Il Sicario - capitolo 2 - Collana Il Dravor Vol. 4
di
Koss
genere
dominazione
Kim era diventato un uomo molto ricco in pochi anni, grazie alle sue particolari abilità e con l’aiuto determinante di Vick. Lui non era portato per gli affari e per quello aveva delegato tutto a lei, d’altra parte le entrate invece dipendevano, almeno nei primi anni, da quello che lui sapeva fare. Poi negli anni successivi, la ricchezza aveva generato altra ricchezza grazie all’acume della kalsna.
Quando erano arrivati a Kuanta Kim aveva sette cavalli, un mulo ed un po’ di soldi. Vendette i cavalli che aveva sottratto ai banditi ed il mulo e con un altro po’ di soldi comprò una casetta alla periferia di Kuanta che Vick, spaccandosi la schiena, rese abitabile.
Vick pensava che i soldi del suo Padrone prima o dopo sarebbero finiti, ma lui non accennava ad intraprendere nessuna attività. Con quello che sapeva fare, pensava la kalsna, poteva intraprendere la carriera militare, in pochi anni sarebbe diventato un kars, forse anche un rok, non sarebbe mai diventato un row, per la carica più alta erano necessari intrighi e relazioni che, la kalsna intuiva, non erano nel suo carattere. Ma lui non faceva niente di tutto ciò.
Se al nord i banditi erano un’eccezione, nella provincia di Kuanta, nonostante i controlli e la presenza dei militari e della milizia, a volte asfissianti, i banditi abbondavano. Lì c’era la ricchezza e c’era il divertimento, tutto quello che i banditi cercavano. Erano cauti perché se venivano presi venivano impiccati, praticamente senza neanche essere processati.
Lui era andato per tutto il giorno a caccia, fuori Kuanta la selvaggina era abbondante anche vicino alla città, senza la presenza delle armi da fuoco tutte le specie si stavano rapidamente espandendo, anche quelle feroci, come i leoni ed i leopardi, solo gli elefanti si tenevano lontani dalla città. All’imbrunire tornava a casa con due lepri e la pelliccia di un leone. Il suo cavallo scalpitava, la sola presenza della pelliccia lo stava facendo impazzire.
La pelliccia aveva un certo valore, certo era meglio se fosse stata di leopardo, ma la giornata era stata comunque fruttuosa. Era l’imbrunire ed era a pochi chilometri da Kuanta quando sentì grida ed il clangore di spade.
Una carrozza era accerchiata da una decina di banditi tutti a cavallo, gli uomini della scorta, anche essi a cavallo, erano solo quattro e stavano soccombendo, uno era stato colpito a morte proprio in quel momento.
Kim non ci pensò un attimo. Spronò il cavallo e si buttò nella mischia.
Nel primo minuto uccise due banditi, sul primo piombò da dietro e lo infilzò alle spalle, questi stava nella retroguardia e gli altri non si accorsero di niente, in un istante fu addosso al secondo che con la coda dell’occhio lo scorse, tentò di girare il cavallo, ma prima di riuscirci era già morto, Kim lo aveva trafitto al petto. A quel punto tutti i banditi avevano preso atto che sulla scena c’era un nuovo combattente. In tre si avventarono su di lui allentando la pressione sulla scorta. Kim non si fece impressionare, erano in tre, ma non erano granché e nell’attaccarlo si erano sgranati, falciò il primo ancora sullo slancio e affrontò il secondo, intanto gli uomini della scorta ne avevano messo fuori combattimento altri due. Ormai erano in condizioni di parità ed i banditi capirono che quella era una serata storta, una serata in cui non avrebbero guadagnato niente e molto probabilmente sarebbero morti. Se la svignarono. Sul terreno c’erano cinque banditi morti ed un uomo della scorta anch’esso morto. Kim mise il cavallo al passo e si avvicinò alla carrozza. Sulla carrozza c’era il più grande feudatario della regione di Kuanta, uno degli uomini più ricchi del Dravor. Con lui c’erano la sua amante e la loro figlia. L’uomo si affacciò al finestrino, era un nero alto e prestante, poteva avere cinquanta anni, ma era in splendida forma, gli sorrise tirando un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. – Devo ringraziarla, probabilmente ci avrebbero rapiti e avrebbero chiesto un riscatto. –
Kim guardò attraverso il finestrino, la donna era una quarantenne molto bella e riccamente vestita, una bionda statuaria e stupenda. La figlia era uno splendore, non aveva ancora venti anni, era una mulatta che aveva preso il meglio sia della madre che del padre.
Kim pensò che i banditi non solo avrebbero chiesto un riscatto, ma si sarebbero anche divertiti parecchio con quelle due. Il volto della donna era bianco come il gesso, la paura era ancora tutta su di lei. La giovinetta invece gli sorrise, aveva denti bianchissimi e occhi meravigliosi, lei la paura l’aveva già messa alle spalle e manifestava una certa eccitazione, lo scampato pericolo su di lei faceva quell’effetto. Kim ricambiò il sorriso, come le aveva detto Vick quella cicatrice gli donava. Lui non ne era così sicuro, ma sembrava che su certe ragazze facesse il suo effetto.
- Lei sa chi sono? –
- Sì, - rispose Kim, - lei è un uomo famoso. –
La donna si riprese. – Ci deve scusare, ma siamo ancora sconvolti. Venga domani sera a cena da noi… troveremo il modo per ringraziarla adeguatamente. – La ragazza non disse niente, ma parlarono i suoi occhi. Approvava incondizionatamente la proposta della madre.
Kim assentì e sorrise alla ragazza, non era tipo da fare complimenti, era ancora euforico per lo scontro e quella ragazza lo attirava come una calamita, non avrebbe rinunciato a quella cena per nulla al mondo. – A domani sera. –
La carrozza si allontanò con la sua scorta ed il morto adagiato di traverso sul suo cavallo, Kim perse un po’ di tempo per raccogliere i cinque cavalli dei banditi morti. Bottino di guerra, era stata una serata fruttuosa. I cavalli li portò alla scuderia e incaricò il gestore di venderglieli.
Quando rientrò nella sua casetta alla periferia di Kuanta era tardi, ma lui non era stanco, anzi era abbastanza baldanzoso.
Vick l’aveva aspettato, in quei primi mesi aveva imparato a mettere in tavola qualcosa, ma quello non era sicuramente il suo mestiere ed i risultati purtroppo si vedevano o meglio si facevano sentire.
Quella sera Kim non si lamentò del rancio, anzi iniziò a raccontare, certo omise di dire che la mulatta era bellissima, ma per il resto raccontò tuto, era giustamente orgoglioso.
Vick però capì che c’era dell’altro. – Domani sera vengo con te! –
- Non essere sciocca – rispose lui aspro, - hanno invitato me e non me con la mia schiava. –
- Vengo. –
- Se vieni sarai umiliata, ti metteranno a tavola con gli schiavi. –
- Le kalsna vanno a tavola con i loro padroni – rispose tosta lei.
- No! – rispose lui. – Le kalsna accompagnano i Padroni in società, ma stanno al loro posto, non le mandano a lavare i piatti, ma mangiano per conto loro e non si siedono a tavola con i Padroni. E poi tu non sei una kalsna, non hai i vestiti giusti e noi non abbiamo una carrozza per presentarci in modo adeguato. Finiresti in cucina a lavare le pentole. Non puoi venire. –
Era vero, Vick era disperata, aveva conosciuto tante donne libere, intelligenti meno della metà di lei, e quelle potevano comandarla. Ma Kim aveva ragione, se ne rese conto, però non voleva darsi per vinta.
- Com’è la figlia – chiese a bruciapelo.
- Che centra la figlia? – rispose lui guardingo.
Vick si rese conto di aver fatto centro. La gelosia iniziava a roderla. Prima o dopo, pensava, qualcuna di queste puttane ricche e libere me lo porterà via. Cambiò ancora argomento sconcertandolo.
- Prometti che non mi venderai mai! –
- Ma sei impazzita, come ti vengono queste idee. –
- Prometti! – Vick stava per mettersi a piangere.
Kim si rese finalmente conto che era disperata. – Prometto! Ma devi sapere che non mi è mai passato per la testa. –
- Tu ti metterai prima o dopo con una di queste donne, come questa ragazza e io non so che fine farò. –
Kim sospirò. – Non so quello che farò, ma tu rimarrai sempre con me. Ed hai ragione, devi diventare una kalsna, ma per ora non ho i soldi per mantenerti a quel livello. –
Vick si rabbonì e cambiò discorso ancora una volta.
- Era meglio se li avessero rapiti – disse a mezza voce Vick. Lui la guardò interdetto e lei continuò come parlando a se stessa. – In quel caso avresti chiesto il venti, meglio il venticinque per cento, del riscatto per liberarli e saremmo diventati benestanti. –
Non li avevano rapiti, ma Kim capì come dovevano essere impostati gli affari. Vick era davvero preziosa.
Quando andarono a letto Vick gli saltò addosso. Era sempre molto passionale e intraprendente, quando lo voleva se lo prendeva, Kim fin dalla prima volta che l’aveva presa era sempre sconcertato di quanto lei lo desiderasse e di quanto fosse disinibita nel darsi e nel prendere. Era vergine e non aveva nessuna esperienza, ma l’istinto la portava ad essere molto attiva. Aveva aspettato la sua prima mossa, perché quella toccava a lui, ma una volta che lui l’aveva baciata, lì, sotto le coperte, nel veld, all’aria aperta e sotto un immenso tetto di stelle, lei era diventata immediatamente avida di baci, di carezze e del suo sesso.
Lo aveva lasciato senza respiro, era stata lei a montargli addosso ed a schiacciarsi su di lui sfregandosi sopra di lui e baciandolo con furia. – Ho aspettato tanto bastardo, potevi deciderti prima. –
Kim ebbe il suo bel da fare a riprendere il dominio, ma era più forte e delicatamente perché non voleva farle assolutamente male, la ribaltò e fu lui a montare su di lei.
Per lei era un gioco eccitante. – Non essere così delicato – gli disse, - è tanto che aspetto. –
E lui la leccò sul seno, lei muggì di piacere e mosse il bacino in avanti, aveva sentito vagamente parlare di baci, carezze, preliminari, tenerezze, ma quello che voleva con un’ansia e un desiderio che neanche lei pensava di avere era che lui entrasse dentro di lei. E finalmente Kim lo fece. Neanche lui voleva più aspettare. Lei non sentì neanche la deflorazione, si inarcò e l’accolse gemendo. Poi gli strinse le cosce sui fianchi e non lo lasciò più Venero insieme e nel veld risuonarono i loro ululati. Quelli di Vick somigliavano a quelli di una lupa. Poi nella penombra che il fuoco gettava sui loro corpi sfatti e madidi di sudore Kim vide che Vick piangeva. Lui le leccò le lacrime, nessuno disse niente e si addormentarono abbracciati.
La sera dopo applicò quella teoria in modo creativo discutendo con il Var, il padrone del feudo più grande e ricco della provincia di Kuanta, quindi uno degli uomini più ricchi del Dravor.
L’uomo si chiamava Kunta, l’amante Isa e la figlia Kora. Kim sapeva stare a tavola, non aveva avuto una madre come insegnante, ma il suo Maestro di arti marziali era un uomo molto raffinato e gli aveva insegnato tutto quello che c’era da sapere non solo sulle arti marziali e sulla disciplina di un guerriero, gli aveva fornito un’educazione raffinata anche se non affettata. La villa di Kunta era grandiosa e stava a meno di un’ora di cavallo dalla città. Sorgeva su un promontorio che dominava l’oceano, intorno centinaia di ettari coltivati del suo feudo. Nel feudo si produceva ogni sorta di genere alimentare, ma soprattutto uva da cui veniva fuori il miglior vino del Dravor ed un buon tabacco con cui si realizzavano degli ottimi sigari.
Sorseggiando quello splendido nettare Kunta parlava con Kim e con le sue donne. – Questa provincia è poco sicura. Se non sono sicuro io che sono uno degli uomini più ricchi del Dravor e viaggio con una scorta, chi lo è? Eppure, - continuò, - abbiamo un esercito e una milizia con decine di migliaia di uomini. –
Kim poteva affrontare molto argomenti parlando con proprietà e senza dire corbellerie, almeno non eclatanti, ma quello era il suo terreno e reagì con entusiasmo.
- Quelle milizie non sono buone a mantenere l’ordine nelle campagne e nel veld, al più in città. Possono pattugliare il veld quanto vogliono, ma non troveranno mai un bandito. Non sono addestrate a farlo. –
- Cosa bisognerebbe fare? – chiese Kunta vedendo che Kim sembrava avere le idee chiare.
- Creare una squadra, piccola, ma con uomini abili a scovarli ed annientarli. Cacciatori più che militari. –
- Non sarebbe neanche costosa – commentò Isa. Kim era affascinato da quella donna composta, bella ed intelligente. Kora seguiva i discorsi, ma era un pochino annoiata, ma al momento nessuno badava a lei.
- No di sicuro – rispose Kim – e comunque questi uomini dovrebbero essere pagati solo per ogni bandito consegnato alle autorità, morto o vivo. –
- Solo in base ai risultati – affermò ancora Isa mentre Kunta seguiva con interesse la compagna e Kim che dibattevano.
- Sì, ma ci dovrebbe essere un ulteriore incentivo. –
- Quale? – chiese Kunta.
- Questo sarebbe il vero premio per la squadra. Questi banditi negli anni hanno accumulato ricchezze che tengono nei loro rifugi. Tutto quello che hanno dovrebbe andare alla squadra. –
- Tu potresti mettere insieme questa squadra? –
- Certamente – affermò Kim, - in una settimana. –
Kunta spense il sigaro che si stava fumando.
- Domani ne parlo con il Grande Drav. Tieniti pronto. – Poi si rivolse alla compagna – Isa, io vado a dormire, vieni? –
- Accompagno Kim nei suoi alloggi e ti raggiungo. – Kunta si avviò.
Kora si rianimò. – vai a dormire mamma, ci penso io a mettere a letto Kim. –
Isa sorrise alla figlia e seguì il suo uomo. Non le dispiaceva che sua figlia flirtasse con quel giovanotto, per lei sarebbe stato un ottimo compagno. Sua figlia non aveva ancora trovato un uomo che le sapesse tenere testa, forse quel Kim…
Kora lo accompagnò in una delle tante camere che quella casa aveva per gli ospiti. Lei aveva scelto la più spaziosa e la più bella e quella con il letto più comodo. Kora aveva solo diciannove anni, ma fisicamente era una donna già matura. Era alta come il padre e la madre, formosa, ma non giunonica come la madre, gli occhi di un azzurro scuro ed intenso, la pelle scura, ma non molto, ma soprattutto vellutata.
Non aveva nessuna voglia di uscire da quella camera e Kim ne era attratto irresistibilmente.
Kora aveva voglia di ringraziare il suo eroe a modo suo. Quella cicatrice che aveva sulla guancia era irresistibile, una medaglia. Kim era un ragazzo bellissimo che emanava potenza e carisma da ogni poro. Tutti gli altri al suo confronto sembravano dei ragazzetti per non dire degli smidollati. Lui era il fuoco e lei voleva bruciare. Si avvicinò sollevando il viso verso di lui e dischiudendo le labbra. Kim nonostante lei fosse alta e nonostante indossasse un bel tacco la superava ancora di diversi centimetri.
Le passò un braccio dietro i fianchi e l’attrasse a sé. La bacio e la ragazza fu attraversata da una scossa. Il suo corpo aderì a quello di lui, si fuse con lui e caddero sul letto.
Poi iniziarono a strapparsi i vestiti di dosso. Il seno di Kora esplose e lui se lo ritrovò sulle labbra, i capezzoli rizzarono in modo fantastico, erano scuri, grossi, ritti. Kim li mangiò, li morse lei mugolò ed urlò. Le cosce si incrociarono e lui ghermì la fica di lei. Era un lago. Per un attimo Kim pensò a Vick, ma poi ricacciò indietro il pensiero. Quella ragazza era una bomba. Il suo pene scivolò dentro di lei e fu avvolto in modo meraviglioso.
Kora era molto disinibita, ma non aveva nessuna intenzione di sfidare apertamente i suoi genitori. Dormì con lui, molto poco, e nessuno dei due sapeva quanti orgasmi aveva avuto quella notte.
All’alba però sgattaiolò fuori dal letto e ritornò in camera sua. – Ti voglio – mormorò lasciandolo.
Kim era intontito, ubriaco, cercò di dormire un paio di ore, ma non ci riuscì, appena fu più chiaro salutò i genitori di lei accampando una scusa per la frettolosa partenza e scappò.
Kora era straordinaria, ma Vick era la sua donna, anche se era una schiava. Sentiva il rimorso, ma sapeva che avrebbe rivisto ancora Kora. Erano entrambe belle, molto diverse, ma lui non poteva fare a meno né dell’una né dell’altra.
Kunta lo incontrò a Kuanta due giorni dopo.
- Ho parlato con il Grande Drav, è d’accordo. Il Dravor ti pagherà duemila tel per ogni bandito che prenderai, vivo o morto. E’ il prezzo di una kalsna. –
Non era vero pensò Kim, una kalsna costava almeno tremila tel, ma andava bene lo stesso. Kunta continuò.
- In più potrai tenerti il bottino che troverai. Qui c’è un contratto che dice tutto, firmalo e mettiti all’opera. –
Kim firmò.
Kunta gli aveva fornito anche un foglietto con tre nomi. - Questi sono dei farabutti che io ed alcuni amici vogliamo che scompaiano dalla faccia della terra. Non risultano essere dei banditi, ma sono peggio, credimi. Per ognuno di questi che farai fuori ti pagheremo diecimila tel. – Kim gli credette e si mise il foglietto in tasca.
Poi Kunta aggiunse. – Se non hai intenzioni serie tieniti alla larga da mia figlia. –
Kim tacque. Non sapeva che intenzioni aveva, ma Vick era implacabile.
Vick non ne volle sapere di rimanere a casa ad aspettarlo mentre lui rischiava la vita. In effetti pensò Kim non aveva senso lasciarla lì mentre lui vagabondava per il veld. E sicuramente sarebbe stata utile come infermiera. Ci vollero dieci giorni per trovare gli uomini e venti per addestrarli, si accamparono in una valletta fuori Kuanta e si addestrarono tutto il giorno: corse a piedi ed a cavallo, tiro con l’arco, scherma ed arti marziali.
All’addestramento partecipò anche Vick. Da subito Vick si dimostrò un’ottima allieva, ma partiva da zero e ci vollero parecchi mesi prima che fosse all’altezza degli altri, ma poi, rapidamente, superò tutti, almeno in abilità se non in forza, e fu seconda solo al suo maestro.
Era una banda di giovanotti che sarebbero potuti diventare tranquillamente dei banditi. Kim li salvò da quel destino facendoli diventare dei benestanti. Oltre a Kim e Vick c’erano altre due donne e sei uomini. Erano tutti bravi combattenti, ma quello che più contava erano abili cacciatori e sapevano seguire le tracce e ancora più importante conoscevano il veld come le loro tasche.
In meno di un anno sgominarono quasi tutte le bande e quelle che sopravvissero abbandonarono la provincia di Kuanta verso lidi meno pericolosi anche se non altrettanto ricchi. La zona divenne sicura come mai lo era stata prima. Nei ritagli di tempo Kim, autonomamente, fece fuori i tre del foglietto ed intascò la ricompensa.
Kim divenne ricco, abbandonò la casetta alla periferia di Kuanta e si comprò una villa con molto terreno intorno vicino al mare. Comprò degli schiavi sia per coltivare che per la casa. Le donne per la casa le scelse Vick: tutte bruttine. Kim iniziò a fare una vita da benestante. Ogni tanto pensava a Kora, ma Vick lo adorava e divenne una perfetta padrona di casa. Vick non era solo la padrona di casa, era soprattutto quella che teneva i conti e faceva fruttare la proprietà. Erano entrambi soddisfatti.
Koss99@hotmail.it
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Quando erano arrivati a Kuanta Kim aveva sette cavalli, un mulo ed un po’ di soldi. Vendette i cavalli che aveva sottratto ai banditi ed il mulo e con un altro po’ di soldi comprò una casetta alla periferia di Kuanta che Vick, spaccandosi la schiena, rese abitabile.
Vick pensava che i soldi del suo Padrone prima o dopo sarebbero finiti, ma lui non accennava ad intraprendere nessuna attività. Con quello che sapeva fare, pensava la kalsna, poteva intraprendere la carriera militare, in pochi anni sarebbe diventato un kars, forse anche un rok, non sarebbe mai diventato un row, per la carica più alta erano necessari intrighi e relazioni che, la kalsna intuiva, non erano nel suo carattere. Ma lui non faceva niente di tutto ciò.
Se al nord i banditi erano un’eccezione, nella provincia di Kuanta, nonostante i controlli e la presenza dei militari e della milizia, a volte asfissianti, i banditi abbondavano. Lì c’era la ricchezza e c’era il divertimento, tutto quello che i banditi cercavano. Erano cauti perché se venivano presi venivano impiccati, praticamente senza neanche essere processati.
Lui era andato per tutto il giorno a caccia, fuori Kuanta la selvaggina era abbondante anche vicino alla città, senza la presenza delle armi da fuoco tutte le specie si stavano rapidamente espandendo, anche quelle feroci, come i leoni ed i leopardi, solo gli elefanti si tenevano lontani dalla città. All’imbrunire tornava a casa con due lepri e la pelliccia di un leone. Il suo cavallo scalpitava, la sola presenza della pelliccia lo stava facendo impazzire.
La pelliccia aveva un certo valore, certo era meglio se fosse stata di leopardo, ma la giornata era stata comunque fruttuosa. Era l’imbrunire ed era a pochi chilometri da Kuanta quando sentì grida ed il clangore di spade.
Una carrozza era accerchiata da una decina di banditi tutti a cavallo, gli uomini della scorta, anche essi a cavallo, erano solo quattro e stavano soccombendo, uno era stato colpito a morte proprio in quel momento.
Kim non ci pensò un attimo. Spronò il cavallo e si buttò nella mischia.
Nel primo minuto uccise due banditi, sul primo piombò da dietro e lo infilzò alle spalle, questi stava nella retroguardia e gli altri non si accorsero di niente, in un istante fu addosso al secondo che con la coda dell’occhio lo scorse, tentò di girare il cavallo, ma prima di riuscirci era già morto, Kim lo aveva trafitto al petto. A quel punto tutti i banditi avevano preso atto che sulla scena c’era un nuovo combattente. In tre si avventarono su di lui allentando la pressione sulla scorta. Kim non si fece impressionare, erano in tre, ma non erano granché e nell’attaccarlo si erano sgranati, falciò il primo ancora sullo slancio e affrontò il secondo, intanto gli uomini della scorta ne avevano messo fuori combattimento altri due. Ormai erano in condizioni di parità ed i banditi capirono che quella era una serata storta, una serata in cui non avrebbero guadagnato niente e molto probabilmente sarebbero morti. Se la svignarono. Sul terreno c’erano cinque banditi morti ed un uomo della scorta anch’esso morto. Kim mise il cavallo al passo e si avvicinò alla carrozza. Sulla carrozza c’era il più grande feudatario della regione di Kuanta, uno degli uomini più ricchi del Dravor. Con lui c’erano la sua amante e la loro figlia. L’uomo si affacciò al finestrino, era un nero alto e prestante, poteva avere cinquanta anni, ma era in splendida forma, gli sorrise tirando un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. – Devo ringraziarla, probabilmente ci avrebbero rapiti e avrebbero chiesto un riscatto. –
Kim guardò attraverso il finestrino, la donna era una quarantenne molto bella e riccamente vestita, una bionda statuaria e stupenda. La figlia era uno splendore, non aveva ancora venti anni, era una mulatta che aveva preso il meglio sia della madre che del padre.
Kim pensò che i banditi non solo avrebbero chiesto un riscatto, ma si sarebbero anche divertiti parecchio con quelle due. Il volto della donna era bianco come il gesso, la paura era ancora tutta su di lei. La giovinetta invece gli sorrise, aveva denti bianchissimi e occhi meravigliosi, lei la paura l’aveva già messa alle spalle e manifestava una certa eccitazione, lo scampato pericolo su di lei faceva quell’effetto. Kim ricambiò il sorriso, come le aveva detto Vick quella cicatrice gli donava. Lui non ne era così sicuro, ma sembrava che su certe ragazze facesse il suo effetto.
- Lei sa chi sono? –
- Sì, - rispose Kim, - lei è un uomo famoso. –
La donna si riprese. – Ci deve scusare, ma siamo ancora sconvolti. Venga domani sera a cena da noi… troveremo il modo per ringraziarla adeguatamente. – La ragazza non disse niente, ma parlarono i suoi occhi. Approvava incondizionatamente la proposta della madre.
Kim assentì e sorrise alla ragazza, non era tipo da fare complimenti, era ancora euforico per lo scontro e quella ragazza lo attirava come una calamita, non avrebbe rinunciato a quella cena per nulla al mondo. – A domani sera. –
La carrozza si allontanò con la sua scorta ed il morto adagiato di traverso sul suo cavallo, Kim perse un po’ di tempo per raccogliere i cinque cavalli dei banditi morti. Bottino di guerra, era stata una serata fruttuosa. I cavalli li portò alla scuderia e incaricò il gestore di venderglieli.
Quando rientrò nella sua casetta alla periferia di Kuanta era tardi, ma lui non era stanco, anzi era abbastanza baldanzoso.
Vick l’aveva aspettato, in quei primi mesi aveva imparato a mettere in tavola qualcosa, ma quello non era sicuramente il suo mestiere ed i risultati purtroppo si vedevano o meglio si facevano sentire.
Quella sera Kim non si lamentò del rancio, anzi iniziò a raccontare, certo omise di dire che la mulatta era bellissima, ma per il resto raccontò tuto, era giustamente orgoglioso.
Vick però capì che c’era dell’altro. – Domani sera vengo con te! –
- Non essere sciocca – rispose lui aspro, - hanno invitato me e non me con la mia schiava. –
- Vengo. –
- Se vieni sarai umiliata, ti metteranno a tavola con gli schiavi. –
- Le kalsna vanno a tavola con i loro padroni – rispose tosta lei.
- No! – rispose lui. – Le kalsna accompagnano i Padroni in società, ma stanno al loro posto, non le mandano a lavare i piatti, ma mangiano per conto loro e non si siedono a tavola con i Padroni. E poi tu non sei una kalsna, non hai i vestiti giusti e noi non abbiamo una carrozza per presentarci in modo adeguato. Finiresti in cucina a lavare le pentole. Non puoi venire. –
Era vero, Vick era disperata, aveva conosciuto tante donne libere, intelligenti meno della metà di lei, e quelle potevano comandarla. Ma Kim aveva ragione, se ne rese conto, però non voleva darsi per vinta.
- Com’è la figlia – chiese a bruciapelo.
- Che centra la figlia? – rispose lui guardingo.
Vick si rese conto di aver fatto centro. La gelosia iniziava a roderla. Prima o dopo, pensava, qualcuna di queste puttane ricche e libere me lo porterà via. Cambiò ancora argomento sconcertandolo.
- Prometti che non mi venderai mai! –
- Ma sei impazzita, come ti vengono queste idee. –
- Prometti! – Vick stava per mettersi a piangere.
Kim si rese finalmente conto che era disperata. – Prometto! Ma devi sapere che non mi è mai passato per la testa. –
- Tu ti metterai prima o dopo con una di queste donne, come questa ragazza e io non so che fine farò. –
Kim sospirò. – Non so quello che farò, ma tu rimarrai sempre con me. Ed hai ragione, devi diventare una kalsna, ma per ora non ho i soldi per mantenerti a quel livello. –
Vick si rabbonì e cambiò discorso ancora una volta.
- Era meglio se li avessero rapiti – disse a mezza voce Vick. Lui la guardò interdetto e lei continuò come parlando a se stessa. – In quel caso avresti chiesto il venti, meglio il venticinque per cento, del riscatto per liberarli e saremmo diventati benestanti. –
Non li avevano rapiti, ma Kim capì come dovevano essere impostati gli affari. Vick era davvero preziosa.
Quando andarono a letto Vick gli saltò addosso. Era sempre molto passionale e intraprendente, quando lo voleva se lo prendeva, Kim fin dalla prima volta che l’aveva presa era sempre sconcertato di quanto lei lo desiderasse e di quanto fosse disinibita nel darsi e nel prendere. Era vergine e non aveva nessuna esperienza, ma l’istinto la portava ad essere molto attiva. Aveva aspettato la sua prima mossa, perché quella toccava a lui, ma una volta che lui l’aveva baciata, lì, sotto le coperte, nel veld, all’aria aperta e sotto un immenso tetto di stelle, lei era diventata immediatamente avida di baci, di carezze e del suo sesso.
Lo aveva lasciato senza respiro, era stata lei a montargli addosso ed a schiacciarsi su di lui sfregandosi sopra di lui e baciandolo con furia. – Ho aspettato tanto bastardo, potevi deciderti prima. –
Kim ebbe il suo bel da fare a riprendere il dominio, ma era più forte e delicatamente perché non voleva farle assolutamente male, la ribaltò e fu lui a montare su di lei.
Per lei era un gioco eccitante. – Non essere così delicato – gli disse, - è tanto che aspetto. –
E lui la leccò sul seno, lei muggì di piacere e mosse il bacino in avanti, aveva sentito vagamente parlare di baci, carezze, preliminari, tenerezze, ma quello che voleva con un’ansia e un desiderio che neanche lei pensava di avere era che lui entrasse dentro di lei. E finalmente Kim lo fece. Neanche lui voleva più aspettare. Lei non sentì neanche la deflorazione, si inarcò e l’accolse gemendo. Poi gli strinse le cosce sui fianchi e non lo lasciò più Venero insieme e nel veld risuonarono i loro ululati. Quelli di Vick somigliavano a quelli di una lupa. Poi nella penombra che il fuoco gettava sui loro corpi sfatti e madidi di sudore Kim vide che Vick piangeva. Lui le leccò le lacrime, nessuno disse niente e si addormentarono abbracciati.
La sera dopo applicò quella teoria in modo creativo discutendo con il Var, il padrone del feudo più grande e ricco della provincia di Kuanta, quindi uno degli uomini più ricchi del Dravor.
L’uomo si chiamava Kunta, l’amante Isa e la figlia Kora. Kim sapeva stare a tavola, non aveva avuto una madre come insegnante, ma il suo Maestro di arti marziali era un uomo molto raffinato e gli aveva insegnato tutto quello che c’era da sapere non solo sulle arti marziali e sulla disciplina di un guerriero, gli aveva fornito un’educazione raffinata anche se non affettata. La villa di Kunta era grandiosa e stava a meno di un’ora di cavallo dalla città. Sorgeva su un promontorio che dominava l’oceano, intorno centinaia di ettari coltivati del suo feudo. Nel feudo si produceva ogni sorta di genere alimentare, ma soprattutto uva da cui veniva fuori il miglior vino del Dravor ed un buon tabacco con cui si realizzavano degli ottimi sigari.
Sorseggiando quello splendido nettare Kunta parlava con Kim e con le sue donne. – Questa provincia è poco sicura. Se non sono sicuro io che sono uno degli uomini più ricchi del Dravor e viaggio con una scorta, chi lo è? Eppure, - continuò, - abbiamo un esercito e una milizia con decine di migliaia di uomini. –
Kim poteva affrontare molto argomenti parlando con proprietà e senza dire corbellerie, almeno non eclatanti, ma quello era il suo terreno e reagì con entusiasmo.
- Quelle milizie non sono buone a mantenere l’ordine nelle campagne e nel veld, al più in città. Possono pattugliare il veld quanto vogliono, ma non troveranno mai un bandito. Non sono addestrate a farlo. –
- Cosa bisognerebbe fare? – chiese Kunta vedendo che Kim sembrava avere le idee chiare.
- Creare una squadra, piccola, ma con uomini abili a scovarli ed annientarli. Cacciatori più che militari. –
- Non sarebbe neanche costosa – commentò Isa. Kim era affascinato da quella donna composta, bella ed intelligente. Kora seguiva i discorsi, ma era un pochino annoiata, ma al momento nessuno badava a lei.
- No di sicuro – rispose Kim – e comunque questi uomini dovrebbero essere pagati solo per ogni bandito consegnato alle autorità, morto o vivo. –
- Solo in base ai risultati – affermò ancora Isa mentre Kunta seguiva con interesse la compagna e Kim che dibattevano.
- Sì, ma ci dovrebbe essere un ulteriore incentivo. –
- Quale? – chiese Kunta.
- Questo sarebbe il vero premio per la squadra. Questi banditi negli anni hanno accumulato ricchezze che tengono nei loro rifugi. Tutto quello che hanno dovrebbe andare alla squadra. –
- Tu potresti mettere insieme questa squadra? –
- Certamente – affermò Kim, - in una settimana. –
Kunta spense il sigaro che si stava fumando.
- Domani ne parlo con il Grande Drav. Tieniti pronto. – Poi si rivolse alla compagna – Isa, io vado a dormire, vieni? –
- Accompagno Kim nei suoi alloggi e ti raggiungo. – Kunta si avviò.
Kora si rianimò. – vai a dormire mamma, ci penso io a mettere a letto Kim. –
Isa sorrise alla figlia e seguì il suo uomo. Non le dispiaceva che sua figlia flirtasse con quel giovanotto, per lei sarebbe stato un ottimo compagno. Sua figlia non aveva ancora trovato un uomo che le sapesse tenere testa, forse quel Kim…
Kora lo accompagnò in una delle tante camere che quella casa aveva per gli ospiti. Lei aveva scelto la più spaziosa e la più bella e quella con il letto più comodo. Kora aveva solo diciannove anni, ma fisicamente era una donna già matura. Era alta come il padre e la madre, formosa, ma non giunonica come la madre, gli occhi di un azzurro scuro ed intenso, la pelle scura, ma non molto, ma soprattutto vellutata.
Non aveva nessuna voglia di uscire da quella camera e Kim ne era attratto irresistibilmente.
Kora aveva voglia di ringraziare il suo eroe a modo suo. Quella cicatrice che aveva sulla guancia era irresistibile, una medaglia. Kim era un ragazzo bellissimo che emanava potenza e carisma da ogni poro. Tutti gli altri al suo confronto sembravano dei ragazzetti per non dire degli smidollati. Lui era il fuoco e lei voleva bruciare. Si avvicinò sollevando il viso verso di lui e dischiudendo le labbra. Kim nonostante lei fosse alta e nonostante indossasse un bel tacco la superava ancora di diversi centimetri.
Le passò un braccio dietro i fianchi e l’attrasse a sé. La bacio e la ragazza fu attraversata da una scossa. Il suo corpo aderì a quello di lui, si fuse con lui e caddero sul letto.
Poi iniziarono a strapparsi i vestiti di dosso. Il seno di Kora esplose e lui se lo ritrovò sulle labbra, i capezzoli rizzarono in modo fantastico, erano scuri, grossi, ritti. Kim li mangiò, li morse lei mugolò ed urlò. Le cosce si incrociarono e lui ghermì la fica di lei. Era un lago. Per un attimo Kim pensò a Vick, ma poi ricacciò indietro il pensiero. Quella ragazza era una bomba. Il suo pene scivolò dentro di lei e fu avvolto in modo meraviglioso.
Kora era molto disinibita, ma non aveva nessuna intenzione di sfidare apertamente i suoi genitori. Dormì con lui, molto poco, e nessuno dei due sapeva quanti orgasmi aveva avuto quella notte.
All’alba però sgattaiolò fuori dal letto e ritornò in camera sua. – Ti voglio – mormorò lasciandolo.
Kim era intontito, ubriaco, cercò di dormire un paio di ore, ma non ci riuscì, appena fu più chiaro salutò i genitori di lei accampando una scusa per la frettolosa partenza e scappò.
Kora era straordinaria, ma Vick era la sua donna, anche se era una schiava. Sentiva il rimorso, ma sapeva che avrebbe rivisto ancora Kora. Erano entrambe belle, molto diverse, ma lui non poteva fare a meno né dell’una né dell’altra.
Kunta lo incontrò a Kuanta due giorni dopo.
- Ho parlato con il Grande Drav, è d’accordo. Il Dravor ti pagherà duemila tel per ogni bandito che prenderai, vivo o morto. E’ il prezzo di una kalsna. –
Non era vero pensò Kim, una kalsna costava almeno tremila tel, ma andava bene lo stesso. Kunta continuò.
- In più potrai tenerti il bottino che troverai. Qui c’è un contratto che dice tutto, firmalo e mettiti all’opera. –
Kim firmò.
Kunta gli aveva fornito anche un foglietto con tre nomi. - Questi sono dei farabutti che io ed alcuni amici vogliamo che scompaiano dalla faccia della terra. Non risultano essere dei banditi, ma sono peggio, credimi. Per ognuno di questi che farai fuori ti pagheremo diecimila tel. – Kim gli credette e si mise il foglietto in tasca.
Poi Kunta aggiunse. – Se non hai intenzioni serie tieniti alla larga da mia figlia. –
Kim tacque. Non sapeva che intenzioni aveva, ma Vick era implacabile.
Vick non ne volle sapere di rimanere a casa ad aspettarlo mentre lui rischiava la vita. In effetti pensò Kim non aveva senso lasciarla lì mentre lui vagabondava per il veld. E sicuramente sarebbe stata utile come infermiera. Ci vollero dieci giorni per trovare gli uomini e venti per addestrarli, si accamparono in una valletta fuori Kuanta e si addestrarono tutto il giorno: corse a piedi ed a cavallo, tiro con l’arco, scherma ed arti marziali.
All’addestramento partecipò anche Vick. Da subito Vick si dimostrò un’ottima allieva, ma partiva da zero e ci vollero parecchi mesi prima che fosse all’altezza degli altri, ma poi, rapidamente, superò tutti, almeno in abilità se non in forza, e fu seconda solo al suo maestro.
Era una banda di giovanotti che sarebbero potuti diventare tranquillamente dei banditi. Kim li salvò da quel destino facendoli diventare dei benestanti. Oltre a Kim e Vick c’erano altre due donne e sei uomini. Erano tutti bravi combattenti, ma quello che più contava erano abili cacciatori e sapevano seguire le tracce e ancora più importante conoscevano il veld come le loro tasche.
In meno di un anno sgominarono quasi tutte le bande e quelle che sopravvissero abbandonarono la provincia di Kuanta verso lidi meno pericolosi anche se non altrettanto ricchi. La zona divenne sicura come mai lo era stata prima. Nei ritagli di tempo Kim, autonomamente, fece fuori i tre del foglietto ed intascò la ricompensa.
Kim divenne ricco, abbandonò la casetta alla periferia di Kuanta e si comprò una villa con molto terreno intorno vicino al mare. Comprò degli schiavi sia per coltivare che per la casa. Le donne per la casa le scelse Vick: tutte bruttine. Kim iniziò a fare una vita da benestante. Ogni tanto pensava a Kora, ma Vick lo adorava e divenne una perfetta padrona di casa. Vick non era solo la padrona di casa, era soprattutto quella che teneva i conti e faceva fruttare la proprietà. Erano entrambi soddisfatti.
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