Le Cagne - Collana l'Inferno e l'Abisso Vol. IV

di
genere
dominazione

Questo volume è allegato al volume III: Una Rossa Fantastica.

Il Master condusse la cagnetta, così aveva soprannominato la sua cagna, alla sua celletta, una stanzetta di due metri per tre con una piccola brandina, uguale alle altre due. Le levò il guinzaglio e la chiuse dentro. La cagna lo guardò smarrita, impaurita e rassegnata, ma allo stesso tempo rabbiosa e minacciosa, mentre la porta si chiudeva ed il chiavistello veniva bloccato dall’esterno. La cagnetta si ritrovò sola schiumante di rabbia strattonò la catena, ma non riuscì a sollevarsi, quando capì che rischiava solo di farsi male ringhiò contro la porta e poi si sdraiò su un fianco.
Francesca aveva preso la sua cagnolina e tirandola per il guinzaglio l’aveva condotta su per le scale a quattro zampe verso la sua stanza, voleva giocare con lei, ma non nel dungeon e voleva giocarci da sola, senza subire i consigli del Master.

Il Master rimase nel dungeon con Marco e Carlo. – Bene ragazzi, - disse – questa è la vostra cagna disse indicando Anna che non osava fiatare. Anna sentì la sua amica Carla ringhiare e poi nulla più. Saggiamente pensò che doveva subire, non poteva fare niente per opporsi a quel crudele destino. - Mi sembra che sia la più docile ed anche la più appetitosa. – Continuava il Master senza curarsi dei turbamenti della cagna. - Sono sicuro che se la saprete trattare bene si affezionerà a voi e vi darà grandi soddisfazioni. Però ricordatevi, è una cagna e come tale voglio che la trattiate. Chiaro? –
- Sì Mister – risposero all’unisono entrambi.
- Ed allora vediamo come l’addestrate. -
La cagna li guardava mansueta ed impaurita, ma si chiedeva perché aveva dato retta a quella scapestrata di sua nipote che li aveva condotti in quella torbida situazione, gravida, immaginava, di brutte conseguenze. Altro che le belle esperienze e le piacevoli sensazioni che immaginava la nipote. Lì le avevano sequestrate e si accingevano ad usarle come più gli aggradava. Questi erano i suoi pensieri, anche se non sapeva bene cosa aspettarsi. Non le sembrava gente gratuitamente violenta, però era gente decisa ad ottenere quello che voleva. L’unica cosa che capiva era che l’avevano fregata e che ora lei, sua nipote e la sua amica, erano nelle loro mani, sperava che non le facessero del male. Fare la cagna, stare a quattro zampe ed ubbidire agli ordini del Padrone in fondo le piaceva, ma quella ball gag in bocca no. La ball gag la faceva sbavare continuamente imbarazzandola e rendendola ridicola, non la voleva. Però doveva ammettere che il look che le avevano cucito addosso, ball gag a parte, era eccitante, non si poteva vedere, ma si immaginava. A quattro zampe, strizzata in quel bustino, con il culo e le tette gonfie ed esposte che venivano fuori magnificamente doveva essere meravigliosa. E poi si poteva muovere con quelle ginocchiere, quei guanti e quei pedalini molto agevolmente. Temeva che la fottessero, era anni che non prendeva più un cazzo vero, ma fino a quel momento non le era mancato. Timorosa e rassegnata aspettava di vedere cosa sarebbe successo. I due ragazzi non si muovevano, aspettavano l’imbeccata del Master.

- Prima di tutto – disse il Master rivolgendosi ai due giovani e poi guardando la cagna – bisogna spiegare alla nostra bestiola come deve comportarsi. Mi sembra docile ed obbediente. - Tirò il guinzaglio e la cagna si mosse verso di lui che l’accarezzo sulla guancia e le fece il suo discorsetto.
- Sei una cagna e le cagne non parlano – le disse, - però hai tanti modi per farti capire – aggiunse mentre la cagna lo guardava in apprensione, - puoi abbaiare, guaire, gemere, uggiolare, scodinzolare, ritrarti, tirare il guinzaglio… puoi anche annuire o scuotere il capo per dire no. Chiaro? – La cagna non fece nessun segno e lui la prese per il mento e la guardò negli occhi ripetendo – Chiaro? – Stavolta la cagna annuì.
- Bene cagna – sorrise il Padrone accarezzandola sulle tette, - iniziamo a capirci. – che ne dici se ti levo la ball gag? – La cagna annuì e le tette ondeggiarono meravigliosamente. I ragazzi sorrisero ed il Padrone l’accarezzò ancora sull’abbondante seno amorevolmente. La cagna aveva i capezzoli chiari che rizzarono subito. Il Padrone li strizzò e disse ai ragazzi che la cagna era molto sensibile e che se la sapevano prendere avrebbe dato loro molte soddisfazioni. Poi si rivolse di nuovo alla cagna – Però devi promettere che se ti levo la ball gag, mai, per nessun motivo parlerai. Altrimenti te la rimetto e non te la levo più. –
La cagna annuì vigorosamente e scodinzolò. La cagna meditava su tutto quello che le sarebbe successo e non era felice, ma ora aveva l’urgenza di farsi levare quella fastidiosa ball gag. – Bene – disse il Padrone levandogliela, La cagna uggiolò, perse bava dalla bocca che finì a terra e sul seno, arrossì imbarazzata, ma si strusciò felice sulle gambe del Padrone. Il tamarro non resistette e le passò una mano sulla fica. La cagna era bagnata, ma ebbe una reazione immediata, sì scrollò, muovendo le chiappe, la mano del giovane e si rifugiò tra le gambe del Padrone che sorrise. – Prudenza Marco, prudenza, non bisogna avere fretta, se la sai prendere farà tutto quello che vorrai, ma bisogna avere pazienza. Ora prendimi un panno che la ripuliamo. – La cagna scodinzolò felice ed ottenne dal Padrone un’altra carezza. Quella cagna era già domata ed avviata verso la strada giusta, non avrebbe dato problemi. - Non tutte le cagne sono uguali – continuò la sua lezione il Padrone, - questa è docile e allora basta prenderla con le buone, ma altre possono essere bizzose, ribelli… vedremo. –
Carlo l’accarezzò sulla schiena e la cagna si irrigidì, ma non si ritrasse, lui continuò scendendo anche sulle natiche, ma non sui genitali e la cagna si tranquillizzò e si lasciò fare. Carlo prese il panno e la ripulì dalla bava che le era colata sul mento, le sfiorò i capezzoli e l’accarezzò sul seno. La cagna gli leccò la mano riconoscente. Il Padrone disse – l’hai conquistata, è tua. Falle fare un giretto, poi prendi la scodella riempila d’acqua e falla bere. – Carlo eseguì e Marco gli disse – bravo amico, ma non la vorrai tutta per te?
- Prudenza e pazienza – rise Carlo, scimmiottando il Master che rise pure lui.

Il Master si raccomandò di nuovo, disse loro che c’era tempo, che con quella cagna non bisognava avere fretta e che continuassero ad addestrarla, coccolarla, ma niente sesso. Se volevano fottere di sopra c’era Anna. Se dovevano andare via la potevano rinchiudere nella sua celletta. Poi salì da Francesca.

La sua amante era distesa sulla schiena sul letto, sopra di lei Ely infilzata dallo strap on. Un piede di Francesca dondolava nel vuoto fuori dal letto, la cagnolina lo stava leccando. Anzi, in quel momento, la lingua della cagnolina, che con sforzo veniva fuori dalla ball gag, era catturata dall’alluce e dall’illice della Mistress. La quale noncurante dello sforzo della cagnolina stringeva e tirava verso l’alto aumentando la pena della schiava nello starle dietro. La cagnolina aveva due bei segni di scudiscio sul culo. Il Padrone sapeva che Francesca non era paziente e sicuramente al primo errore aveva frustato duramente la cagna, che però ora sembrava quieta e collaborativa. – Ti prego Padrone fottimi – esordì Francesca appena lo vide entrare.
- Ok, - rispose il Master, - ma levati quell’arnese, se vuoi che mi sdrai accanto a te. – Mentre Francesca si liberava dello strap on il Master diede un’occhiata alla cagnolina. Doveva aver passato giorni migliori, era abbastanza stravolta, ovviamente la sua amante le aveva dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che era una Mistress e le doveva obbedienza. Ely, non avendo ricevuto disposizioni, si sdraiò sul letto accanto alla Mistress. La cagnolina non poteva fare niente per la bava che le veniva giù dalla bocca ed ormai non se ne curava più, osservava rassegnata. La sua Padrona non si curava di lei, la usava, e la trattava come una vera cagna, ed a dire la verità anche il suo Padrone. Scopavano davanti a lei come se lei non esistesse. Ma prima di farsi infilzare la Mistress ebbe un ripensamento.
- Ely, voglio che goda anche tu mentre il Padrone mi fotte. – Ely la guardò interrogativa – vuole che mi masturbi signora? –
- Ma no sciocchina – la riprese la Mistress, - ti faccio leccare dalla cagnolina. – Quindi rivolgendosi alla cagnolina – salta su bella, vieni sul lettone della tua Padrona, per te è un onore che ti concederò qualche volta, ma non osare farlo senza che te lo ordini - poi aggiunse sorridendo, - meno male che il tuo pelo è ben rasato, altrimenti chi sa quanti peli avresti lasciato. – La cagnolina la guardò ancora più sorpresa di Ely. Francesca la guardò irritata e minacciosa, poi battendo con il palmo sul bordo del letto – su salta, salta, vieni! –
La cagnolina non aveva più nessuna intenzione di contrariarla e realizzò che con quella padrona bisognava essere svelte ad ubbidire. Mise le zampe davanti sul bordo, si diede uno slancio, e con un balzo montò sul letto. Il Padrone pensò che la cagna non ce l’avrebbe fatta, ma questa era giovane, agile e ben fatta. Le diede una pacca sulle natiche e la cagnolina avanzò tra le cosce di Ely che si era già messa in posizione. Su quella cagnolina Ely aveva sentimenti contrastanti, per ora era una cagnolina, ma era anche una donna desiderabile, la sua Padrona iniziava ad avere troppi intrallazzi ed insieme avevano qualche segreto di troppo, ma poi si tranquillizzò, lei era una schiava d’alta classe e quella era solo una cagnolina, non doveva impensierirsi per lei.
Chiuse gli occhi e si godette la leccata della cagnolina, che nonostante l’o ring, come lo chiamava il Master, leccava divinamente, su quello era sicuramente esperta.
Il Padrone, ignaro di quei pensieri, penetrava invece dentro la sua accogliente amante, come un coltello nel burro. – Sììì Padrone, fottimi, sono tua, per sempre. – Ed il Padrone l’accontentò.

Un’ora prima Francesca con la cagnolina al guinzaglio aveva risalito le scale, arrivati ai gradini la cagnolina si era impuntata, ritrosa a salire le scale a quattro zampe, Francesca impaziente, sempre, la scudisciò senza pietà. La cagnolina guaì, ma inizio a salire incespicando fino a quando non seppe trovare il giusto passo. Era abbastanza sconcia, per montare sui gradini doveva allargare le gambe, ma nessuno la guardava, la stessa padrona era davanti a lei e la tirava per il guinzaglio.
Entrando in camera trovò Ely alla scrivania che stava lavorando al computer. – Guarda Ely, - disse Francesca, - abbiamo una cagnolina, una bella cagnolina. – Francesca la tirò verso la sua schiava, ma ancora una volta la cagnolina si impuntò ed ancora una volta Francesca la frustò. Ely si accovacciò accanto alla cagnolina e la coccolò, sapeva che doveva calmare entrambe, cagnolina e Padrona e sapeva che ci poteva riuscire. Bastava fare come Kristine, il suo modello, paziente e forte, sicura e sottomessa. Inutile discutere e provare a far ragionare la cagnolina impaurita e la Padrona impaziente o esasperata. Accarezzò la cagnolina, la vezzeggiò, le rivolse parole di incoraggiamento – sei bella, tanto bella, vedrai che in questi giorni ci divertiremo, ci farai compagnia. – Poi si rivolse alla sua Padrona – Sei molto dominante oggi, posso farti un massaggio. – Ely usava indifferentemente il lei o il tu con la sua Padrona, ma era sempre rispettosa. – Si Ely, aiutami a rilassarmi- rispose lei, poi voglio vedere questa cagnolina strisciare ai miei piedi. – E’ già sua – affermò Ely, - non vede l’ora di compiacerla. – Ely accarezzò ancora la cagnolina che scodinzolò.

Il Master prese la cagnolina e la riportò giù. Al contrario della sua schiava amante era paziente, non la strattonò, lasciò che la cagnolina capisse come era meglio scendere per le scale, anzi apprezzò quel lubrico movimento di natiche e cosce che mettevano in evidenza fica e culo e le levò il guinzaglio per farla scendere davanti a lui. Arrivati al piano terra l’accarezzò su tutto il corpo e non poté fare a meno di toccarla in mezzo alle gambe. Poteva farsela subito, la cagnolina era pronta, ma decise di aspettare e seguire i piani. Aveva deciso che ogni cagna sarebbe stata presa da due Padroni. Prima la cagna, da lui e Carlo, poi la cagnolina, da lui e da Francesca ed infine la cagnetta, da lui e Marco. E tutte sarebbero state prese alla presenza delle altre cagne e di tutti gli altri. Quando arrivò giù i due ragazzi stavano giocando con la cagna, le tiravano una pallina di gomma e la cagna correva a prenderla. Correre per la cagna era una parola impegnativa, ma diciamo che accelerava il suo lento incedere per far contenti i ragazzi dondolando mammelle e natiche lubricamente. I ragazzi la ricompensavano con tante carezze e coccole. Quando furono giù il Padrone prese la pallina e la tirò, la cagnolina corse a prenderla con due balzi. Lei nella sua tenuta si muoveva agile e veloce. La cagnolina riportò la pallina e lui l’accarezzò mettendogli un dito tra le labbra, la cagnolina l’accolse e lo leccò felice. Lui disse anche a lei. – Ora ti levo l’O ring, ma non devi mai assolutamente parlare. – La cagnolina scodinzolò felice. Glielo levò, la cagnolina perse bava dalla bocca, che gocciolò per terra. Era imbarazzata, ma il Padrone l’accarezzò dicendole - niente, niente, tranquilla. – Allora lei scodinzolò e si strusciò contenta tra le gambe del Padrone. Lui la pulì, era una brava cagnolina, prima con Ely aveva fatto di tutto per farla godere e c’era riuscita. Alla cagnolina Ely piaceva e giocava volentieri con lei, ma aveva capito benissimo che la dominante era Francesca. La cagnolina la temeva, ma ne era attratta irresistibilmente, più la Padrona la dominava e più la cagnolina ne era attratta. Anche questa era ben avviata verso il suo naturale degrado, non c’era stato bisogno di molto, erano già ben predisposte.
Al centro della stanza c’era una grande ciotola dove le cagne bevvero, poi le portarono alle latrine.
Si trattava di un bagno turco. Le cagne si immobilizzarono, avevano vergogna di farla davanti ai tre maschi che le guardavano dall’alto. Era rosse in viso e non avevano nessuna intenzione di sottoporsi all’umiliazione. Il Master si chinò sulla cagna e le fece un discorsetto. – Una cagna la fa dovunque, ma per ora starai in casa e quindi la devi fare qui, possiamo aspettare tutto il giorno, prima o dopo la farai, ma io non ho tutto questo tempo. Quindi metti le zampe lì, allarga le gambe e piscia. – La cagna ottusamente lo guardava, ma non si muoveva, l’altra osservava bovina. Il Master diede due schiaffoni alla cagna e gli occhi della bestia si riempirono di lacrime. Ma questa volta la cagna si convinse, mise le zampe posteriori sui poggiapiedi, allargò le cosce, si concentrò e dopo qualche istante un bel fiotto colò tra le gambe della schiava. Il master la tirò fuori da dove si trovava e la ripulì con della carta igienica. La schiava tremava e si lasciò fare. Poi fu il turno della cagnolina, la lezione era servita e non ci fu bisogno di punizioni. Infine le chiusero in cella. – Riposate – disse il Padrone, - più tardi una serva scenderà a darvi da mangiare. –

Nel pomeriggio il Padrone scese da solo nel dungeon per controllare la cagnetta, ormai erano diverse ore che era stata messa in castigo. Non ne era sicuro, ma doveva essere più malleabile. Vedremo si disse.
Il master entrò nella celletta e vide che la cagna era disfatta, a terra c’erano due ciotole che lei non aveva praticamente toccato, una di cibo ed una di acqua.
- Se non bevi ti frusto subito – esordì. La cagna non si mosse dalla brandina ed il Master la scudisciò sulle cosce, sulle chiappe e sul seno con forza. La cagna sobbalzò sotto i colpi, cercò di difendersi, ma per il Master era facile tirare la catena per scoprirla dove voleva colpire e colpire. Gli ultimi due colpi glieli affibbiò sulla fica senza pietà. La cagna guaì. Allora il Master tirò il guinzaglio e la costrinse a scendere dalla brandina, le spinse la nuca verso la ciotola e la cagna bevve. La fece bere fino a esaurire tutta l’acqua che c’era. Poi la portò alle latrine, un po’ tirò, un po’ la condusse. Anche questa come le altre si vergognò. – Sei una cagna – gridò il Master, - le cagne pisciano dovunque. Falla! – Il Master alzò lo scudiscio e la cagna si affrettò. – Se non vuoi mangiare, fatti tuoi – le disse il Master, - se non vuoi camminare lo stesso, ma se non bevi due litri di acqua al giorno ti faccio a strisce – la minacciò il Master. La cagnetta era avvilita, non aveva più nessuna privacy, anche i suoi bisogni avvenivano con spettatori, non aveva più nessuna possibilità di decidere, doveva fare quello che le veniva ordinato o subire la frusta e probabilmente anche altro di più doloroso. Ma non era ancora predisposta a rassegnarsi.
Il Master provò a farla camminare, ma lei si rifiutò, allora lui la lasciò sdraiare a terra e andò a prendere le altre due cagne. Nel seminterrato circa cinquanta metri quadri erano usati per lavanderia, garage e cantina, ma un centinaio di metri costituivano il dungeon, quindi uno spazio enorme per qualsiasi attività. Il Master prese in guinzagli delle due cagne e le fece camminare. La cagnetta, con suo dispiacere vide che le cagne non solo ubbidivano al Padrone, ma erano felici di quello che faceva loro fare, delle sue carezze e delle sue lusinghe. Lui le lasciò libere e la cagna iniziò a leccare la cagnolina. Stava per farlo anche sulla fica, la cagnolina aveva prontamente allargato le cosce. Ma una scudisciata colpì la cagna sulle natiche che si fermò e perplessa si girò verso il Padrone. – No, - disse il Padrone, leccala dove vuoi, ma non lì. – non potete godere quando piace a voi, ma quando lo vogliono i Padroni. Chiaro? – La cagna annuì e riprese a leccare sul collo, sulle chiappe, sulle cosce e sul seno. La cagnolina gradiva, ma avrebbe voluto godere. La cagnolina ricambiò mentre la cagnetta osservava inviperita. Lui provò a far andare la cagnetta verso le altre due cagne. Ci riuscì e le due cagne la leccarono affettuosamente sul viso, sulle spalle, sulle natiche e sulle cosce. Non la toccarono sulla vulva, avevano capito che era proibito. La cagnetta apprezzò l’affetto delle due cagne, ma non si lasciava andare, era combattuta tra cedere e resistere. L’orgoglio la convinse a resistere. Si scrollò di dosso le due cagne, girò loro le spalle e si diresse verso la sua celletta. La porta era rimasta aperta e lei s’infilo dentro. Bevve ancora, capiva che doveva farlo, mangiucchiò qualcosa, non le piaceva molto e si sdraiò sulla sua brandina.


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2018-12-10
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