Nebbia

di
genere
etero

Non sono mai stato un pittore di paesaggi, odio tutti quei manierismi, quel cercare di fare vedere la casetta nel bosco, con il cancellino di legno e le montagne dietro.
Odio cercare volutamente di dire o di fare dire alla gente “ohhh” quando guarda le mie opere.
Preferisco che ci sputino sopra piuttosto!
Ma il mio gallerista è un grandissimo scassiapalle, uno di quelli per cui l’ arte deve essere intonata ai colori dei divani, e tenuto conto che è anche l’ unico con cui ho mantenuto i contatti, esile cordone ombelicale di fievole nutrimento per il mio (oramai) ex conto corrente, e a tutto ciò se vogliamo aggiungere che quest’anno pare vada di moda il verde, eccomi qua in auto per la campagna a sperare di trovare qualche cosa che sia appena sopra il vomitevole.
Cavalletto colori e whisky nel baule.
Soprattutto whisky.
Non è mattina presto ma in collina mi imbatto in una nuvola che stagna e tutto assume una luce fantastica, un po’ gialla, piena di riflessi, molto intensa e suggestiva.
Poi in mezzo a una radura scorgo una casetta, vecchia con le antiche pietre a vista, una casa povera con un portico triste che si affaccia su un piccolo laghetto quasi affogato nella nebbia.
Pare deserta e regna un silenzio sconcertante, per un cittadino incallito come me.
Penso che dopo un paio di bicchieri possa diventare un buon soggetto e quindi mi metto all’ opera versandomi copiosamente il "Jack".
Dopo un quarto d’ora di studio passato a girare attorno al mio soggetto mortalmente immobile trovo il bandolo della matassa, scavalco la staccionata e con l’ andatura resa insicura dall’ alcool a stomaco vuoto incespico fino al punto giusto piazzando cavalletto e seggiolino.
Osservo ancora un po’, respirando nuvole e bevendo assorto, dentro di me tutto incomincia ad assumere i contorni giusti e mi scopro stranamente interessato ad un soggetto così insipido, parto col carboncino pochi schizzi sicuri fatti con mano tremante, con occhi lucidi e mente confusa.
Poi scelgo i colori li doso li mischio con la spatola, uso quasi solo quelli primari e poco altro, "terre" soprattutto, l’odore dell’ olio si mischia a quello buono ma un po’ putrescente che la nebbia si porta sempre dietro, io felice brindo a questo strano matrimonio alzando nuovamente il bicchiere.
Ho già sparso un bel po’ di vita su quella tela che però visto il soggetto pare più un sudario e rido immaginando la faccia di Luca, il mio gallerista quando glielo presenterò.
-Cazzo vuoi- gli dirò - non volevi un paesaggio, adesso vedi di non rompermi le palle!-
Brindo a Luca!
Sento muoversi qualche cosa dietro di me, mi spavento sento i capelli che mi si rizzano sulla testa, il cuore batte a vuoto la gola che si serra, ribalto anche un po’ dell’ ambrato nettare e quasi cado dallo sgabello tanto sono scomposto e sgraziato.
Mi giro, è una ragazza, alta magra bel viso bianca che pare non avere mai visto un raggio di sole in vita sua.
Con tutte le sale lampade che abbiamo.
-Un po’ di vita bambina, mi hai quasi ucciso col tuo passo felpato!-
Ride composta della mia reazione sgraziata e ha dei begli occhi chiari o forse sembra a me perchè di whisky ne ho già buttato giù parecchio.
-Credevo fosse disabitato- le dico imbarazzato -mi sono permesso di scavalcare... c’era una luce talmente bella...- Mi inquieta quello sguardo, è giovane ma incredibilmente vuoto.
-Non ti preoccupare, mi piace che dipingi la casa, ci sono molto affezionata.-
E poi continua: -Posso stare qui con te a guardare mentre dipingi o disturbo la tua concentrazione.-
-Disturbare? Non potrei essere più felice, sono un animiale cittadino io e tutto questo silenzio mi turba, ma cosa gli avete fatto agli uccelli qui non se ne sente cantare uno?-
-Con questo tempo se ne stanno in silenzio, anche a me piace il silenzio e la sensazione di sospeso che da la nebbia.-
-A me mette i brividi, e poi questo umido che ti entra nelle ossa... tu sei vestita pochissimo, ma di sicuro non hai i miei reumatismi!-
-Sto bene, ci sono abituata al freddo; sta venendo bene il tuo dipinto, hai catturato l’ anima del posto.-
-Un po’ tetro forse.- dico, ma penso: verdi marci, marroni malati se questa
è l’ essenza di casa tua che cosa cazzo ci stai a fare che sei bella come il sole...beh come il sole magari no, come la luna piuttosto...
Lei sorride, brindo a lei!
Lei non beve, però sorride, meglio così.
-Ma vivi qui da sola?-
-No con mio padre, ma adesso è fuori non torna prima di sera, vuoi farmi compagnia?-
La mandibola mi cade gli occhi si spalancano, mi guardo intorno cerco la candid-camera, non ho parole e comunque non ne conoscerei di adatte, il cuore mi batte nelle tempie...
Lei ride di gusto ora, e ha una cazzo di espressione infelice e sincera che mi dilania l’ anima, ma non come un dobierman due morsi e via, troppo facile, troppo veloce.
Quasi indolore.
Mi sembra di essere sbranato da un pechinese o da uno di quei fottiutissimi cani “sega” che ti mangiano lo stomaco un centimetro alla volta e ci mettono due giorni a finirti tutto.
Una lenta e sadica trivella nelle budielle.
-Dai vieni.- Mi prende la mano, quasi non mi reggo in piedi, lascio i colori, il bicchiere e mi inciammino con lei verso quella casa che ho visto morta al mio arrivo e poi ho fatto vivere nella mente.

All’ interno la luce è crepuscolare e filtra falsata dalle tende giallastre, l’ arredamento è triste e vecchio, tutto è vecchio in questa casa anche l’ odore.
E poi c’è polvere ovunque, sui mobili sugli oggetti, ogni cosa sembra confezionata nella polvere in attesa di nuova vita.
Ho i brividi, non c’è nulla di antico vedo solo vecchiaia dolore e stanchezza.
Lei no, lei è giovane e bella avrà si e no la metà del mio mezzo secolo di vita e si sta spogliando con naturalezza davanti a me, alta austera magra con il seno appena accennato, il pube incolto e rossastro ed anche le ascelle non sono depilate.
Mi colpisce tutta quella natura incolta, difficile trovarne ai nostri giorni, se ne stanno tutte li a tosarsi come pecore. Sembra roba dei miei tempi questa: bisognerebbe brindarci sopra.
Mi ci tuffo, le strofino la faccia con la mia barba incolta, potrebbe darle fastidio tutto quel ruvido, lo penso ma poi me ne frego perchè lì ci sto troppo bene.
Da principe, sembro io il padrone.
Mi spoglia mette a nudo il mio ventre gonfio, sono peloso:- Mai pensato neanche io di radermi.- le dico beota ridendo.
Ma lei è presa da me e mi lecca e mi morde e mi passa le mani sul corpo, mi cerca famelica e ansima e io non ci capisco più un cazzo di niente, bisognerà che venga più spesso a dipingere in campagna, credevo che qui tutto fosse di una noia mortale, guardala qua questo animaletto in calore, che spettacolo che è, mi fa fermare il cuore dalla gioia.
E non solo.
La sbatto forte, la fiotto forsennato come un maniaco, lei gode, gode in continuazione, dal di dentro, più la sbatto più mi cerca, lei bellissima ed io con le brache calate i calzini a mezizavia e questo osceno e brutto cazzo storto che mi ritrovo: la scopo rischiando l’ infarto.
Ma ne vale la pena.
Ha gli occhi spiritati e adesso urla e sbava, mi pianta le unghie nella schiena e mi fa un male cane, immagino riccioli di carnoso burro sotto le sue unghie, questa qui non deve essere normale, penso, oggi si è scordata di prendere le medicine, oppure ecco ci sono: le ha finite e suo padre è andato in paese a comperargliele, spero non torni ora cazzo, sarebbe brutto, non venire intendo, che una scopata così chissà quando mi ricapita.
Vorrei che durasse in eterno ma un bel calore pervade il mio corpo riempiendo il suo, le sono venuto dentro, spero di non avere combinato un casino, ci mancherebbe solo che mi chiedesse gli alimenti!
Alimenti, mi viene da ridere: al massimo un bicchierino!
Sono stordito, frastornato ho la bocca impastata, la lingua grossa, lei mi bacia lasciva con la sua espressione da pazza e la testa mi gira troppo per capirci ancora qualche cosa.
La testa mi gira davvero.
Davvero molto.
Poi
il
buio.

Mi sveglio, improvvisamente, sono riverso sull’erba umida e tutto intorno a me è immobile e silenzioso, il quadro la casa il laghetto, la bottiglia quasi vuota.
Devo essere stato lì parecchio perchè oramai è buio, a fatica mi alzo e tremante non solo di freddo carico veloce la roba in auto e fuggo verso il rassicurante caos cittadino, senza girarmi neanche per un secondo.
Ho il terrore puro addosso.
Arrivo a casa, sono ancora sconvolto, mia moglie mi guarda interrogativa, non rispondo, le dico solo di riempirmi la vasca di acqua calda.
La voglio bollente cazzo.
Lei obbedisce e poi torna nel tinello, avrebbe dovuto fare la missionaria in Africa, vuoi mettere? Stesse sofferenze ma almeno anche qualche soddisfazione ogni tanto...

Sono in bagno e mi guardo la schiena dilaniata da quella bestia famelica, ci vorrà un mese prima di poterla mostrare a mia moglie senza conseguenze, pazienza, scoperemo al buio.

La notte dormo poco e male non ci ho capito un cazzo e mi agito senza pace nel letto, mi copro mi scopro, scalcio come un cavallo sento la testa che brucia.
L’inferno deve essere qualche cosa di molto simile a questo penso...

E’ mattina presto quando torno sul posto, questa volta senza tela e colori, è sereno e il sole è già spuntato, lo spettacolo che si presenta ai miei occhi è completamente differente, un tripudio di tonalità accese e vive e la natura intorno è felicemente chiassosa.
La casa no, lei è sempre silenziosa e triste.
Profondamente inquietante.
Scavalco il cancello, vorrei bussare alla porta ma mi accorgo che è sprangata dall’ esterno, c’è anche un vecchio lucchetto arrugginito.
Faccio il giro del portico e cerco di scrutare dentro attraverso una finestra: tutto deserto.
Torno alla porta, mi guardo intorno, colpisco duro con la spalla, il legno è marcio, putrescente consunto dal tempo e dalle nebbie.
Prima è solo uno scricchiolio poi cede con un tonfo.
C’e silenzio dentro, e freddo e polvere dappertutto, rivedo i mobili i quadri, risento gli odori e i brividi dietro la nuca.
Rimbomba nella mia testa la sua voce, risento i suoi gemiti, la sua vita, ma qui di vita non ce n’è niente.
Niente e basta.
Guardo il tavolo sul quale si agitava impazzita, la polvere è stata spazzata via dal nostro amore e per un po’ anche lui ha vissuto, di riflesso, quella follia, quella dannata e incredibile storia nella nebbia.
Nebbia e polvere, solo questo mi è rimasto, e un quadro incompiuto che probabilmente non finirò mai.
scritto il
2009-11-12
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