La dura legge del carcere

di
genere
pulp

Per motivi dei quali preferisco non entrare nei dettagli, una mattina i Carabinieri hanno suonato alla mia porta invitandomi a preparare un borsone con degli indumenti comodi perché avrebbero dovuto accompagnarmi in carcere.
Me l’aspettavo! Preparai il borsone con la massima tranquillità e li seguii. L’avrei presa come un’altra esperienza da aggiungere al mio curriculum personale.
Aperte le porte del carcere mi ritrovai davanti ad una guardia per consegnare orologio, lacci delle scarpe, cintura, soldi, telefonino, etc., da qui venni accompagnato in una cella dove feci la conoscenza dei miei coinquilini.
La stanza era rettangolare circa 4x3 più bagno. Letto a castello a tre piani poggiato al muro alla sx della porta di entrata, di fronte a dx c‘era un armadio-credenza, appena entrati a dx un tavolo con tre sedie. L’arredamento terminava con un televisore fissato al muro.
Ai piedi del letto sulla destra ed a sinistra della porta di ingresso c’era il bagno con tanto di water e doccia gocciolante, i due ambienti erano divisi da una tendina.
I miei compagni si presentarono, Antonio grande e grosso con i capelli lunghi poco curati e Claudio, uno smilzo alto circa1,60.
Il primo doveva scontare altri 2 anni mentre al secondo dopo complessivi 7 anni restavano ancora 18 mesi da scontare. Mi indicarono la mia branda era al terzo piano del letto a castello, cosa che non mi dispiacque affatto.
Le giornate proseguivano tutte uguali, sveglia mattiniera, controllo delle sbarre, colazione, pranzo, cena, chiusura della seconda porta. (Una porta era sempre chiusa ma con piccola feritoia dalla quale le guardie potevano guardare dentro, una seconda porta veniva chiusa dopo il passaggio degli infermieri prima di andare a dormire.)
In stanza avevamo un fornelletto (di quelli da campeggio) che usavamo per riscaldare il cibo o per cercare di dare più sapore al cibo che ci portavano. Per esempio, se ci servivano il polpettone, questo lo rimettevamo in padella, aggiungevamo piselli e lo rendevamo più saporito.
I miei due compagni sembravano due tipi tranquilli ma non bisognava perderli d’occhio.
Antonio era un tipo calmo ma cambiava atteggiamento dopo aver bevuto un po’.
Ognuno di noi poteva comprare un quarto di vino al giorno soltanto che lui lo abbinava a degli psicofarmaci e l’effetto per chi gli stava vicino era abbastanza fastidioso.
Claudio invece era il classico figlio di puttana che cercava di trarre vantaggio da ogni occasione.
Io non venivo certo da quegli ambienti ma non mi lasciavo certo intimidire da quei due poveretti.
In bagno vi era un giornalino porno che chissà quante menti aveva eccitato. Io provai a sfogliarlo senza ottenere nessuna ispirazione, il mio pene non ne voleva proprio sapere di uscire dal letargo, specialmente con il passare dei giorni perché vedevo allontanarsi la possibilità di uscire presto da quel posto.
Un giorno dopo aver mischiato medicine ed alcol Antonio iniziò a fare apprezzamenti sul mio fisico e sul mio bel culetto.
- Dai vieni, fatti toccare quel bel culetto che hai?
- Non ci pensare proprio, a me piace romperlo il culo, ma solo quello delle donne. E calmati perché va a finire male.- Anche se erano due contro uno non avevo paura di loro, quando perdevo le staffe facevo paura anche a me stesso.
Ma Antonio sembrava non ascoltare le mie parole ed arrivò perfino a mettermi una mano sul pisello.
- Io penso che ti piacerebbe! – Continuava- Vedrai che ti piacerà, tanto che poi sarai tu a chiedermi di fotterti. Vero Claudio?- Rivolgendosi all’amico che annuiva con complicità.
Capii che era arrivato il momento di farlo smettere. Gli andai di fronte a muso duro mettendogli le mani addosso. Ero pronto a cavargli gli occhi.
Claudio mi convinse a fermarmi, mettendomi al corrente di cosa sarebbe potuto accadere.
Se le piante ci avessero sentito litigare ci avrebbero punito ed io in quei giorni non potevo certo permettermelo. Quelle parole mi calmarono e nonostante fossi ancora inferocito mi andai a sdraiare sul letto. La cosa finì lì e pensai che non si sarebbe più ripetuta.
- Lo sai che se le guardie si trovavano a passare avrebbero punito tutti? – Continuò Claudio-
- Dillo al tuo amico –risposi- Non si deve mai più azzardare a molestarmi.
- Ma no, lo sai che quando è sotto “effetto” non si controlla!
- Io non voglio avere niente a che fare con i suoi problemi, se ci riprova lo massacro.
Li vidi confabulare preoccupati ed un silenzio di tomba invase la nostra cella.
Quella notte dovetti chiedere doppia razione di calmanti per placare la rabbia e per addormentarmi.
La mattina dopo chiarimmo tutto e decidemmo di seppellire quanto accaduto.
Alla chiusura del secondo portone una volta ingoiato 1 pasticca chiusi gli occhi e con la speranza di una clemenza da parte del giudice mi addormentai.
Mi svegliai con le ginocchia sul pavimento ed il corpo sulla prima branda, a 90 gradi con le mani unite dietro la schiena, un calzino in bocca che mi impediva di urlare ed i polsi legati con degli stracci. Claudio con il viso rivolto verso Antonio stava seduto sul mio collo. Provai a liberarmi ma nulla potetti a causa della mia immobilizzazione e dello stato confusionale causatomi dagli psicofarmaci. I pantaloni della mia tuta erano calati ed il mio sedere era in balia di Antonio.
- Non credo che riuscirai a fare lo sbruffone ora!- Furono le prime parole di Antonio -. Insinuando un dito tra le mie chiappe.
- Bastardo! Una volta libero ti uccido! – Questo avrei voluto dire, ma quella specie di bavaglio me lo impediva.-
- Non farlo muovere che ora gli farò capire cosa significa “rispetto”. Una puttanella lo farò diventare questo stronzo!!
Sentii un liquido scendere dal buco del culo, chiusi gli occhi immaginandomi cosa stava per accadermi.
Un dito mi tolse la verginità, quello stronzo lo faceva entrare ed uscire non pensando minimamente al dolore ed il fastidio che mi stava causando, al dito se ne aggiunse un altro con l’aumentare del dolore e dell’umiliazione. Avrei preferito morire in quel momento, chiusi gli occhi pensando al peggio.
Ma al peggio non vi è mai fine, sentii ancora del liquido colare tra le mie chiappe con le dita che lo spalmavano bene dentro e fuori il buco, poi premere contro di me la cappella di quel porco e dopo qualche secondo mi ritrovai a mordere quella calza puzzolente. Il bruciore ed il dolore che provavo quando penetrò dentro di me furono indescrivibili, ma il dolore più forte lo sentivo dentro, dentro nell’anima. Qualcosa di inimmaginabile e di irreparabile mi era accaduto
Mi scopò con brutalità e senza alcun riguardo come nemmeno gli animali.., prendendomi per i fianchi sbattendomi con violenza, per poi sborrarmi dentro senza nessun riguardo.
- Da oggi in poi – disse- ti farai scopare ogni volta che te lo chiedo. Ed oggi puoi anche ritenerti fortunato che ti ho solo riempito il culo. La prossima volta ti riempirò anche la gola. Buonanotte Frocio!!- E lo disse con il massimo disprezzo!-
Si sedette tutto soddisfatto, Claudio si alzò dal mio collo e mi slegò i polsi.
- Scusami mi disse, ma non potevo fare altrimenti. E’ la regola, e tu sei l’ultimo arrivato. Ma vedrai che passerà, non sei l’unico che è stato violentato. Vedrai che se ti comporterai in bene in futuro tutto andrà per il meglio e magari ti piacerà anche. Ora dormi che ti farà bene.
- Ah! Un’ultima cosa, non ti conviene dirlo alle guardie, ci sono abituate e dopo un po’ tutto il carcere ti prenderà in giro e magari qualcuno ti richiederà nella propria cella per farti diventare la sua ragazza.
Non risposi, mi sdraiai sulla mia branda cercando di sopprimere le lacrime con il solo sentimento della vendetta.
Non chiusi occhio per tutta la notte pensando a come potermi vendicare.
La mattina dopo di buonora sentii i due compari complottare tra di loro e durante la colazione il primo a parlare :
- Come stai? – Mi chiese- Sai, è stato soltanto un atto dovuto necessario da fare in questo posto di merda. Giuro che non sarebbe mai accaduto fuori da questo contesto. Antonio la pensa allo stesso modo.
- Non ti preoccupare –risposi-capisco.
Iniziai a comportarmi come se non esistessero anche se nella realtà esistevano eccome, esistevano dentro di me, nella mia rabbia, nella mia sete di vendetta. Li avrei voluti volentieri vittime di morte violenta.
Per una settimana chiesi doppia porzione di pasticche e delle più potenti, i miei due compagni di cella arrivarono perfino a consigliarmi che stavo esagerando perché in questo modo ne sarei diventato dipendente, etc.
Cercai di rassicurarli dicendo loro che avrei rallentato a breve ma ora ne avevo bisogno.
In realtà le mettevo da parte, il mio piano per vendicarmi era iniziato.



Quando ritenni che era arrivato il momento mi preparai per metterlo in opera.
Durante l’ora d’aria rimasi da solo in cella, tirai fuori tutte le pasticche accumulate e le tritai per bene riducendole in polvere, poi le incartai separatamente in parti uguali.
Svuotai una bottiglietta d’acqua e ammorbidendola con il fornelletto riuscii a separare il becco dal bordo in modo da ricavarne un imbuto. Rimisi tutto a posto e mi sdraiai al mio posto a guardare la tv.
Dopo cena preparai il tea (quel giorno toccava a me) e senza farmene accorgere svuotai nei loro bicchieri le due bustine con gli psicofarmaci in polvere. Ora c’era solo da aspettare.
Non ci volle molto perché crollassero sulle loro brandine, tanto che quando passarono i secondini a chiudere il secondo portellone erano già nel mondo dei sogni.
Scesi dalla mia branda e raccogliendo tutte le calze iniziai a formare delle corde, poi finite le calze tagliai a strisce non troppo strette delle loro magliette.
Il primo che immobilizzai fu proprio quell’essere spregevole di Antonio, lo imbavagliai con le sue calze annodate, riempendo la sua bocca proprio con il nodo di giunzione, per poi legargliele sulla nuca.
Con altre corde gli legai le mani dietro la schiena.
Poi lo posizionai a 90 gradi come avevano fatto con me.
Legai insieme due paia di pantaloni ed una volta fatto con essi un giro intorno al collo di Antonio a mo’ di sciarpa legai le due estremità alla rete del letto. Ora per lui muoversi era impossibile.
Ripetei l’operazione per Claudio, scaraventandolo a terra dal “secondo piano”.
Ora finalmente erano alla mia mercé.
Iniziava la mia vendetta.
Accesi il fornellino e bruciai tutti quegli schifosi peli che aveva sulle e tra le chiappe, fino ad arrivare ai testicoli, una puzza di pollo bruciato mi riempì le narici, poi andai in bagno e svitai il bastone di legno dalla scopa per spezzarlo in due.
Per la sfortuna di Antonio inserii una metà del bastone senza nessun lubrificante nel suo buco schifoso, qualche suono iniziava ad uscire dalla loro bocca.
Con l’altra metà prima lo bastonai con violenza dietro la schiena e poi raddoppiai le presenze all’interno di quel culo schifoso, e senza pietà come con il primo, qualche lacrima di sangue iniziava a scorrere lungo l’interno delle sue cosce.
A quel punto misi tra i due bastoni una bottiglia di piena di acqua e unendo le estremità dei pezzi di legno che fuoriuscivano, formando una pinza al contrario gli allargai il buco del culo che di più non si poteva. Sentivo un urlo di terrore soffocato dal nodo che aveva in bocca. Un senso di onnipotenza si impossessò di me!
Quando il suo sfintere fu completamente collassato, sostituii i due bastoni con l’imbuto formato dalla bottiglietta, il quale non fece nessuna fatica ad entrare dentro quel buco slabbrato.
Ci versai dentro tutto quello che avevo a portata di mano, zucchero, sale, caffè, cacao , ed infine il contenuto di due bottigliette di acqua.
- Ti sei divertito con me, eh! brutto bastardo?!
- Come dicevi? – Niente di personale, che era tutta colpa del contesto in cui ci troviamo? Che era un atto dovuto?
- Il contesto è fatto da noi brutto bastardo, io non ti farei mai quello che tu sei stato capace di farmi, perché mi fai schifo solo a guardarti, anche ora se non ho vomitato è solo perché sono ancora troppo incazzato!. Figlio di puttana!!
Presi i residui delle strisce di tessuto che avevo intorno ed una volta tolta la bottiglia-imbuto dal suo buco del culo, li usai per tappargli quella fogna.
Mi misi in piedi e lo presi a calci allo stomaco. Poi mi dedicai a Claudio, con lui fui più clemente, mi limitai a lasciargli le due metà del manico della scopa all’interno del suo ano, per poi sussurrargli all’orecchio che se ci avessero riprovato avrei riservato anche a lui lo stesso trattamento riservato al suo compagno, e che il giorno dopo avrebbe dovuto ricomprare tutti i prodotti appena terminati.
Li slegai che erano sconvolti, Antonio corse in bagno e ci restò a lungo, mentre Claudio non finiva di guardarmi con gli occhi sbarrati.
Il giorno dopo mi fecero trasferire in un'altra cella, ma doveva essersi sparsa la voce, perché più nessuno mi importunò fino al termine della mia pena.

scritto il
2018-03-07
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