Passeggiando nei boschi
di
Ennese80
genere
gay
Nei dintorni della mia città ci sono diverse zone boschive utilizzate dagli sportivi per correre e respirare aria buona. Io non sono così atletico ma amo camminare e, la scorsa estate, avevo preso l’abitudine di fare lunghe passeggiate in quei boschi.
Era un giorno qualsiasi di luglio, un’anonima giornata di caldo, almeno fino a quel momento.
Mentre camminavo vidi Vincenzo che correva. Vi starete chiedendo chi sia Vincenzo. Ha 34 anni, l’ho conosciuto dieci anni fa, quando ero in un’altra comitiva di amici ed ero completamente innamorato di un ragazzo di questa comitiva, presumibilmente etero.
Non avevo mai provato attrazione per Vincenzo al tempo, certo l’avevo notato, brutto non è, ma a quel tempo avevo occhi solo per quel ragazzo.
Comunque col tempo mi sono allontanato da quella comitiva se non per il “ciao” quando ci s’incontrava per strada.
Ritorniamo a luglio adesso. Mentre camminavo lo vidi arrivare, nel verso opposto. Pantaloncini corti su polpacci pressoché anonimi ma quello che attirava l’attenzione era la canotta verde scuro, di quelle con la scollatura molto larga, che metteva in evidenza i pettorali definiti e gonfi ed una coltre di pelo riccio e nero.
Salutai ma in quei pochi istanti memorizzai ogni più piccolo particolare di ciò che vedevo così da richiamare le immagini nella mia mente non appena avessi avuto modo di farmi una sega.
Per fortuna prolungai la mia passeggiata proprio nella speranza di poterlo incontrare di nuovo. Così fu. Doveva essere passata una mezz’ora quando lo vidi nuovamente. Adesso era ancora più bello con i muscoli imperlati di sudore.
Rallentò la corsa fino ad affiancarmi con la mia lenta andatura.
“Ancora qui a passeggiare?”
“Sì, è piacevole” e nel mentre i miei occhi indugiavano lascivamente su di lui.
“Che fai mi guardi?”
Arrossii e balbettai uno “scusa”.
“Che poi non ti faccio schifo così sudato?”
Non so cosa mi prese in quel momento ma mi sentivo incredibilmente attratto da lui proprio perché così sudato.
“Se devo essere sincero leccherei ogni centimetro del tuo corpo” non so da dove mi uscirono quelle parole ma, dopo essermi reso conto di ciò che avevo detto, avrei voluto sprofondare.
“Seee… Come se ci credessi che avresti il coraggio di leccarmi l’ascella sudata” e dicendo ciò mise in mostra l’incavo dell’ascella contornato da una folta peluria bagnata di sudore.
Ero eccitato allo stremo e mi decisi di buttarmi, diedi un’occhiata in giro per assicurarmi che non ci fosse nessuno, mi avvicinai a lui e diedi una lunga leccata alla sua ascella. Il sapore era pungente ma il suo odore, curiosamente, non era troppo forte e per nulla fastidioso.
“Non credevo che l’avresti fatto sul serio” mi disse Vincenzo un po’ sorpreso “Ti va di continuare a leccarmi? Ci mettiamo più riparati?”
Accettai, ci spostammo dal sentiero e ci inoltrammo nel bosco. Quando ci sentì abbastanza sicuro Vincenzo si sfilò la canotta “Datti da fare”.
Mi avvicinai ed iniziai a baciargli e leccargli il collo. La sua pelle sapeva di salato ma il sapore era piacevole.
Gli alzai entrambe le braccia e alternai leccate ad una e all’altra ascella.
Tornai al suo collo e leccai via le goccioline che, complici il caldo e l’eccitazione, lo imperlavano. Scesi ai capezzoli, li leccai e li mordicchiai e poi mi tuffai col viso su quella bella coltre di pelo nero. I suo peli e i suoi muscoli scorrevano sotto la mia lingua, i gemiti di Vincenzo mi davano chiari segni di apprezzamento.
Notai distrattamente che si stava massaggiando il cazzo da sopra i pantaloncini, doveva essere mio.
Continuai ancora un po’ su petto e ascelle e poi iniziai a scivolare piano piano sulla tartaruga, anch’essa ricoperta di peli neri, roteai la lingua nel suo ombelico e raggiunsi l’orlo dei pantaloncini.
Li feci scivolare poco con la mano sinistra, come se volessi solo mettere in mostra i peli pubici che leccai avidamente, mentre la mano era andata ad adagiarsi, quasi casualmente, sul suo cazzo.
Le miei dita toccavano la stoffa leggera ma al di sotto sentivo pulsare un cazzo di notevoli dimensioni.
Velocemente lo liberai, schizzò fuori e mi colpì il viso bagnandolo con alcune gocce di presperma. Lo afferrai e lo guardai, dovevano essere 20 cm, decisamente grosso, la cappella violacea, le vene in evidenza. Poggiava su una massa di peli neri e al di sotto si delineavano dei grossi testicoli.
Leccai le sue palle, erano sudate e l’odore un po’ forte ma, come il resto del suo corpo, non dava fastidio era solo tremendamente eccitante. Leccai la sua asta e la grossa cappella gustando nel presperma un piccolo anticipo di ciò che la mia bocca avrebbe ricevuto.
Lo presi tutto in gola e a Vincenzo sfuggii un “Siii” di approvazione. Mi poggiò una mano sulla testa e fu lui a guidare il ritmo. Le mie mani, nel frattempo, si muovevano a tastare le cosce e le sue chiappe d’acciaio. Fui “coraggioso” e avvicinai l’indice al suo buchino, lo massaggiai delicatamente. Bagnato colo suo stesso sudore riuscii piano piano a farlo scorrere al suo interno. Vincenzo non si oppose anzi, gradendo quel lavoro, aumentò il ritmo con cui muoveva la mia testa sul suo bel cazzone. Pochi minuti dopo la mia bocca fu piena del suo seme, riuscii ad ingoiarne il più possibile e poi gli ripulii il cazzo con la lingua.
Dopo mi alzai, lui mi prese il viso con le mani, scivolò le dita sulle labbra facendomi aprire la bocca, vi sputò dentro e poi mi baciò. La sua lingua lottò con la mia mentre le sue mani mi palpavano con forza le chiappe. Si staccò da me, mi guardò negli occhi “La prossima volta voglio il tuo culo”.
Era un giorno qualsiasi di luglio, un’anonima giornata di caldo, almeno fino a quel momento.
Mentre camminavo vidi Vincenzo che correva. Vi starete chiedendo chi sia Vincenzo. Ha 34 anni, l’ho conosciuto dieci anni fa, quando ero in un’altra comitiva di amici ed ero completamente innamorato di un ragazzo di questa comitiva, presumibilmente etero.
Non avevo mai provato attrazione per Vincenzo al tempo, certo l’avevo notato, brutto non è, ma a quel tempo avevo occhi solo per quel ragazzo.
Comunque col tempo mi sono allontanato da quella comitiva se non per il “ciao” quando ci s’incontrava per strada.
Ritorniamo a luglio adesso. Mentre camminavo lo vidi arrivare, nel verso opposto. Pantaloncini corti su polpacci pressoché anonimi ma quello che attirava l’attenzione era la canotta verde scuro, di quelle con la scollatura molto larga, che metteva in evidenza i pettorali definiti e gonfi ed una coltre di pelo riccio e nero.
Salutai ma in quei pochi istanti memorizzai ogni più piccolo particolare di ciò che vedevo così da richiamare le immagini nella mia mente non appena avessi avuto modo di farmi una sega.
Per fortuna prolungai la mia passeggiata proprio nella speranza di poterlo incontrare di nuovo. Così fu. Doveva essere passata una mezz’ora quando lo vidi nuovamente. Adesso era ancora più bello con i muscoli imperlati di sudore.
Rallentò la corsa fino ad affiancarmi con la mia lenta andatura.
“Ancora qui a passeggiare?”
“Sì, è piacevole” e nel mentre i miei occhi indugiavano lascivamente su di lui.
“Che fai mi guardi?”
Arrossii e balbettai uno “scusa”.
“Che poi non ti faccio schifo così sudato?”
Non so cosa mi prese in quel momento ma mi sentivo incredibilmente attratto da lui proprio perché così sudato.
“Se devo essere sincero leccherei ogni centimetro del tuo corpo” non so da dove mi uscirono quelle parole ma, dopo essermi reso conto di ciò che avevo detto, avrei voluto sprofondare.
“Seee… Come se ci credessi che avresti il coraggio di leccarmi l’ascella sudata” e dicendo ciò mise in mostra l’incavo dell’ascella contornato da una folta peluria bagnata di sudore.
Ero eccitato allo stremo e mi decisi di buttarmi, diedi un’occhiata in giro per assicurarmi che non ci fosse nessuno, mi avvicinai a lui e diedi una lunga leccata alla sua ascella. Il sapore era pungente ma il suo odore, curiosamente, non era troppo forte e per nulla fastidioso.
“Non credevo che l’avresti fatto sul serio” mi disse Vincenzo un po’ sorpreso “Ti va di continuare a leccarmi? Ci mettiamo più riparati?”
Accettai, ci spostammo dal sentiero e ci inoltrammo nel bosco. Quando ci sentì abbastanza sicuro Vincenzo si sfilò la canotta “Datti da fare”.
Mi avvicinai ed iniziai a baciargli e leccargli il collo. La sua pelle sapeva di salato ma il sapore era piacevole.
Gli alzai entrambe le braccia e alternai leccate ad una e all’altra ascella.
Tornai al suo collo e leccai via le goccioline che, complici il caldo e l’eccitazione, lo imperlavano. Scesi ai capezzoli, li leccai e li mordicchiai e poi mi tuffai col viso su quella bella coltre di pelo nero. I suo peli e i suoi muscoli scorrevano sotto la mia lingua, i gemiti di Vincenzo mi davano chiari segni di apprezzamento.
Notai distrattamente che si stava massaggiando il cazzo da sopra i pantaloncini, doveva essere mio.
Continuai ancora un po’ su petto e ascelle e poi iniziai a scivolare piano piano sulla tartaruga, anch’essa ricoperta di peli neri, roteai la lingua nel suo ombelico e raggiunsi l’orlo dei pantaloncini.
Li feci scivolare poco con la mano sinistra, come se volessi solo mettere in mostra i peli pubici che leccai avidamente, mentre la mano era andata ad adagiarsi, quasi casualmente, sul suo cazzo.
Le miei dita toccavano la stoffa leggera ma al di sotto sentivo pulsare un cazzo di notevoli dimensioni.
Velocemente lo liberai, schizzò fuori e mi colpì il viso bagnandolo con alcune gocce di presperma. Lo afferrai e lo guardai, dovevano essere 20 cm, decisamente grosso, la cappella violacea, le vene in evidenza. Poggiava su una massa di peli neri e al di sotto si delineavano dei grossi testicoli.
Leccai le sue palle, erano sudate e l’odore un po’ forte ma, come il resto del suo corpo, non dava fastidio era solo tremendamente eccitante. Leccai la sua asta e la grossa cappella gustando nel presperma un piccolo anticipo di ciò che la mia bocca avrebbe ricevuto.
Lo presi tutto in gola e a Vincenzo sfuggii un “Siii” di approvazione. Mi poggiò una mano sulla testa e fu lui a guidare il ritmo. Le mie mani, nel frattempo, si muovevano a tastare le cosce e le sue chiappe d’acciaio. Fui “coraggioso” e avvicinai l’indice al suo buchino, lo massaggiai delicatamente. Bagnato colo suo stesso sudore riuscii piano piano a farlo scorrere al suo interno. Vincenzo non si oppose anzi, gradendo quel lavoro, aumentò il ritmo con cui muoveva la mia testa sul suo bel cazzone. Pochi minuti dopo la mia bocca fu piena del suo seme, riuscii ad ingoiarne il più possibile e poi gli ripulii il cazzo con la lingua.
Dopo mi alzai, lui mi prese il viso con le mani, scivolò le dita sulle labbra facendomi aprire la bocca, vi sputò dentro e poi mi baciò. La sua lingua lottò con la mia mentre le sue mani mi palpavano con forza le chiappe. Si staccò da me, mi guardò negli occhi “La prossima volta voglio il tuo culo”.
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