La mia nuova vita - Spiata dal figlio del mio nuovo compagno 2
di
Momy
genere
voyeur
Non sapevo bene come affrontare l'argomento, ne tantomeno come approcciarmi ad un ragazzo cosi apparentemente schivo e timido.
Il mio primo tentativo fù semplicemente di andare a bussare alla porta della sua stanza il pomeriggio seguente.
Provai diverse volte senza ricevere risposta alcuna prima di desistere, il rischio che qualcuno mi notasse era troppo grande.
L'unica giustificazione che avrei potuto addure, era che stavo cercando di approfondire la conoscenza dei figli di Sebastiano, ma anche a me pareva piuttosto debole come scusa.
In oltre, se fossi stata davvero giustificarmi così, avrei dovuto poi passare del tempo anche con Galatea, cosa che si sarebbe sicuramente rivelata problematica.
Provai allora a lasciare un bigliettino sotto la porta, dato che praticamente Galvano scendeva solo per la cena o per andare a scuola, momenti nei quali eravamo sempre in presenza di altre persone.
Tentare di parlare con lui sarebbe in quei frangenti sarebbe stato senza dubbio rischioso e molto probabilmente infruttuso.
Avevo scritto "Possiamo parlare di quello che è successo Domenica scorsa?", cercando di restare sul vago, di modo che il biglietto stesso non potesse diventare una prova contro di me.
Attesi una risposta per un paio di giorni, ma neache a dirlo anche quel tentativo si rivelò un buco nell'acqua.
Mano a mano che i giorni passavano, non riuscendo a parlare con lui la mia ansia cresceva irrazionalemente.
Quella che all'inizio sembrava una sciocchezza, due settimane più tardi mi pareva un'imminente catastrofe.
Non avevo ancora moltre frecce al mio arco.
Escludendo l'ipotesi di abbattere la porta della sua stanza (adesso si chiudeva pure a chiave...) e andare a prenderlo per il collo, mi rimaneva solo un'alternativa: cercare di stanarlo.
Mi restava da scegliere se farlo con le buone oppure le cattive...
Accarezzai per una paio di giorni l'idea di attendere che fossimo soli in casa e poi andare a bruciare un mucchietto di foglie secche davanti alla sua porta, urlando "Al fuoco, al fuoco!", ma alla fine realizzai che visto il risultato che volevo ottenere sarebbe stato meglio un approccio più soft.
Mi sarebbe bastato usare un po' di psicologia, che dopo tutto era la mia materia.
Il pomeriggio seguente, ricordo che faceva un già caldo midicidale per essere Giugno, attesi che la casa si quietasse dopo il pranzo.
Alma si era ritirata in cucina per rassettare e preparare la cena mentre Sebastiano s'era chiuso nel suo studio a lavorare da casa, come spesso soleva fare in quei giorni.
Tea sarebbe rientrata per cena, aveva i suoi orari, Bruno invece aveva approfittato per portare il Mercedes dal meccanico.
E Galvano, beh, lui ovviamente era chiuso nella sua stanza...
Presi il costume nuovo che avevo comprato per l'occasione e andai a cambiarmi nella mia stanza.
Era un due pezzi decisamente audace, come mai mi sarei sognata di indossare in altri casi.
Anzi a dirla tutta non credo che avrei mai potuto comprare qualcosa del genere se non fosse stato per un buon motivo.
Scesi in giardino, dovetti indossare un lungo compricostume per vincere il mio imbarazzo ad uscire nel corridoio.
Raggiunsi la piscina senza incontrare nessuno per fortuna, presi una delle sdraio e con un po' di fatica la spostai dove avevo stabilito.
Ebbi un momento di esitazione prima di scoprirmi, ma alla fine riuscii a farlo e a stendermi frettolosamente a pancia in giù.
Attesi, il sole rovente rapidamente prese a scaldare la mia pelle, specialnente quella poco abituata che di norma rimaneva coperta sotto i bordi del costume.
Decisamente scottarsi non faceva parte del piano...
Presi da terra la bottiglietta di filtro solare spray che avevo con me e mi diedi due abbondati spruzzate sulle natiche.
La spalmai prima con attenzione sulle strisce di pelle lattea e vulnerabile lasciate scoperte dal piccolo tanga, poi con lentezza e deliberata voluttà, disegnado larghi cerchi un gluteo per volta, mentre sbirciavo la finestra alle mie spalle.
Mi corse un piccolo brivido lungo la schiena quando notai l'atteso baluginare dietro di vetri oscurati dal sole.
Il pubblico era arrivato...
Mi stesi di nuovo a pancia sotto, sentivo il cuore battermi nelle orecchie.
Galvano era lì, mi guardava...
Era probabile che si stesse masturbando, come la volta scorsa...
Respinsi con forza l'immagine che avevo di quando l'avevo sorpreso e mi costrinsi all'immobilità a dispetto di un crescente quanto immotivato senso ilarità.
Il piano era piuttosto semplice...
Per riuscire a comunicare con Galvano, dovevo prima di tutto metterlo a proprio agio, tranquillizzarlo.
Mostragli che non avevo problemi a stendermi a prendere il sole in giardino dopo quello che era successo, mi sembrava il modo migliore.
Una specie di ramoscello d'ulivo.
Avevo pure spostato il lettino dall'altro lato della piscina, più vicino alla villa e proprio sotto la sua finestra, per assicurarmi che mi notasse.
Di più, volevo che gli fosse chiaro che sapevo che mi stava guardando e che non mi dava fastidio.
Questo avrebbe posto di certo le basi per una nostra più rilassata comunicazione: ero convinta che se il ragazzo non avesse avuto paura di essere sgridato, certamente avrebbe acconsentito a parlare dell'argomento, nonostante la sua patologica timidezza.
C'era ovviamente un piccolo rischio in tutto ciò, il rischio, calcolato, che un ulteriore mia esposizione mi facesse prestare il fianco ancor di più nel caso Galvano o sua sorella stessero già operando per screditarmi.
Avevo tuttavia ritenuto che la presenza di Sebastiano in casa in quello stesso momento, seppure chiuso nel suo studio a lavorare, potesse essere una sufficiente assicurazione per me.
Sarebbe stato difficile sostenere che avessi tentato qualcosa di sconveniente mentre c'era lui in casa, nel peggiore dei casi, se accusata di qualcosa, avrei potuto nascondermi dietro il classico 'la malizia è nell'occhio di chi guarda' è passare semplicemente per donna poco accorta o al più affetta da un'innocua, altresi scoveniente eccesiva licenziosità di 'costumi'.
Rimasi stesa per circa due ore, fin quando insomma sentii la pelle comiciare a scottare.
Forse sarebbe potuto bastare anche meno, ma ritenevo di dover conservare le apparenze, per ogni evenienza.
Dopo aver rimesso il copricostume e raccolto le mie poche cose rientrai, diretta quanto più rapidamente possibile alla mia camera.
L'incontro con Angelica che usciva dallo studio di Sebastiano mi fece trasalire, tanto più per il modo inquisitorio e sprezzante in cui mi sentii squadrata.
Scrissi velocemente un nuovo bigliettino, che andai a infilare sotto la porta di Galvano con estrema circospezione, poi tornai in camera, mi spogliai e mi infilai sotto il getto volutamente ghiacciato della doccia.
Ammetto che mi elettrizzava non poco quel segreto tramare, l'immaginaria guerra fredda contro i miei futuri figli adottivi, dopo mesi tedio e alcool.
'Possiamo parlare un po' da soli? Non sono arrabbiata, Margherita.'
Semplice, diretto, ancora una volta scevro di dettagli incriminanti, più un piccolo tocco personale.
Sarebbe bastato?
Uscita dalla doccia già avevo la mia risposta.
Notai subito il rettangolo di carta bianco contro lo scuro del parquet della stanza.
'Domani mattina alle nove, bussa due tocchi per tre volte.'
Per quanto felice che il mio piccolo stratagemma avesse funzionato, la risposta mi lasciava decisamente perplessa.
Mi sarei aspettata che venisse a bussare alla mia porta, oppure che acconsentisse senza condizioni, non quel tipo di risposta.
Da un lato era forse prevedibile che un ragazzo così timido volesse che l'incontro, per lui probabilmente ancora piuttosto imbarazzante, si svolgesse in un posto che riteneva sicuro, dall'altro non comprendevo la necessità di attendere fino al giorno successivo ne tantomeno lo scrupolo della bussata in codice.
Cenai fuori con Sebastiano quella sera.
Una piccola tortura, dato che ogni qualvolta notavo una pausa più lunga del normale oppure un aggrottare di sopracciglia, temevo che stesse per rivelarmi che sapeva dell'episodio accaduto col figlio e dei bigliettini che gli avevo lasciato sotto la porta.
Quelle erano comunque prove tangibili, se messe insieme ad un racconto ben arrangiato dei fatti, potevano facilmente diventare la mia rovina.
In realtà quello che preoccupava Sebastiano quella sera era effettivamente il lavoro.
Lo soprii giorni dopo, quando notai il titolo sul quotidiano dei movimenti societari della sua principale azienda, la Integrated Synapsys Ark.
Una azienda rivale stava 'scalando' la compagnia a quanto pareva.
Questo stava mettendo a dura prova Sebastiano, dato che l'ISA era una sua creatura, fondata venti anni prima con l'aiuto del padre, ma da sempre gestita e curata in prima persona.
Era crescituta fino a diventare l'asset più rilevante del patrimonio di famiglia, sotto la sua guida illuminata.
La serata non fù un granchè, a discapito dell'ottimo cibo e dell'esclusiva location con vista sul mare.
Sia me che Sebastiano, per motivi diversi, avevamo poca voglia di parlare.
Il mattino seguente mi svegliai tardi.
Avevo preso l'abitudine di svegliarmi prima delle otto per fare una piccola corsetta da quando ero venuta a conoscenza del fatto che la pineta che costeggiava la villa su due lati era anch'essa di proprietà di Sebastiano.
L'aveva comperata per la privacy e per evitare che gli alberi venissero abbattui per costruire un complesso residenziale, poi ci aveva fatto tracciare un sentiero, giusto per fare qual passeggiata di tanto in tanto.
Erano le otto e quaranta quando guardai l'ora.
La corsa sarebbe saltata per quel giorno, con quel caldo non era pensabile di correre dopo le nove del mattino, anche se al riparo degli alberi.
Alma di solito mi preparava la colazione per le otto e trenta, le avevo comunque espressamente proibito di portarmela in camera, ancora restia a rinunciare a quella porzione di intimità.
Feci una doccia veloce, poi indossai l'intimo, dei pantaloni leggeri ed una camicetta di cotone.
Sarei dovuta andare subito a bussare alla porta di Galvano, ma mi convinsi che era meglio non saltare la colazione.
Sentivo di essere incastrata in un gioco di specchi e di apparenze che ancora non comprendevo appieno, mi preoccupava che Alma potesse notare la mia assenza e farsi delle domande, o peggio ancora, venire a cercarmi, vedermi uscire dalla stanza del ragazzo.
Una spremuta d'arancia e due fette biscottate integrali più tardi, alle nove e venti, ero di fronte alla porta di Galvano.
Bussai.
Ero in ritardo, lo sapevo, speravo che a dispetto della fiscalità delle sue istruzioni il ragazzo fosse più malleabile di persona.
Attesi.
Mi sentivo vulerabile ad attendere di fronte alla sua porta.
Sebastiano era già uscito, Alma era in cucina intenta nelle sue faccende, e Tea quasi certamente dormiva (benchè formalmente frequentasse la facoltà di Architettura, il suo bioritmo era più quello di una festaiola professionista, specie da quando era arrivata l'estate...), eppure il cuore mi batteva all'impazzata.
Lo scatto della serratura mi fece trasalire.
Rapidamente girai il pomello ed entrai nella stanza, ansiosa di levarmi dal corridoio.
Rimasi quasi accecata dalla luce che entrava dalla fiestra.
Galvano era seduto sulla stessa sedia girevole della volta precedente, vestito con un paio di pantaloni scuri ed una t-shirt rossa stavolta.
La stanza sembrava sorpedentemente pulita, ordinata quasi in modo manicale.
Un bel contrasto rispetto alla mia precedente visita...
Faceva caldo, le imposte e le tende erano completamente tirate, a dispetto di quello che ci si sarebbe potuto attendere da un recluso come Galvano.
Lui mi osserva con curiosità da dietro i suoi occhiali senza tradire particolari emozioni.
Mi resi conto che ero nervosa, che non sapevo come comiciare il discorso.
Fu una conversazione alquanto breve e ingessata, non saprei dire sè più a causa mia o sua.
Inizia scusandomi per essere entrata senza bussare in camera sua, promettendogli che in futuro avrei sempre atteso che mi desse il permesso prima di entrare, poi tentai di sciogliere l'imbarazzo.
"E' una cosa normalissima alla tua età, non ti devi vegognare... Ti assicuro che non hai sconvolto, non hai nulla che non abbia già visto mille volte... Per me comunque non è successo nulla, tuttavia credo che sarebbe imbarazzante se in casa si sapesse..."
Mi ricordo che accolse le mie parole con un espressione che era un misto di sorpresa e scetticismo, chiedendomi poi alla fine in modo quasi diverto e incredulo, se davvero ero preoccupata che lo raccontasse a qualcuno.
"Qui a casa non interessa a nessuno quello che ho da dire io, puoi stare tranquilla... E poi, anche se fosse, sarebbe stupido da parte, dato che non vorrei mai che questo di impedisse di continuare a prendere il sole liberamente..."
Poteva essere un punto complicato.
Cercai di barcamenarmi, ribadendo al contempo che non ero arrabiata perchè mi aveva spiato, che non mi dava fastidio e che lo trovavo un comportamento normale, dettato da impulsi fisiologici, e tentando di sfilarmi da quello che poteva rapidamente prendere i contorni di un sgradevole ricatto.
Galvano sembrava totalmente refrattario ai concetti di morale comune, di cosa fosse opportuno e cosa no, in modo quasi naif.
Lasciai la sua stanza con vago senso di inquietudine.
Era chiaro che si aspettava che continuassi a prendere il sole sotto la sua finestra, a lasciarmi guardare, dato che avevo affermato che la cosa non mi dava fastidio.
Mi domandavo se fosse saggio deludere questa aspettativa, dato comunque la sua ammissione di non voler rivelare l'increscioso episodio e il suo dirsi inascoltato dalla famiglia.
Era difficile immaginare che si sarebbe potuto spingere fino a concretizzare un vero e proprio ricatto, anche se la nostra conversazione gli aveva mostrato tutta la mia vulnerabilità a riguardo.
Dopo un paio di giorni di tentennamenti decisi che seppur il rischio che la situazione degenerasse fosse basso, le possibili conseguenze erano fin troppo catastrofiche per poter essere ignorate, specie se rapportate al piccolo sacrificio richiesto.
Dovevo solo comportarmi come se nulla fosse in fondo, seplicemente far finta di ignorare che Glavano fosse lì a guardarmi e curare la mia abbronzatura...
Il mio primo tentativo fù semplicemente di andare a bussare alla porta della sua stanza il pomeriggio seguente.
Provai diverse volte senza ricevere risposta alcuna prima di desistere, il rischio che qualcuno mi notasse era troppo grande.
L'unica giustificazione che avrei potuto addure, era che stavo cercando di approfondire la conoscenza dei figli di Sebastiano, ma anche a me pareva piuttosto debole come scusa.
In oltre, se fossi stata davvero giustificarmi così, avrei dovuto poi passare del tempo anche con Galatea, cosa che si sarebbe sicuramente rivelata problematica.
Provai allora a lasciare un bigliettino sotto la porta, dato che praticamente Galvano scendeva solo per la cena o per andare a scuola, momenti nei quali eravamo sempre in presenza di altre persone.
Tentare di parlare con lui sarebbe in quei frangenti sarebbe stato senza dubbio rischioso e molto probabilmente infruttuso.
Avevo scritto "Possiamo parlare di quello che è successo Domenica scorsa?", cercando di restare sul vago, di modo che il biglietto stesso non potesse diventare una prova contro di me.
Attesi una risposta per un paio di giorni, ma neache a dirlo anche quel tentativo si rivelò un buco nell'acqua.
Mano a mano che i giorni passavano, non riuscendo a parlare con lui la mia ansia cresceva irrazionalemente.
Quella che all'inizio sembrava una sciocchezza, due settimane più tardi mi pareva un'imminente catastrofe.
Non avevo ancora moltre frecce al mio arco.
Escludendo l'ipotesi di abbattere la porta della sua stanza (adesso si chiudeva pure a chiave...) e andare a prenderlo per il collo, mi rimaneva solo un'alternativa: cercare di stanarlo.
Mi restava da scegliere se farlo con le buone oppure le cattive...
Accarezzai per una paio di giorni l'idea di attendere che fossimo soli in casa e poi andare a bruciare un mucchietto di foglie secche davanti alla sua porta, urlando "Al fuoco, al fuoco!", ma alla fine realizzai che visto il risultato che volevo ottenere sarebbe stato meglio un approccio più soft.
Mi sarebbe bastato usare un po' di psicologia, che dopo tutto era la mia materia.
Il pomeriggio seguente, ricordo che faceva un già caldo midicidale per essere Giugno, attesi che la casa si quietasse dopo il pranzo.
Alma si era ritirata in cucina per rassettare e preparare la cena mentre Sebastiano s'era chiuso nel suo studio a lavorare da casa, come spesso soleva fare in quei giorni.
Tea sarebbe rientrata per cena, aveva i suoi orari, Bruno invece aveva approfittato per portare il Mercedes dal meccanico.
E Galvano, beh, lui ovviamente era chiuso nella sua stanza...
Presi il costume nuovo che avevo comprato per l'occasione e andai a cambiarmi nella mia stanza.
Era un due pezzi decisamente audace, come mai mi sarei sognata di indossare in altri casi.
Anzi a dirla tutta non credo che avrei mai potuto comprare qualcosa del genere se non fosse stato per un buon motivo.
Scesi in giardino, dovetti indossare un lungo compricostume per vincere il mio imbarazzo ad uscire nel corridoio.
Raggiunsi la piscina senza incontrare nessuno per fortuna, presi una delle sdraio e con un po' di fatica la spostai dove avevo stabilito.
Ebbi un momento di esitazione prima di scoprirmi, ma alla fine riuscii a farlo e a stendermi frettolosamente a pancia in giù.
Attesi, il sole rovente rapidamente prese a scaldare la mia pelle, specialnente quella poco abituata che di norma rimaneva coperta sotto i bordi del costume.
Decisamente scottarsi non faceva parte del piano...
Presi da terra la bottiglietta di filtro solare spray che avevo con me e mi diedi due abbondati spruzzate sulle natiche.
La spalmai prima con attenzione sulle strisce di pelle lattea e vulnerabile lasciate scoperte dal piccolo tanga, poi con lentezza e deliberata voluttà, disegnado larghi cerchi un gluteo per volta, mentre sbirciavo la finestra alle mie spalle.
Mi corse un piccolo brivido lungo la schiena quando notai l'atteso baluginare dietro di vetri oscurati dal sole.
Il pubblico era arrivato...
Mi stesi di nuovo a pancia sotto, sentivo il cuore battermi nelle orecchie.
Galvano era lì, mi guardava...
Era probabile che si stesse masturbando, come la volta scorsa...
Respinsi con forza l'immagine che avevo di quando l'avevo sorpreso e mi costrinsi all'immobilità a dispetto di un crescente quanto immotivato senso ilarità.
Il piano era piuttosto semplice...
Per riuscire a comunicare con Galvano, dovevo prima di tutto metterlo a proprio agio, tranquillizzarlo.
Mostragli che non avevo problemi a stendermi a prendere il sole in giardino dopo quello che era successo, mi sembrava il modo migliore.
Una specie di ramoscello d'ulivo.
Avevo pure spostato il lettino dall'altro lato della piscina, più vicino alla villa e proprio sotto la sua finestra, per assicurarmi che mi notasse.
Di più, volevo che gli fosse chiaro che sapevo che mi stava guardando e che non mi dava fastidio.
Questo avrebbe posto di certo le basi per una nostra più rilassata comunicazione: ero convinta che se il ragazzo non avesse avuto paura di essere sgridato, certamente avrebbe acconsentito a parlare dell'argomento, nonostante la sua patologica timidezza.
C'era ovviamente un piccolo rischio in tutto ciò, il rischio, calcolato, che un ulteriore mia esposizione mi facesse prestare il fianco ancor di più nel caso Galvano o sua sorella stessero già operando per screditarmi.
Avevo tuttavia ritenuto che la presenza di Sebastiano in casa in quello stesso momento, seppure chiuso nel suo studio a lavorare, potesse essere una sufficiente assicurazione per me.
Sarebbe stato difficile sostenere che avessi tentato qualcosa di sconveniente mentre c'era lui in casa, nel peggiore dei casi, se accusata di qualcosa, avrei potuto nascondermi dietro il classico 'la malizia è nell'occhio di chi guarda' è passare semplicemente per donna poco accorta o al più affetta da un'innocua, altresi scoveniente eccesiva licenziosità di 'costumi'.
Rimasi stesa per circa due ore, fin quando insomma sentii la pelle comiciare a scottare.
Forse sarebbe potuto bastare anche meno, ma ritenevo di dover conservare le apparenze, per ogni evenienza.
Dopo aver rimesso il copricostume e raccolto le mie poche cose rientrai, diretta quanto più rapidamente possibile alla mia camera.
L'incontro con Angelica che usciva dallo studio di Sebastiano mi fece trasalire, tanto più per il modo inquisitorio e sprezzante in cui mi sentii squadrata.
Scrissi velocemente un nuovo bigliettino, che andai a infilare sotto la porta di Galvano con estrema circospezione, poi tornai in camera, mi spogliai e mi infilai sotto il getto volutamente ghiacciato della doccia.
Ammetto che mi elettrizzava non poco quel segreto tramare, l'immaginaria guerra fredda contro i miei futuri figli adottivi, dopo mesi tedio e alcool.
'Possiamo parlare un po' da soli? Non sono arrabbiata, Margherita.'
Semplice, diretto, ancora una volta scevro di dettagli incriminanti, più un piccolo tocco personale.
Sarebbe bastato?
Uscita dalla doccia già avevo la mia risposta.
Notai subito il rettangolo di carta bianco contro lo scuro del parquet della stanza.
'Domani mattina alle nove, bussa due tocchi per tre volte.'
Per quanto felice che il mio piccolo stratagemma avesse funzionato, la risposta mi lasciava decisamente perplessa.
Mi sarei aspettata che venisse a bussare alla mia porta, oppure che acconsentisse senza condizioni, non quel tipo di risposta.
Da un lato era forse prevedibile che un ragazzo così timido volesse che l'incontro, per lui probabilmente ancora piuttosto imbarazzante, si svolgesse in un posto che riteneva sicuro, dall'altro non comprendevo la necessità di attendere fino al giorno successivo ne tantomeno lo scrupolo della bussata in codice.
Cenai fuori con Sebastiano quella sera.
Una piccola tortura, dato che ogni qualvolta notavo una pausa più lunga del normale oppure un aggrottare di sopracciglia, temevo che stesse per rivelarmi che sapeva dell'episodio accaduto col figlio e dei bigliettini che gli avevo lasciato sotto la porta.
Quelle erano comunque prove tangibili, se messe insieme ad un racconto ben arrangiato dei fatti, potevano facilmente diventare la mia rovina.
In realtà quello che preoccupava Sebastiano quella sera era effettivamente il lavoro.
Lo soprii giorni dopo, quando notai il titolo sul quotidiano dei movimenti societari della sua principale azienda, la Integrated Synapsys Ark.
Una azienda rivale stava 'scalando' la compagnia a quanto pareva.
Questo stava mettendo a dura prova Sebastiano, dato che l'ISA era una sua creatura, fondata venti anni prima con l'aiuto del padre, ma da sempre gestita e curata in prima persona.
Era crescituta fino a diventare l'asset più rilevante del patrimonio di famiglia, sotto la sua guida illuminata.
La serata non fù un granchè, a discapito dell'ottimo cibo e dell'esclusiva location con vista sul mare.
Sia me che Sebastiano, per motivi diversi, avevamo poca voglia di parlare.
Il mattino seguente mi svegliai tardi.
Avevo preso l'abitudine di svegliarmi prima delle otto per fare una piccola corsetta da quando ero venuta a conoscenza del fatto che la pineta che costeggiava la villa su due lati era anch'essa di proprietà di Sebastiano.
L'aveva comperata per la privacy e per evitare che gli alberi venissero abbattui per costruire un complesso residenziale, poi ci aveva fatto tracciare un sentiero, giusto per fare qual passeggiata di tanto in tanto.
Erano le otto e quaranta quando guardai l'ora.
La corsa sarebbe saltata per quel giorno, con quel caldo non era pensabile di correre dopo le nove del mattino, anche se al riparo degli alberi.
Alma di solito mi preparava la colazione per le otto e trenta, le avevo comunque espressamente proibito di portarmela in camera, ancora restia a rinunciare a quella porzione di intimità.
Feci una doccia veloce, poi indossai l'intimo, dei pantaloni leggeri ed una camicetta di cotone.
Sarei dovuta andare subito a bussare alla porta di Galvano, ma mi convinsi che era meglio non saltare la colazione.
Sentivo di essere incastrata in un gioco di specchi e di apparenze che ancora non comprendevo appieno, mi preoccupava che Alma potesse notare la mia assenza e farsi delle domande, o peggio ancora, venire a cercarmi, vedermi uscire dalla stanza del ragazzo.
Una spremuta d'arancia e due fette biscottate integrali più tardi, alle nove e venti, ero di fronte alla porta di Galvano.
Bussai.
Ero in ritardo, lo sapevo, speravo che a dispetto della fiscalità delle sue istruzioni il ragazzo fosse più malleabile di persona.
Attesi.
Mi sentivo vulerabile ad attendere di fronte alla sua porta.
Sebastiano era già uscito, Alma era in cucina intenta nelle sue faccende, e Tea quasi certamente dormiva (benchè formalmente frequentasse la facoltà di Architettura, il suo bioritmo era più quello di una festaiola professionista, specie da quando era arrivata l'estate...), eppure il cuore mi batteva all'impazzata.
Lo scatto della serratura mi fece trasalire.
Rapidamente girai il pomello ed entrai nella stanza, ansiosa di levarmi dal corridoio.
Rimasi quasi accecata dalla luce che entrava dalla fiestra.
Galvano era seduto sulla stessa sedia girevole della volta precedente, vestito con un paio di pantaloni scuri ed una t-shirt rossa stavolta.
La stanza sembrava sorpedentemente pulita, ordinata quasi in modo manicale.
Un bel contrasto rispetto alla mia precedente visita...
Faceva caldo, le imposte e le tende erano completamente tirate, a dispetto di quello che ci si sarebbe potuto attendere da un recluso come Galvano.
Lui mi osserva con curiosità da dietro i suoi occhiali senza tradire particolari emozioni.
Mi resi conto che ero nervosa, che non sapevo come comiciare il discorso.
Fu una conversazione alquanto breve e ingessata, non saprei dire sè più a causa mia o sua.
Inizia scusandomi per essere entrata senza bussare in camera sua, promettendogli che in futuro avrei sempre atteso che mi desse il permesso prima di entrare, poi tentai di sciogliere l'imbarazzo.
"E' una cosa normalissima alla tua età, non ti devi vegognare... Ti assicuro che non hai sconvolto, non hai nulla che non abbia già visto mille volte... Per me comunque non è successo nulla, tuttavia credo che sarebbe imbarazzante se in casa si sapesse..."
Mi ricordo che accolse le mie parole con un espressione che era un misto di sorpresa e scetticismo, chiedendomi poi alla fine in modo quasi diverto e incredulo, se davvero ero preoccupata che lo raccontasse a qualcuno.
"Qui a casa non interessa a nessuno quello che ho da dire io, puoi stare tranquilla... E poi, anche se fosse, sarebbe stupido da parte, dato che non vorrei mai che questo di impedisse di continuare a prendere il sole liberamente..."
Poteva essere un punto complicato.
Cercai di barcamenarmi, ribadendo al contempo che non ero arrabiata perchè mi aveva spiato, che non mi dava fastidio e che lo trovavo un comportamento normale, dettato da impulsi fisiologici, e tentando di sfilarmi da quello che poteva rapidamente prendere i contorni di un sgradevole ricatto.
Galvano sembrava totalmente refrattario ai concetti di morale comune, di cosa fosse opportuno e cosa no, in modo quasi naif.
Lasciai la sua stanza con vago senso di inquietudine.
Era chiaro che si aspettava che continuassi a prendere il sole sotto la sua finestra, a lasciarmi guardare, dato che avevo affermato che la cosa non mi dava fastidio.
Mi domandavo se fosse saggio deludere questa aspettativa, dato comunque la sua ammissione di non voler rivelare l'increscioso episodio e il suo dirsi inascoltato dalla famiglia.
Era difficile immaginare che si sarebbe potuto spingere fino a concretizzare un vero e proprio ricatto, anche se la nostra conversazione gli aveva mostrato tutta la mia vulnerabilità a riguardo.
Dopo un paio di giorni di tentennamenti decisi che seppur il rischio che la situazione degenerasse fosse basso, le possibili conseguenze erano fin troppo catastrofiche per poter essere ignorate, specie se rapportate al piccolo sacrificio richiesto.
Dovevo solo comportarmi come se nulla fosse in fondo, seplicemente far finta di ignorare che Glavano fosse lì a guardarmi e curare la mia abbronzatura...
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