L'Inferno di Anna e l'Abisso di Francesca cap 1 - Collana L'inferno e labisso vol. 1
di
Koss
genere
dominazione
Capitolo 1 – Il rapimento ed il ricatto
Era un venerdì sera di novembre, freddo, umido e molto nebbioso.
Anna, una signora bene, cinquantenne e molto piacente, camminava spedita nei vicoletti della sua cittadina diretta a casa sua. Al caldo ed al sicuro. Perché quella era proprio una serataccia. I suoi tacchi rimbombavano nei vicoli ed in giro non c’era nessuno. Era un venerdì sera, di solito animato in quella cittadina di provincia, ma quella sera nessuno in vista, solo qualche ombra che entrava o usciva da qualche locale. Fino a qualche minuto prima era tranquilla ed allegra a casa di una sua amica, dove era andata nel pomeriggio per un tè e quattro chiacchiere. Poi i discorsi si erano dilungati parecchio. Ed ora eccola qui, a pochi minuti da casa, ma sola, avvolta dalla nebbia, nel buio ed al freddo. A casa non l’aspettava nessuno, suo marito era in viaggio per lavoro e sarebbe tornato la settimana dopo, i suoi figli ormai erano andati via di casa da un pezzo. Forse poteva accettare l’invito della sua amica, cenare e dormire da lei, ma non aveva voglia. Voleva tornare a casa, fare un bel bagno caldo, cenare e poi rilassarsi davanti alla tv, con un bel bicchiere di vino rosso a tenerle compagnia. Tic, tic, maledetti tacchi e maledetto vestitino, che indossava, come suo marito richiedeva, sotto il caldo ed elegante soprabito. Lui la voleva sempre impeccabile, mentre lei in una serata come quella avrebbe indossato volentieri un bel paio di caldi pantaloni, scarpe basse e comode ed un maglione.
Cos’era quell’ombra? Quella che aveva avvertito più che visto alle sue spalle. Non doveva aver paura, non ce ne era ragione. Ma davvero, quella sera, avrebbe preferito vestirsi diversamente piuttosto che indossare una di quelle misere gonnelline corte che il marito le imponeva di portare sempre. Perché la voleva elegante e desiderabile. Per non parlare dell’intimo, sempre giarrettiere o reggicalze, sempre perizoma e reggiseno di pizzo o di seta. Lei si sentiva nuda e quindi più esposta. E non poteva neanche scappare, come poteva su quei ridicoli tacchi a spillo se già trovava difficile camminare lentamente sui sanpietrini delle viuzze incantevoli… di giorno, al sole, quando erano pieni di gente. Di nuovo l’ombra. Forse non era niente, ma Anna aveva l’impressione che ora fosse seguita. Si girò, non vide niente, ma nonostante i tacchi, accelerò il passo. Ormai era a soli cento metri da casa, vicino al cancelletto del suo condominio. Anna tirò un sospiro di sollievo.
Mise la chiave nella toppa e fu in quel momento che l’ombra si materializzò. Una mano sulla bocca per impedirle di strillare e un coltello premuto su un fianco. – Zitta ed apri. – La voce era decisa e terribilmente rilassata. Le gambe di Anna cedettero, il cuore impazzava, se lui non l’avesse trattenuta in piedi sarebbe crollata ai suoi piedi. Non l’aveva visto in volto, ma doveva essere forte ed indossava dei guanti di pelle. – Apri – disse ancora la voce, ed Anna girò la chiave. Il cancello si aprì e lui, sempre dietro di lei, sempre premendo il coltello sul fianco, la spinse verso il portone di casa.
Le lasciò la bocca libera e le disse – se gridi sei finita. - Anna tremava come una foglia al vento. – Cosa vuole? – riuscì a dire.
- Zitta, ti ho detto di stare zitta, andiamo a casa tua. – Anna pensò ad un ladro, ma come faceva a sapere che non c’era nessuno in casa? O forse non lo sapeva e pensava che comunque avendo in ostaggio lei se la sarebbe comunque cavata.
Anna non sapeva se augurarsi che comparisse un vicino. Ma non comparve nessuno. Rassegnata arrivarono al portoncino, quindi all’ascensore ed in pochi minuti alla porta di casa. Lei ancora non l’aveva visto in volto. Non si era voltata, ma di sbieco aveva cercato di allungare lo sguardo. Vide solo un cappello con una tesa larga e lunga, ed un pezzettino di volto in ombra.
Aperta la porta lui le mise di nuovo la mano sulla bocca. Anna ebbe solo il tempo di pensare: etere. E svenne accasciandosi a terra. Niente di grave, lui la trattenne e lei scivolò sul tappeto come una bambola rotta, ma senza nessuna conseguenza.
Si svegliò circa due ore dopo, legata al letto della sua camera ed imbavagliata. Era seminuda e si sentiva tutta rotta. I capelli biondi appiccicati al volto. Sudata e con un odore di sesso addosso fortissimo. Un odore suo, ma anche di altro che non si seppe immediatamente spiegare. Del recente passato aveva vaghi ricordi ed era molto confusa. Aprì gli occhi e si guardò intorno, la stanza era tutta illuminata ed un uomo era seduto alla scrivania dove il suo PC era acceso. Quel bastardo, pensò, l’aveva violentata dopo che l’aveva addormentata. Ora iniziava a ricordare. Tentò di gridare, ma solo un rauco muggito uscì dalle sue labbra. Tentò di divincolarsi, ma ottenne solo di farsi male alle caviglie ed ai polsi. Ottenne però che l’uomo, lentamente, si girasse verso di lei e si alzasse dalla sedia davanti al PC. Si trovò davanti un uomo nudo, un cinquantenne come lei, ma in forma, anche piacevole da guardarsi, ed un sorriso mefistofelico soddisfatto e stampato in volto. Questo è il bastardo che mi ha violentato pensò Anna angosciata. Perché è ancora qui?
Si avvicinò e le disse – se prometti di non gridare ti levo il bavaglio. – Lei fece cenno di sì scuotendo vigorosamente la testa. Lui le levò il bavaglio e lei gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. Un manrovescio le fece ballare i denti e la sua testa sbatté contro la testiera del letto. Lui rapidamente le rimise il bavaglio, poi le prese una tetta in mano e la strinse torcendo e strizzando. Anna aveva le lacrime agli occhi. Come poteva farle così male?
– Sei stupida, troia – le disse continuando a strizzare e piantandole poi le unghie nel capezzolo. Anna rimase senza fiato, ma lui le diede un altro manrovescio sull’altro lato del volto. Anna vide le stelle e si arrese, non si divincolò più. Lui le prese l’altra tetta in mano e fece per stringere, ma prima le disse – farai la brava? – Stavolta Anna fece segno di sì rassegnata. Lui le levò di nuovo il bavaglio e le sorrise. – Sai cosa succede se gridi di nuovo? – Anna fece segno di sì. Ma lui le rispose – così non va bene. Quando ti faccio una domanda devi rispondere e devi finire la frase con un Sì Padrone! Perché devi sapere che Io sono ora il tuo Padrone e tu d’ora in poi farai tutto quello che vorrò. Tutto! Chiaro? –
Anna pensò che quell’uomo era pazzo e che presto quell’incubo sarebbe finito. Il tizio avrebbe sgraffignato qualcosa, qualche gioiello ed un po’ di contante, e se ne sarebbe andato. – Mi hai violentato bastardo – disse.
- Continui a non capire vacca, – una bacchettata la colpì con violenza nell’interno morbido della coscia. Lei gridò, stavolta non perché voleva gridare, ma per il male e lui si affrettò ad imbavagliarla di nuovo. – Stavolta non te lo levo fino a quando non sono sicuro che avrai capito e la colpì di nuovo sempre nello stesso punto. Poi sulle tette e sui capezzoli in rapida successione. Da dove veniva quella bacchetta pensò inutilmente Anna, mentre gli occhi si riempivano di lacrime e il dolore la faceva impazzire. Segni rossi erano comparsi nei punti colpiti di cosce e seno e due bei lividi su entrambe le guance del volto. Lui prese una macchina fotografica e con calma immortalò tutto. Si risedette accanto a lei sul letto e con pazienza, come parlando ad una bimbetta che ha qualche difficoltà di comprendonio le spiegò tutto.
– Tu d’ora in avanti sei la mia schiava. Farai tutto quello che voglio e mi chiamerai Padrone. Non parlerai mai se non per rispondere alle mie domande. Ogni tuo errore sarà punito. Hai appena visto come. – Fece una pausa, poi riprese. – Tranquilla, nessuno saprà mai che sei una troia ed una schiava. Continuerai a fare la vita di sempre. Solo quando io ti vorrò dovrai accorrere immediatamente, per il resto continuerai a fare pure la tua misera vita borghese. Io te lo permetterò. – Altra pausa per assicurarsi che Anna avesse capito e darle modo di assimilare tutto. Anna lo guardava allibita. Non ci poteva credere, lei non avrebbe mai fatto quello che lui voleva. Certo l’aveva violentata e torturata e poteva continuare a farlo. Fino a che fosse rimasto lì e lei in suo potere, ma appena libera… Che faccio appena libera? Lo denuncio pensava Anna, ma era combattuta, sarebbe stato uno scandalo… in quella piccola cittadina. Ma se non fosse arrivata a denunciarlo si sarebbe comunque protetta. Non sarebbe ricaduta sicuramente più nelle sue mani. Quindi forse per il momento era meglio assecondarlo ed evitare che la maltrattasse ancora. Era meglio mettere a tacere la rabbia e sperare che tutto finisse prima possibile.
Lui sorrise ironicamente, Anna aveva l’impressione che le leggesse i pensieri. Infatti riprese. – Tu pensi che quando me ne andrò potrai andare a denunciarmi, oppure che potrai sottrarti al mio volere. Ti sbagli. So chi sei, so dove stai, so chi sono i tuoi amici, i tuoi parenti, i tuoi figli. E sono loro che riceveranno per primi questo filmato. – L’uomo schiacciò un tasto del telecomando ed il televisore sfarfallò. Poi il film partì, chiaro, nitido e con un bel sonoro.
Anna si riconobbe subito. Era sdraiata su quello stesso letto, in camicia da notte, dormicchiava, tranquilla e rilassata. Un corpo minuto e morbido, piccolo, ma tornito, curve sinuose e tette ancora alte. Un viso delicato e labbra deliziose.
Un uomo, seminudo, quell’uomo, entrava nell’inquadratura e si sdraiava accanto a lei ed iniziava ad accarezzarla e baciarla, sulle spalle, sulle cosce e sul seno. E lei lo accettava, mugolava di piacere e spingeva le natiche verso di lui che si levava gli slip, il cazzo eretto e svettante sulle natiche di lei. Poi la spogliava, le levava il perizoma, le apriva la vestaglia, la rigirava e le succhiava i capezzoli turgidi, duri, vogliosi. Anna gemeva di piacere, si protendeva tutta verso di lui che si apprestava a montarla. – Sei un lago – dichiarava lui penetrandola in fica con due dita e vedendola contorcersi dal piacere.
Anna vedeva scorrere le scene sempre più esterrefatta. Si vedeva sullo schermo mentre lo accoglieva e muggiva soddisfatta, inarcava la schiena per prenderlo più a fondo, sempre più dentro e poi accavallava le gambe sulla sua schiena per non lasciarlo andare trattenendolo e godendo di quell’invasione sempre più incalzante. Si vedevano le palle dell’uomo che sbattevano sulle natiche della matura bionda e lei che mormorava – sì, sì, ancora. –
Difficile pensare che la stesse violentando. Com’è possibile pensava Anna confusa ed allibita. Mi ha drogata questo bastardo, mi ha drogata pensava Anna. Ma si rese conto che era senza armi e soprattutto con grande rincrescimento si rese conto che si stava eccitando. Ma quello che venne dopo fu peggio.
L’uomo uscì da lei e mettendogli il cazzo tra le labbra, le disse – succhia troia. – E lei, senza tentennare, aprì la bocca e succhiò. – Così vacca, prendilo tutto. – E lei invece che trovare fastidio in quel rude linguaggio si trovò a corrispondere con passione. Né si sottrasse quando l’uomo, di nuovo eccitato, la rivoltò sottosopra e l’inculò. Solo quando lui la penetrò nel didietro Anna si oppose un attimo e protestò con un lieve ahi, ma dopo che lui l’ebbe inchiodata sul letto e dopo i primi colpi di nuovo la donna lo accolse con piacere, fino ad andargli incontro ad ogni nuovo colpo. Il suo culetto ora si offriva senza ritegno ai colpi di maglio che l’uomo menava implacabili e vigorosi.
Anna era bagnata e l’uomo, mentre scorrevano le ultime scene, la masturbava godendo del suo turbamento e delle sue paure. Il film finì con lui che spruzzava in gran quantità il suo seme sulla schiena della donna. Ecco perché mi sento così appiccicosa dietro pensò Anna ed ho questo forte odore su di me.
- Hai capito ora? – le disse l’uomo lasciandola di nuovo bagnata, eccitata, confusa e umiliata. - So che farai quello che voglio. Ma prima lo capisci e meglio è per te. Questo film è già sul mio PC e mi bastano pochi clic per inviarlo a tutti i tuoi amici e parenti e prima di tutto ai tuoi figli. Soprattutto a quella bella figliola di Francesca. –
Anna lo guardò terrorizzata e non disse nulla.
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Era un venerdì sera di novembre, freddo, umido e molto nebbioso.
Anna, una signora bene, cinquantenne e molto piacente, camminava spedita nei vicoletti della sua cittadina diretta a casa sua. Al caldo ed al sicuro. Perché quella era proprio una serataccia. I suoi tacchi rimbombavano nei vicoli ed in giro non c’era nessuno. Era un venerdì sera, di solito animato in quella cittadina di provincia, ma quella sera nessuno in vista, solo qualche ombra che entrava o usciva da qualche locale. Fino a qualche minuto prima era tranquilla ed allegra a casa di una sua amica, dove era andata nel pomeriggio per un tè e quattro chiacchiere. Poi i discorsi si erano dilungati parecchio. Ed ora eccola qui, a pochi minuti da casa, ma sola, avvolta dalla nebbia, nel buio ed al freddo. A casa non l’aspettava nessuno, suo marito era in viaggio per lavoro e sarebbe tornato la settimana dopo, i suoi figli ormai erano andati via di casa da un pezzo. Forse poteva accettare l’invito della sua amica, cenare e dormire da lei, ma non aveva voglia. Voleva tornare a casa, fare un bel bagno caldo, cenare e poi rilassarsi davanti alla tv, con un bel bicchiere di vino rosso a tenerle compagnia. Tic, tic, maledetti tacchi e maledetto vestitino, che indossava, come suo marito richiedeva, sotto il caldo ed elegante soprabito. Lui la voleva sempre impeccabile, mentre lei in una serata come quella avrebbe indossato volentieri un bel paio di caldi pantaloni, scarpe basse e comode ed un maglione.
Cos’era quell’ombra? Quella che aveva avvertito più che visto alle sue spalle. Non doveva aver paura, non ce ne era ragione. Ma davvero, quella sera, avrebbe preferito vestirsi diversamente piuttosto che indossare una di quelle misere gonnelline corte che il marito le imponeva di portare sempre. Perché la voleva elegante e desiderabile. Per non parlare dell’intimo, sempre giarrettiere o reggicalze, sempre perizoma e reggiseno di pizzo o di seta. Lei si sentiva nuda e quindi più esposta. E non poteva neanche scappare, come poteva su quei ridicoli tacchi a spillo se già trovava difficile camminare lentamente sui sanpietrini delle viuzze incantevoli… di giorno, al sole, quando erano pieni di gente. Di nuovo l’ombra. Forse non era niente, ma Anna aveva l’impressione che ora fosse seguita. Si girò, non vide niente, ma nonostante i tacchi, accelerò il passo. Ormai era a soli cento metri da casa, vicino al cancelletto del suo condominio. Anna tirò un sospiro di sollievo.
Mise la chiave nella toppa e fu in quel momento che l’ombra si materializzò. Una mano sulla bocca per impedirle di strillare e un coltello premuto su un fianco. – Zitta ed apri. – La voce era decisa e terribilmente rilassata. Le gambe di Anna cedettero, il cuore impazzava, se lui non l’avesse trattenuta in piedi sarebbe crollata ai suoi piedi. Non l’aveva visto in volto, ma doveva essere forte ed indossava dei guanti di pelle. – Apri – disse ancora la voce, ed Anna girò la chiave. Il cancello si aprì e lui, sempre dietro di lei, sempre premendo il coltello sul fianco, la spinse verso il portone di casa.
Le lasciò la bocca libera e le disse – se gridi sei finita. - Anna tremava come una foglia al vento. – Cosa vuole? – riuscì a dire.
- Zitta, ti ho detto di stare zitta, andiamo a casa tua. – Anna pensò ad un ladro, ma come faceva a sapere che non c’era nessuno in casa? O forse non lo sapeva e pensava che comunque avendo in ostaggio lei se la sarebbe comunque cavata.
Anna non sapeva se augurarsi che comparisse un vicino. Ma non comparve nessuno. Rassegnata arrivarono al portoncino, quindi all’ascensore ed in pochi minuti alla porta di casa. Lei ancora non l’aveva visto in volto. Non si era voltata, ma di sbieco aveva cercato di allungare lo sguardo. Vide solo un cappello con una tesa larga e lunga, ed un pezzettino di volto in ombra.
Aperta la porta lui le mise di nuovo la mano sulla bocca. Anna ebbe solo il tempo di pensare: etere. E svenne accasciandosi a terra. Niente di grave, lui la trattenne e lei scivolò sul tappeto come una bambola rotta, ma senza nessuna conseguenza.
Si svegliò circa due ore dopo, legata al letto della sua camera ed imbavagliata. Era seminuda e si sentiva tutta rotta. I capelli biondi appiccicati al volto. Sudata e con un odore di sesso addosso fortissimo. Un odore suo, ma anche di altro che non si seppe immediatamente spiegare. Del recente passato aveva vaghi ricordi ed era molto confusa. Aprì gli occhi e si guardò intorno, la stanza era tutta illuminata ed un uomo era seduto alla scrivania dove il suo PC era acceso. Quel bastardo, pensò, l’aveva violentata dopo che l’aveva addormentata. Ora iniziava a ricordare. Tentò di gridare, ma solo un rauco muggito uscì dalle sue labbra. Tentò di divincolarsi, ma ottenne solo di farsi male alle caviglie ed ai polsi. Ottenne però che l’uomo, lentamente, si girasse verso di lei e si alzasse dalla sedia davanti al PC. Si trovò davanti un uomo nudo, un cinquantenne come lei, ma in forma, anche piacevole da guardarsi, ed un sorriso mefistofelico soddisfatto e stampato in volto. Questo è il bastardo che mi ha violentato pensò Anna angosciata. Perché è ancora qui?
Si avvicinò e le disse – se prometti di non gridare ti levo il bavaglio. – Lei fece cenno di sì scuotendo vigorosamente la testa. Lui le levò il bavaglio e lei gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. Un manrovescio le fece ballare i denti e la sua testa sbatté contro la testiera del letto. Lui rapidamente le rimise il bavaglio, poi le prese una tetta in mano e la strinse torcendo e strizzando. Anna aveva le lacrime agli occhi. Come poteva farle così male?
– Sei stupida, troia – le disse continuando a strizzare e piantandole poi le unghie nel capezzolo. Anna rimase senza fiato, ma lui le diede un altro manrovescio sull’altro lato del volto. Anna vide le stelle e si arrese, non si divincolò più. Lui le prese l’altra tetta in mano e fece per stringere, ma prima le disse – farai la brava? – Stavolta Anna fece segno di sì rassegnata. Lui le levò di nuovo il bavaglio e le sorrise. – Sai cosa succede se gridi di nuovo? – Anna fece segno di sì. Ma lui le rispose – così non va bene. Quando ti faccio una domanda devi rispondere e devi finire la frase con un Sì Padrone! Perché devi sapere che Io sono ora il tuo Padrone e tu d’ora in poi farai tutto quello che vorrò. Tutto! Chiaro? –
Anna pensò che quell’uomo era pazzo e che presto quell’incubo sarebbe finito. Il tizio avrebbe sgraffignato qualcosa, qualche gioiello ed un po’ di contante, e se ne sarebbe andato. – Mi hai violentato bastardo – disse.
- Continui a non capire vacca, – una bacchettata la colpì con violenza nell’interno morbido della coscia. Lei gridò, stavolta non perché voleva gridare, ma per il male e lui si affrettò ad imbavagliarla di nuovo. – Stavolta non te lo levo fino a quando non sono sicuro che avrai capito e la colpì di nuovo sempre nello stesso punto. Poi sulle tette e sui capezzoli in rapida successione. Da dove veniva quella bacchetta pensò inutilmente Anna, mentre gli occhi si riempivano di lacrime e il dolore la faceva impazzire. Segni rossi erano comparsi nei punti colpiti di cosce e seno e due bei lividi su entrambe le guance del volto. Lui prese una macchina fotografica e con calma immortalò tutto. Si risedette accanto a lei sul letto e con pazienza, come parlando ad una bimbetta che ha qualche difficoltà di comprendonio le spiegò tutto.
– Tu d’ora in avanti sei la mia schiava. Farai tutto quello che voglio e mi chiamerai Padrone. Non parlerai mai se non per rispondere alle mie domande. Ogni tuo errore sarà punito. Hai appena visto come. – Fece una pausa, poi riprese. – Tranquilla, nessuno saprà mai che sei una troia ed una schiava. Continuerai a fare la vita di sempre. Solo quando io ti vorrò dovrai accorrere immediatamente, per il resto continuerai a fare pure la tua misera vita borghese. Io te lo permetterò. – Altra pausa per assicurarsi che Anna avesse capito e darle modo di assimilare tutto. Anna lo guardava allibita. Non ci poteva credere, lei non avrebbe mai fatto quello che lui voleva. Certo l’aveva violentata e torturata e poteva continuare a farlo. Fino a che fosse rimasto lì e lei in suo potere, ma appena libera… Che faccio appena libera? Lo denuncio pensava Anna, ma era combattuta, sarebbe stato uno scandalo… in quella piccola cittadina. Ma se non fosse arrivata a denunciarlo si sarebbe comunque protetta. Non sarebbe ricaduta sicuramente più nelle sue mani. Quindi forse per il momento era meglio assecondarlo ed evitare che la maltrattasse ancora. Era meglio mettere a tacere la rabbia e sperare che tutto finisse prima possibile.
Lui sorrise ironicamente, Anna aveva l’impressione che le leggesse i pensieri. Infatti riprese. – Tu pensi che quando me ne andrò potrai andare a denunciarmi, oppure che potrai sottrarti al mio volere. Ti sbagli. So chi sei, so dove stai, so chi sono i tuoi amici, i tuoi parenti, i tuoi figli. E sono loro che riceveranno per primi questo filmato. – L’uomo schiacciò un tasto del telecomando ed il televisore sfarfallò. Poi il film partì, chiaro, nitido e con un bel sonoro.
Anna si riconobbe subito. Era sdraiata su quello stesso letto, in camicia da notte, dormicchiava, tranquilla e rilassata. Un corpo minuto e morbido, piccolo, ma tornito, curve sinuose e tette ancora alte. Un viso delicato e labbra deliziose.
Un uomo, seminudo, quell’uomo, entrava nell’inquadratura e si sdraiava accanto a lei ed iniziava ad accarezzarla e baciarla, sulle spalle, sulle cosce e sul seno. E lei lo accettava, mugolava di piacere e spingeva le natiche verso di lui che si levava gli slip, il cazzo eretto e svettante sulle natiche di lei. Poi la spogliava, le levava il perizoma, le apriva la vestaglia, la rigirava e le succhiava i capezzoli turgidi, duri, vogliosi. Anna gemeva di piacere, si protendeva tutta verso di lui che si apprestava a montarla. – Sei un lago – dichiarava lui penetrandola in fica con due dita e vedendola contorcersi dal piacere.
Anna vedeva scorrere le scene sempre più esterrefatta. Si vedeva sullo schermo mentre lo accoglieva e muggiva soddisfatta, inarcava la schiena per prenderlo più a fondo, sempre più dentro e poi accavallava le gambe sulla sua schiena per non lasciarlo andare trattenendolo e godendo di quell’invasione sempre più incalzante. Si vedevano le palle dell’uomo che sbattevano sulle natiche della matura bionda e lei che mormorava – sì, sì, ancora. –
Difficile pensare che la stesse violentando. Com’è possibile pensava Anna confusa ed allibita. Mi ha drogata questo bastardo, mi ha drogata pensava Anna. Ma si rese conto che era senza armi e soprattutto con grande rincrescimento si rese conto che si stava eccitando. Ma quello che venne dopo fu peggio.
L’uomo uscì da lei e mettendogli il cazzo tra le labbra, le disse – succhia troia. – E lei, senza tentennare, aprì la bocca e succhiò. – Così vacca, prendilo tutto. – E lei invece che trovare fastidio in quel rude linguaggio si trovò a corrispondere con passione. Né si sottrasse quando l’uomo, di nuovo eccitato, la rivoltò sottosopra e l’inculò. Solo quando lui la penetrò nel didietro Anna si oppose un attimo e protestò con un lieve ahi, ma dopo che lui l’ebbe inchiodata sul letto e dopo i primi colpi di nuovo la donna lo accolse con piacere, fino ad andargli incontro ad ogni nuovo colpo. Il suo culetto ora si offriva senza ritegno ai colpi di maglio che l’uomo menava implacabili e vigorosi.
Anna era bagnata e l’uomo, mentre scorrevano le ultime scene, la masturbava godendo del suo turbamento e delle sue paure. Il film finì con lui che spruzzava in gran quantità il suo seme sulla schiena della donna. Ecco perché mi sento così appiccicosa dietro pensò Anna ed ho questo forte odore su di me.
- Hai capito ora? – le disse l’uomo lasciandola di nuovo bagnata, eccitata, confusa e umiliata. - So che farai quello che voglio. Ma prima lo capisci e meglio è per te. Questo film è già sul mio PC e mi bastano pochi clic per inviarlo a tutti i tuoi amici e parenti e prima di tutto ai tuoi figli. Soprattutto a quella bella figliola di Francesca. –
Anna lo guardò terrorizzata e non disse nulla.
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