Imparerai. {Pt 3}
di
Anaïs1995
genere
dominazione
Non puoi davvero chiedermelo.
Non puoi arrivare a questo.
Resto ferma con lo sguardo che sguscia tra te e tra il vuoto, domandandomi che cosa fare.
Ho una possibilità, me l'hai sempre lasciata: fare, o disfare. Eseguire, o andare. O meglio, farti andare.
Si può arrivare a un limite solo per vedere quanto oltre posso andarvi? Si può essere tanto ossimoro vivente, dolorante e spaventata, ed al contempo eccitata e consenziente?
Tu mi fai questo. Mi dividi, come sempre. E a colmare lo spazio che separa le due parti di me, ti poni tu, e non lasci margine.
"Non voglio sentirti parlare, ma voglio sentirti muovere" e nemmeno alzi lo sguardo dall'ennesimo articolo di politica. "Non farmi smettere di leggere."
Il tono pungente che usi ha funzionato: come pinzata, inizio a muovermi.
Gattono malconcia, al primo passo mi mordo il labbro inferiore per non dar voce al singulto che vuole uscire prepotente. Ne segue un secondo, un terzo.
Inconsciamente, mi porto davanti a te, di lato, puoi vedermi di fianco.
Con una mano giri la pagina, e veloce e violento la posi su di me, a palmo aperto. Mi colpisci sulla natica destra, forte.
"Più veloce, cucciolo."
Allora comincio a zampettare per il perimetro dells stanza, la moquette brucia sulle ginocchia adesso, e sento scendere lascive gocce dalle mie cosce, e dai miei occhi allo stesso tempo.
Riemerge la parte di me che non mi accetta: come diavolo posso inumidirmi? Darti una doppia soddisfazione, bagnata dentro e bagnata fuori, nuda come mai nella vita, disposta e diligente, e tu nemmeno mi guardi. Leggi.
Guardami, ti prego.
Mi fermo a un metro, o poco più, da te. Frontalmente. Inchiodo il mio sguardo sul giornale che ti copre metà volto, e aspetto.
Guardami.
Tu leggi.
"Guardami. Il pensiero è diventato sussurro.
Stare ferma mi fa ancora piu male, il dildo non mi lascia modo di rilassarmi, ma questa volta mi martirizzo per me stessa.
Abbassi il giornale.
Eccoti, ti ho preso.
Ci guardiamo, il mio nocciola liquefatto si scaglia nel tuo azzurro ibernato. La scintilla del mio dolore e della mia ribellione accende la tua, come due micce legate.
"Abbassa lo sguardo, e cammina. Non lo ripeterò ancora."
Rido beffarda con gli occhi, lo sai, te ne accorgi.
Limite per limite: se vuoi che io lo sfondi, tu dovrai sfondare il tuo.
Voglio le tue emozioni. E partirò dalla più facile: la rabbia.
"No."
La mia voce trema di dolore, non di paura.
Contrai le mascelle, nervoso. Quanto poco ti piacciono, i no..
"Ah, no?"
Si glacia ancora di più il cobalto chiaro del tuo guardarmi, tu al fuoco reagisci sempre con la neve.
Sei innaturalmente immobile, ancora il giornale nella mano.
Inizio a sentire il peso e il disagio dell'uomo che sei, vestito e comandante, che guarda la donna che sono, a quattro zampe e svestita non solo dei vestiti.
"No, non..."
Ti alzi di scatto, afferri il mio collo, mi sbatti la faccia sulla moquette.
"Allora vuoi giocare, stupida puttana, ahah. E addirittura dettarne il regolamento. Ma quanta superbia" e la pressione sul collo aumenta.
"La tua insolenza mi fa così incazzare...."
Sento la tua erezione. Si, cazzo. Un altro tassello sgretolato della tua indifferenza.
"Vediamo come te la spiego."
Con una mano ti slacci la cintura, abbassi la zip. Ti inginocchi dietro di me e mi tieni ancora costretta così.
È un attimo. Lo infili dentro la mia figa, gia pronta, sempre pronta.
Il dildo, dall'altra parte, comprime. Il tuo cazzo, fa il suo gioco.
Inizi a spingere e pompare con una violenza inaudita, sposti la mano da collo a capelli e mi tiri su, grido, mi fai male, non mi abitueró mai a tutta quella forza, a tutta quella cattiveria, specie ora che mi riempi in entrambi i buchi.
Gemo, ti imploro, non mi ascolti, anzi, aumenti il ritmo.
"Tu.
Sei.
Solo.
Ciò.
Che.
Dico.
Io."
Ad ogni spinta profonda, scandisci.
Ti fermi dopo l'ennesimo colpo, ma continui a tenermi a te, e tenerti in me.
"Non è questo che vuoi? Il controllo. La mente violata, la mente legata. La tensione mentale, essere mia. Tu sei mia. Sei una cosa mia. E di a quella piccola fiamma pilota che vibra ogni tanto nella tua testa,"
Un altro colpo, improvviso, arrogante
" che contro questo, contro di me, non può che soccombere."
E riprendi a scoparmi, con le.mani sui fianchi, il tuo respiro corto ora si mischia e danza col mio, il dolore che provavo lo plasmo in piacere tuo, e diventa anche mio.
Continui a scoparmi sempre piu forte, sento arrivare qualcosa dalla parte piu profonda di me, sta salendo, posso arrivare anche io, dio, vorrei averti dentro di me per sempre.
Con l'ultima botta, riversi in me tutto il tuo piacere, con un gemito che accende ancor di più la lussuria che gia si è impossessata di me.
Ancora, ti prego ancora.
Ma mi spingi via, finisco a pancia a terra.
Ti tiri su pantaloni e lampo, mi getti un ultimo sguardo, ancora riempita a metà, ansimante, colante del tuo sperma, ti rialzi, e mi scavalchi.
Lasciandomi lì.
"E ora fai quel che ti ho detto, stupida troia, senza farmi perdere altro tempo."
Non puoi arrivare a questo.
Resto ferma con lo sguardo che sguscia tra te e tra il vuoto, domandandomi che cosa fare.
Ho una possibilità, me l'hai sempre lasciata: fare, o disfare. Eseguire, o andare. O meglio, farti andare.
Si può arrivare a un limite solo per vedere quanto oltre posso andarvi? Si può essere tanto ossimoro vivente, dolorante e spaventata, ed al contempo eccitata e consenziente?
Tu mi fai questo. Mi dividi, come sempre. E a colmare lo spazio che separa le due parti di me, ti poni tu, e non lasci margine.
"Non voglio sentirti parlare, ma voglio sentirti muovere" e nemmeno alzi lo sguardo dall'ennesimo articolo di politica. "Non farmi smettere di leggere."
Il tono pungente che usi ha funzionato: come pinzata, inizio a muovermi.
Gattono malconcia, al primo passo mi mordo il labbro inferiore per non dar voce al singulto che vuole uscire prepotente. Ne segue un secondo, un terzo.
Inconsciamente, mi porto davanti a te, di lato, puoi vedermi di fianco.
Con una mano giri la pagina, e veloce e violento la posi su di me, a palmo aperto. Mi colpisci sulla natica destra, forte.
"Più veloce, cucciolo."
Allora comincio a zampettare per il perimetro dells stanza, la moquette brucia sulle ginocchia adesso, e sento scendere lascive gocce dalle mie cosce, e dai miei occhi allo stesso tempo.
Riemerge la parte di me che non mi accetta: come diavolo posso inumidirmi? Darti una doppia soddisfazione, bagnata dentro e bagnata fuori, nuda come mai nella vita, disposta e diligente, e tu nemmeno mi guardi. Leggi.
Guardami, ti prego.
Mi fermo a un metro, o poco più, da te. Frontalmente. Inchiodo il mio sguardo sul giornale che ti copre metà volto, e aspetto.
Guardami.
Tu leggi.
"Guardami. Il pensiero è diventato sussurro.
Stare ferma mi fa ancora piu male, il dildo non mi lascia modo di rilassarmi, ma questa volta mi martirizzo per me stessa.
Abbassi il giornale.
Eccoti, ti ho preso.
Ci guardiamo, il mio nocciola liquefatto si scaglia nel tuo azzurro ibernato. La scintilla del mio dolore e della mia ribellione accende la tua, come due micce legate.
"Abbassa lo sguardo, e cammina. Non lo ripeterò ancora."
Rido beffarda con gli occhi, lo sai, te ne accorgi.
Limite per limite: se vuoi che io lo sfondi, tu dovrai sfondare il tuo.
Voglio le tue emozioni. E partirò dalla più facile: la rabbia.
"No."
La mia voce trema di dolore, non di paura.
Contrai le mascelle, nervoso. Quanto poco ti piacciono, i no..
"Ah, no?"
Si glacia ancora di più il cobalto chiaro del tuo guardarmi, tu al fuoco reagisci sempre con la neve.
Sei innaturalmente immobile, ancora il giornale nella mano.
Inizio a sentire il peso e il disagio dell'uomo che sei, vestito e comandante, che guarda la donna che sono, a quattro zampe e svestita non solo dei vestiti.
"No, non..."
Ti alzi di scatto, afferri il mio collo, mi sbatti la faccia sulla moquette.
"Allora vuoi giocare, stupida puttana, ahah. E addirittura dettarne il regolamento. Ma quanta superbia" e la pressione sul collo aumenta.
"La tua insolenza mi fa così incazzare...."
Sento la tua erezione. Si, cazzo. Un altro tassello sgretolato della tua indifferenza.
"Vediamo come te la spiego."
Con una mano ti slacci la cintura, abbassi la zip. Ti inginocchi dietro di me e mi tieni ancora costretta così.
È un attimo. Lo infili dentro la mia figa, gia pronta, sempre pronta.
Il dildo, dall'altra parte, comprime. Il tuo cazzo, fa il suo gioco.
Inizi a spingere e pompare con una violenza inaudita, sposti la mano da collo a capelli e mi tiri su, grido, mi fai male, non mi abitueró mai a tutta quella forza, a tutta quella cattiveria, specie ora che mi riempi in entrambi i buchi.
Gemo, ti imploro, non mi ascolti, anzi, aumenti il ritmo.
"Tu.
Sei.
Solo.
Ciò.
Che.
Dico.
Io."
Ad ogni spinta profonda, scandisci.
Ti fermi dopo l'ennesimo colpo, ma continui a tenermi a te, e tenerti in me.
"Non è questo che vuoi? Il controllo. La mente violata, la mente legata. La tensione mentale, essere mia. Tu sei mia. Sei una cosa mia. E di a quella piccola fiamma pilota che vibra ogni tanto nella tua testa,"
Un altro colpo, improvviso, arrogante
" che contro questo, contro di me, non può che soccombere."
E riprendi a scoparmi, con le.mani sui fianchi, il tuo respiro corto ora si mischia e danza col mio, il dolore che provavo lo plasmo in piacere tuo, e diventa anche mio.
Continui a scoparmi sempre piu forte, sento arrivare qualcosa dalla parte piu profonda di me, sta salendo, posso arrivare anche io, dio, vorrei averti dentro di me per sempre.
Con l'ultima botta, riversi in me tutto il tuo piacere, con un gemito che accende ancor di più la lussuria che gia si è impossessata di me.
Ancora, ti prego ancora.
Ma mi spingi via, finisco a pancia a terra.
Ti tiri su pantaloni e lampo, mi getti un ultimo sguardo, ancora riempita a metà, ansimante, colante del tuo sperma, ti rialzi, e mi scavalchi.
Lasciandomi lì.
"E ora fai quel che ti ho detto, stupida troia, senza farmi perdere altro tempo."
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