La micia dal pelo nero - 3
di
Yuko
genere
etero
Il giorno seguente Andrea si sentiva un leone. Tutto andò liscio al lavoro.
I colleghi gli sorridevano facendogli complimenti generici mentre una giovane collega insinuò l'ipotesi che il fiorentino fosse innamorato.
Andrea forniva risposte generiche parlando della gattina, ma ai più non la dava a bere e in molti intuivano che parlando di gatta e micina il riferimento fosse invece a una nuova fidanzata.
Tornando a casa, Jella gli si lanciò tra le braccia in preda a fusa sonore.
Vedendo tanto affetto, Andrea per un attimo fu colto dall'atroce dubbio che di notte consumasse rapporti sessuali con la propria gatta, ma spostando la coda del felino si tranquillizzò.
"Da qui non ci passa neanche uno spillo." Dichiarò soddisfatto mentre la micia, in chiaro bisogno di affetto, gli strisciava il muso sulla manica.
"Bisogna che mi faccia una dozzina di uova sbattute. La sborrata notturna sta diventando un impegno fisso. " Pronunciò pensieroso osservando le effusioni del felino.
"Ma tu che ci capisci, gattina ninfomane? A te fottesega se mi sciupo."
Sbrigò rapidamente le varie faccende di casa, desideroso di andare a letto. L'ultimo sogno era stato così realistico da sembrare realtà.
Cionondimeno restò sveglio ad ascoltare musica in salotto, preoccupato di modificare una serie di passaggi che nei giorni precedenti si era rivelata fortuita.
Entrando in stanza decise di chiudere la porta, mettendo una striscia di carta vicino alla serratura come aveva visto in un film giallo, incuriosito dalle circostanze delle notti precedenti e volendo chiarire alcuni irrazionali dubbi.
Non riuscì a prendere sonno facilmente, turbato dal timore di aver spezzato un incantesimo, eppure resistendo alla tentazione di aprire la porta per consentire l'accesso alla gatta.
Finalmente cedette al sonno, ritrovandosi in un mondo di impalpabile irrealtà.
Ancora gli venne incontro la cinese, camminando a piedi nudi in un prato di erba umida.
Kon Meocai era vestita all'orientale con un vestito lungo e bianco su cui portava una specie di sottile vestaglia di seta verde, a maniche corte.
Una leggera brezza le spostava i capelli di lato, steli sciolti lunghi fino al sedere.
La ragazza sorrideva tendendo una mano che Andrea raccolse tra le sue per stringersela al petto.
I due camminarono tra ciliegi in fiore, finché Andrea non si avvicinò al collo della giovane per baciarlo. Con le mani sciolse i lacci del suo vestito che scivolò sul corpo giovane indugiando sul petto della ragazza.
L'uomo con la punta di un dito lo fece cadere e il tondo seno comparve ai suoi occhi. Le areole scure erano contratte e i capezzoli sporgevano eccitati.
Lui la fece sdraiare cingendole la stretta vita che si continuava su fianchi larghi e armoniosi ed ecco: ora erano entrambi nudi nella stanza in centro a Firenze.
Lei si chinò sul suo pene e dopo averlo accarezzato lo accolse nella bocca, mentre lui le toccava i seni.
Dopo pochi movimenti Andrea le alzò il volto per baciarla. Le loro lingue si incontrarono mentre lui fece scivolare le dita fra le cosce della ragazza. Con delicatezza le accarezzò le curve esterne per poi insinuarsi dentro il suo ventre, raccogliendo gemiti nella sua bocca.
"Sei tu?" Le disse improvvisamente, staccandosi dalle sue labbra.
"Si" rispose Kon Meocai, e Andrea si rese conto che quella era la prima volta che la sentiva parlare in modo così preciso e realistico.
"Sto sognando? " Si chiese volgendo lo sguardo intorno. La porta era chiusa e dalle imposte filtrava la flebile luce delle lampade notturne della strada.
"Chi sei?" Sospirò ancora il fiorentino nella vivida sensazione di essere sveglio.
Ma la ragazza si piegò mettendosi carponi e sollevando il sedere per invitarlo a possederla da dietro.
"Stupido, sono Kon Meocai, ancora non mi riconosci?" Riprese la donna, allargando le ginocchia per sentirsi più stabile, invitandolo ad amarla. "Scopami, Andrea."
Lui lasciò ogni pensiero, fugò ogni dubbio. Con le dita di una mano le accarezzò la schiena inarcata fino al sedere, seguì la piega tra i glutei sfiorandole il buco più stretto e si infilò nella sua figa. Mentre ancora la ragazza gemeva, lui la prese per i fianchi e la penetrò con il pene.
I suoi fianchi ora sbattevano contro le natiche della cinese, mentre i due amanti mescolavano i loro sussurri.
Vennero insieme.
Andrea fece sdraiare la giovane, continuando a scoparla da dietro e stringendole le cosce tra le sue gambe. La sua erezione non cedeva, anzi la sentiva riprendere vigore.
Senza uscire dalla donna, si inclinarono su un fianco. Andrea le prese una coscia sollevandola e spostandosela su una spalla. Poteva così continuare a scopare la ragazza da dietro, pur potendone rimirare il volto, i seni e il ventre. L'immagine del suo membro che entrava e scompariva nella vulva, i peli lunghi del pube, i seni che oscillavano a ogni spinta insieme al volto della ragazza che godeva, gli occhi chiusi e la bocca aperta che gemeva a ogni movimento, erano un'irresistibile fonte di eccitazione. Presto raggiunsero un nuovo orgasmo, con forza, con impeto, poi stettero uno sull'altra, ancora ansimanti, a percepire i respiri dei loro corpi nudi a contatto.
"Ora lo so, che sto sognando." Disse Andrea riprendendosi, mentre lei alzò il busto appoggiandosi a un gomito.
I seni ripresero la loro forma piena sotto l'effetto della gravità; le scure areole si stagliavano nella semioscurità che rendeva incerti i contorni della sua pelle chiara. "Non sono mai stato capace di raggiungere due orgasmi così, senza interruzione. Eppure non ho nessun istinto di accendere la luce."
Kon Meocai sorrise e nel buio della stanza i suoi occhi lunghi brillarono.
"Ecco, appunto." Gli rispose. "Non fare cazzate e scopami ancora, grullo."
La ragazza aprì le cosce e sollevò le gambe mentre lui, prendendole le caviglie per appoggiarsele sulle spalle, la infilava nuovamente, trovando subito la prosecuzione nel suo ventre.
La giovane era bagnata ed eccitata e l'uomo, alla terza prestazione consecutiva, sembrava poter durare all'infinito.
"Spingi, entrami dentro, tutto dentro ti voglio!"
Andrea affondava mentre la ragazza gemeva instancabile. Poi lei abbassò le gambe per avvolgerlo ai fianchi e, serrando insieme le due caviglie lo imprigionò stringendoselo addosso mentre ancora lui la penetrava.
Il terzo orgasmo fu dirompente e rabbioso. La ragazza urlava roca mentre serrava le cosce sul corpo dell'uomo e finalmente anche Andrea esplose inondandole il ventre di liquido vitale.
I due si addormentarono così. Nudi, uno sopra e dentro l'altra.
Giunse il mattino e Andrea si ritrovò solo nella sua stanza. Nessuna traccia della gatta, la porta chiusa. Il foglietto di carta era per terra, vicino allo stipite.
Si alzò sentendosi confuso e irrequieto.
Era sicuro del fatto che le esperienze notturne degli ultimi giorni fossero assolutamente reali, eppure nello stesso tempo tutto gli sembrava razionalmente impossibile.
Come faceva Kon Meocai a entrare in casa sua? Perché, ne era sicuro, la porta di camera sua era stata aperta e richiusa. Ma ora i dubbi cominciarono a tormentarlo.
Il foglietto che aveva chiuso nella porta sarebbe anche potuto cadere da solo e non poteva dare a questo riscontro un valore assoluto. Di certo la gatta non era entrata.
Eppure in altri momenti la ragazza era scomparsa appena lui aveva accesso la luce e al suo posto aveva sempre visto la gatta. Come faceva, poi, al mattino, a essere sempre tonico e riposato, pur svolgendo tutta quella ginnastica sessuale notturna?
Insomma, da un lato era estasiato e soddisfatto di quei sogni che sembravano indistinguibili dalla realtà, dall'altro era roso dal dubbio se quelle esperienze fossero davvero reali o solo frutto di una felice fantasia unita a un eccesso di androgeni.
Il piacere reiterato delle vive esperienze sessuali con la donna bella e giovane, tonica e desiderabile sembrava fosse velato, se non proprio oscurato, o in qualche modo sottoposto alla sua smania di sapere e verificare.
E si rimproverava di non riuscire a rimanere soddisfatto della possibilità di una relazione affettiva e sessuale, sebbene incerta, con la ragazza, che in una situazione reale obiettivamente non sarebbe mai stata possibile.
Voleva che la situazione fosse palesata e confermata nella concreta realtà diurna eppure temeva di incrinare la relazione notturna, così vivida e appagante.
Quel mattino Jella gli fece le solite feste e consumò la sua colazione di fronte a lui, incurante dei turbamenti del padrone, esattamente come nei giorni precedenti in cui iniziava la sua giornata tra le braccia dell'uomo.
Andando al lavoro Andrea si sporse oltre le vetrine del supermarket scorgendo infine la ragazza orientale.
Gli sembrava di non vederla da mesi, e non era per nulla più sicuro che quella persona reale e tangibile coincidesse con la ragazza che popolava i suoi sogni e che, pur in una situazione onirica, gli rinnovava tanta gioia e affetto a ogni notte.
Non aveva tempo per fermarsi e interrogarla, accecato dal bisogno di conferme e di sapere, ma al pomeriggio il suo stato d'animo era già mutato e tornò a casa per un'altra strada.
Prese la sua gattina e se ne andò al parco di villa Pitti sfoderando un bellissimo e nuovo guinzaglio per gatti di un colore fucsia sfavillante.
Jella, visibilmente contrariata dal guinzaglio che continuava a tormentare con la zampina, fu decisamente soddisfatta di esplorare ambienti e odori mai sperimentati.
Vagava nell'erba per lei alta e quasi insuperabile come una pantera nera nelle giungle alle foci del Gange, sotto lo sguardo compiaciuto e interessato del suo padrone.
Finalmente ritornarono alla loro casa concedendosi una bella cenetta accompagnata dalla musica di Miles Davis.
Guardarono un film insieme e poi fu l'ora di andare a dormire.
Andrea si assicurò che la porta di casa fosse ben serrata, rimanendo indeciso se fare lo stesso con quella di camera sua.
Si risolse infine per chiudere ancora, senza stare troppo a pensare.
Nella notte Kon Meocai si ripresentò puntualmente, risvegliandolo dai suoi sogni.
Andrea ne distingueva le forme dettagliatamente pur nella fioca luce che filtrava dalle imposte.
La ragazza, nuda, era girata verso di lui e gli accarezzava il volto.
Andrea volse lo sguardo verso il suo ventre, oltre al delta dei peli del suo pube, raccolti in un compatto ciuffo spettinato, fino alle sue cosce, semi aperte in posizione rilassata.
Mentre l'uomo allungava una mano per accarezzarla tra le cosce, lei sollevò un ginocchio allargando l'altro, rendendosi disponibile.
Lui le sfiorò il clitoride percependo la vulva umida e sensibile, ma quando cercò di penetrarla con le dita, lei gli fermò la mano con delicatezza.
"Aspetta, devi scusarmi, ma ho il ciclo."
Lui la guardò incredulo, ma lei si sollevò col busto mostrandogli il filo che le sporgeva dalle pieghe.
"L'assorbente interno." Aggiunse come per giustificarsi.
Lui si sentì avvampare di un moto di ira, colmandosi di indignazione.
"Ma come?" Iniziò a dire, ma lei con la sua mano gli sfiorò le labbra facendolo tacere.
"Aspetta. " Sussurrò.
Si chinò su di lui prendendogli il pene tra le labbra. Con la lingua ne percorse i contorni mentre lo accoglieva dentro la sua bocca, facendolo crescere e gonfiare. Il fiorentino lasciò fare sentendo l'eccitazione impossessarsi dei suoi sensi e domando il suo sdegno.
La bocca della giovane era calda e la sua lingua morbida e bagnata, e presto l'erezione fu completa.
Lei lo fece sdraiare girandosi e spostandosi sopra di lui. Allargò la ginocchia ponendole attorno al suo capo e gli pose la vulva sulle labbra mentre si chinava riprendendo in mano il suo pene.
"Leccami il clitoride." Gli sussurrò rimettendosi il membro fra le labbra.
Con un movimento stretto e avvolgente glielo scappellò accogliendo il glande fra lingua e guance. Andrea gemette di piacere, invaso dall'odore della figa che gli stava gocciolando sulla faccia.
Le passò le dita tra le piccole labbra e, mentre con la sua lingua individuava il vertice della sensibilità, infilò il medio nel buco più stretto.
La ragazza gemeva sotto la doppia stimolazione e intensificò i movimenti del suo capo sul cazzo che teneva nella bocca.
Andrea sentiva il buco inumidirsi e il suo dito scorrere senza resistenza nel pertugio stretto ed elastico. Il sapore della ragazza era eccitante e il suo odore intenso. Avvolgendole con la lingua il clitoride affondò anche l'indice nel culo della giovane.
Kon Meocai emise un inesauribile lamento sentendo la spinta tra i glutei, e, mentre si abbandonava a un intenso orgasmo, un getto di caldo sperma le riempì la bocca.
Accompagnò le successive spinte dell'uomo nella sua gola, ingoiando il fluido viscoso, spingendo il fondoschiena contro le dita che la penetravano e la vulva contro la lingua che ancora la stimolava, e infine si sdraiò sul petto nudo del toscano, rannicchiandosi tra le sue braccia.
L'asiatica sembrò addormentarsi mentre Andrea continuò ad accarezzarle il seno, imponendosi di stare sveglio. Voleva vedere e capire dove scomparisse al mattino quel sogno così reale.
La donna dormiva serena, con un lieve russare, mentre lui ne contemplava il volto rilassato, i capelli come un lento fiume che scorreva, livido, sul suo petto.
Il suo corpo era reale e tangibile: Andrea era assolutamente convinto di essere sveglio pur facendo fatica a non cedere al sonno.
Si abbioccò forse per un attimo, ma appena il corpo della giovane si mosse, lui subito si risvegliò.
La vide alzarsi nella debole luce che precede l'alba e dirigersi verso la porta.
Il suo corpo era giovane e sodo. Le sue curve splendide.
Lui le contemplò la schiena semicoperta dai lunghi capelli sciolti, le graziose fossette lombari e la vita sottile che si allargava con una curva armoniosa sui suoi fianchi tondi.
Il sedere con i glutei alti e divisi si prolungava sulle sue gambe snelle.
La ragazza prese la maniglia e aprì la porta quando Andrea ruppe il silenzio.
"Meocai, dove stai andando?" Le chiese.
Lei si girò, per nulla sorpresa.
"Lo sai, Andrea." Rispose con un dolce sorriso.
Lui si morse un labbro, trattenendo una risposta troppo energica.
"Ma sei un sogno o sei una donna vera?" Insistette lui mentre lo coglieva una sensazione di disagio.
Lei rimase sulla porta semichiusa guardandolo con un sorriso che sembrava poter sanare tutto il dolore del mondo.
"Tu cosa ne dici?" Gli rispose senza accennare a volersene andare.
"Io vorrei che tu fossi vera."
Lei sembrò illuminarsi appena appena, o forse erano i suoi contorni a sembrare più nitidi.
"Sei capace di credere che un sogno si realizzi, Andrea? Eh? Sai credere ai sogni? " continuò lei guardandolo con dolcezza.
"Io...", Andrea balbettava confuso, "io... sì, so credere ai sogni." Rispose senza convincersi di essere sincero.
Lei gli sorrise e restò ancora un attimo a fissarlo. Poi varcò la soglia chiudendo la porta alle sue spalle.
Andrea si alzò di colpo correndole dietro. Spalancò la porta inseguendola lungo il corridoio, ma inciampò in qualcosa e andò a sbattere contro il muro. Un rumore stridulo sembrò assordarlo, ma quando accese la luce nel corridoio trovò solo la gatta con gli artigli contro il tappeto, la coda dritta e il pelo gonfio per lo spavento. Della ragazza nessuna traccia.
Andrea corse verso la gatta che, ancora terrorizzata per l'impatto, con i suoi artiglietti gli graffiò la mano.
"Jella, sono io. Non avere paura."
Con un po' di pazienza la gatta ritrovò un po' di tranquillità e si fece prendere in braccio.
Andrea ragionò sul fatto di ritrovarsi perfettamente sveglio e all'inizio della sua nuova giornata.
Non si era dunque riaddormentato per svegliarsi di nuovo e interrompere il sogno con la ragazza. Ma questa, di fatto, era scomparsa. La porta era ben chiusa. Che fine aveva fatto? Possibile che lui avesse vissuto una allucinazione?
'Sto impazzendo... non si può andare avanti così.' Meditò.
Finì colazione e andò al lavoro, rimanendo scontroso e di cattivo umore tutto il giorno.
Nel pomeriggio si risolse a passare dal negozio. Doveva confrontarsi con la ragazza.
Finse di cercare qualcosa tra gli scaffali quando, inseguendola, la trovò.
"Buongiorno Andrea!" Lo apostrofò lei, mentre il toscano fingeva sorpresa. "È un po' che non ti si vede. Come stai?"
Lui la guardò dubbioso. 'Ma come', pensò, 'non ci siamo salutati stamattina?' Ma scacciò il pensiero. Le sue convinzioni vacillavano.
"Io bene, e tu?"
"Come al solito." Rispose lei, evasiva.
"Ma bene o male?" Insistette Andrea.
"Benissimo! E perché no?"
Lui stette pensieroso a contemplarne il radioso sorriso.
'E certo, con tutte le scopate che ti stai facendo in queste notti!' si ritrovò a pensare, vergognandosi subito dopo. La ragazza sembrava la solita di sempre. Impossibile per lui capire se realmente quella giovane frequentasse la sua camera da letto da qualche notte o se fosse lui che stava impazzendo.
"Stai cercando qualcosa?" Riprese lei interrompendo un imbarazzato silenzio.
"Si certo, ehm... stavo cercando la sabbia per la lettiera di Jella."
"Hai sbagliato scomparto, allora. Qui è il reparto igiene intima femminile."
Lui la guardò confuso, temendo che il suo vero intento fosse stato svelato. Ma il volto della cinese era sorridente e incoraggiante, come sempre, del resto. Non era proprio possibile per lui riuscire a dare una risposta ai dubbi che lo tormentavano. Accennò a un confuso ringraziamento, ma mentre si voltava per recarsi al giusto settore, guardò ancora la giovane.
"Meocai, scusami. Per caso sei mestruata?" Chiese sentendosi come in trance.
Lei spalancò gli occhi, credendo di non aver capito bene la domanda. Ma il fiorentino taceva aspettando una risposta.
La giovane arrossì e, visibilmente imbarazzata, chinando un poco il busto verso di lui, "ma Andrea! Sono domande da farsi?" rispose, guardandosi intorno per verificare se qualcuno avesse colto l'insolito dialogo.
Lui scosse il capo, confuso. Accennò qualche parola di scusa e si allontanò evitando poi altri incontri.
I colleghi gli sorridevano facendogli complimenti generici mentre una giovane collega insinuò l'ipotesi che il fiorentino fosse innamorato.
Andrea forniva risposte generiche parlando della gattina, ma ai più non la dava a bere e in molti intuivano che parlando di gatta e micina il riferimento fosse invece a una nuova fidanzata.
Tornando a casa, Jella gli si lanciò tra le braccia in preda a fusa sonore.
Vedendo tanto affetto, Andrea per un attimo fu colto dall'atroce dubbio che di notte consumasse rapporti sessuali con la propria gatta, ma spostando la coda del felino si tranquillizzò.
"Da qui non ci passa neanche uno spillo." Dichiarò soddisfatto mentre la micia, in chiaro bisogno di affetto, gli strisciava il muso sulla manica.
"Bisogna che mi faccia una dozzina di uova sbattute. La sborrata notturna sta diventando un impegno fisso. " Pronunciò pensieroso osservando le effusioni del felino.
"Ma tu che ci capisci, gattina ninfomane? A te fottesega se mi sciupo."
Sbrigò rapidamente le varie faccende di casa, desideroso di andare a letto. L'ultimo sogno era stato così realistico da sembrare realtà.
Cionondimeno restò sveglio ad ascoltare musica in salotto, preoccupato di modificare una serie di passaggi che nei giorni precedenti si era rivelata fortuita.
Entrando in stanza decise di chiudere la porta, mettendo una striscia di carta vicino alla serratura come aveva visto in un film giallo, incuriosito dalle circostanze delle notti precedenti e volendo chiarire alcuni irrazionali dubbi.
Non riuscì a prendere sonno facilmente, turbato dal timore di aver spezzato un incantesimo, eppure resistendo alla tentazione di aprire la porta per consentire l'accesso alla gatta.
Finalmente cedette al sonno, ritrovandosi in un mondo di impalpabile irrealtà.
Ancora gli venne incontro la cinese, camminando a piedi nudi in un prato di erba umida.
Kon Meocai era vestita all'orientale con un vestito lungo e bianco su cui portava una specie di sottile vestaglia di seta verde, a maniche corte.
Una leggera brezza le spostava i capelli di lato, steli sciolti lunghi fino al sedere.
La ragazza sorrideva tendendo una mano che Andrea raccolse tra le sue per stringersela al petto.
I due camminarono tra ciliegi in fiore, finché Andrea non si avvicinò al collo della giovane per baciarlo. Con le mani sciolse i lacci del suo vestito che scivolò sul corpo giovane indugiando sul petto della ragazza.
L'uomo con la punta di un dito lo fece cadere e il tondo seno comparve ai suoi occhi. Le areole scure erano contratte e i capezzoli sporgevano eccitati.
Lui la fece sdraiare cingendole la stretta vita che si continuava su fianchi larghi e armoniosi ed ecco: ora erano entrambi nudi nella stanza in centro a Firenze.
Lei si chinò sul suo pene e dopo averlo accarezzato lo accolse nella bocca, mentre lui le toccava i seni.
Dopo pochi movimenti Andrea le alzò il volto per baciarla. Le loro lingue si incontrarono mentre lui fece scivolare le dita fra le cosce della ragazza. Con delicatezza le accarezzò le curve esterne per poi insinuarsi dentro il suo ventre, raccogliendo gemiti nella sua bocca.
"Sei tu?" Le disse improvvisamente, staccandosi dalle sue labbra.
"Si" rispose Kon Meocai, e Andrea si rese conto che quella era la prima volta che la sentiva parlare in modo così preciso e realistico.
"Sto sognando? " Si chiese volgendo lo sguardo intorno. La porta era chiusa e dalle imposte filtrava la flebile luce delle lampade notturne della strada.
"Chi sei?" Sospirò ancora il fiorentino nella vivida sensazione di essere sveglio.
Ma la ragazza si piegò mettendosi carponi e sollevando il sedere per invitarlo a possederla da dietro.
"Stupido, sono Kon Meocai, ancora non mi riconosci?" Riprese la donna, allargando le ginocchia per sentirsi più stabile, invitandolo ad amarla. "Scopami, Andrea."
Lui lasciò ogni pensiero, fugò ogni dubbio. Con le dita di una mano le accarezzò la schiena inarcata fino al sedere, seguì la piega tra i glutei sfiorandole il buco più stretto e si infilò nella sua figa. Mentre ancora la ragazza gemeva, lui la prese per i fianchi e la penetrò con il pene.
I suoi fianchi ora sbattevano contro le natiche della cinese, mentre i due amanti mescolavano i loro sussurri.
Vennero insieme.
Andrea fece sdraiare la giovane, continuando a scoparla da dietro e stringendole le cosce tra le sue gambe. La sua erezione non cedeva, anzi la sentiva riprendere vigore.
Senza uscire dalla donna, si inclinarono su un fianco. Andrea le prese una coscia sollevandola e spostandosela su una spalla. Poteva così continuare a scopare la ragazza da dietro, pur potendone rimirare il volto, i seni e il ventre. L'immagine del suo membro che entrava e scompariva nella vulva, i peli lunghi del pube, i seni che oscillavano a ogni spinta insieme al volto della ragazza che godeva, gli occhi chiusi e la bocca aperta che gemeva a ogni movimento, erano un'irresistibile fonte di eccitazione. Presto raggiunsero un nuovo orgasmo, con forza, con impeto, poi stettero uno sull'altra, ancora ansimanti, a percepire i respiri dei loro corpi nudi a contatto.
"Ora lo so, che sto sognando." Disse Andrea riprendendosi, mentre lei alzò il busto appoggiandosi a un gomito.
I seni ripresero la loro forma piena sotto l'effetto della gravità; le scure areole si stagliavano nella semioscurità che rendeva incerti i contorni della sua pelle chiara. "Non sono mai stato capace di raggiungere due orgasmi così, senza interruzione. Eppure non ho nessun istinto di accendere la luce."
Kon Meocai sorrise e nel buio della stanza i suoi occhi lunghi brillarono.
"Ecco, appunto." Gli rispose. "Non fare cazzate e scopami ancora, grullo."
La ragazza aprì le cosce e sollevò le gambe mentre lui, prendendole le caviglie per appoggiarsele sulle spalle, la infilava nuovamente, trovando subito la prosecuzione nel suo ventre.
La giovane era bagnata ed eccitata e l'uomo, alla terza prestazione consecutiva, sembrava poter durare all'infinito.
"Spingi, entrami dentro, tutto dentro ti voglio!"
Andrea affondava mentre la ragazza gemeva instancabile. Poi lei abbassò le gambe per avvolgerlo ai fianchi e, serrando insieme le due caviglie lo imprigionò stringendoselo addosso mentre ancora lui la penetrava.
Il terzo orgasmo fu dirompente e rabbioso. La ragazza urlava roca mentre serrava le cosce sul corpo dell'uomo e finalmente anche Andrea esplose inondandole il ventre di liquido vitale.
I due si addormentarono così. Nudi, uno sopra e dentro l'altra.
Giunse il mattino e Andrea si ritrovò solo nella sua stanza. Nessuna traccia della gatta, la porta chiusa. Il foglietto di carta era per terra, vicino allo stipite.
Si alzò sentendosi confuso e irrequieto.
Era sicuro del fatto che le esperienze notturne degli ultimi giorni fossero assolutamente reali, eppure nello stesso tempo tutto gli sembrava razionalmente impossibile.
Come faceva Kon Meocai a entrare in casa sua? Perché, ne era sicuro, la porta di camera sua era stata aperta e richiusa. Ma ora i dubbi cominciarono a tormentarlo.
Il foglietto che aveva chiuso nella porta sarebbe anche potuto cadere da solo e non poteva dare a questo riscontro un valore assoluto. Di certo la gatta non era entrata.
Eppure in altri momenti la ragazza era scomparsa appena lui aveva accesso la luce e al suo posto aveva sempre visto la gatta. Come faceva, poi, al mattino, a essere sempre tonico e riposato, pur svolgendo tutta quella ginnastica sessuale notturna?
Insomma, da un lato era estasiato e soddisfatto di quei sogni che sembravano indistinguibili dalla realtà, dall'altro era roso dal dubbio se quelle esperienze fossero davvero reali o solo frutto di una felice fantasia unita a un eccesso di androgeni.
Il piacere reiterato delle vive esperienze sessuali con la donna bella e giovane, tonica e desiderabile sembrava fosse velato, se non proprio oscurato, o in qualche modo sottoposto alla sua smania di sapere e verificare.
E si rimproverava di non riuscire a rimanere soddisfatto della possibilità di una relazione affettiva e sessuale, sebbene incerta, con la ragazza, che in una situazione reale obiettivamente non sarebbe mai stata possibile.
Voleva che la situazione fosse palesata e confermata nella concreta realtà diurna eppure temeva di incrinare la relazione notturna, così vivida e appagante.
Quel mattino Jella gli fece le solite feste e consumò la sua colazione di fronte a lui, incurante dei turbamenti del padrone, esattamente come nei giorni precedenti in cui iniziava la sua giornata tra le braccia dell'uomo.
Andando al lavoro Andrea si sporse oltre le vetrine del supermarket scorgendo infine la ragazza orientale.
Gli sembrava di non vederla da mesi, e non era per nulla più sicuro che quella persona reale e tangibile coincidesse con la ragazza che popolava i suoi sogni e che, pur in una situazione onirica, gli rinnovava tanta gioia e affetto a ogni notte.
Non aveva tempo per fermarsi e interrogarla, accecato dal bisogno di conferme e di sapere, ma al pomeriggio il suo stato d'animo era già mutato e tornò a casa per un'altra strada.
Prese la sua gattina e se ne andò al parco di villa Pitti sfoderando un bellissimo e nuovo guinzaglio per gatti di un colore fucsia sfavillante.
Jella, visibilmente contrariata dal guinzaglio che continuava a tormentare con la zampina, fu decisamente soddisfatta di esplorare ambienti e odori mai sperimentati.
Vagava nell'erba per lei alta e quasi insuperabile come una pantera nera nelle giungle alle foci del Gange, sotto lo sguardo compiaciuto e interessato del suo padrone.
Finalmente ritornarono alla loro casa concedendosi una bella cenetta accompagnata dalla musica di Miles Davis.
Guardarono un film insieme e poi fu l'ora di andare a dormire.
Andrea si assicurò che la porta di casa fosse ben serrata, rimanendo indeciso se fare lo stesso con quella di camera sua.
Si risolse infine per chiudere ancora, senza stare troppo a pensare.
Nella notte Kon Meocai si ripresentò puntualmente, risvegliandolo dai suoi sogni.
Andrea ne distingueva le forme dettagliatamente pur nella fioca luce che filtrava dalle imposte.
La ragazza, nuda, era girata verso di lui e gli accarezzava il volto.
Andrea volse lo sguardo verso il suo ventre, oltre al delta dei peli del suo pube, raccolti in un compatto ciuffo spettinato, fino alle sue cosce, semi aperte in posizione rilassata.
Mentre l'uomo allungava una mano per accarezzarla tra le cosce, lei sollevò un ginocchio allargando l'altro, rendendosi disponibile.
Lui le sfiorò il clitoride percependo la vulva umida e sensibile, ma quando cercò di penetrarla con le dita, lei gli fermò la mano con delicatezza.
"Aspetta, devi scusarmi, ma ho il ciclo."
Lui la guardò incredulo, ma lei si sollevò col busto mostrandogli il filo che le sporgeva dalle pieghe.
"L'assorbente interno." Aggiunse come per giustificarsi.
Lui si sentì avvampare di un moto di ira, colmandosi di indignazione.
"Ma come?" Iniziò a dire, ma lei con la sua mano gli sfiorò le labbra facendolo tacere.
"Aspetta. " Sussurrò.
Si chinò su di lui prendendogli il pene tra le labbra. Con la lingua ne percorse i contorni mentre lo accoglieva dentro la sua bocca, facendolo crescere e gonfiare. Il fiorentino lasciò fare sentendo l'eccitazione impossessarsi dei suoi sensi e domando il suo sdegno.
La bocca della giovane era calda e la sua lingua morbida e bagnata, e presto l'erezione fu completa.
Lei lo fece sdraiare girandosi e spostandosi sopra di lui. Allargò la ginocchia ponendole attorno al suo capo e gli pose la vulva sulle labbra mentre si chinava riprendendo in mano il suo pene.
"Leccami il clitoride." Gli sussurrò rimettendosi il membro fra le labbra.
Con un movimento stretto e avvolgente glielo scappellò accogliendo il glande fra lingua e guance. Andrea gemette di piacere, invaso dall'odore della figa che gli stava gocciolando sulla faccia.
Le passò le dita tra le piccole labbra e, mentre con la sua lingua individuava il vertice della sensibilità, infilò il medio nel buco più stretto.
La ragazza gemeva sotto la doppia stimolazione e intensificò i movimenti del suo capo sul cazzo che teneva nella bocca.
Andrea sentiva il buco inumidirsi e il suo dito scorrere senza resistenza nel pertugio stretto ed elastico. Il sapore della ragazza era eccitante e il suo odore intenso. Avvolgendole con la lingua il clitoride affondò anche l'indice nel culo della giovane.
Kon Meocai emise un inesauribile lamento sentendo la spinta tra i glutei, e, mentre si abbandonava a un intenso orgasmo, un getto di caldo sperma le riempì la bocca.
Accompagnò le successive spinte dell'uomo nella sua gola, ingoiando il fluido viscoso, spingendo il fondoschiena contro le dita che la penetravano e la vulva contro la lingua che ancora la stimolava, e infine si sdraiò sul petto nudo del toscano, rannicchiandosi tra le sue braccia.
L'asiatica sembrò addormentarsi mentre Andrea continuò ad accarezzarle il seno, imponendosi di stare sveglio. Voleva vedere e capire dove scomparisse al mattino quel sogno così reale.
La donna dormiva serena, con un lieve russare, mentre lui ne contemplava il volto rilassato, i capelli come un lento fiume che scorreva, livido, sul suo petto.
Il suo corpo era reale e tangibile: Andrea era assolutamente convinto di essere sveglio pur facendo fatica a non cedere al sonno.
Si abbioccò forse per un attimo, ma appena il corpo della giovane si mosse, lui subito si risvegliò.
La vide alzarsi nella debole luce che precede l'alba e dirigersi verso la porta.
Il suo corpo era giovane e sodo. Le sue curve splendide.
Lui le contemplò la schiena semicoperta dai lunghi capelli sciolti, le graziose fossette lombari e la vita sottile che si allargava con una curva armoniosa sui suoi fianchi tondi.
Il sedere con i glutei alti e divisi si prolungava sulle sue gambe snelle.
La ragazza prese la maniglia e aprì la porta quando Andrea ruppe il silenzio.
"Meocai, dove stai andando?" Le chiese.
Lei si girò, per nulla sorpresa.
"Lo sai, Andrea." Rispose con un dolce sorriso.
Lui si morse un labbro, trattenendo una risposta troppo energica.
"Ma sei un sogno o sei una donna vera?" Insistette lui mentre lo coglieva una sensazione di disagio.
Lei rimase sulla porta semichiusa guardandolo con un sorriso che sembrava poter sanare tutto il dolore del mondo.
"Tu cosa ne dici?" Gli rispose senza accennare a volersene andare.
"Io vorrei che tu fossi vera."
Lei sembrò illuminarsi appena appena, o forse erano i suoi contorni a sembrare più nitidi.
"Sei capace di credere che un sogno si realizzi, Andrea? Eh? Sai credere ai sogni? " continuò lei guardandolo con dolcezza.
"Io...", Andrea balbettava confuso, "io... sì, so credere ai sogni." Rispose senza convincersi di essere sincero.
Lei gli sorrise e restò ancora un attimo a fissarlo. Poi varcò la soglia chiudendo la porta alle sue spalle.
Andrea si alzò di colpo correndole dietro. Spalancò la porta inseguendola lungo il corridoio, ma inciampò in qualcosa e andò a sbattere contro il muro. Un rumore stridulo sembrò assordarlo, ma quando accese la luce nel corridoio trovò solo la gatta con gli artigli contro il tappeto, la coda dritta e il pelo gonfio per lo spavento. Della ragazza nessuna traccia.
Andrea corse verso la gatta che, ancora terrorizzata per l'impatto, con i suoi artiglietti gli graffiò la mano.
"Jella, sono io. Non avere paura."
Con un po' di pazienza la gatta ritrovò un po' di tranquillità e si fece prendere in braccio.
Andrea ragionò sul fatto di ritrovarsi perfettamente sveglio e all'inizio della sua nuova giornata.
Non si era dunque riaddormentato per svegliarsi di nuovo e interrompere il sogno con la ragazza. Ma questa, di fatto, era scomparsa. La porta era ben chiusa. Che fine aveva fatto? Possibile che lui avesse vissuto una allucinazione?
'Sto impazzendo... non si può andare avanti così.' Meditò.
Finì colazione e andò al lavoro, rimanendo scontroso e di cattivo umore tutto il giorno.
Nel pomeriggio si risolse a passare dal negozio. Doveva confrontarsi con la ragazza.
Finse di cercare qualcosa tra gli scaffali quando, inseguendola, la trovò.
"Buongiorno Andrea!" Lo apostrofò lei, mentre il toscano fingeva sorpresa. "È un po' che non ti si vede. Come stai?"
Lui la guardò dubbioso. 'Ma come', pensò, 'non ci siamo salutati stamattina?' Ma scacciò il pensiero. Le sue convinzioni vacillavano.
"Io bene, e tu?"
"Come al solito." Rispose lei, evasiva.
"Ma bene o male?" Insistette Andrea.
"Benissimo! E perché no?"
Lui stette pensieroso a contemplarne il radioso sorriso.
'E certo, con tutte le scopate che ti stai facendo in queste notti!' si ritrovò a pensare, vergognandosi subito dopo. La ragazza sembrava la solita di sempre. Impossibile per lui capire se realmente quella giovane frequentasse la sua camera da letto da qualche notte o se fosse lui che stava impazzendo.
"Stai cercando qualcosa?" Riprese lei interrompendo un imbarazzato silenzio.
"Si certo, ehm... stavo cercando la sabbia per la lettiera di Jella."
"Hai sbagliato scomparto, allora. Qui è il reparto igiene intima femminile."
Lui la guardò confuso, temendo che il suo vero intento fosse stato svelato. Ma il volto della cinese era sorridente e incoraggiante, come sempre, del resto. Non era proprio possibile per lui riuscire a dare una risposta ai dubbi che lo tormentavano. Accennò a un confuso ringraziamento, ma mentre si voltava per recarsi al giusto settore, guardò ancora la giovane.
"Meocai, scusami. Per caso sei mestruata?" Chiese sentendosi come in trance.
Lei spalancò gli occhi, credendo di non aver capito bene la domanda. Ma il fiorentino taceva aspettando una risposta.
La giovane arrossì e, visibilmente imbarazzata, chinando un poco il busto verso di lui, "ma Andrea! Sono domande da farsi?" rispose, guardandosi intorno per verificare se qualcuno avesse colto l'insolito dialogo.
Lui scosse il capo, confuso. Accennò qualche parola di scusa e si allontanò evitando poi altri incontri.
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