La micia dal pelo nero - 5
di
Yuko
genere
etero
Andrea fu preso dal panico per la scomparsa della gatta, senza accorgersi della reale entità del problema.
Esplorò a fondo tutta la casa, ma non trovò nulla.
Scese in cortile cercando dappertutto, ma senza trovare traccia del felino.
Dovette poi recarsi al lavoro, ma nel pomeriggio ritornò nuovamente nel cortile chiedendo ai vicini e al portiere, estendendo le sue ricerche nel quartiere. Non riusciva a perdonarsi di aver dimenticato la finestra aperta della cucina. In tutto ciò non pensò quasi per nulla alla ragazza orientale se non nel momento di andare a letto, profondamente affranto per la perdita della micina.
Fu disturbato da sogni agitati e frequenti risvegli. In un'occasione si alzò ancora per verificare se, per qualche miracolo, Jella fosse ritornata nella sua cesta, ma ancora non trovò nulla.
Quando si risvegliò al mattino si accorse definitivamente, solo in quel momento, che anche la ragazza era scomparsa dai suoi sogni.
La giornata passò cupa e strana. La disperazione per la scomparsa della gatta contendeva i suoi sentimenti con il disagio preoccupato per l'assenza della cinese nelle sue notti e non poté evitare di mettere le due cose in relazione.
Eppure come si conciliava la duplice scomparsa, forse dovute alla finestra lasciata da lui aperta, con la sua violenta reazione contro la ragazza?
E ora soffriva della mancanza delle due figure, equamente importanti nel suo vissuto emotivo.
Al mattino presto appiccicò per il quartiere foto e appelli per cercare di ritrovare la gatta e finalmente si recò al lavoro con l'animo turbato da preoccupazioni, dispiaceri e sensi di colpa.
Al ritorno passò dal supermarket cinese.
Il signor Chen era alla cassa.
Non vedendo in giro la fanciulla si rivolse al padre per un educato interessamento.
"Meocai sta bene o è malata?"
"Si si, signol Andlea, tutto bene. Kon Meocai sta bene, glazie."
"Ma non è al lavoro? " Insistette il toscano.
"Chi, mi scusa?"
"Meocai"
"Kon Meocai, signol Andlea. Mia figlia si chiama Kon Meocai, tutto insieme è suo nome."
"Ah, si, mi scusi. Kon Meocai non è al lavoro oggi?"
"No, pleso vacanza. Molto stanca Kon Meocai."
"Ma... oggi?"
"No, signol Andlea, ieli; ieli mattina Kon Meocai molto stanca. Oggi e ieli vacanza."
Poi l'anziano si rivolse a un cliente che aspettava in cassa.
"Ok, grazie signor Chen. Mi saluti Meocai quando ritorna dalla vacanza."
“Kon Meocai è suo nome."
"Ah sì, scusi."
"Signol Andlea, sa cosa significa nome Kon Meocai?"
Riprese il cinese dopo aver ricevuto il pagamento dal cliente.
Andrea si fermò, interrompendo i suoi pensieri.
"No, non so, signor Chen. Forse me lo disse quando è nata, ma devo averlo scordato. Cosa significa?"
"Kon Meocai, tutto insieme. In lingua Vietnam significa..." pensò un attimo, mentre Andrea aspettava pazientemente.
"Si, ecco, palola che assomiglia in italiano è 'gatta', ma nome Kon Meocai tutto insieme!"
"Grazie, signor Chen. Arrivederci" rispose Andrea distrattamente, riprendendo il cammino verso l'uscita, immerso nei suoi pensieri, ma d'un tratto fu folgorato da un pensiero che solo allora raggiunse la sua coscienza.
"Cosa, signor Chen? Cosa ha detto?"
"Gatta, signol Andlea" e dopo un inchino a mani giunte l'anziano si occupò di altri avventori.
Andrea rimase impalato mentre i pensieri vorticavano nella sua mente senza che lui riuscisse ad afferrare il bandolo della matassa.
Col cuore cupo e ancora più domande che risposte, più remore che certezze, si avviò per un altro giro nel suo quartiere interrogando più persone che riuscì a trovare.
Nessuno aveva visto la gattina e il fiorentino, impedendosi ogni pensiero, se ne tornò a casa col cuore cupo come un plumbeo nuvolone estivo.
Dormì più tranquillo, forse nell'incipiente rassegnazione di aver perso definitivamente la felina compagnia.
Non sognò nulla o forse non si ricordò nulla dei suoi sogni nell'unica certezza che anche la ragazza ormai fosse definitivamente scomparsa.
La mattina dopo uscì più rassegnato andando al lavoro.
Non si attribuiva più alcuna responsabilità di quanto era accaduto.
La gattina era scomparsa perché aveva avventatamente lasciato una finestra aperta. Cose che purtroppo accadono.
E non aveva più sogni erotici con una ragazza di trent'anni meno di lui. Questo poteva forse essere un segno positivo.
Non si sentiva pronto all'idea di rimpiazzare Jella con un altro animale. Non così presto. Ma rinviò il pensiero a un'epoca prossima, in cui avesse elaborato il dolore del distacco. Quanto alla ragazza, be', era tempo che si liberasse di questi pensieri per una giovane che aveva visto nascere e tenuto sulla ginocchia e in braccio.
Pensò di iscriversi alla piscina o a una serie di lezioni d'arte su Botticelli che stavano per iniziare agli Uffizi.
Di tutti gli altri suoi pensieri fece piazza pulita.
Andrea ritornò al negozio due giorni dopo per alcuni acquisti e lì rivide la ragazza che stava lavorando tra gli scaffali.
"Kon Meocai!" la chiamò, contento di vederla.
Lei si voltò e, regalandogli un sorriso radioso, gli corse incontro. "Andrea! Ma dove eri scomparso?"
"Che hai fatto al polso?" Le chiese il fiorentino notando una fasciatura che le spuntava dalla manica della camicetta.
"Kon Meocai fatta male polso, caduta in casa pelchè inciampato sedia" rispose invece il vecchio Chen che, passando di lì, aveva colto la domanda. "Kon Meocai tloppo agitata in questi giolni." proseguì l'anziano allontanandosi mentre scuoteva la testa.
La ragazza ora era davanti all'uomo con un sorriso che sembrava volerlo abbracciare.
Lui notò quell'espressione rimanendo perplesso. "Che ti succede? Sembra che tu abbia vinto a una lotteria!"
"Tu invece oggi sei così serio! Che ti è successo? Ti hanno licenziato?" Rideva lei, mentre il fiorentino faceva una smorfia, non avendo gradito l'umorismo.
"Lo sai che ho perso la gattina? Ho dimenticato la finestra aperta e lei deve essere caduta giù, ma non l'ho più ritrovata."
La ragazza si fece un po' triste, ma non sembrava molto convincente. "Sì, lo so, me lo ha detto mio padre."
Andrea annuì senza ricordarsi che di questo non aveva parlato all'anziano cinese.
"Ma che ti ridi? Io ci sto male davvero!" insistette il toscano vedendo che la ragazza si copriva la bocca da cui traspariva un candido sorriso.
"Andrea, ci credi ai sogni?"
Lui rimase interdetto. 'Quella frase...' gli ritornarono in mente alcune riminiscenze che aveva cancellato. Poteva essere una coincidenza?
"No, guarda, Meocai, non ci credo. Non ci credo più. Sarà forse l'età."
La ragazza interruppe il suo sorriso e assunse un'aria di rimprovero.
“Male, molto male, Andrea. E non cercare scuse con l'età, che non centra nulla. E poi mi chiamo Kon Meocai! Andrea, quando imparerai il mio nome?"
Lui la guardò senza capire. Ma lei riprese a sorridere e scappò verso il magazzino. "Aspettami qui. Non ti muovere!"
Il toscano non sapeva più cosa pensare. Quella frase, la fasciatura sul polso, tutta questa gioia inopportuna mentre lui era così abbattuto.
In pochi minuti la ragazza fu di ritorno nascondendo qualcosa dietro alla schiena.
"Allora, ci vuoi credere o no ai sogni?"
"Ma Meocai, cosa stai cercando di dirmi? Io non..."
"Kon Meocai!" Lo corresse il genitore che passava di lì con un grosso cartone.
Andrea lo guardò trattenendo un gesto di stizza, mentre la ragazza scoppiava a ridere.
"Ecco!" disse poi l'orientale, tirando fuori da dietro la schiena la micia con il suo collarino fucsia che subito si lanciò sul fiorentino con un miagolio gorgogliante.
"Jella!" gridò Andrea, riconoscendo il felino. "Jella, maledetta gatta portasfiga, ma dove ti eri cacciata, maremma scorticata!" E subito cominciò ad accarezzarla e a baciarla stringendola fra le braccia. Con le lacrime agli occhi sollevò lo sguardo verso la cinesina che lo osservava compiaciuta.
"Dove l'hai ripescata? Come hai fatto a trovarla? Cosa diavolo..."
"Questa tua assurda mania di sapere sempre tutto, Andrea!" Lo rimproverò ancora, lei, e Andrea restò di pietra.
Una coincidenza poteva passare, anche due. Ma ora tre erano troppe. Qualcosa gli stava balenando nella testa, qualcosa che non riusciva a esprimere e a contenere, qualcosa cui rinunciò a dare un nome, nella confusione di troppi eventi positivi tutti accavallati.
La ragazza, quelle frasi, quelle coincidenze.
"Allora, Andrea, ci vuoi credere a questi sogni o no?"
Lui la guardava e non riusciva a capire, a capacitarsi: annuiva lentamente, ma le parole gli si stavano congelando nella bocca. Cadde in ginocchio, le gambe avevano di colpo ceduto, come Saulo sulla via di Damasco, folgorato da qualcosa che non riusciva ad afferrare.
"Io... sì, forse sì, ma che cosa..."
"Zitto, guaglione! Si dice guaglione?" Kon Meocai si fermò incerta, aiutandolo ad alzarsi.
"No, forse è meglio dire bischero."
"Guarda qui, bischero!" e la ragazza tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans un biglietto del treno.
Andrea la guardò senza capire. "Vai da qualche parte?" proseguì come inebetito. La sua stessa voce gli giungeva ovattata, come se fosse stato qualcun altro a parlare, in una stanza vicina.
"Oggi è venerdì e domani chiudiamo per tutto il weekend per il capodanno cinese. Ho prenotato per andare all'isola d'Elba in un B&B. Due giorni pieni e la partenza è stasera."
"Bello! Bella vacanza" rispose lui rattristandosi, ma fingendo un sorriso.
“È un biglietto per due." La ragazza assunse un tono vagamente allusivo.
"Ma bene, con chi ci vai?"
"Bischero di un grullo! Ci vado con te!"
Andrea restò impalato con la bocca aperta. "E la gatta?" Riuscì solo a balbettare, colto di sorpresa.
I suoi pensieri non seguivano più un filo logico: priorità, conseguenze, valori erano tutti distorti e le idee viaggiavano sconnesse come i granuli di finta neve in una boccia di vetro con racchiuso il Duomo di Firenze.
"Le ho preso una gabbietta da viaggio. Sbrigati, vai a casa a preparare il bagaglio. Il treno è tra un'ora!" gli urlò la ragazza mentre cominciava ad allontanarsi verso l'uscita interna del negozio.
"Ma, e i tuoi?"
"Sbrigati, Andrea, sanno già tutto! O hai altri impegni?" Si fermò di colpo l'asiatica in fondo al corridoio.
"Ma che cazzo di impegni vuoi che abbia! E se anche fosse, fottesega! Volo!"
Esclamò il toscano rinvigorito da una profonda energia che di colpo gli stava esplodendo dentro, come il caffè di una moka che, gorgogliando, inonda la parte superiore, espandendo aroma ed energia, o come un vulcano spento che improvvisamente e senza alcuna avvisaglia avesse ripreso a eruttare.
Un'ora dopo era in piedi di fronte alla ragazza sul treno regionale per Piombino.
Kon Meocai gli teneva le mani che lui lasciava inermi, le braccia sembravano penduli rami secchi.
Il toscano sembrava un vecchio vestito appeso a una gruccia. Il capo chino, guardava il pavimento.
La giovane allora gli strinse le dita fino a fargli male.
Lui alzò finalmente lo sguardo e i suoi occhi erano rossi, il suo viso scavato da profonde rughe.
“Sono uno stupido, Kon Meocai. Sono stato uno stupido.” E due lacrime tracimarono dalle palpebre infiammate.
Ma lei gli sorrise sollevandogli i palmi e ponendoseli ai fianchi.
“No”, lo corresse, “sei stato un bischerone!”
Con il suo sguardo lo avvolse e Andrea si lasciò risucchiare in quelle iridi così scure da confondersi con le pupille. La sua anima fu trasportata in un gorgo di oblio, avvolta e cullata amorevolmente da quella della ragazza che, risollevandolo dalla caduta abissale, lo trasformò sublimandone e rimodellandone lo spirito e i pensieri.
L'uomo ripercorse le leggi dell'universo, dall'imprevedibile movimento degli elettroni, fino alla lenta e pacata rotazione delle galassie a spirali.
E dopo aver passato in rassegna le dinamiche della mente e imbavagliato la razionalità, si consegnò, finalmente sconfitto, alla passione, al sogno irrazionale e ostinatamente combattuto.
Ne uscì un uomo nuovo, tonificato e rinvigorito. Le scure rughe avevano lasciato il posto a nuova pelle fresca e tonica, lo sguardo era adesso sereno e deciso, la mandibola contratta in un'espressione di rassicurante determinazione.
Il treno si mosse, scalfendo solo temporaneamente il solido equilibrio della coppia.
"Dove hai prenotato?" Chiese Andrea in tono disteso quando fu partito il treno, mentre per mano conduceva l'asiatica a cercare il loro posto nella carrozza; nell'altra mano la gabbietta da viaggio dove un batuffolo di peli neri si muoveva nervosamente.
Della profonda lotta interiore appena conclusa, della sconfitta e della nuova nascita sembrava scomparsa ogni traccia.
"Un B&B a punta Capo Bianco. Scogliera e mare turchese. Ti piace il pesce? Perché io e Jella abbiamo già deciso il menù."
Il fiorentino sorrise disteso, fregandosi le mani.
"Due camere singole?" Sondò il terreno.
"Ma va!" Rispose l'orientale con il volto ostentatamente indignato. "Stanza singola con letto matrimoniale e idromassaggio. Mi voglio rilassare." Proseguì poi con la massima naturalezza, mettendosi a guardare fuori dal vetro, immaginandosi l'espressione del fiorentino.
Andrea era rimasto a bocca aperta, sgranando gli occhi.
"Domani voglio prendere il sole nuda sul balcone."
Andrea si scosse appena asciugandosi una bavetta che cominciava a colargli dal labbro e si mise a sogghignare. "Se, se. Questa non la bevo."
"Vedrai."
"Ma Kon Meocai” riprese a dire cambiando argomento, “vuoi farmi credere che i tuoi abbiano accettato che tu andassi via tre giorni dormendo insieme a un uomo nello stesso letto?"
"Certo. Gli ho detto che siamo fidanzati!"
"Hahaha!" Scoppiò a ridere Andrea. "Ma se ho quasi l'età di tuo padre! Ma ti pare?"
"Otto anni di meno, per la precisione. I miei erano molto felici di questo. In Cina è normale sposarsi un uomo molto più vecchio, oh, scusa, diciamo più maturo, della donna. I problemi sarebbero nati se avessi scelto un coetaneo."
"Ma dici sul serio?" Andrea sentiva avvampare il volto per l'emozione.
"Certamente. Gliel'ho comunicato quattro giorni fa."
Andrea fece qualche calcolo rimanendo sbalordito. La data coincideva con la mattina della scomparsa della gatta.
"Ma, Kon Meocai" ricominciò a parlare il toscano, sempre più confuso, senza però sapere come proseguire.
Lei si girò guardandolo teneramente negli occhi.
Gli prese ancora una mano stringendola fra le sue e si piegò verso di lui.
"Andrea, ci credi ai sogni?"
E, avvicinatasi al suo volto posò un delicato bacio sulle sue labbra.
FINE
Esplorò a fondo tutta la casa, ma non trovò nulla.
Scese in cortile cercando dappertutto, ma senza trovare traccia del felino.
Dovette poi recarsi al lavoro, ma nel pomeriggio ritornò nuovamente nel cortile chiedendo ai vicini e al portiere, estendendo le sue ricerche nel quartiere. Non riusciva a perdonarsi di aver dimenticato la finestra aperta della cucina. In tutto ciò non pensò quasi per nulla alla ragazza orientale se non nel momento di andare a letto, profondamente affranto per la perdita della micina.
Fu disturbato da sogni agitati e frequenti risvegli. In un'occasione si alzò ancora per verificare se, per qualche miracolo, Jella fosse ritornata nella sua cesta, ma ancora non trovò nulla.
Quando si risvegliò al mattino si accorse definitivamente, solo in quel momento, che anche la ragazza era scomparsa dai suoi sogni.
La giornata passò cupa e strana. La disperazione per la scomparsa della gatta contendeva i suoi sentimenti con il disagio preoccupato per l'assenza della cinese nelle sue notti e non poté evitare di mettere le due cose in relazione.
Eppure come si conciliava la duplice scomparsa, forse dovute alla finestra lasciata da lui aperta, con la sua violenta reazione contro la ragazza?
E ora soffriva della mancanza delle due figure, equamente importanti nel suo vissuto emotivo.
Al mattino presto appiccicò per il quartiere foto e appelli per cercare di ritrovare la gatta e finalmente si recò al lavoro con l'animo turbato da preoccupazioni, dispiaceri e sensi di colpa.
Al ritorno passò dal supermarket cinese.
Il signor Chen era alla cassa.
Non vedendo in giro la fanciulla si rivolse al padre per un educato interessamento.
"Meocai sta bene o è malata?"
"Si si, signol Andlea, tutto bene. Kon Meocai sta bene, glazie."
"Ma non è al lavoro? " Insistette il toscano.
"Chi, mi scusa?"
"Meocai"
"Kon Meocai, signol Andlea. Mia figlia si chiama Kon Meocai, tutto insieme è suo nome."
"Ah, si, mi scusi. Kon Meocai non è al lavoro oggi?"
"No, pleso vacanza. Molto stanca Kon Meocai."
"Ma... oggi?"
"No, signol Andlea, ieli; ieli mattina Kon Meocai molto stanca. Oggi e ieli vacanza."
Poi l'anziano si rivolse a un cliente che aspettava in cassa.
"Ok, grazie signor Chen. Mi saluti Meocai quando ritorna dalla vacanza."
“Kon Meocai è suo nome."
"Ah sì, scusi."
"Signol Andlea, sa cosa significa nome Kon Meocai?"
Riprese il cinese dopo aver ricevuto il pagamento dal cliente.
Andrea si fermò, interrompendo i suoi pensieri.
"No, non so, signor Chen. Forse me lo disse quando è nata, ma devo averlo scordato. Cosa significa?"
"Kon Meocai, tutto insieme. In lingua Vietnam significa..." pensò un attimo, mentre Andrea aspettava pazientemente.
"Si, ecco, palola che assomiglia in italiano è 'gatta', ma nome Kon Meocai tutto insieme!"
"Grazie, signor Chen. Arrivederci" rispose Andrea distrattamente, riprendendo il cammino verso l'uscita, immerso nei suoi pensieri, ma d'un tratto fu folgorato da un pensiero che solo allora raggiunse la sua coscienza.
"Cosa, signor Chen? Cosa ha detto?"
"Gatta, signol Andlea" e dopo un inchino a mani giunte l'anziano si occupò di altri avventori.
Andrea rimase impalato mentre i pensieri vorticavano nella sua mente senza che lui riuscisse ad afferrare il bandolo della matassa.
Col cuore cupo e ancora più domande che risposte, più remore che certezze, si avviò per un altro giro nel suo quartiere interrogando più persone che riuscì a trovare.
Nessuno aveva visto la gattina e il fiorentino, impedendosi ogni pensiero, se ne tornò a casa col cuore cupo come un plumbeo nuvolone estivo.
Dormì più tranquillo, forse nell'incipiente rassegnazione di aver perso definitivamente la felina compagnia.
Non sognò nulla o forse non si ricordò nulla dei suoi sogni nell'unica certezza che anche la ragazza ormai fosse definitivamente scomparsa.
La mattina dopo uscì più rassegnato andando al lavoro.
Non si attribuiva più alcuna responsabilità di quanto era accaduto.
La gattina era scomparsa perché aveva avventatamente lasciato una finestra aperta. Cose che purtroppo accadono.
E non aveva più sogni erotici con una ragazza di trent'anni meno di lui. Questo poteva forse essere un segno positivo.
Non si sentiva pronto all'idea di rimpiazzare Jella con un altro animale. Non così presto. Ma rinviò il pensiero a un'epoca prossima, in cui avesse elaborato il dolore del distacco. Quanto alla ragazza, be', era tempo che si liberasse di questi pensieri per una giovane che aveva visto nascere e tenuto sulla ginocchia e in braccio.
Pensò di iscriversi alla piscina o a una serie di lezioni d'arte su Botticelli che stavano per iniziare agli Uffizi.
Di tutti gli altri suoi pensieri fece piazza pulita.
Andrea ritornò al negozio due giorni dopo per alcuni acquisti e lì rivide la ragazza che stava lavorando tra gli scaffali.
"Kon Meocai!" la chiamò, contento di vederla.
Lei si voltò e, regalandogli un sorriso radioso, gli corse incontro. "Andrea! Ma dove eri scomparso?"
"Che hai fatto al polso?" Le chiese il fiorentino notando una fasciatura che le spuntava dalla manica della camicetta.
"Kon Meocai fatta male polso, caduta in casa pelchè inciampato sedia" rispose invece il vecchio Chen che, passando di lì, aveva colto la domanda. "Kon Meocai tloppo agitata in questi giolni." proseguì l'anziano allontanandosi mentre scuoteva la testa.
La ragazza ora era davanti all'uomo con un sorriso che sembrava volerlo abbracciare.
Lui notò quell'espressione rimanendo perplesso. "Che ti succede? Sembra che tu abbia vinto a una lotteria!"
"Tu invece oggi sei così serio! Che ti è successo? Ti hanno licenziato?" Rideva lei, mentre il fiorentino faceva una smorfia, non avendo gradito l'umorismo.
"Lo sai che ho perso la gattina? Ho dimenticato la finestra aperta e lei deve essere caduta giù, ma non l'ho più ritrovata."
La ragazza si fece un po' triste, ma non sembrava molto convincente. "Sì, lo so, me lo ha detto mio padre."
Andrea annuì senza ricordarsi che di questo non aveva parlato all'anziano cinese.
"Ma che ti ridi? Io ci sto male davvero!" insistette il toscano vedendo che la ragazza si copriva la bocca da cui traspariva un candido sorriso.
"Andrea, ci credi ai sogni?"
Lui rimase interdetto. 'Quella frase...' gli ritornarono in mente alcune riminiscenze che aveva cancellato. Poteva essere una coincidenza?
"No, guarda, Meocai, non ci credo. Non ci credo più. Sarà forse l'età."
La ragazza interruppe il suo sorriso e assunse un'aria di rimprovero.
“Male, molto male, Andrea. E non cercare scuse con l'età, che non centra nulla. E poi mi chiamo Kon Meocai! Andrea, quando imparerai il mio nome?"
Lui la guardò senza capire. Ma lei riprese a sorridere e scappò verso il magazzino. "Aspettami qui. Non ti muovere!"
Il toscano non sapeva più cosa pensare. Quella frase, la fasciatura sul polso, tutta questa gioia inopportuna mentre lui era così abbattuto.
In pochi minuti la ragazza fu di ritorno nascondendo qualcosa dietro alla schiena.
"Allora, ci vuoi credere o no ai sogni?"
"Ma Meocai, cosa stai cercando di dirmi? Io non..."
"Kon Meocai!" Lo corresse il genitore che passava di lì con un grosso cartone.
Andrea lo guardò trattenendo un gesto di stizza, mentre la ragazza scoppiava a ridere.
"Ecco!" disse poi l'orientale, tirando fuori da dietro la schiena la micia con il suo collarino fucsia che subito si lanciò sul fiorentino con un miagolio gorgogliante.
"Jella!" gridò Andrea, riconoscendo il felino. "Jella, maledetta gatta portasfiga, ma dove ti eri cacciata, maremma scorticata!" E subito cominciò ad accarezzarla e a baciarla stringendola fra le braccia. Con le lacrime agli occhi sollevò lo sguardo verso la cinesina che lo osservava compiaciuta.
"Dove l'hai ripescata? Come hai fatto a trovarla? Cosa diavolo..."
"Questa tua assurda mania di sapere sempre tutto, Andrea!" Lo rimproverò ancora, lei, e Andrea restò di pietra.
Una coincidenza poteva passare, anche due. Ma ora tre erano troppe. Qualcosa gli stava balenando nella testa, qualcosa che non riusciva a esprimere e a contenere, qualcosa cui rinunciò a dare un nome, nella confusione di troppi eventi positivi tutti accavallati.
La ragazza, quelle frasi, quelle coincidenze.
"Allora, Andrea, ci vuoi credere a questi sogni o no?"
Lui la guardava e non riusciva a capire, a capacitarsi: annuiva lentamente, ma le parole gli si stavano congelando nella bocca. Cadde in ginocchio, le gambe avevano di colpo ceduto, come Saulo sulla via di Damasco, folgorato da qualcosa che non riusciva ad afferrare.
"Io... sì, forse sì, ma che cosa..."
"Zitto, guaglione! Si dice guaglione?" Kon Meocai si fermò incerta, aiutandolo ad alzarsi.
"No, forse è meglio dire bischero."
"Guarda qui, bischero!" e la ragazza tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans un biglietto del treno.
Andrea la guardò senza capire. "Vai da qualche parte?" proseguì come inebetito. La sua stessa voce gli giungeva ovattata, come se fosse stato qualcun altro a parlare, in una stanza vicina.
"Oggi è venerdì e domani chiudiamo per tutto il weekend per il capodanno cinese. Ho prenotato per andare all'isola d'Elba in un B&B. Due giorni pieni e la partenza è stasera."
"Bello! Bella vacanza" rispose lui rattristandosi, ma fingendo un sorriso.
“È un biglietto per due." La ragazza assunse un tono vagamente allusivo.
"Ma bene, con chi ci vai?"
"Bischero di un grullo! Ci vado con te!"
Andrea restò impalato con la bocca aperta. "E la gatta?" Riuscì solo a balbettare, colto di sorpresa.
I suoi pensieri non seguivano più un filo logico: priorità, conseguenze, valori erano tutti distorti e le idee viaggiavano sconnesse come i granuli di finta neve in una boccia di vetro con racchiuso il Duomo di Firenze.
"Le ho preso una gabbietta da viaggio. Sbrigati, vai a casa a preparare il bagaglio. Il treno è tra un'ora!" gli urlò la ragazza mentre cominciava ad allontanarsi verso l'uscita interna del negozio.
"Ma, e i tuoi?"
"Sbrigati, Andrea, sanno già tutto! O hai altri impegni?" Si fermò di colpo l'asiatica in fondo al corridoio.
"Ma che cazzo di impegni vuoi che abbia! E se anche fosse, fottesega! Volo!"
Esclamò il toscano rinvigorito da una profonda energia che di colpo gli stava esplodendo dentro, come il caffè di una moka che, gorgogliando, inonda la parte superiore, espandendo aroma ed energia, o come un vulcano spento che improvvisamente e senza alcuna avvisaglia avesse ripreso a eruttare.
Un'ora dopo era in piedi di fronte alla ragazza sul treno regionale per Piombino.
Kon Meocai gli teneva le mani che lui lasciava inermi, le braccia sembravano penduli rami secchi.
Il toscano sembrava un vecchio vestito appeso a una gruccia. Il capo chino, guardava il pavimento.
La giovane allora gli strinse le dita fino a fargli male.
Lui alzò finalmente lo sguardo e i suoi occhi erano rossi, il suo viso scavato da profonde rughe.
“Sono uno stupido, Kon Meocai. Sono stato uno stupido.” E due lacrime tracimarono dalle palpebre infiammate.
Ma lei gli sorrise sollevandogli i palmi e ponendoseli ai fianchi.
“No”, lo corresse, “sei stato un bischerone!”
Con il suo sguardo lo avvolse e Andrea si lasciò risucchiare in quelle iridi così scure da confondersi con le pupille. La sua anima fu trasportata in un gorgo di oblio, avvolta e cullata amorevolmente da quella della ragazza che, risollevandolo dalla caduta abissale, lo trasformò sublimandone e rimodellandone lo spirito e i pensieri.
L'uomo ripercorse le leggi dell'universo, dall'imprevedibile movimento degli elettroni, fino alla lenta e pacata rotazione delle galassie a spirali.
E dopo aver passato in rassegna le dinamiche della mente e imbavagliato la razionalità, si consegnò, finalmente sconfitto, alla passione, al sogno irrazionale e ostinatamente combattuto.
Ne uscì un uomo nuovo, tonificato e rinvigorito. Le scure rughe avevano lasciato il posto a nuova pelle fresca e tonica, lo sguardo era adesso sereno e deciso, la mandibola contratta in un'espressione di rassicurante determinazione.
Il treno si mosse, scalfendo solo temporaneamente il solido equilibrio della coppia.
"Dove hai prenotato?" Chiese Andrea in tono disteso quando fu partito il treno, mentre per mano conduceva l'asiatica a cercare il loro posto nella carrozza; nell'altra mano la gabbietta da viaggio dove un batuffolo di peli neri si muoveva nervosamente.
Della profonda lotta interiore appena conclusa, della sconfitta e della nuova nascita sembrava scomparsa ogni traccia.
"Un B&B a punta Capo Bianco. Scogliera e mare turchese. Ti piace il pesce? Perché io e Jella abbiamo già deciso il menù."
Il fiorentino sorrise disteso, fregandosi le mani.
"Due camere singole?" Sondò il terreno.
"Ma va!" Rispose l'orientale con il volto ostentatamente indignato. "Stanza singola con letto matrimoniale e idromassaggio. Mi voglio rilassare." Proseguì poi con la massima naturalezza, mettendosi a guardare fuori dal vetro, immaginandosi l'espressione del fiorentino.
Andrea era rimasto a bocca aperta, sgranando gli occhi.
"Domani voglio prendere il sole nuda sul balcone."
Andrea si scosse appena asciugandosi una bavetta che cominciava a colargli dal labbro e si mise a sogghignare. "Se, se. Questa non la bevo."
"Vedrai."
"Ma Kon Meocai” riprese a dire cambiando argomento, “vuoi farmi credere che i tuoi abbiano accettato che tu andassi via tre giorni dormendo insieme a un uomo nello stesso letto?"
"Certo. Gli ho detto che siamo fidanzati!"
"Hahaha!" Scoppiò a ridere Andrea. "Ma se ho quasi l'età di tuo padre! Ma ti pare?"
"Otto anni di meno, per la precisione. I miei erano molto felici di questo. In Cina è normale sposarsi un uomo molto più vecchio, oh, scusa, diciamo più maturo, della donna. I problemi sarebbero nati se avessi scelto un coetaneo."
"Ma dici sul serio?" Andrea sentiva avvampare il volto per l'emozione.
"Certamente. Gliel'ho comunicato quattro giorni fa."
Andrea fece qualche calcolo rimanendo sbalordito. La data coincideva con la mattina della scomparsa della gatta.
"Ma, Kon Meocai" ricominciò a parlare il toscano, sempre più confuso, senza però sapere come proseguire.
Lei si girò guardandolo teneramente negli occhi.
Gli prese ancora una mano stringendola fra le sue e si piegò verso di lui.
"Andrea, ci credi ai sogni?"
E, avvicinatasi al suo volto posò un delicato bacio sulle sue labbra.
FINE
3
6
voti
voti
valutazione
7.1
7.1
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
La micia dal pelo nero - 4racconto sucessivo
Danzatrici effimere
Commenti dei lettori al racconto erotico