Solo tu, Valentina (I parte)
di
Giorgioco
genere
etero
“Ciao Giorgio”
Due parole emesse con una splendida voce dolce e sensuale, la voce di Valentina.
Mi voltai di scatto, era lei.
Cappello di paglia in testa, occhiali da sole e un costume bianco coperto sul ventre da un pareo azzurro con motivi floreali.
Mi arrestai e sfoggiai il più falso dei sorrisi. Ero felice di vederla ma avevo notato, dietro di pochi metri, la sagoma di un ragazzo impegnato a spingere un carrellino su cui era stata adagiata una canoa.
Lo avevo riconosciuto, era Andrea, il ragazzo di Valentina.
Gioia, eccitazione, rabbia e delusione; in pochi secondi tantissime emozioni. Un brivido che solo lei è in grado di procurarmi.
Siamo amici di vecchia data; la conosco praticamente da sempre. Di madre pugliese e padre siciliano, ogni estate, finita la scuola, era ospite dai nonni paterni nostri vicini di casa.
Erano gli anni spensierati in cui l’estate durava quasi tre mesi, gli anni delle prime avventure amorose, delle prime gioie e dei primi dolori
Di due anni più grande di me, cresceva bassina ma con un fisico da spavento. Seno prosperoso e sedere piccolo ma ben sodo. Nella nostra comitiva la Vale attirava le attenzioni di noi ragazzi proprio per queste caratteristiche ma il suo atteggiamento di chiusura e rigore erano un deterrente per tutti quelli che desideravano da lei la classica avventura estiva.
Io, che di quel gruppo ero il più piccolo, invece vedevo in queste spigolosità un motivo di interesse. Ero troppo timido e troppo insicuro per pensare ad un approccio più che amichevole con lei. L’unica scurezza era la certezza del fallimento a cui sarei andato incontro qualora ci avessi provato; una mossa che avrebbe compresso il nostro rapporto di amicizia e probabilmente anche gli equilibri della nostra compagnia.
Mi accontentavo di stare in spiaggia con lei, ammirare i suoi seni, i suoi capelli bagnati asciugarsi al sole e poi la sera in spiaggia a guardare le stelle o al lido tra jukebox e serate disco.
Tanto la mattina quanto la sera, chiuso in bagno rivivevo i momenti vissuti con lei. L’odore della sua pelle o un lievissimo contatto del mio gomito con il suo seno sodo, bastava poco per scatenare la mia fantasia.
È stata proprio Valentina l’ispirazione della mia prima sega; avevo sedici anni. A ripensarci oggi è incredibile pensare quanto i miei ormoni abbiano impiegato a modificare l’ordine di importanza delle mie attività giornaliere. Passare in pochi mesi dall’ossessione per il calcio e per la pesca a quella per tette e culi.
Eppure quella prima volta il piacere provato mi mise in una specie di stato di angoscia e ci vollero diversi giorni per metabolizzare quel pressante desiderio.
Forse era stato il modo in cui tutto ciò era avvenuto ad avermi scioccato.
Era successo tutto una mattina in spiaggia, in acqua per l’esattezza. Avevo visto per la prima volta, seppur per pochi secondi, il seno di Valentina. Complice un’onda infatti, il pezzo di sopra del suo bikini si spostò improvvisamente. Ricordo benissimo il colore del costume, era blu. E ricordo altrettanto bene la forma del seno. Una grossa pera bianca ed in punta una areola rosa da cui faceva capolinea un piccolo capezzolo più scuro.
Fu un attimo; Valentina rossa in volta sistemò frettolosamente il pezzo di sopra voltandosi verso me e Andrea per capire se avessimo visto qualcosa.
Andrea in realtà, impegnato con il suo materassino, non aveva colto il momento. Io invece avevo visto ed immagazzinato tutto. Sentii una vampata di calore spostarsi verso la testa e verso il pene. Quando Valentina si voltò ero ancora immobile ma il mio colorito e la mia evidente erezione furono il chiaro segnale che qualcosa avevo visto.
Valentina lanciandomi un’occhiataccia prese per uscire dall’acqua. Avrei voluto seguirla, bloccarla e baciarla. Volevo farle capire che non era successo niente, c’ero io a proteggere la sua bellezza e lo avrei voluto fare per sempre.
Ma invece, la prima di mille altre occasioni perse, un po’ per la solita timidezza ed insicurezza e un po’ per l’evidente erezione, che certamente si sarebbe notata, la lasciai andare.
Si asciugò rapidamente, prese la sua roba e lasciò la spiaggia.
Solo dieci minuti dopo anch’io fui in grado di abbandonare l’acqua con il pensiero di andare immediatamente a casa riuscendo ad incontrare lo sguardo di Valentina. Volevo chiarire, ero pronto a chiederle scusa per “aver visto”.
Ma non l’incontrai.
Era sicuramente in casa; c’era il suo due pezzi steso sullo stendino. La vista di quel semplice capo mi riportò alla mente la scena vissuta in acqua.
Andai al piano di sopra di casa mia; da lì potevo vedere la casa di Valentina e lo stendino.
L’erezione fu immediata. Poggiato con i gomiti sul muretto del balcone, inizia lentamente a premere il pene verso il muro quindi con lente rotazioni del bacino sfregavo la cappella gonfia al muro. Questa sfregando contro la retina del boxer mi provocava brividi di dolore e piacere. Ero fuori controllo.
Meno di un minuto e abbassai i pantaloncini. Impugnai il mio pene ben rigido e cominciai a muovere con delicatezza il polso dal basso verso l’alto.
Intorno a me niente; solo io e Valentina.
Pochi minuti ed una fonte di calore attraversò velocemente tutta la lunghezza del pene per concludere la sua corsa a mo’ di eruzione violenta. La lava, un liquido biancastro appiccicoso, sporcò tutto intorno a me. Per un attimo mi sentii venir meno. Decisi di sedermi e tra piacere e paura lasciai passare qualche minuto. Fui svegliato da voci di persona in lontananza. Non erano i miei genitori ma comunque conveniva pulire al più presto. Mi alzai i boxer ed in bagno presi della carta igienica ed una pezza bagnata. Asciugai rapidamente e poi passai sopra la pezza.
In quel momento vidi Valentina uscire di casa insieme alla nonna. Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono. Io ero paralizzato lei, invece, fece per entrare velocemente in auto. Restai affacciato fin quando non fu possibile più sentire il rumore dell’auto.
Seduto sul cesso mi liberai in una copiosa pisciata. I pelli del pene era tutto “impasticciati” con quel liquido biancastro.
Entrai nella doccia, girai la manopola dell’acqua fredda.
In quella doccia cercavo un macchina del tempo. Volevo ritornare indietro di almeno due ore, volevo non scendere in spiaggia, volevo Valentina e la voglio ancora
Due parole emesse con una splendida voce dolce e sensuale, la voce di Valentina.
Mi voltai di scatto, era lei.
Cappello di paglia in testa, occhiali da sole e un costume bianco coperto sul ventre da un pareo azzurro con motivi floreali.
Mi arrestai e sfoggiai il più falso dei sorrisi. Ero felice di vederla ma avevo notato, dietro di pochi metri, la sagoma di un ragazzo impegnato a spingere un carrellino su cui era stata adagiata una canoa.
Lo avevo riconosciuto, era Andrea, il ragazzo di Valentina.
Gioia, eccitazione, rabbia e delusione; in pochi secondi tantissime emozioni. Un brivido che solo lei è in grado di procurarmi.
Siamo amici di vecchia data; la conosco praticamente da sempre. Di madre pugliese e padre siciliano, ogni estate, finita la scuola, era ospite dai nonni paterni nostri vicini di casa.
Erano gli anni spensierati in cui l’estate durava quasi tre mesi, gli anni delle prime avventure amorose, delle prime gioie e dei primi dolori
Di due anni più grande di me, cresceva bassina ma con un fisico da spavento. Seno prosperoso e sedere piccolo ma ben sodo. Nella nostra comitiva la Vale attirava le attenzioni di noi ragazzi proprio per queste caratteristiche ma il suo atteggiamento di chiusura e rigore erano un deterrente per tutti quelli che desideravano da lei la classica avventura estiva.
Io, che di quel gruppo ero il più piccolo, invece vedevo in queste spigolosità un motivo di interesse. Ero troppo timido e troppo insicuro per pensare ad un approccio più che amichevole con lei. L’unica scurezza era la certezza del fallimento a cui sarei andato incontro qualora ci avessi provato; una mossa che avrebbe compresso il nostro rapporto di amicizia e probabilmente anche gli equilibri della nostra compagnia.
Mi accontentavo di stare in spiaggia con lei, ammirare i suoi seni, i suoi capelli bagnati asciugarsi al sole e poi la sera in spiaggia a guardare le stelle o al lido tra jukebox e serate disco.
Tanto la mattina quanto la sera, chiuso in bagno rivivevo i momenti vissuti con lei. L’odore della sua pelle o un lievissimo contatto del mio gomito con il suo seno sodo, bastava poco per scatenare la mia fantasia.
È stata proprio Valentina l’ispirazione della mia prima sega; avevo sedici anni. A ripensarci oggi è incredibile pensare quanto i miei ormoni abbiano impiegato a modificare l’ordine di importanza delle mie attività giornaliere. Passare in pochi mesi dall’ossessione per il calcio e per la pesca a quella per tette e culi.
Eppure quella prima volta il piacere provato mi mise in una specie di stato di angoscia e ci vollero diversi giorni per metabolizzare quel pressante desiderio.
Forse era stato il modo in cui tutto ciò era avvenuto ad avermi scioccato.
Era successo tutto una mattina in spiaggia, in acqua per l’esattezza. Avevo visto per la prima volta, seppur per pochi secondi, il seno di Valentina. Complice un’onda infatti, il pezzo di sopra del suo bikini si spostò improvvisamente. Ricordo benissimo il colore del costume, era blu. E ricordo altrettanto bene la forma del seno. Una grossa pera bianca ed in punta una areola rosa da cui faceva capolinea un piccolo capezzolo più scuro.
Fu un attimo; Valentina rossa in volta sistemò frettolosamente il pezzo di sopra voltandosi verso me e Andrea per capire se avessimo visto qualcosa.
Andrea in realtà, impegnato con il suo materassino, non aveva colto il momento. Io invece avevo visto ed immagazzinato tutto. Sentii una vampata di calore spostarsi verso la testa e verso il pene. Quando Valentina si voltò ero ancora immobile ma il mio colorito e la mia evidente erezione furono il chiaro segnale che qualcosa avevo visto.
Valentina lanciandomi un’occhiataccia prese per uscire dall’acqua. Avrei voluto seguirla, bloccarla e baciarla. Volevo farle capire che non era successo niente, c’ero io a proteggere la sua bellezza e lo avrei voluto fare per sempre.
Ma invece, la prima di mille altre occasioni perse, un po’ per la solita timidezza ed insicurezza e un po’ per l’evidente erezione, che certamente si sarebbe notata, la lasciai andare.
Si asciugò rapidamente, prese la sua roba e lasciò la spiaggia.
Solo dieci minuti dopo anch’io fui in grado di abbandonare l’acqua con il pensiero di andare immediatamente a casa riuscendo ad incontrare lo sguardo di Valentina. Volevo chiarire, ero pronto a chiederle scusa per “aver visto”.
Ma non l’incontrai.
Era sicuramente in casa; c’era il suo due pezzi steso sullo stendino. La vista di quel semplice capo mi riportò alla mente la scena vissuta in acqua.
Andai al piano di sopra di casa mia; da lì potevo vedere la casa di Valentina e lo stendino.
L’erezione fu immediata. Poggiato con i gomiti sul muretto del balcone, inizia lentamente a premere il pene verso il muro quindi con lente rotazioni del bacino sfregavo la cappella gonfia al muro. Questa sfregando contro la retina del boxer mi provocava brividi di dolore e piacere. Ero fuori controllo.
Meno di un minuto e abbassai i pantaloncini. Impugnai il mio pene ben rigido e cominciai a muovere con delicatezza il polso dal basso verso l’alto.
Intorno a me niente; solo io e Valentina.
Pochi minuti ed una fonte di calore attraversò velocemente tutta la lunghezza del pene per concludere la sua corsa a mo’ di eruzione violenta. La lava, un liquido biancastro appiccicoso, sporcò tutto intorno a me. Per un attimo mi sentii venir meno. Decisi di sedermi e tra piacere e paura lasciai passare qualche minuto. Fui svegliato da voci di persona in lontananza. Non erano i miei genitori ma comunque conveniva pulire al più presto. Mi alzai i boxer ed in bagno presi della carta igienica ed una pezza bagnata. Asciugai rapidamente e poi passai sopra la pezza.
In quel momento vidi Valentina uscire di casa insieme alla nonna. Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono. Io ero paralizzato lei, invece, fece per entrare velocemente in auto. Restai affacciato fin quando non fu possibile più sentire il rumore dell’auto.
Seduto sul cesso mi liberai in una copiosa pisciata. I pelli del pene era tutto “impasticciati” con quel liquido biancastro.
Entrai nella doccia, girai la manopola dell’acqua fredda.
In quella doccia cercavo un macchina del tempo. Volevo ritornare indietro di almeno due ore, volevo non scendere in spiaggia, volevo Valentina e la voglio ancora
0
voti
voti
valutazione
0
0
Commenti dei lettori al racconto erotico