La caccia
di
Elia.73
genere
prime esperienze
Dopo l’esperienza con Carla, la caccia era ufficialmente aperta.
Facevo “pratica” con me stesso molto spesso. Sotto la doccia era un must, ma non mi dispiaceva neanche la sera prima di dormire, lo facevo con un calzino, nel senso che indossavo il calzino come un preservativo e mi ci masturbavo dentro. Comodo, veloce , non dovevo cercare cose per pulirmi.
Bastava pochissimo per avere un’erezione. Internet non esisteva, la pornografia cartacea era quasi sempre fuori dalla nostra portata, bastavano le foto di un catalogo di biancheria intima femminile, magari spulciando tra le immagini, ne trovavo una nella quale con buona fantasia credevo di intravedere un capezzolo o il pelo. E giu’ a giocare col mio pisello.
Credevo che data la facilita’ della prima volta tutto si sarebbe rivelato semplice, ero un po’ pieno di me e non mi rendevo conto di essere stato fortunato.
Erano gli anni in cui dovevi capire come sei, voglio dire, mi sentivo dire da mamma, zie , amiche di mamma che ero un bel ragazzino, ma una cosa era un parere di parte, un’altra era vedere com’era nella vita di tutti i giorni. A quell’eta’ o sei uno che “piace” o nessuna ti vorra” mai. Pura superficialita’. Cotte casuali . O sei dentro o sei fuori…e guardi.
Io a conti fatti mi difendevo. Capiamoci, era il tempo in cui un amico andava dalla tipa che ti piaceva e con la quale magari avevi scambiato solo 2 parole e le chiedeva : “ Ti vuoi mettere insieme a Marco?” un “sì” significava che si poteva parlare di piu’ e si poteva limonare, un no che non eri dentro. E guardavi.
Mi ricordo che avevo un compagno di classe bravissimo a fare sto gioco, eravamo arrivati ad un certo punto che lui mi proponeva la tipa. Ma non accettavo mai perche' se l'era gia' passata lui e non mi andava. Le ragazzine che ci facevamo erano come tacche su un fucile.
“ Io me ne sono fatte 5 “ dicevo spavaldo. Fatte significava limonate, cioe’ baciate. In realta’ avevo avuto una storia anche con una vicina di casa, ma quella non valeva, perche’ dato l’elevato numero di balle che ci raccontavamo, valeva solo quello che tutti potevano vedere e cioe’ le storie a scuola. Storie…Due erano insieme, tutto come prima , ma limonavano . Tutto appeso ad un sottilissimo filo. Primo errore, ti lasciva. Gioco complicato.
Il mio amico, che dimostrava molto piu’ dei quasi 14 anni che avevamo, un giorno come se dovesse rivelarmi un segreto di stato, mi dice che era entrato in possesso di un giornaletto porno. L’ho sfogliato. Donne con tette enormi e culi perfetti si facevano fare di tutto da uomini muscolosi, con lunghi cazzi. Vignette piene di espressioni volgari apostrofavano gli accoppiamenti e le donne godevano a quegli insulti. Poi non capivo perche’ ogni scena finisse con l’uomo che veniva o in faccia o sulle tette o comunque fuori. Per fortuna che il mio amico saggio me lo spiego’ : “ Perche’ senno ‘ rimangono incinte…scemo…” “ahhhhh” dissi convinto.
Che due sbarbatelli ignoranti.
Fatto sta che nei giorni seguenti mi metto insieme a Serena. Veramente carina, molto posata, occhi azzurri, fatta bene, molto contesa da altri maschietti. Vuol dire che sono dentro.
Le “storie” si vivevano a scuola, non c’era modo di vedersi fuori. Il terzo giorno che eravamo insieme, al doposcuola, lei disse di volersi lavare le mani , io con una scusa la seguii in bagno, vigeva ancora la promiscuita’, il mio amico mi aveva pompato fino ad un minuto prima “Oggi devi limonarla” , la situazione era perfetta. Lei aveva gia’ baciato e lo sapevo. Mi sembrava raggiante, si giro’ con le spalle al muro, socchiuse gli occhi, avvicinai le mie labbra alle sue, sentivo calore nello stomaco, le labbra si toccarono , si socchiusero e le nostre lingue si accarezzarono. Prima piano poi un po’ piu’ velocemente e piu’ profondamente. Fu un bacio molto bello. Duro’ un paio di minuti ma ancora oggi ricordo quel sapore.
Ora, eravamo piccoli, le storie si facevano e si distruggevano in un giorno e poi io avevo raggiunto il mio obiettivo. Il giorno dopo la lasciai. Me ne sono pentito almeno 1000 volte. Lei pianse e non volle piu’ saperne niente. Nuova regola, donna ferita non perdona.
Secondo tentativo, Federica, la santerellina. Abbiamo limonato nell’aula di chimica, terzo piano, mentre limoniamo scendo con la mano destra le stringo la chiappa. Si scosta brutalmente, mi dice che sono un porco e mi lascia. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.
Questo pregiudico’ un po’ le mie storie future, perche’ si era sparsa sta voce e credevano tutte fossi un maniaco. Dovetti faticare per ritrovare “ credibilità” ed intanto il tempo passava.
Terzo tentativo, Paola. Abbiamo limonato qualche volta, nel giro di pochi giorni. Le mie mani sempre al loro posto. Finì per noia dopo poco. Il peggior rischio e’ non rischiare mai.
Quarto tentativo, Simona. In gita, fugace esperienza di una giornata. Limoniamo in autobus mentre torniamo a casa, nascosti nell’ultimo sedile. Lei nell’angolo con la schiena verso il finestrino, tendina tirata, limoniamo duro, faccio scendere la mano e le tocco una tetta. Non si scompone. Molto bene. Inizio a tastarla. Immaginate la mia mano inesperta che tocca una tetta gia’ di per se non molto grande, ricoperta da un reggiseno, da una maglietta intima e da un maglione. Praticamente stavo toccando della stoffa. Una liberta’ nuova pero’…Ero eccitato, ma tanto il mio coso non era di nessun interesse, povero. Sono sulla buona strada, scendo faccio per infilarle la mano nei pantaloni, sento la sua che mi afferra “ Ma sei matto?” , mi fermo faccio finta di niente e continuo a limonare duro. Dopo queste sedute finivamo con le labbra rosse e gonfie. Dal giorno dopo tornammo ad essere due estranei, lei non venne da me ed io non andai da lei. L’indifferenza uccide.
Quinto tentativo, Patrizia. Festa di fine anno, la cito solo perche’ era una che mi piaceva veramente, fui felice di baciarla, non provai nemmeno a sfiorarla, non volevo rischiare di sporcare il ricordo che avrebbe avuto di me. Ufficiale e gentiluomo.
Inizio a pensare che il mio sia un logistico. Non avevo intimita’. Ti prego destino dammi una possibilita’ per toccarla una benedetta femmina!!!!
Passo gli esami di terza media con Distinto.
Scuola finita, 2 settimane a casa e poi dalla nonna come tutti gli anni. I miei non sono mai a casa prima delle 18.
Mi capita l’occasione.
Quella che sta sotto il mio appartamento sembra abbia un debole per me. Proviamo.
Elisa,alta, bionda , gambe lunghe, coetanea, lineamenti pronunciati, ma “fattibile” come dicevamo noi. La trovo per le scale, due parole,le tiro fuori la scusa dei compiti.” Io li faccio tutti e subito così mi tolgo un pensiero…ti va di venire a farli a casa mia?” Frase idiota e poco credibile. L’anno seguente avrei fatto liceo, compiti non ce ne avevano dati.
Lei non aspettava altro, accetto’ volentieri. Sua madre mi conosceva benissimo, non oppose resistenza.
Si presento’ a casa mia verso le due di pomeriggio, capelli sciolti, lievemente truccata, “truccata?” pensai , “ chissa’ perche’ si sara’ truccata” . Eh certo, a me interessava solo il mistero che celava tra le cosce, il resto era pura coreografia, ero un animale in calore.
Una magliettina bianca molto sottile malcelava un reggiseno bianco e liscio , due tette interessanti, jeans scuri attillati che mettevano in risalto la vita stretta, ciabatte, zaino con libri dentro.
Andiamo in cucina , parliamo un po’ della sua scuola, di quello che fara’ il prossimo anno, di cosa fara’ in estate, tutti argomenti per rompere il ghiaccio.
Prendo dei testi a caso, lei estrae i suoi e ci mettiamo veramente a fingere di fare i compiti.
Non ci sto dentro, mentre lei legge, io sbircio.
Le guardo le tette, piu’ le fissavo e piu’ mi sembravano grandi. Tutto mi appariva molto lento, silenzioso. Osservavo quel-ben-di-dio muoversi ritmato dal respiro e volevo toccarle. Io voglio toccarle. Il pisello si agita, indosso mutande strette e jeans larghi, quindi vado sul sicuro di non far intendere nulla.
“Vuoi da bere?” chiesi. “Si”
Mi alzo apro il frigo, “ coca?” “Sì”
Ne verso due bicchieri, uno glielo porgo e rimango in piedi vicino al lavandino. Lo svuota in due sorsate e prima che possa dire niente si alza, mi viene incontro e lo appoggia nel lavabo.
Era vicinissima a me, istintivamente le appoggio una mano sul fianco, gira il viso verso il mio, ci avviciniamo. Ci baciamo. Presa.
Rimaniamo lì in piedi per un po’, con le mani le cingo le guancie e continuiamo a sincronizzare le nostre lingue.
“Vieni” la prendo per una mano e la porto in camera.
Ci sediamo sul letto e ricominciamo da dove ci eravamo interrotti. Con le braccia l’accompagno giu’fino a quando ci siamo stesi. La mano destra scivola piano su una tetta, la tocco sentendone le dimensioni, sono e-cci-ta-ti-ssi-mo.
Non mi basta. Sempre limonando, scendo con la mano sotto la maglietta, mi lascia fare, ora ho solo un reggiseno che mi divide dalla sua carne. Vado con la mano dietro. Mi lascia fare. Con un po’ di fatica lo slaccio, torno davanti e finalmente sento una vera tetta sotto la mia mano. In quell’istante era lussuria fatta carne. Le palpeggio entrambe. Faccio per toglierle la maglia, ma eravamo stesi su un fianco scomodissimi. Mi metto in ginocchio , lei si sposta, si siede di fronte a me con le gambe sul letto e si toglie maglietta e reggiseno. Potevo vederle bene. Tonde, perfettamente arroccate , gonfie di adolescenza,un capezzolo chiaro e piccolo al centro. Sfilai la mia di maglietta, appoggiai le mani sulle ginocchia, le allargai le gambe e mi stesi sopra di lei. Battutto ogni record.
Reinizio a baciarla , sfiorandole in maniera circolare un capezzolo, lo sentivo turgido sotto il mio dito. Scendo per il collo giu’ fino alle tette, le bacio prima, poi lecco i capezzoli, prima uno poi l’altro. Scendo con una mano e le tocco una chiappa. Mi lascia fare. La stringo, la massaggio, la situazione mi sugge di mano , avevamo ancora sui i jeans, inizio a simulare un rapporto spingendo il mio pisello contro la sua patata, lei era sotto di me a gambe aperte e accoglieva le mie spinte.
Ce l’ho come duro come un sasso. Gli ormoni mi spengono il cervello.
Mi sollevo leggermente , la mano passa dalla chiappa, diretta come un missile tra le sue cosce. La stavo toccando da sopra i pantaloni con tutta la mano aperta, avessi avuto almeno un barlume di quello che dovevo fare.
Ero scomodo, con il braccio storto, non volevo togliere la mano, cercavo di muoverla dall’alto verso il basso, come una carezza.
Gioco il tutto per tutto. Salgo slaccio la cintura, apro il primo bottone, mi scosto leggermente di lato per infilare la mano, pochi cm mi separano dalla meta.
Mi ferma la mano. Eh no cazzo. Così non vale.
Ci riprovo almeno altre 2 volte. Stessa storia. Mi infastidisco mostruosamente, ma non lo do a vedere. Faccio buon viso a cattiva sorte fino a quando “sorridente e felice “ la saluto, con un bacio sulla porta.
“Ci rivediamo domani?”chiesi sperando in un esito migliore.
“Ti faccio sapere” rispose sorridendo con due labbra al limite del paonazzo.
Non ce la facevo piu’. Chiusi la porta. Corsi in camera, mi misi carponi sul letto, abbassai i jeans e ne uscii un cazzo dalla cappella rigonfia come non mi era mai capitato di vedere, affamatissimo di un orgasmo, lo bendai con un calzino, appoggiai la faccia sul cuscino che sapeva ancora di Elisa, una mano afferro’ il membro, l’altra massaggio’ le palle ed in pochissimi secondi raggiunsi un potente orgasmo. Ad ogni eiaculazione sentivo la pulsazione tra le dita, le accompagnavo con contrazioni , era un piccolo trucchetto che avevo imparato per aumentare il piacere. Mi abbandonai sul letto, con i jeans abbassati ed il cazzo in mano, svuotato di quel bisogno che non mi faceva piu’ neanche ragionare.
Ci vedemmo altre 3 volte, sempre la stessa storia. Niente patata ed orgasmo solitario.
Poi inizio’ il confino in terra campagnola,dai nonni Mi sembro’ piu’ lungo del solito, adesso pero’ avevo un diversivo.
Mi masturbavo nei posti piu’ strani, in soffitta, nel granaio, in cantina, nel fienile, a volte mi capitava di andare a fare pipì e mentre finivo, iniziavo una sega, ma il posto che mi dava piu’ soddisfazione era all’aria aperta. Mi nascondevo dentro i campi di granturco, sicuro di non essere visto e lì spargevo il mio seme sulla nuda terra.
Poi venne il liceo. Primo anno traumatico. Da essere uno dei grandi in terza media mi trovai ad essere una matricola in prima superiore. Frequentai tre ragazzine con risultati scarsi. Così non va,almeno fino all’estate successiva quando conobbi Luana, ma questa e’ un’altra storia.
Facevo “pratica” con me stesso molto spesso. Sotto la doccia era un must, ma non mi dispiaceva neanche la sera prima di dormire, lo facevo con un calzino, nel senso che indossavo il calzino come un preservativo e mi ci masturbavo dentro. Comodo, veloce , non dovevo cercare cose per pulirmi.
Bastava pochissimo per avere un’erezione. Internet non esisteva, la pornografia cartacea era quasi sempre fuori dalla nostra portata, bastavano le foto di un catalogo di biancheria intima femminile, magari spulciando tra le immagini, ne trovavo una nella quale con buona fantasia credevo di intravedere un capezzolo o il pelo. E giu’ a giocare col mio pisello.
Credevo che data la facilita’ della prima volta tutto si sarebbe rivelato semplice, ero un po’ pieno di me e non mi rendevo conto di essere stato fortunato.
Erano gli anni in cui dovevi capire come sei, voglio dire, mi sentivo dire da mamma, zie , amiche di mamma che ero un bel ragazzino, ma una cosa era un parere di parte, un’altra era vedere com’era nella vita di tutti i giorni. A quell’eta’ o sei uno che “piace” o nessuna ti vorra” mai. Pura superficialita’. Cotte casuali . O sei dentro o sei fuori…e guardi.
Io a conti fatti mi difendevo. Capiamoci, era il tempo in cui un amico andava dalla tipa che ti piaceva e con la quale magari avevi scambiato solo 2 parole e le chiedeva : “ Ti vuoi mettere insieme a Marco?” un “sì” significava che si poteva parlare di piu’ e si poteva limonare, un no che non eri dentro. E guardavi.
Mi ricordo che avevo un compagno di classe bravissimo a fare sto gioco, eravamo arrivati ad un certo punto che lui mi proponeva la tipa. Ma non accettavo mai perche' se l'era gia' passata lui e non mi andava. Le ragazzine che ci facevamo erano come tacche su un fucile.
“ Io me ne sono fatte 5 “ dicevo spavaldo. Fatte significava limonate, cioe’ baciate. In realta’ avevo avuto una storia anche con una vicina di casa, ma quella non valeva, perche’ dato l’elevato numero di balle che ci raccontavamo, valeva solo quello che tutti potevano vedere e cioe’ le storie a scuola. Storie…Due erano insieme, tutto come prima , ma limonavano . Tutto appeso ad un sottilissimo filo. Primo errore, ti lasciva. Gioco complicato.
Il mio amico, che dimostrava molto piu’ dei quasi 14 anni che avevamo, un giorno come se dovesse rivelarmi un segreto di stato, mi dice che era entrato in possesso di un giornaletto porno. L’ho sfogliato. Donne con tette enormi e culi perfetti si facevano fare di tutto da uomini muscolosi, con lunghi cazzi. Vignette piene di espressioni volgari apostrofavano gli accoppiamenti e le donne godevano a quegli insulti. Poi non capivo perche’ ogni scena finisse con l’uomo che veniva o in faccia o sulle tette o comunque fuori. Per fortuna che il mio amico saggio me lo spiego’ : “ Perche’ senno ‘ rimangono incinte…scemo…” “ahhhhh” dissi convinto.
Che due sbarbatelli ignoranti.
Fatto sta che nei giorni seguenti mi metto insieme a Serena. Veramente carina, molto posata, occhi azzurri, fatta bene, molto contesa da altri maschietti. Vuol dire che sono dentro.
Le “storie” si vivevano a scuola, non c’era modo di vedersi fuori. Il terzo giorno che eravamo insieme, al doposcuola, lei disse di volersi lavare le mani , io con una scusa la seguii in bagno, vigeva ancora la promiscuita’, il mio amico mi aveva pompato fino ad un minuto prima “Oggi devi limonarla” , la situazione era perfetta. Lei aveva gia’ baciato e lo sapevo. Mi sembrava raggiante, si giro’ con le spalle al muro, socchiuse gli occhi, avvicinai le mie labbra alle sue, sentivo calore nello stomaco, le labbra si toccarono , si socchiusero e le nostre lingue si accarezzarono. Prima piano poi un po’ piu’ velocemente e piu’ profondamente. Fu un bacio molto bello. Duro’ un paio di minuti ma ancora oggi ricordo quel sapore.
Ora, eravamo piccoli, le storie si facevano e si distruggevano in un giorno e poi io avevo raggiunto il mio obiettivo. Il giorno dopo la lasciai. Me ne sono pentito almeno 1000 volte. Lei pianse e non volle piu’ saperne niente. Nuova regola, donna ferita non perdona.
Secondo tentativo, Federica, la santerellina. Abbiamo limonato nell’aula di chimica, terzo piano, mentre limoniamo scendo con la mano destra le stringo la chiappa. Si scosta brutalmente, mi dice che sono un porco e mi lascia. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.
Questo pregiudico’ un po’ le mie storie future, perche’ si era sparsa sta voce e credevano tutte fossi un maniaco. Dovetti faticare per ritrovare “ credibilità” ed intanto il tempo passava.
Terzo tentativo, Paola. Abbiamo limonato qualche volta, nel giro di pochi giorni. Le mie mani sempre al loro posto. Finì per noia dopo poco. Il peggior rischio e’ non rischiare mai.
Quarto tentativo, Simona. In gita, fugace esperienza di una giornata. Limoniamo in autobus mentre torniamo a casa, nascosti nell’ultimo sedile. Lei nell’angolo con la schiena verso il finestrino, tendina tirata, limoniamo duro, faccio scendere la mano e le tocco una tetta. Non si scompone. Molto bene. Inizio a tastarla. Immaginate la mia mano inesperta che tocca una tetta gia’ di per se non molto grande, ricoperta da un reggiseno, da una maglietta intima e da un maglione. Praticamente stavo toccando della stoffa. Una liberta’ nuova pero’…Ero eccitato, ma tanto il mio coso non era di nessun interesse, povero. Sono sulla buona strada, scendo faccio per infilarle la mano nei pantaloni, sento la sua che mi afferra “ Ma sei matto?” , mi fermo faccio finta di niente e continuo a limonare duro. Dopo queste sedute finivamo con le labbra rosse e gonfie. Dal giorno dopo tornammo ad essere due estranei, lei non venne da me ed io non andai da lei. L’indifferenza uccide.
Quinto tentativo, Patrizia. Festa di fine anno, la cito solo perche’ era una che mi piaceva veramente, fui felice di baciarla, non provai nemmeno a sfiorarla, non volevo rischiare di sporcare il ricordo che avrebbe avuto di me. Ufficiale e gentiluomo.
Inizio a pensare che il mio sia un logistico. Non avevo intimita’. Ti prego destino dammi una possibilita’ per toccarla una benedetta femmina!!!!
Passo gli esami di terza media con Distinto.
Scuola finita, 2 settimane a casa e poi dalla nonna come tutti gli anni. I miei non sono mai a casa prima delle 18.
Mi capita l’occasione.
Quella che sta sotto il mio appartamento sembra abbia un debole per me. Proviamo.
Elisa,alta, bionda , gambe lunghe, coetanea, lineamenti pronunciati, ma “fattibile” come dicevamo noi. La trovo per le scale, due parole,le tiro fuori la scusa dei compiti.” Io li faccio tutti e subito così mi tolgo un pensiero…ti va di venire a farli a casa mia?” Frase idiota e poco credibile. L’anno seguente avrei fatto liceo, compiti non ce ne avevano dati.
Lei non aspettava altro, accetto’ volentieri. Sua madre mi conosceva benissimo, non oppose resistenza.
Si presento’ a casa mia verso le due di pomeriggio, capelli sciolti, lievemente truccata, “truccata?” pensai , “ chissa’ perche’ si sara’ truccata” . Eh certo, a me interessava solo il mistero che celava tra le cosce, il resto era pura coreografia, ero un animale in calore.
Una magliettina bianca molto sottile malcelava un reggiseno bianco e liscio , due tette interessanti, jeans scuri attillati che mettevano in risalto la vita stretta, ciabatte, zaino con libri dentro.
Andiamo in cucina , parliamo un po’ della sua scuola, di quello che fara’ il prossimo anno, di cosa fara’ in estate, tutti argomenti per rompere il ghiaccio.
Prendo dei testi a caso, lei estrae i suoi e ci mettiamo veramente a fingere di fare i compiti.
Non ci sto dentro, mentre lei legge, io sbircio.
Le guardo le tette, piu’ le fissavo e piu’ mi sembravano grandi. Tutto mi appariva molto lento, silenzioso. Osservavo quel-ben-di-dio muoversi ritmato dal respiro e volevo toccarle. Io voglio toccarle. Il pisello si agita, indosso mutande strette e jeans larghi, quindi vado sul sicuro di non far intendere nulla.
“Vuoi da bere?” chiesi. “Si”
Mi alzo apro il frigo, “ coca?” “Sì”
Ne verso due bicchieri, uno glielo porgo e rimango in piedi vicino al lavandino. Lo svuota in due sorsate e prima che possa dire niente si alza, mi viene incontro e lo appoggia nel lavabo.
Era vicinissima a me, istintivamente le appoggio una mano sul fianco, gira il viso verso il mio, ci avviciniamo. Ci baciamo. Presa.
Rimaniamo lì in piedi per un po’, con le mani le cingo le guancie e continuiamo a sincronizzare le nostre lingue.
“Vieni” la prendo per una mano e la porto in camera.
Ci sediamo sul letto e ricominciamo da dove ci eravamo interrotti. Con le braccia l’accompagno giu’fino a quando ci siamo stesi. La mano destra scivola piano su una tetta, la tocco sentendone le dimensioni, sono e-cci-ta-ti-ssi-mo.
Non mi basta. Sempre limonando, scendo con la mano sotto la maglietta, mi lascia fare, ora ho solo un reggiseno che mi divide dalla sua carne. Vado con la mano dietro. Mi lascia fare. Con un po’ di fatica lo slaccio, torno davanti e finalmente sento una vera tetta sotto la mia mano. In quell’istante era lussuria fatta carne. Le palpeggio entrambe. Faccio per toglierle la maglia, ma eravamo stesi su un fianco scomodissimi. Mi metto in ginocchio , lei si sposta, si siede di fronte a me con le gambe sul letto e si toglie maglietta e reggiseno. Potevo vederle bene. Tonde, perfettamente arroccate , gonfie di adolescenza,un capezzolo chiaro e piccolo al centro. Sfilai la mia di maglietta, appoggiai le mani sulle ginocchia, le allargai le gambe e mi stesi sopra di lei. Battutto ogni record.
Reinizio a baciarla , sfiorandole in maniera circolare un capezzolo, lo sentivo turgido sotto il mio dito. Scendo per il collo giu’ fino alle tette, le bacio prima, poi lecco i capezzoli, prima uno poi l’altro. Scendo con una mano e le tocco una chiappa. Mi lascia fare. La stringo, la massaggio, la situazione mi sugge di mano , avevamo ancora sui i jeans, inizio a simulare un rapporto spingendo il mio pisello contro la sua patata, lei era sotto di me a gambe aperte e accoglieva le mie spinte.
Ce l’ho come duro come un sasso. Gli ormoni mi spengono il cervello.
Mi sollevo leggermente , la mano passa dalla chiappa, diretta come un missile tra le sue cosce. La stavo toccando da sopra i pantaloni con tutta la mano aperta, avessi avuto almeno un barlume di quello che dovevo fare.
Ero scomodo, con il braccio storto, non volevo togliere la mano, cercavo di muoverla dall’alto verso il basso, come una carezza.
Gioco il tutto per tutto. Salgo slaccio la cintura, apro il primo bottone, mi scosto leggermente di lato per infilare la mano, pochi cm mi separano dalla meta.
Mi ferma la mano. Eh no cazzo. Così non vale.
Ci riprovo almeno altre 2 volte. Stessa storia. Mi infastidisco mostruosamente, ma non lo do a vedere. Faccio buon viso a cattiva sorte fino a quando “sorridente e felice “ la saluto, con un bacio sulla porta.
“Ci rivediamo domani?”chiesi sperando in un esito migliore.
“Ti faccio sapere” rispose sorridendo con due labbra al limite del paonazzo.
Non ce la facevo piu’. Chiusi la porta. Corsi in camera, mi misi carponi sul letto, abbassai i jeans e ne uscii un cazzo dalla cappella rigonfia come non mi era mai capitato di vedere, affamatissimo di un orgasmo, lo bendai con un calzino, appoggiai la faccia sul cuscino che sapeva ancora di Elisa, una mano afferro’ il membro, l’altra massaggio’ le palle ed in pochissimi secondi raggiunsi un potente orgasmo. Ad ogni eiaculazione sentivo la pulsazione tra le dita, le accompagnavo con contrazioni , era un piccolo trucchetto che avevo imparato per aumentare il piacere. Mi abbandonai sul letto, con i jeans abbassati ed il cazzo in mano, svuotato di quel bisogno che non mi faceva piu’ neanche ragionare.
Ci vedemmo altre 3 volte, sempre la stessa storia. Niente patata ed orgasmo solitario.
Poi inizio’ il confino in terra campagnola,dai nonni Mi sembro’ piu’ lungo del solito, adesso pero’ avevo un diversivo.
Mi masturbavo nei posti piu’ strani, in soffitta, nel granaio, in cantina, nel fienile, a volte mi capitava di andare a fare pipì e mentre finivo, iniziavo una sega, ma il posto che mi dava piu’ soddisfazione era all’aria aperta. Mi nascondevo dentro i campi di granturco, sicuro di non essere visto e lì spargevo il mio seme sulla nuda terra.
Poi venne il liceo. Primo anno traumatico. Da essere uno dei grandi in terza media mi trovai ad essere una matricola in prima superiore. Frequentai tre ragazzine con risultati scarsi. Così non va,almeno fino all’estate successiva quando conobbi Luana, ma questa e’ un’altra storia.
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