Ajax vs
di
Yuko
genere
etero
Riordino la cucina, mentre Jos è già corso di là, davanti alla tele.
Con il brutto tempo oggi non vado in montagna: avevo pensato a qualcosa da fare insieme, ma qualcosa dev'essere andato storto.
La partita dev'essere già iniziata, sento il brusio tipico degli stadi e i commenti secchi e telegrafici di un telecronista che in una lingua incomprensibile descrive azioni e trasmette pathos.
Svogliatamente mi affaccio al soggiorno, dove il mio hooligan olandese giace in contemplazione di uno schermo che restituisce un campo di un improbabile colore verde erba tenera su cui corrono omini con maglietta bianca e ampia striscia rossa verticale che si affannano dietro a un pallone.
“Con chi gioca oggi l'Ajax?” mi atteggio da donna esperta e rassegnata, mentre mi destreggio un canovaccio, asciugandomi le mani e lanciandolo sul lavandino della cucina, un canestro da tre punti.
Ma il mio pallonetto non desta interesse, mentre, gli occhi inchiodati allo schermo, mi arriva una risposta di rimando: “PSV”
“Eindhoven?” continuo a recitare la parte della navigata donna infoiata di calcio.
“Sssst!”
Punita, immeritatamente.
“Eccheccazzo!” mi impongo sulla voce del cronista che, in un inaccessibile olandese, descrive le prodezze di un difensore che intortando l'attaccante avversario gli frega la palla e ottenendo un brusio di ammirazione dalla squadra ospite.
“Massì!” continua il tulipano, senza staccare lo sguardo dal rettangolo luminoso, mentre gli omini bianco-rossi ripartono all'attacco.
Non c'è modo di sviare l'attenzione di un uomo rincoglionito davanti a una partita di calcio.
A no? Mi dico. Ma che, siamo fesse?
E scatta una sfida vecchia quanto il mondo.
“Carino quello lì, il numero otto!” fruisco di un primo piano da posizione favorevole.
Silenzio.
“Chissà che bel tarello che si nasconde sotto...”
“Yuko!”
“Uffff”
“Nooo! Cazzo!”
“E, giusto di questo stavo parlando.”
Il numero otto ha tirato alto, un biondino ha colpito di testa, ma la palla è finita sopra la traversa.
Jos mi fulmina con lo sguardo.
“Mica è colpa mia se quello là ha sbagliato” mi giustifico.
“Eeeh, un po' sì!”
“Ma dai”, mi metto a ridere, “vuoi dire che mi ha sentito? Gli è diventato duro e mentre tirava ci è inciampato dentro?”
Jos mi guarda e sorride lui pure, mentre le squadre ritornano ai loro posti prima del rinvio da fondo campo. Quando sorrido i miei occhi diventano lunghi e sottili e so che a Jos piacciono un mondo.
“Ti piacciono queste mutandine nuove?” cerco di buttare benzina sul fuoco, mentre mi sono impossessata, finalmente, della scena.
Ma il gioco è ripreso e io rimango lì, come una scema, con le mie mutandine blu oltremare con pizzo, semitrasparenti, in bella vista e il mio pancino pallido al vento, mentre il teppista di Haarlem si è già rivolto allo schermo.
La bella statuina rilascia il sipario su una passera sottoposta a incuria.
“Sono sicura che a Herman Morr piacerebbero.” Lo punzecchio io.
“Chi?”
“Herman Morr”
“Ma va! C'è Milan – Parma e sarà anche lui appiccicato allo schermo.”
Ma come fa a sapere che...
“Allora Chicken1973!” rilancio decisa come se avessi un tris di donne.
“Ma figurati, c'è Roma – Lazio!”
“E quindi?”
“Yuko! È il derby!”
“Ma il derby non era Milan – Inter?”
Nessuna risposta. Gli avversari stanno attaccando, hanno superato la metà campo e i bianco-rosso-strisciati stanno rientrando, ma sono in affanno.
“Ma come cazzo si fa a chiamare una squadra 'Lazio'? È come dire Ajax contro Olanda; Milan contro Lombardia. Ma ti pare?”
“Cazzocazzocazzo.... Uoooo!”
La palla è finita fuori. Ecco, non una palla del mio fidanzato, ma il tiro degli avversari che ha risucchiato le attenzioni del mio compagno.
“Allora Eugenio! Lui sì che mi darebbe un'occhiata alle mutandine. Una di quelle occhiate che lasciano la scia di saliva.”
“Ma va! Quello di sicuro tiene all'Atalanta!”
“E che c'è di male?”
“Yuko, lascia stare”
“Ma non ha la maglia come l'Inter?”
L'inconsistenza del mio inopportuno e incompreso sfoggio di cultura viene liquidato con un gesto svogliato della mano: ora è l'Ajax che sta intessendo un tentativo di attacco.
“Dai... dai... dai!”
“Ma come fai a sapere da dove scrivono tutti i lettori di ER?”
Nessuna risposta.
“Wolfman?”
“Bari – Fiorentina”
Ma cazzo, conosce tutta la schedina del totocalcio e i gusti calcistici dell'intera fauna eroticoraccontiana?
Mi inginocchio di fianco allo schermo e inizio a sbottonarmi il vestito. Il tessuto scivola su una spalla che, rimasta nuda, promette che the show will go on.
Ma quello niente. Non si muove. I suoi occhi saettano inseguendo la palla che, presa a calci da 22 omini in braghette corte, svilisce il mio strip, sensuale e per nulla provocante. Almeno non di fronte a un demente appassionato di calcio.
“A me, più che il calcio, piace il cazzo.”
Jos finalmente mi guarda, proprio mentre il vestito, sapientemente giostrato dalle mie mani esperte, scivola scoprendo una tetta.
“Lo venero, ne ho una specie di culto” proseguo, sfiorandomi un capezzolo con la punta delle dita.
Il capezzolo è scuro ed eretto; controluce rispetto al verdino del campo di erba olandese appare ancora più scuro, in contrasto con la pelle chiara.
Ma il telecronista snocciola una raffica di attaccanti della squadra di Amsterdam, sintesi estrema di una sequenza di passaggi ravvicinati a centrocampo che distolgono lo sguardo dalla mia tetta nuda reindirizzandolo verso ben altre curvature.
Duro e freddo contro morbido e tiepido. Non c'è storia.
Il pallone
dirotta l'attenzione
dello stallone.
Quasi un haiku.
Ma qui c'è in gioco la mia dignità.
“Dai, Yuko, ti giuro che dopo ti faccio la linguetta!”
“Dopo un cazzo!” Mi oppongo.
“Eh, ok!”
Fraintesa.
“'Na fava!”
“Va bene!”
“Ma minchia!”
“Chiamala come ti pare, ma... DOPO”
A due mani, con rabbia, mi tiro giù il vestito e resto a petto nudo, ma quello già da un pezzo non sta più guardando il mio corpicino, rapito su un altro pianeta.
Si è ammutolito, segue senza respirare i movimenti isterici di una palla presa a calci. Calci nelle palle, ecco cosa ci vorrebbe.
È lì, il fiato sospeso. Nella penombra. La pelle luccica, imperlata di sudore.
O sta per avere un orgasmo, oppure la diagnosi è fatta: ictus.
La giugulare, al lato del collo, si gonfia, la mandibola si serra, la pelle diventa paonazza e l'olandese non respira, cazzo, NON RESPIRA PIU' DA 45 SECONDI!
“Gooooooal!”
Ma minchia, stavo per beccarmi io un coccolone!
Neanche quando mi scopa si impegna così tanto.
Questa enfasi, queste manifestazioni di intenso erotismo, di masturbazione cerebrale, questa partecipazione emotiva, struggimento e separazione dalla realtà, figa, per una partita al pallone?
Ma porca troia, dico io!
Eccolo, ora è lì che se la ride, stringe i pugni, serra i denti, mentre la scena del goal viene riprodotta in tutte le salse, angolazioni, frequenze, raggi infrarossi, proiezioni in 3D, realtà aumentata, dal satellite, dagli anelli di Saturno, in bianco e nero per gli amanti del vintage, in Braille per i non vedenti.
Scene di gioia sugli spalti che non sono dirette di certo verso le mie tette e lui, lui che si gongola e se la ride, soddisfatto.
Mi alzo in piedi tenendomi le tette in mano.
“Quanto sei figa, Yuko!” mi concede, con magnanimità.
Ma io mi metto in davanti allo schermo.
Lui si sposta per afferrare qualche pixel tra le mie cosce e i miei fianchi, incurante del fatto che mi sto sfilando le mutandine.
Nulla, si sposta e riesce a cogliere il calcio da centrocampo.
Con le dita mi apro la vulva.
“Dai, Yuko...” mi implora come un bambino che vuole il gelato.
Ma l'oggetto del desiderio non è la mia passera, ma una sfera che rotola su un campo di erba, contesa di una ventina di persone in tacchetti da sera.
Mi infilo due dita dentro, mentre piego le ginocchia, con una mano mi strizzo una tetta.
“Spostati, dai!”
Ecco sono qua, tutta nuda e brodosa, profumata di fiori di loto e sentori di figa, e quel demente mi dice di spostarmi.
Mi sposto vicino a lui. Gli prendo una mano e me la metto su una tetta.
Il PSV è in attacco. Lui stringe la tetta, senza neanche accorgersi. Stringe e schiaccia. Il capezzolo sta per partire in orbita come il tappo di una bottiglia di champagne, ma il portiere dell'Ajax blocca l'azione uscendo in mezzo all'area.
Cala la tensione anche sulla mia povera tetta, ormai ridotta a una burratina.
Riparte l'azione da fondo campo e anch'io riparto all'azione. Gli prendo la mano che ha seviziato la mia mammella e me la metto sulla passera, dirigendo le sue dita proprio dentro.
Lui si accorge della sensazione di bagnato e finalmente mi guarda. Mi trascina a sé mettendomi le mani sulle chiappe e mi affonda la lingua nella vulva.
“Aaahhhhh!”
Ma il reporter riprende a descrivere l'azione dei giocatori che, dopo un po' di melina a centrocampo, cercano di affondare con un nuovo attacco, e mentre l'Ajax affonda, la lingua di Jos si ritira dall'affondo. Gli resta una mano invischiata su una mia chiappa.
Cazzo, sono qui tutta nuda, bagnata, arrapata, i capezzoli dritti, una fregola che... minchia!
Me ne vado. Esco dalla stanza sculettando esageratamente, ma gli occhi del tifoso non seguono i miei virtuosismi, ma quelli degli attaccanti della squadra del cuore.
Torno subito sui miei passi con un oggettino color fucsia, affusolato e dai contorni morbidamente affusolati.
Scatta l'interruttore mentre stavolta e il PSV ad attaccare.
Un rumore vibrante si somma al brusio dei sostenitori delle due squadre.
Mi sdraio sul divano di fianco al mio olandese. Il busto sollevato su un cuscino, una gamba sconciamente divaricata e l'altra provocatoriamente sulla spalliera. Una mano su una tetta e l'altra che giocherella col vibratore, la mia passera spalancata, meglio di una colposcopia.
“Ssst!” fa lui, ma il rumore si smorza quando il vibratore mi entra tutto dentro.
“Aaaahhh!” gemo e lui mi rivolge uno sguardo, proprio mentre butto indietro la testa e col vibratore intesso un piacevole movimento a stantuffo.
L'azione si spegne sul fondo, sia quella della squadra di calcio che la mia, ma con effetti opposti.
Lui comincia ad eccitarsi e dai boxer si manifestano segnali di vita.
La palla scorre a centrocampo, contesa dalle due compagini e anch'io contendo l'attenzione del mio fidanzato.
Ma un deficiente dell'Ajax perde la palla come un pirla, scatta un'azione dirompente e il PSV pareggia, tra manifestazioni di disappunto che Jos colorisce con parole straniere di cui mi guardo bene dal capire il significato.
Indignato si alza in piedi, il telecomando da una parte e la Heineken dall'altra.
Ma l'erezione è ancora cospicua.
Mi avvento sul pube dei paesi bassi, gli strappo le mutande e rapida come un falco pellegrino gli prendo l'intero uccello in bocca.
Lui, ancora in pieno sbigottimento, si piega in due sibilando come una cornamusa. Quattro o cinque succhiate e il tarello ha ormai raggiunto dimensioni ragguardevoli.
Me lo ficco fino in gola come una mangiatrice di spade, e quello piega le ginocchia che si appoggiano sulle mie spalle. Io continuo la tornitura finchè l'hooligan non mi infila le dita tra i capelli tenendomi la testa stretta all'uccello.
Neanche l'azione in area avversaria ormai lo distoglie dal pompino che gli sto facendo con velocità crescente e mentre l'Ajax batte il rigore successivo al fallo in area, io proseguo con il fallo in bocca finchè un getto caldo non mi induce in gargarismi spermatici che si ricompongono con un bell'ingoio liberatorio.
L'Ajax va a 2:1 contro il PSV Eindhoven, ma Yuko si porta in vantaggio sull'Ajax per 3:2.
L'olandese si abbatte sul divano, il respiro affannoso, lo sguardo spento. Io gli salgo a cavallo e, prima che l'erezione si spenga, mi infilo la mazza tra le cosce. Solo un paio di colpetti, poi, con l'asta profondamente incuneata, mi striscio di clitoride sui suoi peli ricci e in pochi secondi, eccitata come sono, ottengo anch'io la mia parte.
Mi lascio cadere tra le sue braccia, il mio seno sulla sua bocca affamata, finchè l'uccello, molle e sgocciolante, si ritira mestamente, dal mio ventre.
Yuko - Ajax 4:2.
I tre fischi dell'arbitro concludono il primo tempo e il mio tenzone molto singolare.
Con una mano sulla passera, per non lasciare la scia come una lumaca, vado a farmi una doccia.
Del secondo tempo non me ne può frega' de meno.
Con il brutto tempo oggi non vado in montagna: avevo pensato a qualcosa da fare insieme, ma qualcosa dev'essere andato storto.
La partita dev'essere già iniziata, sento il brusio tipico degli stadi e i commenti secchi e telegrafici di un telecronista che in una lingua incomprensibile descrive azioni e trasmette pathos.
Svogliatamente mi affaccio al soggiorno, dove il mio hooligan olandese giace in contemplazione di uno schermo che restituisce un campo di un improbabile colore verde erba tenera su cui corrono omini con maglietta bianca e ampia striscia rossa verticale che si affannano dietro a un pallone.
“Con chi gioca oggi l'Ajax?” mi atteggio da donna esperta e rassegnata, mentre mi destreggio un canovaccio, asciugandomi le mani e lanciandolo sul lavandino della cucina, un canestro da tre punti.
Ma il mio pallonetto non desta interesse, mentre, gli occhi inchiodati allo schermo, mi arriva una risposta di rimando: “PSV”
“Eindhoven?” continuo a recitare la parte della navigata donna infoiata di calcio.
“Sssst!”
Punita, immeritatamente.
“Eccheccazzo!” mi impongo sulla voce del cronista che, in un inaccessibile olandese, descrive le prodezze di un difensore che intortando l'attaccante avversario gli frega la palla e ottenendo un brusio di ammirazione dalla squadra ospite.
“Massì!” continua il tulipano, senza staccare lo sguardo dal rettangolo luminoso, mentre gli omini bianco-rossi ripartono all'attacco.
Non c'è modo di sviare l'attenzione di un uomo rincoglionito davanti a una partita di calcio.
A no? Mi dico. Ma che, siamo fesse?
E scatta una sfida vecchia quanto il mondo.
“Carino quello lì, il numero otto!” fruisco di un primo piano da posizione favorevole.
Silenzio.
“Chissà che bel tarello che si nasconde sotto...”
“Yuko!”
“Uffff”
“Nooo! Cazzo!”
“E, giusto di questo stavo parlando.”
Il numero otto ha tirato alto, un biondino ha colpito di testa, ma la palla è finita sopra la traversa.
Jos mi fulmina con lo sguardo.
“Mica è colpa mia se quello là ha sbagliato” mi giustifico.
“Eeeh, un po' sì!”
“Ma dai”, mi metto a ridere, “vuoi dire che mi ha sentito? Gli è diventato duro e mentre tirava ci è inciampato dentro?”
Jos mi guarda e sorride lui pure, mentre le squadre ritornano ai loro posti prima del rinvio da fondo campo. Quando sorrido i miei occhi diventano lunghi e sottili e so che a Jos piacciono un mondo.
“Ti piacciono queste mutandine nuove?” cerco di buttare benzina sul fuoco, mentre mi sono impossessata, finalmente, della scena.
Ma il gioco è ripreso e io rimango lì, come una scema, con le mie mutandine blu oltremare con pizzo, semitrasparenti, in bella vista e il mio pancino pallido al vento, mentre il teppista di Haarlem si è già rivolto allo schermo.
La bella statuina rilascia il sipario su una passera sottoposta a incuria.
“Sono sicura che a Herman Morr piacerebbero.” Lo punzecchio io.
“Chi?”
“Herman Morr”
“Ma va! C'è Milan – Parma e sarà anche lui appiccicato allo schermo.”
Ma come fa a sapere che...
“Allora Chicken1973!” rilancio decisa come se avessi un tris di donne.
“Ma figurati, c'è Roma – Lazio!”
“E quindi?”
“Yuko! È il derby!”
“Ma il derby non era Milan – Inter?”
Nessuna risposta. Gli avversari stanno attaccando, hanno superato la metà campo e i bianco-rosso-strisciati stanno rientrando, ma sono in affanno.
“Ma come cazzo si fa a chiamare una squadra 'Lazio'? È come dire Ajax contro Olanda; Milan contro Lombardia. Ma ti pare?”
“Cazzocazzocazzo.... Uoooo!”
La palla è finita fuori. Ecco, non una palla del mio fidanzato, ma il tiro degli avversari che ha risucchiato le attenzioni del mio compagno.
“Allora Eugenio! Lui sì che mi darebbe un'occhiata alle mutandine. Una di quelle occhiate che lasciano la scia di saliva.”
“Ma va! Quello di sicuro tiene all'Atalanta!”
“E che c'è di male?”
“Yuko, lascia stare”
“Ma non ha la maglia come l'Inter?”
L'inconsistenza del mio inopportuno e incompreso sfoggio di cultura viene liquidato con un gesto svogliato della mano: ora è l'Ajax che sta intessendo un tentativo di attacco.
“Dai... dai... dai!”
“Ma come fai a sapere da dove scrivono tutti i lettori di ER?”
Nessuna risposta.
“Wolfman?”
“Bari – Fiorentina”
Ma cazzo, conosce tutta la schedina del totocalcio e i gusti calcistici dell'intera fauna eroticoraccontiana?
Mi inginocchio di fianco allo schermo e inizio a sbottonarmi il vestito. Il tessuto scivola su una spalla che, rimasta nuda, promette che the show will go on.
Ma quello niente. Non si muove. I suoi occhi saettano inseguendo la palla che, presa a calci da 22 omini in braghette corte, svilisce il mio strip, sensuale e per nulla provocante. Almeno non di fronte a un demente appassionato di calcio.
“A me, più che il calcio, piace il cazzo.”
Jos finalmente mi guarda, proprio mentre il vestito, sapientemente giostrato dalle mie mani esperte, scivola scoprendo una tetta.
“Lo venero, ne ho una specie di culto” proseguo, sfiorandomi un capezzolo con la punta delle dita.
Il capezzolo è scuro ed eretto; controluce rispetto al verdino del campo di erba olandese appare ancora più scuro, in contrasto con la pelle chiara.
Ma il telecronista snocciola una raffica di attaccanti della squadra di Amsterdam, sintesi estrema di una sequenza di passaggi ravvicinati a centrocampo che distolgono lo sguardo dalla mia tetta nuda reindirizzandolo verso ben altre curvature.
Duro e freddo contro morbido e tiepido. Non c'è storia.
Il pallone
dirotta l'attenzione
dello stallone.
Quasi un haiku.
Ma qui c'è in gioco la mia dignità.
“Dai, Yuko, ti giuro che dopo ti faccio la linguetta!”
“Dopo un cazzo!” Mi oppongo.
“Eh, ok!”
Fraintesa.
“'Na fava!”
“Va bene!”
“Ma minchia!”
“Chiamala come ti pare, ma... DOPO”
A due mani, con rabbia, mi tiro giù il vestito e resto a petto nudo, ma quello già da un pezzo non sta più guardando il mio corpicino, rapito su un altro pianeta.
Si è ammutolito, segue senza respirare i movimenti isterici di una palla presa a calci. Calci nelle palle, ecco cosa ci vorrebbe.
È lì, il fiato sospeso. Nella penombra. La pelle luccica, imperlata di sudore.
O sta per avere un orgasmo, oppure la diagnosi è fatta: ictus.
La giugulare, al lato del collo, si gonfia, la mandibola si serra, la pelle diventa paonazza e l'olandese non respira, cazzo, NON RESPIRA PIU' DA 45 SECONDI!
“Gooooooal!”
Ma minchia, stavo per beccarmi io un coccolone!
Neanche quando mi scopa si impegna così tanto.
Questa enfasi, queste manifestazioni di intenso erotismo, di masturbazione cerebrale, questa partecipazione emotiva, struggimento e separazione dalla realtà, figa, per una partita al pallone?
Ma porca troia, dico io!
Eccolo, ora è lì che se la ride, stringe i pugni, serra i denti, mentre la scena del goal viene riprodotta in tutte le salse, angolazioni, frequenze, raggi infrarossi, proiezioni in 3D, realtà aumentata, dal satellite, dagli anelli di Saturno, in bianco e nero per gli amanti del vintage, in Braille per i non vedenti.
Scene di gioia sugli spalti che non sono dirette di certo verso le mie tette e lui, lui che si gongola e se la ride, soddisfatto.
Mi alzo in piedi tenendomi le tette in mano.
“Quanto sei figa, Yuko!” mi concede, con magnanimità.
Ma io mi metto in davanti allo schermo.
Lui si sposta per afferrare qualche pixel tra le mie cosce e i miei fianchi, incurante del fatto che mi sto sfilando le mutandine.
Nulla, si sposta e riesce a cogliere il calcio da centrocampo.
Con le dita mi apro la vulva.
“Dai, Yuko...” mi implora come un bambino che vuole il gelato.
Ma l'oggetto del desiderio non è la mia passera, ma una sfera che rotola su un campo di erba, contesa di una ventina di persone in tacchetti da sera.
Mi infilo due dita dentro, mentre piego le ginocchia, con una mano mi strizzo una tetta.
“Spostati, dai!”
Ecco sono qua, tutta nuda e brodosa, profumata di fiori di loto e sentori di figa, e quel demente mi dice di spostarmi.
Mi sposto vicino a lui. Gli prendo una mano e me la metto su una tetta.
Il PSV è in attacco. Lui stringe la tetta, senza neanche accorgersi. Stringe e schiaccia. Il capezzolo sta per partire in orbita come il tappo di una bottiglia di champagne, ma il portiere dell'Ajax blocca l'azione uscendo in mezzo all'area.
Cala la tensione anche sulla mia povera tetta, ormai ridotta a una burratina.
Riparte l'azione da fondo campo e anch'io riparto all'azione. Gli prendo la mano che ha seviziato la mia mammella e me la metto sulla passera, dirigendo le sue dita proprio dentro.
Lui si accorge della sensazione di bagnato e finalmente mi guarda. Mi trascina a sé mettendomi le mani sulle chiappe e mi affonda la lingua nella vulva.
“Aaahhhhh!”
Ma il reporter riprende a descrivere l'azione dei giocatori che, dopo un po' di melina a centrocampo, cercano di affondare con un nuovo attacco, e mentre l'Ajax affonda, la lingua di Jos si ritira dall'affondo. Gli resta una mano invischiata su una mia chiappa.
Cazzo, sono qui tutta nuda, bagnata, arrapata, i capezzoli dritti, una fregola che... minchia!
Me ne vado. Esco dalla stanza sculettando esageratamente, ma gli occhi del tifoso non seguono i miei virtuosismi, ma quelli degli attaccanti della squadra del cuore.
Torno subito sui miei passi con un oggettino color fucsia, affusolato e dai contorni morbidamente affusolati.
Scatta l'interruttore mentre stavolta e il PSV ad attaccare.
Un rumore vibrante si somma al brusio dei sostenitori delle due squadre.
Mi sdraio sul divano di fianco al mio olandese. Il busto sollevato su un cuscino, una gamba sconciamente divaricata e l'altra provocatoriamente sulla spalliera. Una mano su una tetta e l'altra che giocherella col vibratore, la mia passera spalancata, meglio di una colposcopia.
“Ssst!” fa lui, ma il rumore si smorza quando il vibratore mi entra tutto dentro.
“Aaaahhh!” gemo e lui mi rivolge uno sguardo, proprio mentre butto indietro la testa e col vibratore intesso un piacevole movimento a stantuffo.
L'azione si spegne sul fondo, sia quella della squadra di calcio che la mia, ma con effetti opposti.
Lui comincia ad eccitarsi e dai boxer si manifestano segnali di vita.
La palla scorre a centrocampo, contesa dalle due compagini e anch'io contendo l'attenzione del mio fidanzato.
Ma un deficiente dell'Ajax perde la palla come un pirla, scatta un'azione dirompente e il PSV pareggia, tra manifestazioni di disappunto che Jos colorisce con parole straniere di cui mi guardo bene dal capire il significato.
Indignato si alza in piedi, il telecomando da una parte e la Heineken dall'altra.
Ma l'erezione è ancora cospicua.
Mi avvento sul pube dei paesi bassi, gli strappo le mutande e rapida come un falco pellegrino gli prendo l'intero uccello in bocca.
Lui, ancora in pieno sbigottimento, si piega in due sibilando come una cornamusa. Quattro o cinque succhiate e il tarello ha ormai raggiunto dimensioni ragguardevoli.
Me lo ficco fino in gola come una mangiatrice di spade, e quello piega le ginocchia che si appoggiano sulle mie spalle. Io continuo la tornitura finchè l'hooligan non mi infila le dita tra i capelli tenendomi la testa stretta all'uccello.
Neanche l'azione in area avversaria ormai lo distoglie dal pompino che gli sto facendo con velocità crescente e mentre l'Ajax batte il rigore successivo al fallo in area, io proseguo con il fallo in bocca finchè un getto caldo non mi induce in gargarismi spermatici che si ricompongono con un bell'ingoio liberatorio.
L'Ajax va a 2:1 contro il PSV Eindhoven, ma Yuko si porta in vantaggio sull'Ajax per 3:2.
L'olandese si abbatte sul divano, il respiro affannoso, lo sguardo spento. Io gli salgo a cavallo e, prima che l'erezione si spenga, mi infilo la mazza tra le cosce. Solo un paio di colpetti, poi, con l'asta profondamente incuneata, mi striscio di clitoride sui suoi peli ricci e in pochi secondi, eccitata come sono, ottengo anch'io la mia parte.
Mi lascio cadere tra le sue braccia, il mio seno sulla sua bocca affamata, finchè l'uccello, molle e sgocciolante, si ritira mestamente, dal mio ventre.
Yuko - Ajax 4:2.
I tre fischi dell'arbitro concludono il primo tempo e il mio tenzone molto singolare.
Con una mano sulla passera, per non lasciare la scia come una lumaca, vado a farmi una doccia.
Del secondo tempo non me ne può frega' de meno.
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