Culatello a colazione
di
Yuko
genere
etero
Mi sveglio che è ancora presto, Andrea sta dormendo.
Sono nuda.
Abbiamo fatto l'amore e poi non mi sono rivestita, volendo rimanere pronta e disponibile per lui nel caso che in piena notte avesse desiderato farmi sua ancora.
E così è successo.
Gli davo la schiena quando mi sono risvegliata al tocco delle sue mani che, da dietro, mi stavano avvolgendo per attirarmi a contatto col suo corpo.
Mi ha accarezzato il seno mentre l'altra mano mi risaliva tra le gambe.
I suoi baci sul collo, il pizzetto che mi pungeva la nuca.
E quando ho sentito il suo pene spingere da dietro, ho sollevato una gamba, dirigendo la sua rigidità nei miei morbidi e accoglienti spazi.
Con la mano mi accarezzava il grilletto mentre gemeva a ogni spinta, rinforzato dai miei sospiri sempre più profondi.
E dopo il mio primo orgasmo si è sfilato delicatamente cercando uno spazio più stretto.
Mi sono piegata un poco ed eccolo farsi rispettosamente strada in quel posto dove un po' di dolore iniziale si mescola al piacere più sconcio e più complesso.
E ora mi alzo nella incerta penombra del primo mattino.
Individuo la sua maglietta: 'University of Chianti valley', il mio ultimo regalo.
Mi arriva a metà coscia, ma per me è un'ottima camicia da notte.
Sono in cucina ora.
Andrea si è svegliato e, inseguendo l'odore del caffè e del pane tostato, come un invisibile filo di Arianna, mi ha trovata.
Gli sorrido mentre mi guarda, in piedi, ma ancora mezzo addormentato; si gratta la testa.
“Ma che 'azzo di ora è mai 'uesta?”
Ma io non rispondo.
Il burro al tartufo comincia a sfrigolare, il momento perfetto per buttarci due uova bio.
Verso l'acqua bollente nella teiera già calda dove ho sistemato tre cucchiaini di te dell'Assam della Fortnum & Mason.
“Ma indò tu vai? Ettu settati!” Gli rispondo poi in un maldestro fiorentino inventato al momento.
Lui mi rimprovera con uno sguardo indignato e traboccante di riprovazione. Alza l'indice come per redarguirmi, ma poi si mette a ridere scuotendo la testa, come sconfitto. "Oh bischera d'una giapponese! Ecchecciai in quella matta testolina?"
Proseguo davanti ai fornelli, ma Andrea, colto da improvvisa ispirazione, si rialza avvicinandosi alle mie spalle e mi solleva la maglietta scoprendomi il sedere.
Avverto l'aria fresca che serpeggia sul mio basso ventre come sento il suo sguardo ponderare accuratamente le mie rotondità.
Lui continua a osservarmi mentre consuma il caffè, e io immagino la sua espressione assorta come quella di un intenditore che cerca di indovinare il colore del vino nel suo calice: 'rosso mattone? Granato? Carminio?'
Poi mi arrotola la maglietta fino ai fianchi per liberare le mani, ma quella ricade. Ci riprova rimboccando il tessuto, ma ancora i suoi tentativi vengono frustrati. Alla fine prende un paio di mollette per stendere, risolleva il cotone e lo fissa alla mia schiena.
Poi si siede a debita distanza osservando i miei glutei, soddisfatto della soluzione da lui ideata.
Sorrido, mentre rivolto i toast francesi nell'altro tegame e osservo le uova assumere consistenza sfrigolando con il rumore della pioggia sulla strada.
Il suo sguardo sul mio culetto è così intenso che mi sento accarezzare i profili. Le sue pupille scorrono sulle fossette lombari, seguendo i miei contorni che si allargano verso le natiche, scivolano tra le cosce che tengo pudicamente chiuse e risalgono lungo la piega che si sfuma nuovamente sulla schiena. Lo sento forte ed eccitante, come se penetrasse il solco tra le chiappe a cercare il garofano più scuro. Mi sembra di percepire quell'attenzione concentrata, come due mani appoggiate lungo l'insenatura che delimita il confine tra sedere e cosce, per soppesare e tastarmi i depositi di grasso, affondando le dita nella mia soffice consistenza.
“Non ti sembra che sia un po' troppo grosso?” gli chiedo, mostrandomi partecipe dell'intensa ispezione che si sta svolgendo a carico del mio culetto.
“Essuvvia, un diciamo 'azzate!”, mi rassicura, “c'hai la vita stretta, per questo a te ti sembra grosso, ma l'è perfetto, sto ulo, maremma gatta”.
Soddisfatta, rigiro i toast e faccio scivolare le uova nel secondo tegame perchè non si attacchino, ma gli condivido il mio apprezzamento dell'elegante complimento appena ricevuto scuotendo i fianchi per mettere in vibrante moto le mie riserve caloriche stipate sotto al coccige.
“Me 'oglioni!” Il fiorentino ha recepito la mia risposta di intesa.
Mi fa piacere che Andrea apprezzi il mio sedere e che ne coltivi la visione con tanta dedizione. In generale mi piace farmi vedere nuda da lui quando lui mi desidera, e sono sempre contenta quando mi conferma che la visione del mio corpo non lo ha annoiato per nulla, dopo così tante sessioni di sguardi e palpeggiamenti.
È come se ogni volta mi vedesse nuda per la prima volta e questo rende il mio fidanzato puro e genuino come un bambino che contempli la neve in un incontro inedito.
“Una clessidra, quella schiena che si allarga come 'na fiaschetta di 'hianti, un violoncello, tu sei...”
Sciorina l'erede di Dante, ma le uova sono pronte e i toast francesi imbruniti: sospendo la dotta dissertazione a tema del mio culo e mi giro per sistemare le uova sul loro giaciglio di pane abbrustolito.
“E che potta! Che fi'a, che ci'ala, che sgnacchera, che lallera!”
Con questa raffica di sinonimi vengo resa edotta che la maglietta, sollevata sulle cosce, inevitabilmente ha scoperto anche il nero cespuglio di mirto che porto davanti.
Non mi scompongo per così poco.
Sorrido con un certo compiacimento che non voglio nascondere.
Mi ripeto: mi piace piacere al mio uomo e i suoi apprezzamenti, in qualunque dialetto e idioma siano, mi sono sempre graditi perchè mi confermano nella sua soddisfazione di avermi solo sua.
Lo servo mentre mi fissa soddisfatto i peli del pube: gli verso ancora un filo di olio tartufato sulle uova e mi siedo a mangiare insieme a lui.
Incamero lo sguardo triste nel vedere la passera tramontare sotto il bordo del tavolo, ma mentre gli verso il te dell'Assam filtrandolo attraverso il colino, avverto che i suoi occhi sono stati catturati dal guizzo del mio seno, che, attraverso il sottile strato della maglietta, gli conferma che sotto sono nuda e prorompente. I capezzoli sono all'erta, risvegliati da quello sguardo che mi ha accarezzata e penetrata senza tralasciare alcun pertugio.
La nostra ricca colazione si consuma tra discorsi vagheggianti, mentre la tensione erotica resta palpabile nell'aria. L'odore penetrante e sessuale del tartufo inevitabilmente richiama il sentore di eccitazione femminile che si sprigiona dalla mia vulva, e così, dopo che la seconda tazza di te rosso viene degustata in accompagnamento delle uova, quando lui mi si rivolge con un “E mo'?” di cauto sondaggio, io so già cosa fare.
Eludo la domanda che resta sospesa nell'aria mentre rapidamente sposto il vasellame nel lavandino. Un colpo di spugna sul tavolo e finalmente affronto il suo sguardo che ancora mi interroga.
“E mo' il dessert” gli rispondo.
“Ma sei grulla? Il dessert dopo la 'olazione?”
“Se è una colazione orientale sì, o bischero.”
Ma prima che inizi ad arrovellarsi il Gulliver lo sorprendo con la mia iniziativa.
Di fronte a lui mi sfilo la sua maglietta, con la giusta lentezza per fargli assaporare i particolari del mio corpo che, frontalmente, gli si rivelano in una spietata e irresistibile sequenza.
Cosce, passera, monte di Venere, fianchi, ombelico, vita, arcata costale, tette, capezzoli, ascelle, clavicole, collo, mento, labbra, naso e infine i miei occhi che lo bramano con desiderio.
Resto un poco così, a braccia alzate come una Venere greca, con le maglietta che indugia sulla mia chioma, poi con decisione tolgo del tutto l'indumento, lanciandolo in un angolo.
Scuoto la testa per vaporizzare i capelli che, ossequiosamente si ridispongono sulle mie spalle.
Con uno sguardo di sfida all'uomo che mi scruta, li raccolgo con le mani dietro alla nuca ostentando il mio seno, alto e provocante, proprio sotto al suo naso, mentre, con espressione attonita, ancora mi guarda cercando di intuire dove voglio andare a parare.
Ma, di nuovo, non c'è bisogno di parole. Mi siedo sul tavolo e con calcolata lentezza mi sdraio; sollevo le cosce allargandole con le mani per schiaffeggiarlo con la visione della mia vulva che immagino già luccicante di desiderio, umida e pronta ad accoglierlo, le ancelle morbide e scure già socchiuse sul vestibolo dell'oblio.
E quando finalmente lo sento entrarmi dentro, grosso, forte, pieno e duro, gli regalo il mio lungo sospiro, gorgogliante di passione e desiderio. Chiudo gli occhi e volo in paradiso sotto le sue spinte sempre più decise e profonde.
Sono nuda.
Abbiamo fatto l'amore e poi non mi sono rivestita, volendo rimanere pronta e disponibile per lui nel caso che in piena notte avesse desiderato farmi sua ancora.
E così è successo.
Gli davo la schiena quando mi sono risvegliata al tocco delle sue mani che, da dietro, mi stavano avvolgendo per attirarmi a contatto col suo corpo.
Mi ha accarezzato il seno mentre l'altra mano mi risaliva tra le gambe.
I suoi baci sul collo, il pizzetto che mi pungeva la nuca.
E quando ho sentito il suo pene spingere da dietro, ho sollevato una gamba, dirigendo la sua rigidità nei miei morbidi e accoglienti spazi.
Con la mano mi accarezzava il grilletto mentre gemeva a ogni spinta, rinforzato dai miei sospiri sempre più profondi.
E dopo il mio primo orgasmo si è sfilato delicatamente cercando uno spazio più stretto.
Mi sono piegata un poco ed eccolo farsi rispettosamente strada in quel posto dove un po' di dolore iniziale si mescola al piacere più sconcio e più complesso.
E ora mi alzo nella incerta penombra del primo mattino.
Individuo la sua maglietta: 'University of Chianti valley', il mio ultimo regalo.
Mi arriva a metà coscia, ma per me è un'ottima camicia da notte.
Sono in cucina ora.
Andrea si è svegliato e, inseguendo l'odore del caffè e del pane tostato, come un invisibile filo di Arianna, mi ha trovata.
Gli sorrido mentre mi guarda, in piedi, ma ancora mezzo addormentato; si gratta la testa.
“Ma che 'azzo di ora è mai 'uesta?”
Ma io non rispondo.
Il burro al tartufo comincia a sfrigolare, il momento perfetto per buttarci due uova bio.
Verso l'acqua bollente nella teiera già calda dove ho sistemato tre cucchiaini di te dell'Assam della Fortnum & Mason.
“Ma indò tu vai? Ettu settati!” Gli rispondo poi in un maldestro fiorentino inventato al momento.
Lui mi rimprovera con uno sguardo indignato e traboccante di riprovazione. Alza l'indice come per redarguirmi, ma poi si mette a ridere scuotendo la testa, come sconfitto. "Oh bischera d'una giapponese! Ecchecciai in quella matta testolina?"
Proseguo davanti ai fornelli, ma Andrea, colto da improvvisa ispirazione, si rialza avvicinandosi alle mie spalle e mi solleva la maglietta scoprendomi il sedere.
Avverto l'aria fresca che serpeggia sul mio basso ventre come sento il suo sguardo ponderare accuratamente le mie rotondità.
Lui continua a osservarmi mentre consuma il caffè, e io immagino la sua espressione assorta come quella di un intenditore che cerca di indovinare il colore del vino nel suo calice: 'rosso mattone? Granato? Carminio?'
Poi mi arrotola la maglietta fino ai fianchi per liberare le mani, ma quella ricade. Ci riprova rimboccando il tessuto, ma ancora i suoi tentativi vengono frustrati. Alla fine prende un paio di mollette per stendere, risolleva il cotone e lo fissa alla mia schiena.
Poi si siede a debita distanza osservando i miei glutei, soddisfatto della soluzione da lui ideata.
Sorrido, mentre rivolto i toast francesi nell'altro tegame e osservo le uova assumere consistenza sfrigolando con il rumore della pioggia sulla strada.
Il suo sguardo sul mio culetto è così intenso che mi sento accarezzare i profili. Le sue pupille scorrono sulle fossette lombari, seguendo i miei contorni che si allargano verso le natiche, scivolano tra le cosce che tengo pudicamente chiuse e risalgono lungo la piega che si sfuma nuovamente sulla schiena. Lo sento forte ed eccitante, come se penetrasse il solco tra le chiappe a cercare il garofano più scuro. Mi sembra di percepire quell'attenzione concentrata, come due mani appoggiate lungo l'insenatura che delimita il confine tra sedere e cosce, per soppesare e tastarmi i depositi di grasso, affondando le dita nella mia soffice consistenza.
“Non ti sembra che sia un po' troppo grosso?” gli chiedo, mostrandomi partecipe dell'intensa ispezione che si sta svolgendo a carico del mio culetto.
“Essuvvia, un diciamo 'azzate!”, mi rassicura, “c'hai la vita stretta, per questo a te ti sembra grosso, ma l'è perfetto, sto ulo, maremma gatta”.
Soddisfatta, rigiro i toast e faccio scivolare le uova nel secondo tegame perchè non si attacchino, ma gli condivido il mio apprezzamento dell'elegante complimento appena ricevuto scuotendo i fianchi per mettere in vibrante moto le mie riserve caloriche stipate sotto al coccige.
“Me 'oglioni!” Il fiorentino ha recepito la mia risposta di intesa.
Mi fa piacere che Andrea apprezzi il mio sedere e che ne coltivi la visione con tanta dedizione. In generale mi piace farmi vedere nuda da lui quando lui mi desidera, e sono sempre contenta quando mi conferma che la visione del mio corpo non lo ha annoiato per nulla, dopo così tante sessioni di sguardi e palpeggiamenti.
È come se ogni volta mi vedesse nuda per la prima volta e questo rende il mio fidanzato puro e genuino come un bambino che contempli la neve in un incontro inedito.
“Una clessidra, quella schiena che si allarga come 'na fiaschetta di 'hianti, un violoncello, tu sei...”
Sciorina l'erede di Dante, ma le uova sono pronte e i toast francesi imbruniti: sospendo la dotta dissertazione a tema del mio culo e mi giro per sistemare le uova sul loro giaciglio di pane abbrustolito.
“E che potta! Che fi'a, che ci'ala, che sgnacchera, che lallera!”
Con questa raffica di sinonimi vengo resa edotta che la maglietta, sollevata sulle cosce, inevitabilmente ha scoperto anche il nero cespuglio di mirto che porto davanti.
Non mi scompongo per così poco.
Sorrido con un certo compiacimento che non voglio nascondere.
Mi ripeto: mi piace piacere al mio uomo e i suoi apprezzamenti, in qualunque dialetto e idioma siano, mi sono sempre graditi perchè mi confermano nella sua soddisfazione di avermi solo sua.
Lo servo mentre mi fissa soddisfatto i peli del pube: gli verso ancora un filo di olio tartufato sulle uova e mi siedo a mangiare insieme a lui.
Incamero lo sguardo triste nel vedere la passera tramontare sotto il bordo del tavolo, ma mentre gli verso il te dell'Assam filtrandolo attraverso il colino, avverto che i suoi occhi sono stati catturati dal guizzo del mio seno, che, attraverso il sottile strato della maglietta, gli conferma che sotto sono nuda e prorompente. I capezzoli sono all'erta, risvegliati da quello sguardo che mi ha accarezzata e penetrata senza tralasciare alcun pertugio.
La nostra ricca colazione si consuma tra discorsi vagheggianti, mentre la tensione erotica resta palpabile nell'aria. L'odore penetrante e sessuale del tartufo inevitabilmente richiama il sentore di eccitazione femminile che si sprigiona dalla mia vulva, e così, dopo che la seconda tazza di te rosso viene degustata in accompagnamento delle uova, quando lui mi si rivolge con un “E mo'?” di cauto sondaggio, io so già cosa fare.
Eludo la domanda che resta sospesa nell'aria mentre rapidamente sposto il vasellame nel lavandino. Un colpo di spugna sul tavolo e finalmente affronto il suo sguardo che ancora mi interroga.
“E mo' il dessert” gli rispondo.
“Ma sei grulla? Il dessert dopo la 'olazione?”
“Se è una colazione orientale sì, o bischero.”
Ma prima che inizi ad arrovellarsi il Gulliver lo sorprendo con la mia iniziativa.
Di fronte a lui mi sfilo la sua maglietta, con la giusta lentezza per fargli assaporare i particolari del mio corpo che, frontalmente, gli si rivelano in una spietata e irresistibile sequenza.
Cosce, passera, monte di Venere, fianchi, ombelico, vita, arcata costale, tette, capezzoli, ascelle, clavicole, collo, mento, labbra, naso e infine i miei occhi che lo bramano con desiderio.
Resto un poco così, a braccia alzate come una Venere greca, con le maglietta che indugia sulla mia chioma, poi con decisione tolgo del tutto l'indumento, lanciandolo in un angolo.
Scuoto la testa per vaporizzare i capelli che, ossequiosamente si ridispongono sulle mie spalle.
Con uno sguardo di sfida all'uomo che mi scruta, li raccolgo con le mani dietro alla nuca ostentando il mio seno, alto e provocante, proprio sotto al suo naso, mentre, con espressione attonita, ancora mi guarda cercando di intuire dove voglio andare a parare.
Ma, di nuovo, non c'è bisogno di parole. Mi siedo sul tavolo e con calcolata lentezza mi sdraio; sollevo le cosce allargandole con le mani per schiaffeggiarlo con la visione della mia vulva che immagino già luccicante di desiderio, umida e pronta ad accoglierlo, le ancelle morbide e scure già socchiuse sul vestibolo dell'oblio.
E quando finalmente lo sento entrarmi dentro, grosso, forte, pieno e duro, gli regalo il mio lungo sospiro, gorgogliante di passione e desiderio. Chiudo gli occhi e volo in paradiso sotto le sue spinte sempre più decise e profonde.
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