Francesca trova il suo posto - capitolo III - Collana l'abisso e l'inferno

di
genere
dominazione

Cinque anni prima.
La puledra trottava e sgroppava, sudava e rompeva, il Padrone implacabile la frustava senza pietà. – Su bella, manda quelle ginocchia in alto e mantieni il ritmo. – La puledra stava impazzendo dalla fatica, erano due ore che il suo Padrone la stava massacrando facendola trottare e tirandola per le briglie che passavano tra gli anelli di tutti i punti più sensibili del suo corpo, sentiva dolori lancinanti ai capezzoli ed al clitoride, mentre le grandi labbra stavano diventando insensibili. Trainare un calesse era stato il suo sogno, ed ora lo stava realizzando, ma il prezzo da pagare, se ne stava rendendo conto, era molto alto. Finalmente lui la mise al galoppo e lei poté liberare la sua potenza in una corsa selvaggia e rabbiosa. – Brava, brava, corri, corri, diventerai una campionessa. La mia campionessa. – Ed Helga corse come mai nella sua vita. Era in addestramento da una settimana e sentiva il suo corpo diventare ogni giorno sempre più forte, pronto e scattante, come mai prima.

Oggi.
Si chiamava Helga, il nome faceva pensare ad una giunonica, bionda e nordica, dominatrice. Niente di più sbagliato. Era una puledra. Alta era alta. Centoottantacinque centimetri al garrese, pardon, dalla testa ai piedi, scalza. Bardata arrivava a quasi due metri, e di nordico non aveva niente. Non era solo alta, era anche robusta, mora e di carnagione scura, due grosse tette ed un viso spigoloso, ma non brutto, diciamo interessante. Atletica, tutta nervi e muscoli, con un corpo scolpito, muscoli lunghi e forti, senza molte curve, ma armonioso. Il fisico di una ex atleta che aveva gareggiato ad alti livelli fino a venticinque anni. Il Master l’aveva conosciuta trentenne, ora ne aveva quasi trentacinque, ma era sempre in ottima forma. Helga non parlava, il Master non conosceva la sua voce, così aveva voluto lei. Si scambiavano sms o mail e così avevano preso tutti gli accordi iniziali e quelli che servivano di volta in volta.
Era già lì, al cancello della tenuta toscana che li attendeva scalpitante in una tarda e splendida mattinata di fine settembre. Quando il Master scese dalla macchina per aprire il cancello si rivolsero un cenno di saluto, neanche una parola, poi lei montò in macchina e seguì quella del Master giù per la valletta verso la casa. Su un’aia si affacciavano la casa Padronale, la casa della coppia asiatica che lavorava per il Master, una ex stalla che ora faceva da magazzino e una piscina, La strada continuava fino al mare, la discesa dal cancello al mare era quasi sempre dolce, tranne il tratto iniziale e quello finale e misurava circa un chilometro. Questa strada era attraversata, verso la metà, da un’altra, perpendicolare a questa che era lunga circa un paio di chilometri, poi c’erano innumerevoli sentieri. Sopra questa strada c’erano gli ulivi, sotto il vigneto che scendeva fino a poche decine di metri dal mare. Parcheggiarono le macchine, la mora scese dalla sua e seguì il Master verso le stalle, mentre Anna, Kristine ed Ely sparivano in casa. Dentro la stalla Helga si spogliò ripose ordinatamente la tuta che indossava in un armadietto e poi nuda seguì il Master verso uno stallo e la sua annuale trasformazione ebbe inizio, da donna a ponygirl. In parte donna, in parte puledra e comunque ridotta allo stato di bestia. Per due settimane, finimenti a parte, sarebbe rimasta sempre nuda.
I polsi le vennero legati dietro le spalle, in basso ed un collare con un lungo guinzaglio le venne applicato al collo, l’altra estremità legata ad un gancio. A terra c’era un giaciglio. L’ambiente non era né caldo, né freddo, era fresco. Comunque sul giaciglio era adagiata una coperta. Di lato, in un altro stallo, ce ne era un alto e quella era una novità. Quel rito veniva eseguito una volta all’anno ormai da cinque anni.
Per i primi tre anni Helga accettò solo la presenza del Master, al quarto anche quella di Kristine ed Anna. Quest’anno sarebbe stato diverso, ci sarebbe stata molta gente. Ma il Master l’aveva rassicurata con una mail in cui spiegava tutto. – Ho la situazione sotto controllo e tutti faranno quello che dico io. – Era anche la ragione per cui aveva invitato solo il tamarro e Carlo e non altri amici. Sui ragazzi sapeva di avere un ascendente e che avrebbero assecondato i suoi desideri fin nei dettagli. Lei aveva risposto con un’altra mail – mi fido di lei e da lei accetto di essere usata anche sessualmente, ma da nessun altro. Se ritiene che altri mi debbano usare come pony mi rimetto al suo volere. – Tranne l’ultima, che era una novità, erano condizioni già acclarate, ma lei ci tenne a ribadirle e lui a confermarle.

Il Master sapeva che continuava ad allenarsi e si teneva in forma, per il resto non sapeva niente di lei, neanche se era sposata e viceversa lei non aveva voluto sapere niente di lui, tranne che doveva avere un posto adatto, un carattere d’acciaio, e che gli doveva piacere quel gioco particolare. Helga era una purosangue, si muoveva con grazia felina e con la potenza di una giumenta nel pieno delle sue forze.
Lei ogni anno si recava lì solo per quel gioco e per una settimana, tranne la prima volta. La prima volta avevano passato da soli ben un mese intero. La ragione era che entrambi dovevano imparare quel gioco e che lei aveva davvero bisogno di essere domata ed addestrata. Helga non era facile, voleva fare quel gioco, ma la prima volta fu dura, fino a che il Master non la domò imponendole il suo totale dominio.
Anche questa volta sarebbe stato diverso, le settimane sarebbero state due. Lei si consegnava nelle sue mani. Si mettevano d’accordo per mail circa un mese prima, di solito il Master arrivava qualche giorno prima per i preparativi, questa volta erano arrivati insieme. Giorno più o giorno meno i due si vedevano dopo la vendemmia e prima della raccolta delle olive. Sul finire dell’estate o l’inizio dell’autunno. In quel periodo la coppia asiatica approfittava della pausa, per andare a trovare dei parenti dalle parti di Roma.

Cinque anni prima.
La prima volta la puledra aveva inviato un ultimo messaggio prima dell’incontro. “Il mio corpo, per l’occasione, è inanellato. Qualche giorno fa sono andata da uno specialista e me li sono fatti mettere. Prima di andare via li leverò. Ho due ampi anelli sui capezzoli e degli anelli più piccoli sulle grandi labbra e sul clitoride. Spero che lei ne sappia fare buon uso.” Lui rispose con un semplice ok. Certo che questa schiava è molto strana pensò.
Lui quando arrivò la guardò gelido, intuiva che con quella donna doveva essere duro e doveva farsi rispettare, il rischio era che quell’esperienza scadesse in una farsa, mentre lei, ed anche lui, volevano una cosa seria. La condusse nella stalla senza una parola e senza un sorriso. Lei sembrava impassibile, ma più volte si domandò se non era meglio chiuderla lì e tornarsene a casa. Poi si riscosse, mai pensò, l’ho desiderato tanto e forse ho anche scelto la persona giusta, almeno il posto è molto gradevole si disse. Poi si spogliò e si consegnò a quello che per un mese sarebbe stato il suo padrone assoluto. Sarebbe dipesa da lui in tutto e per tutto.

Il corpo nudo di Helga era magnifico e quegli anelli che adornavano il suo corpo erano stupendamente funzionali. Il Master ne era incantato, aveva studiato per poterla addestrare nel migliore dei modi e aveva acquistato i migliori finimenti.
Lei si era spogliata ed ora era nuda. Nessuna parola era stata scambiata. Poi lui la toccò e lei si irrigidì, ma non si sottrasse. Lui iniziò a bardarla e mentre lo faceva l’accarezzava e la blandiva come una bestia, lei iniziò a rilassarsi, ma era sempre molto guardinga. Poi le lego le mani dietro la schiena, molto in alto, praticamente sotto le scapole. Gli ci volle un po’ di tempo per bardarla, era la prima volta, nei giorni successivi ci mise molto meno.

Helga viene bardata con tutti i finimenti. Le stringhe che univano il morso alle redini scendevano verso il basso passando negli anelli dei capezzoli e poi ancora giù verso le grandi labbra, passando sempre per gli anelli e infine si ricongiungevano nell’anello che le era stato applicato al clitoride. Quando le mise il morso di cuoio in bocca lei scosse la testa ed ebbe la sua prima ribellione. Lui le strinse indice e pollice sul naso, lei aprì la bocca e lui inserì il morso. Poi la tirò per le cinghie e seno e fica si tesero dolorosamente. Lui le parlò come ad una bestia, non si aspettava nessuna risposta che infatti non ci fu. – Questo sistema non sarà necessario quando avrai imparato ad obbedire prontamente ai comandi - le disse il Master, - inizialmente è molto utile per controllarti meglio e lo applicheremo ogni volta che sarà necessario. – Lo era, ogni strattone alle redini si trasmetteva dolorosamente alla bocca della puledra e contemporaneamente ai suoi capezzoli e giù fino al clitoride. Helga lo sapeva e sapeva che non le conveniva ignorare quei comandi. E soprattutto capì che quel Master, anche se era la prima volta, che usava una puledra non l’avrebbe delusa. Da quel momento si sentì in buone mani e si affidò a lui con fiducia. Ma essendo anche per lei la prima volta ed essendo ribelle di natura non fu per niente facile. Il fatto che desiderasse diventare una puledra facilitava il compito solo in minima parte, come donna era testarda e bisbetica, come novizia era inquieta e recalcitrante. Dopo mezz’ora che era arrivata era comunque impotente e pronta per la sua prima lezione. Le calzature alte e senza tallone erano incredibilmente instabili, fino a quando non capì quale era la postura corretta. Anche lei aveva studiato, ma un conto era la teoria ed un’altra la pratica. Il Master le sussurrò – vedrai sarà dura, ma imparerai. -

La puledra voleva collaborare, l’aveva voluto lei, ma un conto era la fantasia ed un altro la realtà. Malgrado la buona volontà oppose una tenue resistenza, ma bastarono alcuni strattoni alle redini che si trasmisero attraverso le cinghie collegate a tutti gli anelli di cui era stata adornata e qualche frustata per convincerla ad entrare tra le stanghe del sulky. Ora Helga sudava ed ansava, si sentiva impotente ed avvilita, ma sgroppava. Il calesse ad un posto che trainava era molto leggero, le ruote erano ben oliate e giravano che era una bellezza. Il Master non le aveva dato molto tempo per riflettere, era già alle stanghe, al lavoro. Master Daniele le aveva spiegato cosa voleva da lei. – E’ semplice. Inizieremo al passo, poi ti metterò al trotto. Voglio vedere le tue ginocchia salire molto in alto, poi avremo un trotto veloce ed infine il galoppo. Poi ritorneremo al passo e così via. Per tutta la mattinata. –
In verità per più di un’ora Helga aveva solo camminato, era incerta e malferma, temeva ad ogni passo di cadere da quelle particolari calzature, ma poi riuscì a muoversi con una certa sicurezza e quindi Master Daniele la fece trottare per qualche minuto prima di rimetterla al passo. La volta successiva la fece trotterellare più a lungo e così via fino a quando la puledra non imparò a correre su quelle strane e pesanti calzature che lasciavano delle nitide tracce a ferro di cavallo sul terreno. Inizialmente, quando si era ritrovata tra le stanghe, si era rifiutata di trainare il calesse, quella volta Master Daniele la colpì sulle natiche con un pungolo. Quando Helga si mosse non lo usò più, ormai bastavano la frusta e le redini per farle fare tutto quello che voleva.

Helga era stanca, ma stringeva i denti sul morso rivestito di cuoio, perdeva bava dalla bocca e ciò l’imbarazzava non poco, ma continuava a trottare incitata dal suo istruttore. – Hop, hop, hop... – Ogni tanto si sentiva anche la frusta, uno schiocco sopra la testa della puledra che chinava la schiena e riprendeva a trottare con maggior lena, qualche volta la frusta l’accarezzava sulle spalle o sulle natiche, la puledra annaspava e cercava di capire dove aveva sbagliato.
Helga ripensava a quello che era successo solo qualche ora prima, quando Master Daniele nel sistemarle i finimenti l’aveva accarezzata bonariamente sul seno e sulle cosce e lei si era irrigidita. Pensava che per lei sarebbe stato facile realizzare quella fantasia, ma non era stato così. Per fortuna lui era un uomo sicuro e determinato, altrimenti avrebbe già abbandonato. Non le stava lasciando scampo, lei aveva detto che voleva essere trasformata in una ponygirl e ora lo sarebbe diventata anche a dispetto delle sue tardive ritrosie. Mentre l’accarezzava le parlò tranquillamente. – Vedrai che apprezzerai le mie carezze, non ne potrai fare a meno, saranno una delle poche gratificazioni giornaliere che avrai in questo mese. Quando non ti accarezzerò vorrà dire che non sono soddisfatto di te e dovrai temerne le conseguenze. Ti insegnerò come comportarti quando un padrone ti farà delle coccole. – La puledra capiva, ma sapeva che comunque si sarebbe ribellata.
Correre con le mani legate dietro la schiena e soprattutto con quegli stivali non era semplice, ma la frusta era un buon argomento e la puledra imparò velocemente. Soprattutto imparò a convivere con quegli stivali, inizialmente si mosse barcollante e ridicola, poi capì che doveva modificare tutta la sua postura. Doveva tenere la schiena diritta, la pancia in dentro, il petto in fuori ed il culo proteso indietro. Infine imparò che una puledra deve correre in modo totalmente diverso da come può correre una donna o un uomo. Già al secondo giorno diede netti segni di miglioramento e quella postura iniziò a diventarle naturale. Il calesse era in verità molto leggero e maneggevole. Il peso maggiore era quello dell’uomo, ma su quelle ruote perfettamente oliate era facile da trasportare. Più avanti la puledra sarebbe stata sellata e montata sul dorso, ma era ancora presto. Quello a cui era legata in quel momento era un calesse da passeggio, per una sola persona, quello che veniva utilizzato anche per le corse, quindi una cosa facile. Le mani e le braccia della puledra non erano mai libere, in alto o in basso, di dietro o davanti e quasi sempre indietro ed in alto, erano sempre incatenate. Anche quando mangiava, beveva o dormiva. Master Daniele la guidava dolcemente, le redini venivano tirate raramente e solo quando Helga non capiva immediatamente. Il suo istruttore è paziente, mai malevolo, la tratta come una puledra, e a questo si sta abituando.

Ogni mattina Helga si sottopone alla lunga trafila delle operazioni più comuni. Il Master le fa indossare i lunghi guanti dotati di tanti piccoli anelli, poi le porta le mani dietro alla schiena e la immobilizza. Quindi le fa indossare gli stivaletti e la porta alle latrine, infine la fa bere e mangiare. Al Master quelle operazioni non facevano molto piacere, avrebbe preferito avere una serva a disposizione e rifilarle a lei, ma non era stato possibile, Helga non aveva voluto altre presenze. Più piacevole era quando la spalmava di creme ammorbidenti e protettive. Helga aveva un bel corpo e per lui era eccitante prendersene cura, la desiderava, ma riteneva che fosse ancora presto per usarla. Riteneva che un rapporto più intimo in quel momento avrebbe distorto il loro rapporto uomo bestia. Infine la bardava di tutti i finimenti. I finimenti sono molto diversi gli uni dagli altri, quello più classico si compone di una robusta panciera con molti e robusti anelli da cui poi partono le più diverse fibbie di cuoio e pelle. Gli anelli più grossi vengono utilizzati per collegare la puledra al calesse. Molto importanti sono le fibbie che sostengono le mammelle, queste sono sempre scoperte, ma sempre sostenute per evitare che ballonzolino più del necessario durante la corsa. Per ultima viene applicata la coda. Il Master il primo giorno, mostrandola alla puledra, le fece vedere che era dello stesso colore dei suoi capelli e le fece anche capire che se non si comportava bene c’era un modo più crudele per applicarla sul suo corpo. La puledra tremò ed arrossì, la coda le fu applicata al retro della panciera. Infine ci sono le cinghie più importanti, quelle che le cingono la testa e che sono collegate al morso ed alle redini. Spesso, ma non sempre, non le vengono neanche risparmiate le campanelline applicate agli anelli dei capezzoli, qualche volta indossa anche il pennacchio. Infine, quando la puledra è pronta lui la porta fuori sulle piste o sul prato. Dal momento del risveglio a quando vanno fuori generalmente passano un paio d’ore, tutte le operazioni sono pianificate con cura e svolte meticolosamente.
La puledra corre per due o tre ore la mattina ed il pomeriggio.
La sera si ripetono tutte le operazioni inverse. In più viene portata nel locale docce per una breve, ma gratificante pulizia, che la ripulisce dal sudore e dalla polvere accumulata durante la giornata. La doccia riguarda in particolare le parti intime della puledra, per quello ormai dipende totalmente dal Padrone. La puledra, man mano che passa il tempo, sente che per ogni necessità, dalla sua pulizia a quella del suo box, dal mangiare al dormire, ha bisogno del Padrone. Helga è diventata riconoscente, ormai ha imparato a non farlo più arrabbiare ed obbedisce prontamente agli ordini. Helga ormai conosce perfettamente il luogo, le piste ed i sentieri su cui si allena correndo senza risparmiarsi e la stalla dove dorme, mangia ed il Padrone si prende cura di lei. Ormai è entrata nella routine, la mattina viene portata alle latrine, poi mangia, quindi viene massaggiata con creme protettive, ed infine viene bardata con i dovuti finimenti. La puledra, in ognuna di queste fasi è sempre immobilizzata per costrizione e per consentire al Padrone di poter operare con tranquillità. Quando mangia è messa in ginocchio davanti al trogolo e le mani vengono incatenate ad una sbarra fissata al pavimento. Quando viene massaggiata viene fatta piegare e legata con il guinzaglio ad un gancio fissato al pavimento. Quando viene bardata è legata per capezzoli ad un anello al muro e con i polsi inchiavardati dietro le spalle. Nella sala doccia di solito la puledra viene legata con le mani sopra la testa, in modo che il Padrone possa lavarla con comodo accedendo in libertà ad ogni parte del suo corpo.
Durante tutte queste operazioni il Padrone accede al suo corpo anche intimamente, molto intimamente: seno e capezzoli, fica e culo. Inizialmente a questi contatti lei si irrigidiva ed arrossiva, poi man mano che i giorni passavano si rilassò, infine tutti quei toccamenti e quegli sfioramenti la eccitarono. Quando però vide che lui si mostrava professionale ed imperturbabile si arrabbiò. Più lei smaniava e più lui si mostrava distante e distaccato. Non gli piaccio pensò, mi usa solo come una puledra, non farà mai sesso con me. Non era vero, al Padrone piaceva ogni giorno di più e se la voleva fottere, ma prima doveva domarla e farla sentire una giumenta.
Anche se non dimostrava, ma lo sentiva, desiderio verso la sua puledra, il Padrone mentre le spalma le creme le fa capire che si deve offrire, che quando il padrone la tocca tra le gambe lei le deve allargare. Non platealmente, ma quello che serve perché il Padrone, possa accedere alle sue parti intime. Il seno poi deve essere sempre offerto e le natiche sempre protese verso una carezza. Quando riceve una carezza o una coccola si deve dimenare felice e magari deve agitare la coda. Tutte queste spiegazioni solo in parte sono esplicite, più delle volte passano per incoraggiamenti e tocchi appropriati. Il Padrone le mette una mano tra le gambe e spinge la mano tra le cosce della puledra fino a quando lei non è costretta ad allargarle. – Solo un po’. Brava, così, vedi è facile. - La puledra all’inizio si vergognava e si ribellava, faceva finta di non capire, ma il Padrone quando è necessario ha sempre un frustino vicino o un guinzaglio con cui tirarla per i capezzoli o per il clitoride e quando è arrabbiato sa come punirla. Una notte la legò per tutti i suoi anellini e la costrinse a dormire in piedi. Guai a lasciarsi andare in quelle condizioni. Una sola notte fu più che sufficiente per piegarla. Dormire sdraiata sul giaciglio le sembrò la cosa più desiderabile del mondo. Dalla mattina dopo la puledra non si oppose più, anche perché il Padrone in fondo non diede mai modo di voler usufruire delle sue grazie e quello per la puledra iniziò ad essere un mistero. Le creme che ammorbidiscono il corpo della puledra lo rendono anche scintillante e bello, le parti intime appaiono costantemente lucide e lubrificate. Spesso, anche durante gli allenamenti, la puledra si sente eccitata e le sue parti intime secernono umori e con essi odori inconfondibili. La puledra arrossisce di vergogna, poi piano piano si abitua anche a quello e continua a correre, corre sempre più veloce per la gioia del suo Master. La puledra ora sta bene, ha finalmente ottenuto quello che voleva. No, ancora no, non tutto quello che voleva. Vuole essere montata, non capisce perché il Master glielo nega, non si ritiene così brutta.


La puledra, dopo le schermaglie iniziali, ha imparato ad apprezzare il suo Padrone, desidera che si prenda cura di lei. Che l’accarezzi con amore mentre le spalma la crema o che le allacci i finimenti nel modo giusto, non troppo molli, ma neanche troppo stretti. Il padrone è contento della sua puledra. Ogni mattina la massaggia con le creme più profumate e non trascura neanche un centimetro del suo corpo, sulle parti intime e sulle mammelle ci mette particolare attenzione. Sotto quelle carezze Helga freme, i capezzoli rizzano e le mammelle si gonfiano, la vagina stilla qualche gocciolina di piacere e l’ano si dischiude malinconicamente. Anche quando il Padrone le mette addosso i finimenti, La puledra gode del suo tocco sicuro e leggero. Il Padrone sa che potrebbe giocare a lungo con quel corpo che ormai si consegna arrendevole e facile nelle sue mani, ma si è ripromesso di controllarsi. Per i primi quindici giorni Helga non deve godere. A Helga non è ovviamente neanche possibile masturbarsi, soffre, vorrebbe farlo, almeno quello, ma quando è sola ha sempre le mani legate in modo che non possa farlo. Pensa che sarebbe degradante, ma è giovane e vorrebbe trovare uno sfogo. Più volte l’ha fatto capire al Padrone. Quando lui la tasta tra le gambe, lei dopo le prime volte, in cui per vergogna e dignità le ha tenute strette, e dopo aver imparato che doveva allargarle, ha infine sempre atteso trepidante qualcosa di più del semplice massaggio, ma il Padrone glielo ha sempre negato. Per lei è dura, ma poi corre e dimentica tutto e la sera è molto stanca per pensare ad altro.

Sono passati solo quindici giorni ed Helga è diventata un’altra, a lei sembra che siano passati mesi, d’altra parte ha anche perso la nozione del tempo, la routine e l’addestramento l’hanno assorbita completamente. Si ricorda solo della prima notte da incubo, quando dopo averla fatta mangiare il Padrone spense la luce e chiuse la porta della stalla. Non era una frignona, anzi aveva carattere, ma quella notte voleva piangere. Poi sentì l’auto che risaliva la collina e si allontanava. Dove va? Pensò, e se gli succede qualcosa, chi mi libererà? Scacciò quei pensieri, ma era dura, voleva compagnia. Le notti successive era troppo stanca per pensare e dopo il pasto si sdraiava e dormiva, la routine iniziava all’alba: latrine, pasto, massaggi, vestizione ed addestramento.

Oggi.
Dopo averla sistemata il Master l’ispezionò come un animale, il suo animale preferito, le passò le mani sulle cosce e sui polpacci per sentire la sua forza, poi sul suo seno e sui capezzoli, tirò leggermente gli anellini che ogni volta la puledra indossava per l’occasione, indugiò un attimo sulla sua fica e la puledra vibrò al contatto, i muscoli tesi fino ad un attimo prima si sciolsero e lei per qualche secondo tremolò sulle gambe, poi si ricompose sotto lo sguardo compiaciuto del Padrone che le passò un dito tra le labbra e sulla chiostra dei denti. Il Master era soddisfatto. Le diede un’ultima strizzata alle tette ed uscì lasciandola sola e leggermente eccitata. Piena di aspettative per i giorni che sarebbero venuti.
– Ci vedremo nel primo pomeriggio – le disse come parlando a se stesso e chiudendo la porta della stalla.



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2018-10-23
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