò la cintura fino quasi alle ginocchia poi: “ Vai, io ti aspetto per richiuderla …” mi ordinò con fare autoritario. “ E soprattutto, non chiudere la porta! Voglio osservarti ” continuò, posizionandosi proprio di fronte all’entrata. Una richiesta che mai nessuno mi aveva fatto, e alla quale non mi sarei sottostata assolutamente, più per vergogna che per altro. Ma a lui, non riuscii a negarmi, anche se in un primo momento non riuscivo proprio a liberare la vescica. Mentre Tullio mi risistemava bene la cintura, entrò una donna già di una certa età, che invece di inorridire per la scena assurda vista, mi aveva strizzato l’occhio complice e piuttosto divertita. Nel giro di poche ore stavo immagazzinando tante di quelle esperienze di cui non avevo mai immaginato di provare direttamente. E la cosa imbarazzante era che, esse, mi esaltavano, mi attraevano eccitandomi sempre di più. Mentre liberavo la vescica, sentirmi osservata da Tullio, mi aveva agitata sessualmente, quasi come se lui mi stesse toccando la vagina mentre orinavo. Cosa che gli confessai mentre tornavamo al tavolo. “ T’insegnerò cose molto più eccitanti cara se tu lascerai a me l’onore di condurre la tua vita sessuale …! ” rispose, baciandomi il lobo dell’orecchio. “ Adesso è un dovere, il tuo, non un onore farmi provare emozioni nuove, soddisfare esigenze di cui io non conoscevo l’esistenza ” gli dissi, restituendogli il bacio. “ Bene, allora, dopo cena, andiamo a fare altre esperienze in un luogo che io conosco bene ” mi promise, stringendomi a se con forza, proprio come se avesse voluto legarmi a se per la vita. Vi racconterò, certo …, appena queste cose saranno accadute e, se non mi dovrò vergognare troppo a riferirle!
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