La micia dal pelo nero - 2

di
genere
etero

La giornata fu faticosa per Andrea. La sua mente correva sempre alla giovane cinese. Si imponeva di non pensarci, ma le immagini del sogno ritornavano vivide nella sua mente e l'erezione gli confermava quanto l'impatto fisico si allineasse con quello emotivo.
Andando al lavoro sbirciò oltre le vetrine del supermercato, ma vide solo i due anziani al lavoro. Nessuna traccia di Kon Meocai.
Al ritorno, giunta la sera, fece un'altra strada.
Doveva togliersi di mente la ragazza. Le voleva troppo bene e sapeva che era sbagliato in assoluto proseguire a immaginare una relazione con lei. Ancora peggio quando si trovava a desiderare un rapporto fisico. Con che faccia avrebbe potuto sostenere lo sguardo dei suoi genitori? Come avrebbe mai potuto rivolgersi più alla ragazza dopo averla posseduta fisicamente?
No, si disse. Il loro reciproco affetto, quella loro amicizia doveva essere coltivata nel rispetto più casto. Così poteva continuare ed evolvere. Così poteva avere un senso e una prosecuzione. Doveva liberarsi dagli altri pensieri e tenere a freno la stupida e indegna carne.
Cercò di concentrarsi sulla sua gattina. Era Jella, ora, a essere stata scelta per prendere il posto, almeno emotivo, di tante donne con cui aveva sempre sbagliato tutto. E con la cinesina non doveva commettere errori: non se lo sarebbe potuto perdonare.
Si concentrò sul felino mentre girava la chiave nella toppa di casa.
Appena fu dentro sentì un rumore come di un fremito.
Una strisciata nera gli si avventò addosso e con poche artigliate il gatto si arrampicò sul suo petto, subito avvolto dalle sue braccia.
"Ti sono mancato, eh, Jella? Dannato felino portasfiga. Ti sono mancato?"
La gattina vibrava di emozione con un assordante rumore di fusa.
Andrea considerò il fatto che la piccola amica dal pelo nero rimaneva da sola per buona parte della giornata, ed era ancora molto cucciola per restare senza compagnia così tanto tempo. Ma non poteva fare altrimenti.
La gatta era affettuosa e gli fece scordare il pensiero dell'asiatica.
Si dedicò a ripulire la sua vaschetta e a darle da mangiare. La micina si lanciò voracemente sul cibo, mentre lui la contemplava soddisfatto.
Poi, leggendo un libro sul divano, coccolò la piccola amica grattandole il pelo mentre la gatta vibrava soddisfatta.
Finito il capitolo Andrea osservò la micia.
Vide le sue dita muoversi nel pelo sicuro della schiena dell'animale e immaginò quelle sue stesse dita tra i peli del pube di Kon Meocai, provando un moto di eccitazione che subito represse.
"Sei proprio malato, vecchio bischero, eh? Cazzo, Andrea non sai pensare ad altro?" Si rimproverò da solo, vergognandosi.
Ma in fondo, si disse, erano solo sentimenti e pensieri di cui non doveva sentirsi responsabile. Era già bravo a indirizzare i suoi gesti e i suoi propositi altrove. Di questo doveva sentirsi responsabile, e le sue azioni erano giuste.
Diresse le sue carezze tra le orecchie dell'animale. Ecco, grattini sul capo, così non ci sarebbero stati fraintendimenti anche se si fosse dirottato a pensare a carezze fra i capelli della ragazza. In fondo, quando era stata piccola, l'aveva fatto altre volte.
Dopo cena sbrigò alcune pratiche, mentre la gattina gli riposava in grembo e poi fu ora di andare a letto.
Dovette rimettere Jella più volte nella sua cesta perché questa continuamente ne usciva per seguirlo in stanza, ma alla fine riuscì a corromperla con una manciata di croccantini.
Si infilò sotto le coperte sperando di incontrare ancora in sogno la ragazza e di nuovo rimproverandosi per i pensieri malsani.
"Domani andrà meglio" si consolò. La prima giornata senza l'orientale, la più difficile, era passata.
La notte iniziò agitata, in un'eccitazione che non lo lasciava, ma riuscì ad addormentarsi senza masturbarsi, come era tentato di fare.
Nel sonno si sentì librare in volo in una sensazione di impagabile leggerezza e di libertà.
Esplorò laghi e montagne lanciandosi in picchiata in profonde valli, fino a lambire le cime e le fronde degli abeti.
Si vide veramente nelle fattezze di un falco o forse un'aquila e gli sembrava di sfiorare realmente le cime delle conifere con la punta piumosa della sua ala.
Con l'inspiegabile irrazionalità dei sogni, la scena si trasformò senza spiegazioni.
La sua mano ora accarezzava con leggerezza la punta dei peli del pube di Kon Meocai. Le sue dita gradualmente affondarono nel crine inoltrandosi fra le cosce della giovane orientale. Quello che sembrava il respiro del vento si trasformò in sospiri di piacere della donna. Le sue dita ne sfiorarono le cosce, mentre la mano di lei si appoggiava sulle sue dita, come per confermarne la presenza, o indirizzarle più in profondità.
Andrea continuava ad accarezzare l'interno delle cosce dell'asiatica avvicinandosi fino a sfiorarne le grandi labbra, quando la ragazza, con una delicata pressione della sua mano, spinse quella maschile contro la propria vulva.
Andrea non voleva svegliarsi, eppure sentiva il sogno svanire.
Avvertì le mucose bagnate della ragazza cedere e aprirsi sotto la pressione delle dita, la giovane gemere forte mentre la penetrava con il dito indice unito al medio.
Un braccio della donna gli avvolse la schiena e le due bocche si incontrarono. Andrea si spostò col suo corpo per coprire quello della cinese mentre ancora le dita entravano nel suo ventre, immergendosi in una morbida cedevolezza calda e bagnata. La ragazza gemeva ancora mentre lui la baciava fra i capelli, ma quando fu il momento di penetrarla col suo pene, Andrea scoppiò in un intenso orgasmo che lo fece svegliare.
I suoi fianchi ancora spingevano contro il cuscino, messo di traverso fra le sue gambe, e ancora sentiva gemere la ragazza, mentre lui affondava il volto nei suoi capelli; ma quando arrivò ad accendere la luce del comodino si accorse che la sua faccia affondava nel corpo della gattina che ancora stava miagolando di tenerezza.
"Jella...", sospirò, "che ci fai ancora qui? Tu mi farai uscire pazzo."
Si prese però la gatta fra le braccia e avvolto da fusa frastornanti si riaddormentò.

La mattina si svegliò di ottimo umore, tonificato dalla notte e dal sogno che in qualche modo lo aveva rinvigorito.
Ripose la gatta nella cesta dopo averla invitata al tavolo a fare colazione insieme.
Per sé caffè forte e una spremuta, per Jella latte intero in scodella grande e croccantini al pesce marcio, come li chiamava lui.
"Esco, ciao!" Salutò il felino con un bacio sulla fronte. "Non fare tardi oggi, ok? Gatta del malaugurio, e sistema la tua vaschetta, che sembra il cesso della stazione, ok?" Le raccomandò con uno sguardo severo.
"No, dai, sto scherzando, bischera d'una maremma maiala." Aggiunse infine di fronte allo sguardo incuriosito della micia.
Passando di fronte al negozio cinese sbirciò dall'entrata, scorgendo solo alcuni avventori, proseguendo fino al posto di lavoro.
Tutto andò bene quel giorno, anche se si trattava di un giorno del tutto uguale ai precedenti, ma il suo stato d'animo positivo gli fece affrontare le inevitabili difficoltà con buona lena e un incoraggiante sorriso.
Aveva fretta di ritornare a casa dalla sua compagna e quando a sera si ritrovò tra le sue mura, si accorse che nel tragitto di ritorno non aveva fatto neanche attenzione al supermercato sotto casa.
Consumò la cena in compagnia della gattina scambiando con lei alcuni commenti sulla sua giornata senza ricevere risposte dall'animale.
"Be' potresti degnarti di dire qualcosa, Jella. O no?" Scherzò con il felino che con la zampina stava aiutandosi a smembrare una gigantesca sardina fresca che Andrea le aveva portato.
Poi sorrise di sé stesso.
"Se mi sentisse la mia ex moglie... altroché psichiatra!"
Dopo cena guardarono insieme il film 'Gli aristogatti' che il toscano aveva scaricato da netflix, con vivo interesse di Jella che inseguiva le immagini in movimento rinunciando a cogliere la trama.
Al momento di coricarsi questa volta la gatta rimase nella sua cesta senza uscirne.
Andrea si spostò nella sua camera, chiudendo dietro a sé la porta.
"Così non ti vengono strane idee, Jella. Ok? Stai diventando una maialina da compagnia e le mie lenzuola si stanno riempiendo di macchie ingiallite che sembrano la pelliccia di una giraffa. Ok?"
Ma, messo il pigiama, ci ripensò.
"E che problema ci sarebbe, poi?" si disse, e riaprì la porta.
Nella notte fu cullato da sogni distensivi finché vide sé stesso entrare nel negozio dei Chen.
Kon Meocai stava sistemando delle bottigliette di salse orientali nel reparto cibi etnici quando lo vide, interrompendo il suo lavoro. Senza dialoghi e sequenze temporali, ora la ragazza si stava nuovamente sciogliendo le trecce e il suo corpo era nudo.
Pronunciò qualcosa, non una sequenza di parole o suoni, ma Andrea percepì tenerezza e affetto e lui pure si trovò nudo.
Ora si trovavano a casa sua, sul divano o nel letto, o forse erano sul tappeto del soggiorno.
Si baciavano con passione e le mani della ragazza lo stringevano alla schiena.
Lei si sdraiò supina, lasciandosi guardare il seno gonfio, e lentamente aprì le cosce.
"Vieni dentro di me, ti prego" sussurrò e Andrea ne osservò i genitali tumidi e luccicanti di umidità.
Si chinò tra le sue gambe percependo il suo odore e mentre con le mani le stringeva i seni, affondò la lingua nella sua vulva.
La ragazza gemeva e spingeva il bacino contro l'organo che la stimolava. Sul naso di Andrea il fine solletico dei peli del pube della donna.
"Dannata gatta." Bisbigliò l'uomo sentendo svanire il sogno. "Stavolta non mi freghi."
Alzò lo sguardo verso il seno della giovane ancora presente e reale.
"Vienimi dentro." Gli disse Kon Meocai e lui rialzò il busto per sdraiarsi su di lei. Ma ormai si sentiva sveglio.
Allungò la mano in direzione della lampada sul comodino, ma la ragazza gliela prese e se la riportò sul seno.
"Scopami." Gli sussurrò e lui la penetrò con la sua potenza.
Lei, ora, gli accarezzava i capelli e la schiena mentre ansimava e gemeva. Andrea sollevò il petto per guardarle i seni che si muovevano a ogni sua spinta.
Poi la ragazza emise un lungo gemito che si trasformò in un rauco gorgoglìo e trattenne il fiato nel momento dell'orgasmo.
"Stavolta non mi scappi." Ripeté Andrea adagiando il petto sulle sue forme. Con le mani le cinse il capo inoltrandosi tra i capelli sulla nuca e mentre lei lo stringeva tra le braccia lui si spinse dentro ancora più profondamente. Una, due, tre volte finché non si sentì sciogliere nel deliquio dei sensi. Si svuotò al suo interno continuando a penetrarla dolcemente mentre la ragazza gli sussurrava parole dolci, finché l'eccitazione fisica lasciò il posto a un torpore pieno di pace e morbidezza.
Andrea percepiva le mucose interne della ragazza, soffici e bagnate attorno al suo membro, il ventre morbido ad accogliere il suo e i seni sodi a fare da guanciale al suo capo.
Lei ancora gli accarezzava il collo e i capelli mentre lui si addormentava, ancora dentro il suo corpo.
Si svegliò mentre la prima luce dell'alba iniziava a filtrare dalle imposte. Il profilo della gatta passeggiava guardingo sul cuscino di fronte a lui.
di
scritto il
2024-10-16
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