Memoria involontaria
di
Cheshire Cat
genere
sentimentali
"E tu chi sei?"
"Io non saprei dirlo al momento, signore. Cioè, so chi ero stamattina al momento di alzarmi dal letto, ma credo di essere cambiata più volte da allora."
L. Carroll - Alice in Wonderland
"A cosa stai pensando?" Mi chiede dopo mezz'ora di silenzio: stiamo compiendo il viaggio con cui inizia la nostra vita insieme e io voglio godermi ogni dettaglio, per non dimenticare mai. Me lo dice piano, distogliendomi dolcemente dal paesaggio in cui il treno corre: colline sullo sfondo, punteggiate di case gialle sotto un cielo screziato di bianco, che si muovono lente e tutto intorno, cavi di collegamento dei binari che sfrecciano al di là del vetro. Mi giro verso di lui sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro: mi sembra stanco, ma la felicità gli arriva agli occhi e alle labbra.
"Starai bene, te lo prometto..."
Questo ragazzo sa scavarmi dentro senza il minimo sforzo: con rispetto, pur conoscendo già la risposta, vuole darmi la possibilità di segnare questo momento con qualcosa di mio. Respiro a fondo, il suo profumo è forte e legnoso: saremo felici, gli dico, sarà una vita bellissima, abbiamo avuto alti e bassi, una storia a distanza molto dura, ma stiamo per avere quello che tutte le coppie normali hanno. Potremo viverci davvero! Per lui sono un libro aperto e sa che non è tutto quello che vorrei dire, ma lascia correre e ignora volutamente il mio deglutire nervoso a conclusione di questa mia uscita.
"A cosa stai pensando?" È la sua voce che sento, ma questa volta l'ho soltanto immaginata. Incrocio il mio sguardo riflesso sul finestrino e quasi non mi riconosco più: riesce sempre a togliermi il fiato il modo in cui la memoria associa un bel ricordo a una situazione nuova e dolorosa, mescolando passato e presente in una bizzarra e distorta idea di futuro.
Devo aver fatto davvero un bel lavoro, nell'imparare rutti i dettagli di quella volta, perché quando mi giro verso il sedile vuoto accanto a me, mi aspetto quasi di trovarmelo accanto in questo viaggio al contrario ma non a ritroso: torno indietro, ma non torno a casa.
"Starai bene, te lo prometto..."
Le sue parole mi risuonano dentro, come un'ultima rassicurazione prima di andare via... O meglio, nonostante io me ne sia andata via. Mi passo distrattamente una mano s'un ginocchio: indosso un paio di collant neri e toccandomi, con i polpastrelli, noto una smagliatura della trama. "Dev'essere successo mentre caricavo lo zaino" penso. So che non dovrei, ma con le unghie forzo i fili fino a romperli: ora da un piccolo foro sotto le mie dita sboccia una macchia di pelle chiara e fredda. Credo sia la stessa cosa che ho fatto accadere a noi: ho trovato una crepa nel nostro rapporto e ci ho fatto entrare qualcosa permettendole di rompere i pochi fili che ancora ci legavano, fino a creare una voragine.
Torno a guardare il riflesso sul finestrino. I miei lineamenti sfocati, riconoscibili per abitudine: le guance arrossate, le labbra scurite per averle morse cercando di trattenere il pianto, il mascara e la matita stropicciati attorno agli occhi e i capelli in uno chignon ormai naufragato. Faccio schifo, ma mi scappa un sorriso.
È a questo punto, dal nulla della memoria, che una sensazione viscida, l'eco di tempi e luoghi molto bui, mi sfiora sotto forma di spiffero proprio dove la pelle è resa vulnerabile dallo squarcio dei fili: quel solletichio prova a fomentare l'idea che sia per me l'inizio di una nuova caduta, ma in fondo in fondo so che non è così.
Tra poco dovrò cambiare treno ma, per ora, indugio con le dita su quel foro, ora allargandolo, ora scaldando la pelle rimasta scoperta...
"Io non saprei dirlo al momento, signore. Cioè, so chi ero stamattina al momento di alzarmi dal letto, ma credo di essere cambiata più volte da allora."
L. Carroll - Alice in Wonderland
"A cosa stai pensando?" Mi chiede dopo mezz'ora di silenzio: stiamo compiendo il viaggio con cui inizia la nostra vita insieme e io voglio godermi ogni dettaglio, per non dimenticare mai. Me lo dice piano, distogliendomi dolcemente dal paesaggio in cui il treno corre: colline sullo sfondo, punteggiate di case gialle sotto un cielo screziato di bianco, che si muovono lente e tutto intorno, cavi di collegamento dei binari che sfrecciano al di là del vetro. Mi giro verso di lui sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro: mi sembra stanco, ma la felicità gli arriva agli occhi e alle labbra.
"Starai bene, te lo prometto..."
Questo ragazzo sa scavarmi dentro senza il minimo sforzo: con rispetto, pur conoscendo già la risposta, vuole darmi la possibilità di segnare questo momento con qualcosa di mio. Respiro a fondo, il suo profumo è forte e legnoso: saremo felici, gli dico, sarà una vita bellissima, abbiamo avuto alti e bassi, una storia a distanza molto dura, ma stiamo per avere quello che tutte le coppie normali hanno. Potremo viverci davvero! Per lui sono un libro aperto e sa che non è tutto quello che vorrei dire, ma lascia correre e ignora volutamente il mio deglutire nervoso a conclusione di questa mia uscita.
"A cosa stai pensando?" È la sua voce che sento, ma questa volta l'ho soltanto immaginata. Incrocio il mio sguardo riflesso sul finestrino e quasi non mi riconosco più: riesce sempre a togliermi il fiato il modo in cui la memoria associa un bel ricordo a una situazione nuova e dolorosa, mescolando passato e presente in una bizzarra e distorta idea di futuro.
Devo aver fatto davvero un bel lavoro, nell'imparare rutti i dettagli di quella volta, perché quando mi giro verso il sedile vuoto accanto a me, mi aspetto quasi di trovarmelo accanto in questo viaggio al contrario ma non a ritroso: torno indietro, ma non torno a casa.
"Starai bene, te lo prometto..."
Le sue parole mi risuonano dentro, come un'ultima rassicurazione prima di andare via... O meglio, nonostante io me ne sia andata via. Mi passo distrattamente una mano s'un ginocchio: indosso un paio di collant neri e toccandomi, con i polpastrelli, noto una smagliatura della trama. "Dev'essere successo mentre caricavo lo zaino" penso. So che non dovrei, ma con le unghie forzo i fili fino a romperli: ora da un piccolo foro sotto le mie dita sboccia una macchia di pelle chiara e fredda. Credo sia la stessa cosa che ho fatto accadere a noi: ho trovato una crepa nel nostro rapporto e ci ho fatto entrare qualcosa permettendole di rompere i pochi fili che ancora ci legavano, fino a creare una voragine.
Torno a guardare il riflesso sul finestrino. I miei lineamenti sfocati, riconoscibili per abitudine: le guance arrossate, le labbra scurite per averle morse cercando di trattenere il pianto, il mascara e la matita stropicciati attorno agli occhi e i capelli in uno chignon ormai naufragato. Faccio schifo, ma mi scappa un sorriso.
È a questo punto, dal nulla della memoria, che una sensazione viscida, l'eco di tempi e luoghi molto bui, mi sfiora sotto forma di spiffero proprio dove la pelle è resa vulnerabile dallo squarcio dei fili: quel solletichio prova a fomentare l'idea che sia per me l'inizio di una nuova caduta, ma in fondo in fondo so che non è così.
Tra poco dovrò cambiare treno ma, per ora, indugio con le dita su quel foro, ora allargandolo, ora scaldando la pelle rimasta scoperta...
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