La micia dal pelo nero - 1
di
Yuko
genere
etero
Dopo la sua ultima relazione fallita, Andrea, di nuovo solo nel suo appartamento di fronte a santa Maria Novella, decise in cuor suo che mai più si sarebbe innamorato di una donna.
Scese al market cinese sotto casa dove la ragazza che serviva al banco, Kon Meocai, ormai sua amica, gli aveva offerto una gattina tutta nera nata di recente dalla sua gatta, e concordò l'acquisto della cucciola.
"Nessun pagamento, Andrea, per te è un regalo!"
Andrea sorrise con un piccolo inchino, ma non prese subito la gattina, con stupore della ragazza.
"La verrò a prendere venerdì " concluse, in un alone di mistero.
"Basta che non te la mangi! " aggiunse la ragazza e scoppiò in una candida risata.
Il venerdì successivo Andrea si ripresentò al negozio e ritirò la gattina, come pattuito.
"Come mai hai voluto aspettare proprio oggi?" Gli chiese Kon Meocai, "dovevi prepararle la stanza? " e ancora riempì l'ambiente con una contagiosa risata.
"No, guarda Meocai, oggi è venerdì 17, e con tutta la sfiga che ho avuto in questa vita, mi sembrava il giorno migliore per portarmi a casa una gatta tutta nera!"
"Hahaha! " scoppiò a ridere la cinesina, sempre molto sensibile agli scherzi del toscano, "e allora, come la chiamerai la tua gattina porta-sfiga?" Continuò lei stando al gioco.
"Jella, ovviamente! "
Terminati gli acquisti di sabbia, lettiera e cibo per gatti finalmente Andrea ritornò a casa con la sua nuova coinquilina.
La gattina sembrava incerta nella sua nuova dimora e, dopo aver disdegnato un'accogliente cesta con cuscino, si acciambellò sul lettone del suo nuovo padrone.
Il toscano non se la sentì, nel primo giorno di convivenza, di imporre regole educative, e, messo il pigiama, si mise a dormire con la micina fra le braccia. Le fusa di Jella, forti e consistenti, denotarono una condivisa e reciproca soddisfazione.
Il giorno dopo Andrea lo dedicò interamente alla sua gattina. Andò a un negozio specializzato dove acquistò alcuni sussidi, la registrò dal veterinario e la vaccinò. Poi si informò su vari siti e ritornò al supermarket sotto casa per comprare i migliori cibi per la sua protetta.
"Sembri un fidanzatino alla sua prima esperienza con una ragazza! " gli disse Kon Meocai accompagnandolo nel settore 'piccoli amici' e indirizzandolo.
Andrea scoppiò in una grassa risata. Poi rimase a pensare a una risposta per la giovane amica.
"Non ti ho mai visto così allegro e spensierato." Aggiunse la commessa e Andrea non seppe più cosa dire. Prese la mano della ragazza e la strinse forte, e all'asiatica sembrò che i suoi occhi fossero lucidi.
Il fiorentino andò indietro con la mente. Sì, era vero. Da anni non si sentiva così bene e, con tristezza, pensò alle sue ultime relazioni con donne, sempre tese, macchinose, complicate e che ogni volta gli avevano provocato dolore e tristezza. Dovette risalire ai tempi dell'università e dei primi anni di lavoro, quando ancora aveva ideali, progetti ed energie, per ricordare uno stato d'animo simile.
Ma ora di anni ne aveva cinquantacinque e gli sembrava che di nuove energie e di tempo per nuovi progetti ne fosse rimasto ben poco.
La ragazza intanto lo condusse al banco del pesce dove scelsero alcune ghiottonerie per Jella.
Andrea guardò la cinesina con gratitudine.
"Quanti anni hai, Meocai?"
"Venticinque, perché? "
"Eeeh, con vent'anni di meno... un pensierino ce lo farei!"
"Hahaha! Ma io avrei solo cinque anni!"
Andrea sorrise facendo scorrere lo sguardo sulla ragazza. La conosceva da tanti anni, ormai. Da quando i suoi genitori avevano aperto il negozietto di alimenti orientali che poi aveva prosperato e si era ingrandito. Kon Meocai era nata da poco.
Aveva rispetto per quella gente che aveva lasciato un paese così lontano e diverso per una scommessa, un'avventura in un luogo di cui non conoscevano nemmeno la lingua.
Kon Meocai era cresciuta in Italia e sapeva perfettamente l'italiano, ma era rimasta, ovviamente, legata alla sua tradizione e alle sue abitudini.
Gentile e riservata, aveva svolto con perizia i suoi studi fino al diploma, lasciando l'istruzione per seguire il negozio dei genitori, diventati anziani.
Umile e disponibile, sempre servizievole e sorridente. Senza ambizioni o rivalse, una lavoratrice instancabile e di buon carattere. E ora che la guardava con occhio più critico, si accorse che era diventata una splendida ragazza. I capelli corvini, quasi sempre sciolti sulle spalle, erano diventati lunghissimi. La carnagione non era troppo pallida e gli occhi orientali erano lunghi e dolci.
"Come mai oggi ti sei fatta le trecce? Sembri una ragazzina."
Si lasciò scappare detto Andrea, dando voce a un suo pensiero inopportuno.
"Ma io sono una ragazzina."
Sembrò scusarsi la giovane.
"Be', dai. Ormai hai venticinque anni, ho capito bene?" Proseguì il fiorentino inoltrandosi su una strada pericolosa.
L'orientale, con aria di sfida, iniziò lentamente a sciogliersi le due trecce.
"Perché? Tu come vorresti che sembrassi? Una donna? "
Andrea arrossì accorgendosi di colpo della gaffe che aveva compiuto.
Kon Meocai continuava a sciogliersi le trecce, senza staccare lo sguardo dagli occhi dell'uomo. Seria e decisa. Quelle dita lunghe e sottili si infilavano tra i capelli, neri come l'oblio, con una lentezza che sembrava studiata, al limite del tollerabile; il tempo sembrava rallentato per qualche occulta legge della relatività e lo scioglimento della chioma pugnalava lo stato d'animo del toscano come una lama vibrante in grado di sprigionare i sentimenti e le sensazioni più intime dai suoi recessi più profondi. La ragazza continuava la sua delicata manovra e i capelli che si liberavano dal nodo richiamavano l'aspetto di abiti di seta leggera che le scivolassero sul corpo giovane sodo, lasciando libere le forme della sua nudità di donna matura. E ora che la ragazza si era sciolta i capelli e che con una scossa del capo li stava riassestando, Andrea, con la gola riarsa, dovette considerare che la ragazzina che aveva sempre conosciuto era in effetti diventata una donna ben formata e molto bella.
Lei ora lo guardava con la testa un po' inclinata di lato e i lunghissimi capelli che le lambivano un seno, molto ben sviluppato, che Andrea si accorse di notare per la prima volta.
Il sangue gli si condensò nel basso ventre, mentre ancora la giovane aspettava una risposta, con uno sguardo che si era fatto serio e adulto.
Il toscano si sentì avvampare il volto di imbarazzo ed eccitazione, ma la ragazza non abbassava gli occhi, impietosa e provocatoria.
Andrea bofonchiò qualcosa di incomprensibile. Abbassò lo sguardo, focalizzandolo sulla spallina del reggiseno della giovane, che si mostrava guardando dentro il colletto della camicetta allacciata larga. Lo sguardo scese sul seno, gonfio e pieno nell'indumento intimo di cotone bianco, visibile in trasparenza attraverso il tessuto di cotone leggero.
"Senti, Meocai", cercò di cambiare discorso goffamente, risollevando lo sguardo sull'asiatica che ancora lo fissava, "ma ce l'hai il fidanzato? "
Lei, pietosamente sorrise abbassando la tensione e intuendo l'imbarazzo palpabile.
"E chi ne ha il tempo? Troppo lavoro! "
Lui stupidamente ne fu sollevato. "Peccato! "
Si morse un labbro. 'Ma perché continuo a sparare cazzate!' Si rimproverò tra sé e sé.
Ma la cinese fece forse finta di non accorgersi della nuova gaffe.
Iniziò a riordinare svogliatamente uno scaffale. "Non che i miei non ci tengano, sia chiaro." Riprese a dire con sguardo distratto. "Continuano a insistere che vada a frequentare il figlio di alcuni loro conoscenti."
Andrea decise che era meglio lasciar cadere l'argomento e, con un sorrisetto inconcludente, salutò la commessa.
"Ho una gatta dal pelo nero che mi aspetta a casa." Si giustificò, e si avviò verso l'ingresso.
Uscito dal negozio, tirò un sospiro di sollievo. Si stava proprio cacciando nei guai, con quella ragazza che vent'anni prima, quando era ancora bambina, aveva tenuto in braccio.
Ora era una donna, sensuale e attraente, e lui si vergognò di aver provato eccitazione sessuale. Poteva essere tranquillamente suo padre. Si ripropose di non entrare più nel market cinese per un po'. Per quella giovane avrebbe proprio potuto perdere la testa, e questa stupidata doveva evitarla.
Quella sera la gatta fu messa nella sua cesta, guarnita da un enorme e sofficissimo cuscino.
Il padrone si mise a letto con un'eccitazione difficile da contenere. Sì: doveva staccarsi dalla ragazza per un po' di tempo.
La mattina, molto presto, Andrea la sognò. Un sogno molto vivido in cui lui la spogliava, mentre lei lo lasciava fare fissandolo seria ed eccitata, con lo stesso sguardo che lo aveva turbato nel negozio. Sentì i suoi baci sul collo mentre lui le succhiava i capezzoli scuri. Una mano si infilava nelle sue mutandine, percependo il solco tra i glutei del sedere giovane e consistente.
Eiaculando si svegliò, sudato per l'eccitazione, pur continuando a percepire l'umidità di una lingua sul collo.
Accese la luce dando corpo a una speranza assurda.
La gattina si ritrasse sul cuscino, gonfiando il pelo, spaventata.
"Oddiosanto, Jella, sei tu?"
Ma subito prese la gattina tra le braccia e se la strinse forte al petto.
Sì, decisamente doveva staccarsi da quel negozio e interrompere una situazione che rischiava di degenerare.
Quella stessa mattina Kon Meocai si svegliò che era ancora buio. I suoi genitori erano già in magazzino a ritirare le merci in entrata, ma lei in quel momento era di riposo, dovendo lavorare di pomeriggio.
Inquieta dopo una notte agitata in cui il pensiero continuamente correva al pomeriggio precedente, quando si era sciolta i capelli davanti ad Andrea, era ancora scossa da una certa eccitazione.
Si fece una doccia, tornando nuda dal bagno in camera sua, tanto era da sola in casa.
Ma giunta in camera restò in piedi a guardarsi allo specchio.
Il seno le era cresciuto molto e i capezzoli erano gonfi, scuri e con le areole ampie.
Era una bella ragazza? Era un bel corpo? Si chiedeva, cercando di assumere posizioni eccitanti. Il pelo del pube era lungo e dritto, ma molto raccolto e per il resto era praticamente glabra.
Allargò le cosce per guardarsi la vulva. Le piccole labbra, molto scure, sporgevano gonfie e umide di eccitazione. Si prese i capezzoli tra le dita cominciando a tormentarli, mentre l'eccitazione cresceva. Quando sentì una goccia scivolarle dalla vagina lungo una coscia si mise a letto.
Con uno specchietto cominciò a guardarsi la vulva mentre con l'altra mano si accarezzava. Mentre soffici tocchi dalle regioni più esterne convergevano verso le zone più bagnate, osservò due dita infilarsi nel buio scomparendo nel suo ventre.
Si rialzò girandosi prona, poi si mise a carponi con il sedere per aria e, sempre seguendo i suoi movimenti con lo specchietto, allungando la mano da sopra il sedere si infilò le dita in vagina lasciandosi andare a una eccitazione sempre più incontenibile. Continuò a scoparsi con le dita aumentando il ritmo e la profondità delle sue penetrazioni e nel culmine dell'orgasmo udì se stessa bisbigliare un roco "Andrea..."
Raggiunto l'orgasmo, appena riprese a respirare, la ragazza si sdraiò supina, mantenendo le dita profondamente impiantate nel suo ventre e stringendo le cosce contro la mano, per preservare la sensazione di riempimento e di pienezza nel suo intimo e prolungare il piacere, mentre la mente analizzava quella parola che le era sfuggita dalle labbra, inconsciamente.
Andrea.
Quell'uomo che conosceva da sempre.
Da così tanto tempo da non riuscire a ricordare il momento in cui l'aveva visto per la prima volta.
Andrea.
Quel signore gentile che la prendeva in braccio e la faceva ridere quando veniva nel negozietto dei suoi genitori a fare la spesa.
Che le dava quella gioia e le considerazioni che i suoi genitori non avevano mai tempo di dedicarle.
Quel principe azzurro alto e corpulento, con la barba curata e i modi gentili, che abbassava lo sguardo, timido e indeciso. Forte eppure sensibile e dall'aspetto vulnerabile.
Di quel signore si era innamorata da piccola, sognando di diventare principessa al suo fianco.
Quell'uomo che si interessava ai suoi studi alle medie e alle superiori, sempre attento e cortese durante la sua adolescenza, mentre i suoi genitori insistevano perché lei finisse in fretta la scuola e terminasse gli studi per lavorare nel negozio ormai diventato un piccolo supermarket.
Lo sguardo dimesso e triste di quell'uomo raccontava del dolore e di sentimenti feriti durante i fallimenti delle sue esperienze coniugali.
Mentre con le parole e i suoi mesti sorrisi cercava di nascondere quello che i suoi occhi svelavano impietosamente.
Quell'uomo, quella anima fragile e sensibile, da proteggere.
Che 'lei' voleva proteggere.
Quell'uomo di cui si scopriva innamorata.
Con una distanza fatta di trent'anni di vita insoddisfatta: lui, inaccessibile e irraggiungibile.
Quella persona di cui, scoprì in quel momento, non avrebbe più potuto fare a meno.
Si accorse di piangere, mentre ancora sentiva le proprie dita profondamente nella vagina. Quelle dita, quella sensazione di presenza nel suo interno che le faceva pensare a lui.
Fu presa dal desiderio di contenere quell'uomo nel suo interno, come a volerlo proteggere e curare nel proprio utero.
Come se in cuor suo avesse preso una risoluzione, si alzò, si lavò e rivestì e andò a fare una corsa al parco.
Scese al market cinese sotto casa dove la ragazza che serviva al banco, Kon Meocai, ormai sua amica, gli aveva offerto una gattina tutta nera nata di recente dalla sua gatta, e concordò l'acquisto della cucciola.
"Nessun pagamento, Andrea, per te è un regalo!"
Andrea sorrise con un piccolo inchino, ma non prese subito la gattina, con stupore della ragazza.
"La verrò a prendere venerdì " concluse, in un alone di mistero.
"Basta che non te la mangi! " aggiunse la ragazza e scoppiò in una candida risata.
Il venerdì successivo Andrea si ripresentò al negozio e ritirò la gattina, come pattuito.
"Come mai hai voluto aspettare proprio oggi?" Gli chiese Kon Meocai, "dovevi prepararle la stanza? " e ancora riempì l'ambiente con una contagiosa risata.
"No, guarda Meocai, oggi è venerdì 17, e con tutta la sfiga che ho avuto in questa vita, mi sembrava il giorno migliore per portarmi a casa una gatta tutta nera!"
"Hahaha! " scoppiò a ridere la cinesina, sempre molto sensibile agli scherzi del toscano, "e allora, come la chiamerai la tua gattina porta-sfiga?" Continuò lei stando al gioco.
"Jella, ovviamente! "
Terminati gli acquisti di sabbia, lettiera e cibo per gatti finalmente Andrea ritornò a casa con la sua nuova coinquilina.
La gattina sembrava incerta nella sua nuova dimora e, dopo aver disdegnato un'accogliente cesta con cuscino, si acciambellò sul lettone del suo nuovo padrone.
Il toscano non se la sentì, nel primo giorno di convivenza, di imporre regole educative, e, messo il pigiama, si mise a dormire con la micina fra le braccia. Le fusa di Jella, forti e consistenti, denotarono una condivisa e reciproca soddisfazione.
Il giorno dopo Andrea lo dedicò interamente alla sua gattina. Andò a un negozio specializzato dove acquistò alcuni sussidi, la registrò dal veterinario e la vaccinò. Poi si informò su vari siti e ritornò al supermarket sotto casa per comprare i migliori cibi per la sua protetta.
"Sembri un fidanzatino alla sua prima esperienza con una ragazza! " gli disse Kon Meocai accompagnandolo nel settore 'piccoli amici' e indirizzandolo.
Andrea scoppiò in una grassa risata. Poi rimase a pensare a una risposta per la giovane amica.
"Non ti ho mai visto così allegro e spensierato." Aggiunse la commessa e Andrea non seppe più cosa dire. Prese la mano della ragazza e la strinse forte, e all'asiatica sembrò che i suoi occhi fossero lucidi.
Il fiorentino andò indietro con la mente. Sì, era vero. Da anni non si sentiva così bene e, con tristezza, pensò alle sue ultime relazioni con donne, sempre tese, macchinose, complicate e che ogni volta gli avevano provocato dolore e tristezza. Dovette risalire ai tempi dell'università e dei primi anni di lavoro, quando ancora aveva ideali, progetti ed energie, per ricordare uno stato d'animo simile.
Ma ora di anni ne aveva cinquantacinque e gli sembrava che di nuove energie e di tempo per nuovi progetti ne fosse rimasto ben poco.
La ragazza intanto lo condusse al banco del pesce dove scelsero alcune ghiottonerie per Jella.
Andrea guardò la cinesina con gratitudine.
"Quanti anni hai, Meocai?"
"Venticinque, perché? "
"Eeeh, con vent'anni di meno... un pensierino ce lo farei!"
"Hahaha! Ma io avrei solo cinque anni!"
Andrea sorrise facendo scorrere lo sguardo sulla ragazza. La conosceva da tanti anni, ormai. Da quando i suoi genitori avevano aperto il negozietto di alimenti orientali che poi aveva prosperato e si era ingrandito. Kon Meocai era nata da poco.
Aveva rispetto per quella gente che aveva lasciato un paese così lontano e diverso per una scommessa, un'avventura in un luogo di cui non conoscevano nemmeno la lingua.
Kon Meocai era cresciuta in Italia e sapeva perfettamente l'italiano, ma era rimasta, ovviamente, legata alla sua tradizione e alle sue abitudini.
Gentile e riservata, aveva svolto con perizia i suoi studi fino al diploma, lasciando l'istruzione per seguire il negozio dei genitori, diventati anziani.
Umile e disponibile, sempre servizievole e sorridente. Senza ambizioni o rivalse, una lavoratrice instancabile e di buon carattere. E ora che la guardava con occhio più critico, si accorse che era diventata una splendida ragazza. I capelli corvini, quasi sempre sciolti sulle spalle, erano diventati lunghissimi. La carnagione non era troppo pallida e gli occhi orientali erano lunghi e dolci.
"Come mai oggi ti sei fatta le trecce? Sembri una ragazzina."
Si lasciò scappare detto Andrea, dando voce a un suo pensiero inopportuno.
"Ma io sono una ragazzina."
Sembrò scusarsi la giovane.
"Be', dai. Ormai hai venticinque anni, ho capito bene?" Proseguì il fiorentino inoltrandosi su una strada pericolosa.
L'orientale, con aria di sfida, iniziò lentamente a sciogliersi le due trecce.
"Perché? Tu come vorresti che sembrassi? Una donna? "
Andrea arrossì accorgendosi di colpo della gaffe che aveva compiuto.
Kon Meocai continuava a sciogliersi le trecce, senza staccare lo sguardo dagli occhi dell'uomo. Seria e decisa. Quelle dita lunghe e sottili si infilavano tra i capelli, neri come l'oblio, con una lentezza che sembrava studiata, al limite del tollerabile; il tempo sembrava rallentato per qualche occulta legge della relatività e lo scioglimento della chioma pugnalava lo stato d'animo del toscano come una lama vibrante in grado di sprigionare i sentimenti e le sensazioni più intime dai suoi recessi più profondi. La ragazza continuava la sua delicata manovra e i capelli che si liberavano dal nodo richiamavano l'aspetto di abiti di seta leggera che le scivolassero sul corpo giovane sodo, lasciando libere le forme della sua nudità di donna matura. E ora che la ragazza si era sciolta i capelli e che con una scossa del capo li stava riassestando, Andrea, con la gola riarsa, dovette considerare che la ragazzina che aveva sempre conosciuto era in effetti diventata una donna ben formata e molto bella.
Lei ora lo guardava con la testa un po' inclinata di lato e i lunghissimi capelli che le lambivano un seno, molto ben sviluppato, che Andrea si accorse di notare per la prima volta.
Il sangue gli si condensò nel basso ventre, mentre ancora la giovane aspettava una risposta, con uno sguardo che si era fatto serio e adulto.
Il toscano si sentì avvampare il volto di imbarazzo ed eccitazione, ma la ragazza non abbassava gli occhi, impietosa e provocatoria.
Andrea bofonchiò qualcosa di incomprensibile. Abbassò lo sguardo, focalizzandolo sulla spallina del reggiseno della giovane, che si mostrava guardando dentro il colletto della camicetta allacciata larga. Lo sguardo scese sul seno, gonfio e pieno nell'indumento intimo di cotone bianco, visibile in trasparenza attraverso il tessuto di cotone leggero.
"Senti, Meocai", cercò di cambiare discorso goffamente, risollevando lo sguardo sull'asiatica che ancora lo fissava, "ma ce l'hai il fidanzato? "
Lei, pietosamente sorrise abbassando la tensione e intuendo l'imbarazzo palpabile.
"E chi ne ha il tempo? Troppo lavoro! "
Lui stupidamente ne fu sollevato. "Peccato! "
Si morse un labbro. 'Ma perché continuo a sparare cazzate!' Si rimproverò tra sé e sé.
Ma la cinese fece forse finta di non accorgersi della nuova gaffe.
Iniziò a riordinare svogliatamente uno scaffale. "Non che i miei non ci tengano, sia chiaro." Riprese a dire con sguardo distratto. "Continuano a insistere che vada a frequentare il figlio di alcuni loro conoscenti."
Andrea decise che era meglio lasciar cadere l'argomento e, con un sorrisetto inconcludente, salutò la commessa.
"Ho una gatta dal pelo nero che mi aspetta a casa." Si giustificò, e si avviò verso l'ingresso.
Uscito dal negozio, tirò un sospiro di sollievo. Si stava proprio cacciando nei guai, con quella ragazza che vent'anni prima, quando era ancora bambina, aveva tenuto in braccio.
Ora era una donna, sensuale e attraente, e lui si vergognò di aver provato eccitazione sessuale. Poteva essere tranquillamente suo padre. Si ripropose di non entrare più nel market cinese per un po'. Per quella giovane avrebbe proprio potuto perdere la testa, e questa stupidata doveva evitarla.
Quella sera la gatta fu messa nella sua cesta, guarnita da un enorme e sofficissimo cuscino.
Il padrone si mise a letto con un'eccitazione difficile da contenere. Sì: doveva staccarsi dalla ragazza per un po' di tempo.
La mattina, molto presto, Andrea la sognò. Un sogno molto vivido in cui lui la spogliava, mentre lei lo lasciava fare fissandolo seria ed eccitata, con lo stesso sguardo che lo aveva turbato nel negozio. Sentì i suoi baci sul collo mentre lui le succhiava i capezzoli scuri. Una mano si infilava nelle sue mutandine, percependo il solco tra i glutei del sedere giovane e consistente.
Eiaculando si svegliò, sudato per l'eccitazione, pur continuando a percepire l'umidità di una lingua sul collo.
Accese la luce dando corpo a una speranza assurda.
La gattina si ritrasse sul cuscino, gonfiando il pelo, spaventata.
"Oddiosanto, Jella, sei tu?"
Ma subito prese la gattina tra le braccia e se la strinse forte al petto.
Sì, decisamente doveva staccarsi da quel negozio e interrompere una situazione che rischiava di degenerare.
Quella stessa mattina Kon Meocai si svegliò che era ancora buio. I suoi genitori erano già in magazzino a ritirare le merci in entrata, ma lei in quel momento era di riposo, dovendo lavorare di pomeriggio.
Inquieta dopo una notte agitata in cui il pensiero continuamente correva al pomeriggio precedente, quando si era sciolta i capelli davanti ad Andrea, era ancora scossa da una certa eccitazione.
Si fece una doccia, tornando nuda dal bagno in camera sua, tanto era da sola in casa.
Ma giunta in camera restò in piedi a guardarsi allo specchio.
Il seno le era cresciuto molto e i capezzoli erano gonfi, scuri e con le areole ampie.
Era una bella ragazza? Era un bel corpo? Si chiedeva, cercando di assumere posizioni eccitanti. Il pelo del pube era lungo e dritto, ma molto raccolto e per il resto era praticamente glabra.
Allargò le cosce per guardarsi la vulva. Le piccole labbra, molto scure, sporgevano gonfie e umide di eccitazione. Si prese i capezzoli tra le dita cominciando a tormentarli, mentre l'eccitazione cresceva. Quando sentì una goccia scivolarle dalla vagina lungo una coscia si mise a letto.
Con uno specchietto cominciò a guardarsi la vulva mentre con l'altra mano si accarezzava. Mentre soffici tocchi dalle regioni più esterne convergevano verso le zone più bagnate, osservò due dita infilarsi nel buio scomparendo nel suo ventre.
Si rialzò girandosi prona, poi si mise a carponi con il sedere per aria e, sempre seguendo i suoi movimenti con lo specchietto, allungando la mano da sopra il sedere si infilò le dita in vagina lasciandosi andare a una eccitazione sempre più incontenibile. Continuò a scoparsi con le dita aumentando il ritmo e la profondità delle sue penetrazioni e nel culmine dell'orgasmo udì se stessa bisbigliare un roco "Andrea..."
Raggiunto l'orgasmo, appena riprese a respirare, la ragazza si sdraiò supina, mantenendo le dita profondamente impiantate nel suo ventre e stringendo le cosce contro la mano, per preservare la sensazione di riempimento e di pienezza nel suo intimo e prolungare il piacere, mentre la mente analizzava quella parola che le era sfuggita dalle labbra, inconsciamente.
Andrea.
Quell'uomo che conosceva da sempre.
Da così tanto tempo da non riuscire a ricordare il momento in cui l'aveva visto per la prima volta.
Andrea.
Quel signore gentile che la prendeva in braccio e la faceva ridere quando veniva nel negozietto dei suoi genitori a fare la spesa.
Che le dava quella gioia e le considerazioni che i suoi genitori non avevano mai tempo di dedicarle.
Quel principe azzurro alto e corpulento, con la barba curata e i modi gentili, che abbassava lo sguardo, timido e indeciso. Forte eppure sensibile e dall'aspetto vulnerabile.
Di quel signore si era innamorata da piccola, sognando di diventare principessa al suo fianco.
Quell'uomo che si interessava ai suoi studi alle medie e alle superiori, sempre attento e cortese durante la sua adolescenza, mentre i suoi genitori insistevano perché lei finisse in fretta la scuola e terminasse gli studi per lavorare nel negozio ormai diventato un piccolo supermarket.
Lo sguardo dimesso e triste di quell'uomo raccontava del dolore e di sentimenti feriti durante i fallimenti delle sue esperienze coniugali.
Mentre con le parole e i suoi mesti sorrisi cercava di nascondere quello che i suoi occhi svelavano impietosamente.
Quell'uomo, quella anima fragile e sensibile, da proteggere.
Che 'lei' voleva proteggere.
Quell'uomo di cui si scopriva innamorata.
Con una distanza fatta di trent'anni di vita insoddisfatta: lui, inaccessibile e irraggiungibile.
Quella persona di cui, scoprì in quel momento, non avrebbe più potuto fare a meno.
Si accorse di piangere, mentre ancora sentiva le proprie dita profondamente nella vagina. Quelle dita, quella sensazione di presenza nel suo interno che le faceva pensare a lui.
Fu presa dal desiderio di contenere quell'uomo nel suo interno, come a volerlo proteggere e curare nel proprio utero.
Come se in cuor suo avesse preso una risoluzione, si alzò, si lavò e rivestì e andò a fare una corsa al parco.
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